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Autore Discussione: Spese sanitarie e compensazioni nella manovra delle tasse nascoste  (Letto 1356 volte)
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« inserito:: Marzo 07, 2020, 06:22:30 pm »

Spese sanitarie e compensazioni nella manovra delle tasse nascoste

 Scritto da Econopoly il 29 Gennaio 2020

RES PUBLICA
L’autore di questo post è Costantino Ferrara, vice presidente di sezione della Commissione tributaria di Frosinone, già giudice onorario del Tribunale di Latina, presidente Associazione magistrati tributari della Provincia di Frosinone –

La recente Legge di Bilancio 2020 mi ha ricordato quelle manovre restrittive dei tempi di Monti e dei governi tecnici. O meglio, il significato concreto è quello, sebbene l’abilità dei politici che l’hanno costruita (gliene va dato atto) abbia fatto passare in sordina diverse misure che, in definitiva, si traducono in un recupero fiscale di notevole dimensione.

Partiamo da uno di quegli accorgimenti che ritengo di dover trattare per primo in quanto riguarda la stragrande maggioranza dei cittadini. Con la recente manovra, infatti, sono state introdotte importanti novità per quanto concerne le modalità di pagamento per fruire delle detrazioni fiscali per spese mediche e sanitarie. Dal 1° gennaio chi non fa attenzione alle modalità di pagamento delle prestazioni sanitarie rischia di perdere il beneficio della detrazione fiscale del 19%, che potrà essere conservato soltanto utilizzando mezzi di pagamento tracciabili.

Questa novità rientra nel più ampio piano di lotta all’evasione messo a punto dal Governo, con la riduzione dell’uso di contanti. Tradotto in termini “utilitaristici”, nella manovra questa misura viene associata ad un importante recupero di risorse, così da contribuire ad equilibrare il bilancio dello Stato ed a trovare copertura per le voci di spesa.

Vediamo caso per caso quando sarà obbligatorio l’uso di bancomat o carte o altri pagamenti tracciabili, al fine di sgomberare il campo da dubbi in merito, visto che la detrazione del 19% è un beneficio fiscale del quale circa 18,6 milioni di italiani si avvale nella dichiarazione dei redditi e dunque si rivolge ad una platea enorme di interessati. La norma prevede per le spese sanitarie un doppio binario.

Il contante potrà essere ancora usato:
– per l’acquisto di medicinali e di dispositivi medici
– e per il pagamento delle prestazioni sanitarie rese nell’ambito di una struttura sanitaria pubblica o privata accreditata con il SSN (servizio sanitario nazionale).

Per ogni altra spesa sanitaria sarà obbligatorio, per non perdere lo sgravio fiscale, avvalersi dei mezzi di pagamento tracciabili.

Per quanto concerne le spese per visite mediche a fare la differenza sarà il luogo dove la visita è stata effettuata, ovvero la tipologia di struttura all’interno della quale ci si dovrà recare per ricevere la prestazione.

In alcune strutture sarà necessario effettuare il pagamento tracciabile per poter usufruire delle detrazioni fiscali, in altre invece si potrà pagare liberamente in contanti.

Saranno le visite mediche effettuate presso le strutture private non accreditate con il SSN a dover essere pagate con bancomat, carte di credito, bonifico bancario e assegno. Si pensi alle visite presso uno studio dentistico privato. Stesso discorso avverrà in caso di ricovero, intervento chirurgico, esami di laboratorio o cure termali presso struttura privata che non sia accreditata con il SSN.

Sarebbe interessante fare un sondaggio, già riferito a questo primo mese di gennaio, per valutare quante persone si sono recate presso una farmacia e, ignare della misura, hanno pagato in contanti perdendo il diritto alla detrazione (la controprestazione è che lo Stato incassa più imposte: meno detrazioni = più tasse da pagare per il cittadino).

A parere dello scrivente, questa misura va a danneggiare una grandissima platea di utilizzatori che non hanno dimestichezza con i pagamenti elettronici (si pensi agli anziani, tra l’altro per natura molto avvezzi ad avvalersi di tali acquisti). E, di contro, sono molto scettico sulla reale utilità della misura stessa nell’ottica di un recupero fiscale effettivo, se non con il trucco del cogliere impreparati i cittadini o del colpire chi con i pagamenti elettronici non va a nozze.

Infatti, se per la detrazione è già necessario che l’acquisto sia accompagnato dall’emissione del documento fiscale (scontrino, fattura), ciò significa che si tratta di operazioni che già sono “emerse” agli occhi del fisco: associare ad esse un ulteriore elemento (la tracciabilità del pagamento) non aggiunge null’altro ai fini della eventuale “emersione” di nero e lotta all’evasione, perché sono transazioni già fatte alla luce del sole per loro stessa natura. Senza il documento fiscale, infatti, non era comunque possibile la detrazione.

È un ragionamento che non ho sentito fare in giro, ma mi sembra così lapalissiano, che il fatto che non se ne parli mi sorprende alquanto.

Il secondo elemento cardine della manovra su cui intendo soffermarmi è la stretta sulle compensazioni, altra misura importantissima nell’equilibrio di bilancio, tanto che a fronte della stessa viene associato un maggior introito pari a 5 miliardi per le casse dello Stato.

Dal primo gennaio, infatti, sono in vigore le nuove regole per la compensazione orizzontale dei crediti Irpef/Ires/Irap il cui utilizzo non è più ammesso senza presentare prima la dichiarazione dei redditi. Questo vuol dire che i crediti IRPEF/IRES/IRAP non potranno essere compensati prima di maggio/giugno (a ragionare ottimisticamente), in quando essendo la presentazione della dichiarazione telematica occorre attendere la pubblicazione dei software da parte dell’Agenzia. Basti pensare che il termine solito in cui si presentano i dichiarativi è fine settembre e che nel 2019 il termine per la presentazione delle dichiarazioni è slittato addirittura al mese di novembre.

Con questa stretta, si impedisce ai contribuenti di utilizzare in compensazione i propri crediti d’imposta per grossa parte del 2020, così che molte imposte che altrimenti sarebbero state compensate dai crediti vantati nei confronti dell’erario dovranno invece essere versate in moneta fumante. 5 miliardi che si trasferiscono dalle tasche dei contribuenti a quelle dell’erario.

Anche in questo caso, tuttavia, il recupero non è avvenuto con l’inasprimento di un’aliquota o con l’introduzione di una nuova gabella. Niente di “tradizionale”, soltanto un abile camuffamento che non scontenta troppo gli elettori. Questo, almeno secondo loro…
Ecco dove sta la differenza tra tecnici e politici: i primi ti fanno ingoiare rospi e li chiamano col loro nome, i secondi li impastellano e li friggono. E si sa che fritto è tutto buono. Ma sempre rospi sono.

Da - https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2020/01/29/tasse-nascoste/?uuid=96_d1e7SVXI
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