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Autore Discussione: 3 suggerimenti per un piano Industria 4.0 che faccia bene al Sud  (Letto 1484 volte)
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« inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:54:38 pm »

3 suggerimenti per un piano Industria 4.0 che faccia bene al Sud

   18:51, 23 gennaio 2020

Alex Giordano

Le misure adottate nella Legge di Bilancio vanno a rivedere alcuni meccanismi proposti precedentemente, con l’intenzione di ampliare la platea dei beneficiari. Ma servono alcuni elementi di attenzione forte che sono molto chiari nel nostro modello mediterraneo di sviluppo ecologico e sostenibile

Qualche settimana fa, pochi giorni prima di Natale, il Ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, in una lettera inviata al Sole 24ORE ha spiegato la nuova politica industriale 4.0 “più inclusiva e attenta alla sostenibilità”.

Il Ministro stesso ha sottolineato, facendo riferimento al numero di imprese che hanno beneficiato del Piano Impresa 4.0, che “la platea di potenziali beneficiari delle misure è ancora ampia”: i 2/3 degli incentivi sono andati a imprese medio grandi; gli investimenti hanno riguardato principalmente componenti macchinari. Solo 95 imprese hanno effettuato investimenti in beni di valore superiori ai 10 milioni di euro e 233 sono state interessate da progetti di ricerca e sviluppo di valore superiore ai 3 milioni di euro.

Le misure adottate nella Legge di Bilancio vanno a rivedere alcuni meccanismi proposti precedentemente, con l’intenzione di ampliare la platea dei beneficiari a supporto anche del Made in Italy. In particolare:

la revisione è stata programmata in ottica pluriennale per dare alle imprese la possibilità di programmare in un periodo medio-lungo;
il super e l’iper ammortamento sono stati trasformati nel nuovo credito d’imposta per beni strumentali. Questa misura dovrebbe essere fruibile anche dai soggetti senza utili e in regime forfetario come le imprese agricole;
è stato introdotto un incentivo per l’acquisto di software.
Inoltre il Piano Transizione 4.0 (questo il nuovo nome attribuito al Piano Impresa 4.0) si è concentrato sugli investimenti green e per le attività di design e ideazione estetica a vantaggio di settori come il tessile e la moda, il calzaturiero, l’orafo, i mobili, l’occhialeria, le ceramiche.

Totale: 7 miliardi di euro.
Il Ministro, sempre nella lettera, sottolinea che le risorse economiche sono una delle leve necessarie alla crescita tecnologica che è però un processo che “necessita di un sostegno per la formazione e l’informazione”. Per questo è stata lanciata la misura dei manager dell’innovazione (esperti che sappiano contribuire all’accelerazione tecnologica di un’azienda e guidarne il cambiamento) e si sta lavorando alla creazione di una “solida e stabile connessione tra il mondo produttivo e quello della ricerca”. Su questo il Ministro ha annunciato il Progetto Atlante 4.0, realizzato in collaborazione con Unioncamere “per far conoscere le strutture che operano a supporto dei processi di trasferimento tecnologico e trasformazione digitale delle imprese”. In parallelo si sta lavorando (anche con Enea) per far crescere gli investimenti in innovazione nel nostro Paese attraverso il Fondo Nazionale Innovazione.

Il Ministro ha chiuso la sua lettera con queste parole “la Transizione è una grande sfida, ma il nostro tessuto imprenditoriale saprà coglierla…”

Riflessioni dalla ricerca sul campo (di battaglia)
Ecco il punto chiave: il nostro tessuto imprenditoriale saprà cogliere la sfida? Al di là dell’auspicio, la risposta non è per niente scontata.

L’abbiamo sperimentato con il progetto PIDMed (Punto Impresa Digitale Mediterraneo) nei territori delle Province di Caserta e Salerno. PIDMed, come tutti gli altri Punti Impresa Digitale, è una struttura di supporto al Piano Impresa 4.0, che Uninocamere attraverso le due Camere di Commercio di Salerno e di Caserta hanno creato in partnership con il programma Societing 4.0 dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e con il supporto di COINOR e dell’incubatore Campania New Steel. Come gli altri PID, ha sostenuto operativamente le MPMI nel percorso di alfabetizzazione delle imprese del territorio, nella creazione di progetti e nella adozione dei Voucher Digitali I4.0 solo che si è sforzato di creare un prototipo di Punto d’Impresa Digitale che fosse rispettoso del genius loci meridionale, del tutto diverso dal contesto socio-economico tedesco nel quale è stato concepito il piano Industry4.0.

