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Autore Discussione: Istituzione della COMMISSIONE d’EMERGENZA NAZIONALE  (Letto 4539 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Marzo 29, 2020, 09:26:47 pm »

I Cittadini più accorti si convinceranno che non è la politica che deve decidere su come risolvere questa tragica situazione, del resto favorita dalla loro partitocrazia.

La cosa urgente che la politica deve fare è il favorire l'istituzione della Commissione d'Emergenza Nazionale che unitamente al Governo, ci guidi verso la luce della guarigione dell'Italia tutta, sia quella malata del Virus, sia quella tormentata da molte altre emergenze … cominciando dal lavoro. Dopo di che fare un passo indietro e lasciarla lavorare!

Del resto il Governo c’è.
Evitiamoci la pericolosissima buffonata del Governo politico d'Emergenza, composto da decine di "codedipaglia".
10000 morti impediscono il solo pensarlo.

Il Presidente del Consiglio Conte c’è.
Tra l’altro, dopo diverse scivolate, gaffe, ingenuità è il più apprezzato dalla Popolazione, … sta “imparando” di gran lunga più di altri ad affrontare i problemi, ma non può essere lasciato solo anche a difendersi dal fuoco amico e nemico di chi vorrebbero quella posizione scomodissima ma ricca di potere.

Quindi ciò che si deve istituire ex novo e con la massima urgenza è la COMMISSIONE d’EMERGENZA NAZIONALE, formata da Persone capaci e di specchiata reputazione, da Istituzioni d’esperienze specifiche come la Sanità, l’Economia e la Finanza, le Religioni per la parte spirituale della gente che subisce i problemi e i Vertici delle Forze Armate per le specifiche competenze strategiche, logistiche e d’Ordine Pubblico.

Nel creare questa realtà al di sopra del quotidiano occorrerà, superata questa fase, darle una configurazione proiettata nel futuro, con un protagonismo progettuale e di guida che ci obbligheranno ad averla, a fianco e sotto il coordinamento del Governo, in permanenza.

E’ una Istituzione che altri paesi con Democrazie più Complete della nostra, hanno da tempo a noi manca.

La partitocrazia di nani e ballerine è finita … ma soltanto se a noi Popolazione si riesce di capire e “mettere in zucca”, questa vitale esigenza!

Viva l’Italia.
ggiannig

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« Risposta #1 inserito:: Marzo 29, 2020, 09:29:26 pm »

Facciamo nascere la COMMISSIONE OPERATIVA D’EMERGENZA NAZIONALE.

Sotto la direzione paritetica per scienza e coscienza:

Professor Galli
(Direttore del reparto malattie infettive del “Sacco” di Milano)
a capo del Settore Sanità della Commissione d'Emergenza Nazionale
e
Draghi
a capo del Settore Economia e finanza della Commissione d'Emergenza Nazionale.
e
I vertici militari per le loro competenze nel settore logistica e ordine pubblico, attivi al loro fianco.

Potranno e dovranno ridarci libertà e salute nello stesso tempo e correndo i rischi minori possibile … e non altro.

ggiannig
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« Risposta #2 inserito:: Aprile 02, 2020, 11:50:30 pm »

Troppi errori, troppe lentezze e troppi morti per non decidere di "aiutare-affiancare" non solo il vertice lombardo, istituendo una Commissione d’Emergenza Nazionale, operativa a tuttotondo composta da personalità, anche militari, esperti nei settori interessati dalla crisi.

Commissione Operativa, da subito, composta da elementi di comprovata competenza che siano in grado di assumere la responsabili dei risultati da raggiungere a breve-medio periodo e rendano trasparenti e libere da ombre le azioni da decidere e da gestire. 

Non è di un Governo di Emergenza, che abbiamo bisogno in questa fase drammatica ma di una Commissione Operativa che indichi con una unica direttiva nazionale il percorso per uscire delle due crisi incombenti:
 - quella sanitaria antivirus con compiti anche di revisione del sistema sanitario nazionale,
 - quella economico-finanziaria che faccia ripartire la produttività nazionale.
ggiannig
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« Risposta #3 inserito:: Aprile 03, 2020, 12:01:20 am »

‘Perché costruire un ospedale in Fiera se c’è già l’ex nosocomio di Legnano con 2 padiglioni attrezzati? ’.

