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Autore Discussione: Hotpot di Filippo Santelli - Voglio andare a vivere in campagna  (Letto 3901 volte)
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« inserito:: Luglio 31, 2020, 07:06:21 pm »

Voglio andare a vivere in campagna

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Rep: | Hotpot - Cosa bolle in Cina <rep@repubblica.it> Annulla iscrizione
mar 28 lug, 08:01 (3 giorni fa)
a me


Rep: Hotpot di Filippo Santelli
 

28 giugno 2020

Ciao a tutti da Pechino.


Capita a volte di andare in un posto convinti di trovarci una storia, e arrivati lì capire che la storia da raccontare è un'altra. A me è successo la scorsa settimana, in un villaggio alla periferia Nord di Pechino, dove la metropoli dirada in campagna, l'aria di luglio rinfresca di qualche grado e le montagne di Yanshan sono vicine che sembra di poterle toccare. Il villaggio si chiama Xinzhuang e ci ero andato per raccontare di spazzatura. Ok, non il tema più simpatico del mondo, però da poche settimane Pechino ha introdotto la raccolta differenziata, una vera e propria rivoluzione per le abitudini dei cinesi, e gli abitanti di Xinzhuang sono famosi per essere tra i pionieri della buona pratica in Cina.

 
Così ho conosciuto Yang Jing, l'elegante signora (nella foto sotto) che qualche anno fa è riuscita a convincere i suoi concittadini a cambiare abitudini e separare carta, plastica, rifiuti domestici e altro, molto prima che le autorità di Pechino si convincessero della necessità della differenziata. Ma parlando con Yang Jing, e con gli altri abitanti di Xinzhuang, è la loro storia personale che mi ha colpito, molto al di là della questione del riciclo. Le famiglie che vivono nel villaggio infatti hanno deciso di trasferirsi lì per iscrivere i propri figli a una scuola steineriana fondata nel villaggio, molte di loro hanno lasciato la propria abitazione in centro a Pechino, e in alcuni casi perfino il lavoro.
 

Sono consapevole degli accesi dibattiti sulla pedagogia Woldorf, cioè quella sviluppata attorno alle teorie antroposofiche di Steiner, e sento di non avere le competenze per addentrarmici. Quello che però mi ha interessato nei racconti degli abitanti di Xinzhuang è la decisione di muoversi controcorrente, dalla città alla campagna, come rifiuto, almeno parziale, dei valori della società cinese. Da decenni ormai la Cina vive un radicale processo di urbanizzazione, che spiega gran parte del suo miracolo: le città sono il punto di arrivo, lì si trovano le scuole migliori, le occasioni di carriera, i soldi, il successo, i consumi occidentali. Ma è altrettanto evidente che questa corsa ha prodotto un ambiente iper competitivo, che genera enorme pressione sociale, soprattutto sui bambini.


La scelta di Yang Jing e delle altre famiglie di Xinzhuang, senza dubbio di estrazione medio-alta e buone possibilità economiche, è andare in senso opposto, recuperare il rapporto con la natura, rallentare il ritmo e abbassare la pressione. La comunità "ecosostenibile" che hanno creato è solo una delle espressioni che questa loro diversità prendo. Non voglio spoilerare oltre, perché mi piacerebbe trasformare questa scoperta in un reportage. Sto provando a raccogliere altre esperienze di ritorno alla campagna di giovani cinesi, magari non legate a scelte educative di nicchia come quella steineriana, magari storie di una campagna ancora più profonda rispetto a Xinzhuang, che tutto sommato resta a un'ora di auto (traffico permettendo) da Pechino. Se troverò quel che cerco, prossimamente sarà sulle pagine di Repubblica.

 
Qui sotto, pausa alla caffetteria del villaggio

Testo alternativo
 
Ultime da Oriente


Stati Uniti e Cina continuano a darsele di santa ragione. Qui ho fatto un riassunto dell'impressionante escalation degli ultimi mesi, dallo scoppio della pandemia in poi; la scorsa settimana il nuovo fronte aperto da Washington è stato quello dello spionaggio, con accuse in serie a cittadini cinesi e perfino al consolato di Houston, a cui le autorità americane hanno ordinato di chiudere. Per tutta risposta la Cina ha fatto lo stesso con il consolato statunitense di Chengdu, dove ieri è stata ammainata la bandiera a stelle e strisce. Il confronto è arrivato dunque a livello diplomatico, in teoria una delle dighe di sicurezza che proteggono da un conflitto aperto.

 
Il segretario di Stato americano Usa ha fatto un discorso durissimo per toni, in cui ha invitato il "mondo libero" e i cittadini cinesi a compattarsi contro il Partito comunista, un discorso vicino ai toni ideologici della Guerra Fredda (potete leggerlo qui). Ho già detto che trovo questa analogia fattualmente sbagliata e, quel che è peggio, fuorviante per le scelte che suggerisce, e non sono il solo a pensarla così, ma l'attuale amministrazione americana sembra di altro avviso e coinvolge gli alleati in esercizi militari nei mari intorno alla Cina.


Intanto mentre la vita a Pechino è tornata alla normalità (foto sotto di sabato negli hutong) l'Asia è alle prese con quella che qui definiscono "terza ondata" di coronavirus. Per la prima volta da aprile la Cina ha fatto segnare più di cento casi in un giorno, tra sintomatici e non, con un focolaio in Xinjiang e un altro nella città di Dalian. Sono scattati i test di massa. A Hong Kong, dove si registra un'impennata, le autorità hanno chiuso i ristoranti, introdotto l'obbligo di mascherina e vietato gli assembramenti di più di due persone. In Vietnam 80mila turisti sono stati fatti sgomberare dalla città balneare di Da Nang e mettiamoci pure la Corea del Nord, dove il regime ha sfruttato la storia di un disertore scappato al Sud e poi tornato in patria come scusa per annunciare il primo caso sospetto nel Paese.

 
Nella sua strategia di propaganda sul coronavirus la Cina usa anche il fact-checking, caso interessante di strumento giornalistico appropriato dalla stampa di regime.

 
Virus o non virus, Pechino prosegue nel suo programma spaziale: la scorsa settimana ha lanciato la missione di esplorazione di Marte, battendo sul tempo proprio gli Stati Uniti.

 
In Giappone è (ri)partito il contro alla rovescia per le Olimpiadi di Tokyo, solo che nel frattempo gran parte dell'entusiasmo tra i cittadini sembra essere scemato.

 

Testo alternativo
Letture cinesi

 
Chiudo con una nuova sezione che vorrei rendere fissa, un libro sulla Cina che ho letto nella settimana. Questa volta è Verso Nord - Unonoveottootto, un romanzo del 2010 di Han Han, il giovane blogger e pilota automobilistico considerato qualche anno fa una delle voci più influenti (e libere) della nuova Cina, ma che ha poi deciso di togliersi dai riflettori. Scelta prudente, nella Cina di Xi. E' un romanzo coinvolgente, che racconta la storia di un ragazzo che viaggia verso Nord su una macchina scassata per andare a prendere un amico che esce di prigione, e sulle strade di una Cina profonda e marginale, sporca e umana, incontra una prostituta incinta. Il lato B (o C, o D) di un Paese che tendiamo ad appiattire su quello A. In Italia il libro è pubblicato da Metropoli d'Asia.

 

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Buon Hot Pot a tutti!

Filippo
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