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Autore Discussione: Alberto Dargenio All'indomani dell'approvazione da parte della Commissione ...  (Letto 4701 volte)
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« inserito:: Maggio 29, 2020, 02:15:49 pm »

28 maggio 2020

Caro lettore, bentrovato da Bruxelles. 

All'indomani dell'approvazione da parte della Commissione europea dello storico "Next Generation Eu", il grande Recovery Plan da 750 miliardi messo a punto da Ursula von der Leyen, è ora che il nostro Paese si ponga qualche domanda. E soprattutto, che si dia qualche risposta, senza cercare alibi o nemici esterni da incolpare dei propri fallimenti.
 
La scommessa, ora, è non perdere il treno. L’Italia nei prossimi anni verrà inondata di soldi europei. Ottantadue miliardi a fondo perduto, da non rimborsare e da non contabilizzare nel nostro disastrato debito pubblico. Altri novantuno miliardi saranno prestiti a tassi bassissimi, ben più convenienti rispetto ai btp tricolori, e da restituire in trent’anni. Per di più a partire dal 2028. Un sogno per qualsiasi governo che l’Europa ci regala per uscire dalla più pesante recessione degli ultimi settant’anni. Lo ha capito Angela Merkel: senza un sostegno collettivo, l’Italia crollerebbe portandosi dietro la zona euro, il mercato interno e danneggiando tutti, a partire dall’industria tedesca. E così due settimane fa ha firmato lo storico documento con Emmanuel Macron che ha aperto agli Eurobond, grazie ai quali Bruxelles raccoglierà i 750 miliardi del “Next Generation Eu”, e ha dato la forza politica a Ursula von der Leyen per tenere alta l’asticella, senza farsi condizionare dai “frugali” di Austria, Olanda, Danimarca e Svezia.
 
Ora che il piano è sul tavolo, si apre il negoziato tra capi di Stato e di governo per il suo via libera finale. Ci vorrà tempo, quasi certamente il summit del 18 giugno sarà interlocutorio e le trattative tracimeranno nel mese di luglio. Il “Next Gen Eu” alla fine potrebbe essere anche leggermente ridimensionato per dare soddisfazione ai falchi nordici guidati da Sebastian Kurz e Mark Rutte. Ma anche se l’assegno per l’Italia dovesse venire in parte ridotto, il punto non cambia: il governo, la politica e il Paese sono pronti a vincere la sfida? L’Italia sarà capace di usare le ingenti risorse europee per ammodernarsi? Per trasformare un’economia incrostata e appesantita da cronici problemi in un ambiente competitivo e all'altezza delle sfide e della competizione globale del Ventunesimo secolo?
 
Questa, ora, è la grande domanda. Tra l’altro il piano europeo ha messo a tacere i sovranisti che già accusavano von der Leyen di macchinare una trappola ai danni dell’Italia. «Ci chiederanno delle riforme come alla Grecia, ci imporranno macelleria sociale e patrimoniale», attaccavano. E invece non è così, come spiega lo stesso commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni, parlando della Recovery and Resilience Facility, lo strumento principale del “Next Gen Eu” che distribuirà ai governi 560 dei 750 miliardi tra sussidi e prestiti: «Non è un meccanismo di salvataggio con condizionalità, ma un o strumento a favore di tutti su base volontaria».
 
Insomma, non sarà Bruxelles a imporre ricette draconiane ai governi su come dovranno essere spesi i soldi europei, ma saranno gli stessi governi a inviare un Piano di ripresa che la Commissione dovrà valutare se accettare o meno. Perché passi dovrà essere «coerente» con le priorità dell’Unione e con le raccomandazioni che ogni anno l’esecutivo comunitario scrive per ogni singolo Paese.
 
Le priorità europee sono note a tutti: Green deal e digitalizzazione dell’economia. Mica Satana. E ancora, si potranno spendere i denari anche per sostenere i settori più colpiti dal Covid e dal lockdown come turismo, trasporti, cultura e via dicendo. Anche in questo caso, nulla di pericoloso.
 
Quanto alle raccomandazioni, che per i sovranisti tanto sanno di Troika e macelleria sociale, basta andare sul sito della Commissione europea e leggersele (https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/2020-european-semester-csr-comm-recommendation-italy_en.pdf). Per comodità, riassumiamo brevemente quelle approvate giusto otto giorni fa e valide per un anno. All’Italia si chiede di: investire denaro per la ripresa economica; rafforzare il sistema sanitario; mitigare i danni sociali prodotti dalla pandemia; rinforzare la digitalizzazione per permettere ai ragazzi di seguire le lezioni scolastiche da casa; garantire liquidità all’economia; concentrarsi su Grean deal e digitalizzazione in particolare per energia pulita, ricerca e innovazione e trasporti pubblici sostenibili; aumentare l’efficienza della giustizia e della Pubblica amministrazione.
 
Chi pensa che uno solo di questi obiettivi sia nocivo per il Paese, o non condivisibile, alzi (virtualmente) la mano.
 
Oltretutto Bruxelles non impone di mettere in campo tutte queste misure contemporaneamente, ma chiede di scegliere dove indirizzare i soldi tra le varie priorità, generali a livello europeo o specifiche per ogni paese. Anche in questo caso, mica Satana.
 
E qui torniamo all’inizio: l’Italia sarà capace di non perdere il treno? Sarà capace di usare l’enorme opportunità che l’Europa ci concede per entrare finalmente nel Ventunesimo secolo? Sapremo trasformarci in una economia (di nuovo) competitiva? Sapremo creare un progetto, una visione, del Paese che vogliamo diventare? La risposta queste domande è esiziale.
 
Probabilmente questa occasione offertaci dalla tragica pandemia è l’ultima che i nostri partner ci concederanno per rimetterci al passo delle economie più sviluppate del Continente. Se non lo faremo, non avremo più chance. Oltretutto gli ingenti debiti giustamente accumulati dal governo in questi mesi di pandemia per sostenere imprese e lavoratori andranno ripagati. E senza una riforma del Paese che ci permetta di crescere come gli altri partner (negli ultimi anni siamo regolarmente ultimi con distacco), non avremo le risorse per tenere a bada un debito ormai decollato intorno al 160% del Pil. Oltretutto se sprecheremo questa enorme quantità di soldi Ue, come potremo in futuro chiedere altra pazienza ai nostri partner?
 
Nei prossimi 12-24 mesi ci giochiamo il futuro. Nostro e dei nostri figli.
 
Un caro saluto e alla prossima settimana.
Per osservazioni, curiosità o segnalazioni scrivetemi pure!
 
a.dargenio@repubblica.it
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