La denuncia di un sindacalista

Andrea Sparaciari

«I posti letti per ricoverare i pazienti COVID-19 ci sono già in Lombardia, basta attivarli».

È la pesante denuncia di Riccardo Germani, portavoce di ADL Cobas Lombardia, nonché lavoratore dell’Ospedale di Legnano.


Secondo Germani, infatti, mentre il Pirellone in pompa magna ha annunciato di aver affidato al neo-commissario Guido Bertolaso la realizzazione di un ospedale da 500 posti presso i padiglioni della ex Fiera di Milano, a una decina di chilometri da quei padiglioni esiste «una struttura che ha tutte le potenzialità per accogliere velocemente nuovi pazienti». È l’ex Ospedale Civile di Legnano, nosocomio attivo fino a 9 anni fa, tutt’ora dotato del «vecchio monoblocco e di ben due padiglioni realizzati e predisposti 10 anni fa, con tutte le attrezzature».

Secondo Germani, la struttura che è sostanzialmente integra, è dotata di «camere già attrezzate con predisposizione di ossigeno, una rianimazione, reparti di terapia intensiva, reparti che oggi sono chiusi. Mentre è aperto e funzionante in una struttura nuovissima un prezioso laboratorio di analisi. A nostro avviso sarebbe una soluzione immediata se si rendesse operativa questa struttura con l’investimento di meno risorse economiche che potrebbero, invece, essere utilizzate per materiali, dispositivi e per assumere il personale sanitario necessario per gestire più di 500 posti letto, i quali si renderebbero disponibili senza alcuno spreco di risorse e di tempo».

 Ironia della sorte, l’ultimo padiglione costruito nel vecchio ospedale di Legnano era stato proprio il reparto specializzato in malattie infettive, terminato nel 2002, una costruzione iniziata ben 10 anni prima. Reparto che aveva funzionato solo per pochi anni, visto che poi Regione Lombardia – erano i tempi del saccheggio alla Sanità del presidente Roberto Formigoni – aveva deciso di costruirne un altro, a pochi chilometri di distanza. Con una spesa complessiva sui 150 milioni. «Un’operazione in project financing, dove i privati guadagnano, grazie all’affitto pagato dal Pirellone», spiega Germani a Business Insider Italia, «Quello fu un vero saccheggio della sanità pubblica, si figuri che ancora oggi le casse pubbliche stanno pagano i mutui delle ultime costruzioni nel vecchio ospedale», aggiunge amaro.

«È lodevole ogni iniziativa per trovare nuovi posti letto», commenta l’on. Riccardo Olgiati (M5s) «tuttavia, prima di costruirne una ex novo da 500 posti, forse sarebbe stato meglio vedere se si potevano riconvertire quelle già esistenti ed attrezzate. E a me risulta che mai alcun sopralluogo sia stato fatto a Legnano». Non solo, Olgiati aveva anche interessato della questione il Direttore Generale della ASST Milano Ovest, Fulvio Adinolfi, il quale aveva però risposto che «la strada era stata valutata, ma poi abbandonata per una questione di tempi e di risorse».

Una risposta che per Olgiati suona quasi come una beffa «considerando tutti i soldi che per fortuna stanno arrivando dalle donazioni». Per l’on. M5s, insomma, sarebbe stato molto meglio ristrutturare che impiegare tempo e risorse per approntare un punto sanitario in padiglioni destinati ad ospitare la Fiera del Ciclo e Motociclo…

A confutare però la tesi dell’utilizzabilità della struttura, il consigliere regionale di +Europa, Michele Usuelli, che è anche un medico, il quale nel pomeriggio riferisce sulla sua pagina Facebook che secondo il capo ufficio tecnico dell’ospedale in questione la riconversione sarebbe infattibile. E aggiunge: «Continuo a chiedere che sia chiara e trasparente la strategia con cui si sta pensando ai 500 posti in fiera, che mi pare terribilmente difficile realizzare ed utile solo a certe condizioni. O, meno miracolisticamente, continuiamo ad usare le sale operatorie chiuse, già armate di anestesisti ed infermieri. Lì dentro ci sono i letti di risveglio, che sono letti di terapia intensiva con tutti gli allacciamenti. Sono stati già usati tutti?».

