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Autore Discussione: Cantico dei Cantici Di Angelo Penna - Enciclopedia Dantesca (1970)  (Letto 1241 volte)
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« inserito:: Febbraio 11, 2020, 11:33:01 am »

Cantico dei Cantici
Di Angelo Penna - Enciclopedia Dantesca (1970)

Cantico dei Cantici. - Libro dell'Antico Testamento, altamente poetico, che descrive gli amori di una giovane con un uomo, almeno in apparenza re di Israele (Cant. 1, 3).

Gli antichi ne ritennero autore il re Salomone, nome che compare nel titolo; e interpretarono l'inatteso poemetto erotico in senso allegorico, segnalando nell'uomo o sposo Iddio e nella sposa la Chiesa, Maria Santissima, l'anima, Israele, ecc. Eccettuata qualche rara voce isolata, nessuno mise in dubbio - come fanno non pochi moderni - l'allegorismo del testo. Nel Medioevo il C. fu uno dei libri anticotestamentari più commentati, perché ritenuto di una ricchezza inesauribile per l'ascetica e la mistica.

A differenza di quanto avviene fra i letterati più recenti, D. non mostra un entusiasmo particolare per il lirismo del testo; invece, proprio come i suoi contemporanei, manifesta grande interesse per il suo carattere allegorico. Con una certa sorpresa si registra l'assenza di ogni riferimento al C. nei brani danteschi che trattano del senso allegorico di un testo. Il silenzio è giustificato dalla teoria degli antichi. Costoro consideravano tutta la Bibbia suscettibile di un significato allegorico; non si trattava dell'allegoria come particolare genere letterario, quale è descritto da Quintiliano (Inst. VIII VI 44-53) e da altri scrittori di retorica. Citare il C. in simile contesto sarebbe stato un controsenso, perché esso per gli antichi aveva soltanto i sensi allegorico, morale e anagogico, non quello letterale.

Nella Commedia il C. compare molto raramente; non se ne parla mai in maniera espressa. La descrizione della leggendaria fenice (If XXIV 110-111: suo cibo incenso e amomo, fasce con nardo e mirra) istintivamente richiama al biblista Cant. 4, 6 e 13-14 (ivi si parla del " monte della mirra ", del " colle dell'incenso ", del " cinammomo " e del " nardo "); ma il confronto con Ovidio (Met. XV 393-399) non permette dubbi circa la dipendenza letteraria. In Pg XXX 11 viene preannunziato l'arrivo di Beatrice con le parole ‛ Veni, sponsa, de Libano ', che sono un adattamento per ragioni metriche di " Veni de Libano, sponsa mea ", di Cant. 4, 8. Per descrivere il suono della campana mattutina, in Pd X 140-141, D. parla della sposa di Dio che surge / a mattinar lo sposo perché l'ami. La terminologia metaforica può provenire da un uso comune, forse da s. Paolo (cfr. Ephes. 5, 23-33). Ma probabilmente il riferimento più diretto è proprio nel Cantico. Difatti almeno tre volte (Cv II V 5, Mn III III 12 e X Fico il poeta identifica la sponsa di tale libro con la Chiesa (egli cita rispettivamente 8, 5; 1, 3 e 8, 5 del C.). In Cv II XIV 19-20 cita Cant. 6, 7-8: " Sessanta sono le regine, e ottanta l'amiche concubine; e de le ancille adolescenti non è numero: una è la colomba mia e la perfetta mia ". La lunga trattazione, motivata dall'inizio della canzone Voi che 'ntendendo, seguendo Aristotele e gli aristotelici vuole porre in relazione le diverse scienze con i vari cieli. Al Cielo empireo... simiglia la Divina Scienza (è la Sacra Doctrina degli scolastici), identificata con la colomba e con la perfetta del C., mentre le altre scienze sarebbero indicate dalle regine, dalle drude e dalle ancille. L'identificazione della sposa con la Chiesa risale a Origene (cfr. Patrol. Graec. 13, 38) ed era comunissima nel Medioevo specialmente dopo Beda il Venerabile (cfr. In Cantica Canticorum allegorica expositio, in Patrol. Lat. 91, 1065 e 1236); quella con la Divina Scienza probabilmente è un'applicazione propria del poeta, a meno che non la desumesse da qualche rabbino (nel Medioevo, infatti, era propria di alcune scuole rabbiniche; cfr. G. Ricciotti, Il Cantico dei Cantici, Torino 1928, 77).

Citazioni discutibili si possono segnalare in Pg XI 116 (discolora - " decoloravit " di Cant. 1, 5); XXIX 114 (membra... bianche... di vermiglio miste - " candidus et rubicundus " di Cant. 5, 10); XXX 41 (m'avea trafitto - " vulnerasti cor meum " di Cant. 4, 9); XXXII 73 (immagine del melo - Cant. 2, 3); Pd XXIII 74 (immagine dei gigli - Cant. 2, 16).

Bibl. - V. la bibl. della voce BIBBIA.

Da - http://www.treccani.it/enciclopedia/cantico-dei-cantici_%28Enciclopedia-Dantesca%29/
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