E, proprio mentre scoppiava la polemica sull’inutilizzo di Legnano, il presidente Attilio Fontana, l’assessore Giulio Gallera e il presidente di Fondazione Fiera, Pazzali presentavano il cantiere del futuro ospedale alla stampa.

«Il centro di terapia intensiva alla Fiera di Milano sarà pronto in 10 giorni», aveva detto Gallera lunedì 16 marzo ad alta voce, aggiungendo (ma a voce un po’ più bassa) che quei dieci giorni sarebbero partiti solo  «da quando riusciremo a recuperare i respiratori, che sono l’elemento più importante, e il personale». Cioè ad oggi si sta lavorando, ma non si sa quando si potrà essere operativi. Del resto, l’assessore è ben conscio che la Protezione Civile nei giorni precedenti aveva chiaramente specificato di non essere in grado di fornire il materiale sanitario richiesto e che avrebbe preferito che Regione Lombardia puntasse sul rafforzamento di strutture già esistenti (come Legnano, per esempio).

Tuttavia il Pirellone ha scelto di continuare sulla sua strada. Si tratta di una scelta politica, un modo per ribadire la propria autonomia da Roma, per marcare le distanze dal governo. Un progetto che poggia su due pilastri: dipingere Bertolaso come “l’eroe padano” («Guido Bertolaso ha gestito emergenze in tutto il mondo, contiamo che lui possa avere i canali (per ottenere i respiratori, ndr)», ha dichiarato Gallera) e dall’altro, far vedere quanto sono bravi i nuovi vertici di Fondazione Fiera. Quegli stessi vertici nominati da Matteo Salvini quando era al governo, compresa la ex compagna del Capitano, Giulia Martinelli, già capa della segreteria di Fontana e ora vice-presidente della Fondazione, come raccontato da Business Insider Italia.

Una strategia condivisa da tutta l’opposizione: non è affatto un caso infatti che martedì 17 marzo Silvio Berlusconi dal suo prudenziale esilio da Nizza ha fatto sapere di aver staccato un assegno da 10 milioni di euro, proprio «la somma necessaria per la realizzazione del reparto di 400 posti di terapia intensiva alla Fiera di Milano», ha twittato un giubilante Bertolaso. Che non ha nascosto la sua gratitudine nei confronti del vecchio protettore: «Grazie Presidente per questo gesto d’amore per la sua città e per il suo Paese», ha infatti aggiunto subito dopo l’annuncio.

Da - https://it.businessinsider.com/perche-costruire-un-ospedale-in-fiera-se-ce-gia-lex-nosocomio-di-legnano-con-2-padiglioni-attrezzati-la-denuncia-di-un-sindacalista/?ref=fbpu&fbclid=IwAR3otD7QareRb9ksxWQkfLxkyQFxOmrmjqW1TR0ygv4zb4U9QkMhC7y0dY0
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« Risposta #4 inserito:: Maggio 26, 2020, 04:53:10 pm »

Commento Coronavirus

La mafia non vince sempre
21 MAGGIO 2020

Come combattere corruzione e usura: il rischio è che la criminalità organizzata approfitti della crisi da pandemia per espandersi anche nell’economia legale. Ma Stato e società civile hanno strumenti preziosi per impedire ai clan di trarre profitto dalle “nuove opportunità” emerse con il Covid

DI GIUSEPPE PIGNATONE

In queste settimane molti osservatori hanno segnalato il rischio che le mafie approfittino della crisi determinata dalla pandemia per espandere non solo le attività criminali, ma anche la presenza nell'economia legale, al fine di riciclare denaro e di sviluppare le loro "relazioni esterne", ovvero quella rete di rapporti con imprenditori, politici, amministratori, funzionari e altre categorie che definiamo di solito "area grigia". Una rete che costituisce la vera forza delle mafie e che è basata su precisi calcoli di reciproca e inaccettabile convenienza.

È chiaro che per contrastare questi rischi sarà decisiva innanzitutto l'entità, l'efficacia e la rapidità delle azioni di sostegno ad aziende e famiglie, già adottate o preannunziate anche a livello europeo.

Non si può però condividere l'idea che la mafia sia invincibile e che i mafiosi siano i più capaci nell'elaborare raffinate strategie, tali da anticipare e piegare a proprio vantaggio i cambiamenti. Come ha scritto di recente lo storico Isaia Sales, "non c'è un cervello criminale unico che indirizza i mafiosi ad aggiornare le strategie quando "cambiano i tempi". I cambiamenti delle mafie sono invece necessitati o dalle risposte repressive o dalle nuove opportunità che a esse si presentano". E infatti tutte le mafie hanno vissuto, nella loro lunga storia, anche periodi di profonda crisi.

Sappiamo cosa occorre fare sul piano repressivo: nel rispetto assoluto delle leggi, devono continuare senza cedimenti le indagini, i processi, le confische. Ma lo Stato e la società civile hanno altri strumenti preziosi per impedire alle mafie di trarre profitto "dalle nuove opportunità" determinate dagli effetti disastrosi che la pandemia sta avendo e avrà sulla situazione economica. A questo fine è utile prefigurare le linee lungo le quali si potrà sviluppare l'azione delle cosche.

Innanzitutto, specie nelle regioni meridionali, le cosche sfrutteranno le difficoltà dello Stato per proporsi con una sorta di welfare alternativo a sostegno alle famiglie in difficoltà. Le cronache hanno già registrato, nelle borgate palermitane e napoletane, episodi di distribuzione di cibo e di piccole somme di denaro per far fronte alle necessità più urgenti. È così che le cosche consolidano consenso sociale e acquisiscono la disponibilità di nuova manodopera per le loro attività criminali. Un altro fenomeno, che interessa tutta Italia, è costituito dall'usura, un settore in cui la presenza delle mafie è cresciuta sensibilmente negli ultimi anni.

Con riferimento a queste prime due aree di rischio, va detto che in Italia esiste una vasta e capillare rete di assistenza e solidarietà formata da parrocchie, associazioni confessionali e non, gruppi spontanei e altri riconducibili ai sindacati. È il cosiddetto Terzo settore, una risorsa preziosissima, formata da milioni di persone che conoscono capillarmente il territorio e i bisogni di chi lo abita e che perciò lo Stato può e deve valorizzare e sostenere.

Un'ulteriore linea d'azione delle mafie si basa sulla loro enorme riserva di liquidità, combinata con strategie più moderne e complesse.

Una strada già imboccata con la crisi del 2008 per finanziare, associarsi e infine impadronirsi con scalate apparentemente regolari, di imprese operanti anche in settori non tradizionali come la sanità e il marketing. Per evitare questo pericolo, gli imprenditori devono comprendere che interagire con le cosche non è un normale costo aziendale né una risorsa aggiuntiva e che, sia pure nella drammatica situazione attuale, non devono accettare questi anomali "finanziatori" nella speranza - infondata, come dimostrano le sentenze - di potersene liberare una volta migliorata la situazione dell'azienda. L'esperienza ci dice che, in casi come questi, è fondamentale per persone e aziende in difficoltà non essere lasciate sole a fronteggiare le avances dei mafiosi e che in più occasioni si è rivelato decisivo il ruolo di formazione, di supporto e di denuncia assunto dalle associazioni di categoria, molte delle quali hanno sottoscritto protocolli di legalità, e - per altro verso - dai sindacati, che pure conoscono la realtà in cui operano e hanno lo stesso interesse a non avere un mafioso come interlocutore.

Esempi di collaborazione tra istituzioni e soggetti economici, finalizzata a concordare le linee di condotta per minimizzare il rischio di contagio del virus sui luoghi di lavoro, si registrano già a livello territoriale. Sono iniziative ispirate alla trasparenza delle regole e al loro rigoroso rispetto, un metodo partecipativo che è uno strumento prezioso anche contro il contagio mafioso. Il Prefetto di una grande città del Nord ha indicato la "legalità a tutto tondo" come l'obiettivo di questa collaborazione, spiegando che "la responsabilità degli individui, nelle formazioni sociali, nelle organizzazioni del lavoro, nelle amministrazioni è determinante, ma è ugualmente vero che nessuno può pensare di farcela da solo". Ecco perché è necessario "trovare il coraggio di chiedere e offrire aiuto".

In questa prospettiva, sarebbe importante che le vittime dell'usura o quanti ricevano offerte sospette, denunciassero finalmente gli episodi che li riguardano, anche con l'appoggio delle associazioni antiracket e antiusura, specie in quelle aree del Paese, come il Centronord, libere dal controllo mafioso del territorio e dove, quindi, non si tratta tanto di vincere la paura, quanto di non abbassarsi a calcoli di convenienza. Forze di polizia e Procure hanno dimostrato di saper trattare con efficacia questi casi, secondo moduli idonei anche a tutelare il denunciante.

In questi contesti, è decisiva - come si è detto all'inizio - l'efficacia dell'intervento di sostegno. Il che porta a considerare gli ostacoli burocratici e il rifiuto di assumersi responsabilità da parte dei soggetti e degli enti preposti. Anche su questi temi giungono dalle cronache segnali contraddittori, spesso fuori dagli schemi usuali (Nord/Sud, pubblico/privato) e in genere tanto più positivi quanto più prevale il senso di un'azione comunitaria, che coinvolga il maggior numero dei protagonisti di una certa realtà sociale.

Su questo stesso terreno si colloca il tema dei controlli antimafia e anticorruzione. Bisogna uscire dallo schema - comodo perché deresponsabilizzante - secondo cui ogni erogazione di denaro pubblico debba essere preceduta e condizionata dall'espletamento di tali verifiche. Le drammatiche condizioni attuali chiariscono quanto sarebbe deleterio ritardare gli interventi, spesso d'importanza vitale per una famiglia o una impresa. I controlli previsti dalla legge dovranno però essere rigorosi e rapidi, così da consentire tempestivamente l'eventuale revoca degli aiuti e l'accertamento dei possibili risvolti penali.

Non meno importante sarà la semplificazione di adempimenti e procedure nella realizzazione delle opere pubbliche cui certo non si deve rinunziare per il rischio (concreto) di infiltrazioni mafiose. Vigilare per sbarrare la strada alle cosche, alle imprese da esse controllate o a esse vicine, spetta alla Pubblica Amministrazione, ma lo devono fare anche le grandi imprese aggiudicatarie degli appalti, che poi decidono subappalti e forniture. Si tratta di realtà economiche spesso di levatura mondiale, cui non dovrebbe essere consentito invocare la paura per giustificare cedimenti a mafiosi o a richieste tangentizie e che hanno strumenti normativi (codice antimafia, Modello 231) e operativi (collaborazione con lo Stato, indicatori di rischio, protocolli di legalità) per agire in totale correttezza. Naturalmente la legalità richiede investimenti, così come la sicurezza sul lavoro e la prevenzione sanitaria.

Come ogni crisi, la pandemia offre anche nuove occasioni. Lo Stato potrà coglierle per migliorare, o addirittura eliminare, leggi e prassi che ingessano il Paese e danno spazio a mafie e corruzione. I criminali, invece, tenteranno di aumentare ricchezze e potere sfruttando a loro vantaggio la crisi. Ma non è detto che debba andare così: dipende da noi.

Giuseppe Pignatone, Magistrato, ex procuratore capo di Roma, è presidente del Tribunale dello Stato Città del Vaticano

Da - https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2020/05/21/news/coronavirus_corruzione_usura_crisi_la_mafia_non_vince_sempre_pignatone-257309177/
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