L’operazione non è stata semplice. A partire dalla presenza di imprese culturalmente molto distanti dai processi di trasformazione immaginati dal modello Industry 4.0. Le imprese di questi territori, infatti, sono principalmente piccolissime imprese artigiane che basano i loro successi sull’estro e sull’operatività degli imprenditori. In Campania 96 imprese su 100 hanno meno di dieci addetti, inoltre molte si trovano distanti dai “distretti della conoscenza” essendo ubicate in aree interne. La dimensione e la collocazione territoriale hanno almeno 3 effetti critici su quelle condizioni abilitanti che possono favorire l’introduzione di tecnologie 4.0:
la dimensione delle imprese non favorisce la definizione di processi produttivi codificati e, di conseguenza, rende particolarmente complessa la digitalizzazione perché digitalizzare un’impresa non significa solamente acquistare nuovi macchinari o tecnologie bensì ripensare alle modalità operative che supportano le strategie per la creazione di nuovi prodotti, la trasformazione dei prodotti tradizionali e anche la creazione di nuovi business;
 
la dimensione e la collocazione delle imprese non favorisce la spinta propulsiva al cambiamento perché distanzia queste imprese dalle filiere complesse che facilitano un approccio integrato all’innovazione. I player industriali più grandi, infatti, diventano forza motrice dei processi innovativi richiedendo alla catena dei fornitori e agli altri attori della filiera di ripensare i processi aziendali, l’organizzazione del lavoro e la relazione con i clienti. La dispersione e la frammentazione delle imprese di tanti contesti produttivi (tipo quello in cui ha operato PIDMed) allontana queste realtà dai processi di innovazione;
 
la collocazione fisica delle imprese, distante dai servizi informativi che abitualmente hanno una concentrazione urbana, fa sì che il sistema degli incentivi e dei servizi -erogati a sportello- non arrivi, per assurdo, ai beneficiari potenziali. E’ esperienza diffusa sul territorio nazionale quella della disponibilità di risorse pubbliche che sono troppo distanti da chi potrebbe (o dovrebbe) fruirne e, di conseguenza, sono risorse che non vengono distribuite e non consentono di ottenere quegli output e outcome descritti, spesso, molto bene nei documenti di progetto delle varie istituzioni (molti esempio potremmo portare su ambiti di policy differenti dal nord al sud passando per il centro Italia).
C’è un altro aspetto non secondario: il problema per gli imprenditori non è già l’attuazione di un Piano Nazionale bensì la possibilità di comprendere quali siano i vantaggi dei cambiamenti proposti per la propria impresa e quali siano i servizi e le risorse disponibili. Detto così sembra banale ma ha tanto a che fare con la dimensione culturale quindi con l’attitudine ai cambiamenti degli imprenditori (che essendo singoli decidono in autonomia e su criteri di convenienza molto immediata) e con la fiducia verso gli attori che lo propongono. Quindi anche quando Comuni, Camere di Commercio, Università o chi per loro, arrivano a rappresentare le novità di politiche nazionale come quella di Impresa 4.0, non è detto che l’interlocuzione vada a buon fine: bisogna parlare la stessa lingua per capirsi bene e per creare una relazione proficua.

Questi processi di cambiamento non passano solamente dall’informazione ma necessitano di un differente sistema di relazione tra diversi attori. Dove un’azienda anche medio-piccola appartiene ad un sistema imprenditoriale complesso sono le imprese più grandi e strutturate a guidare i processi, nelle realtà come quelle affrontate da PIDMed è stato necessario trovare chiavi di interazione diverse. La proposta di introdurre tecnologie 4.0 è passata dalla mediazione di uno staff di facilitatori, adeguatamente formati dal Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università Federico II° di Napoli, che hanno incontrato gli imprenditori presso le loro aziende, hanno ascoltato le storie delle imprese e hanno fatto da ponte tra le soluzioni mappate presso i Centri di ricerca coinvolti e le criticità evidenziate, in modo autonomo, dagli imprenditori: “noi qui spendiamo molti soldi per l’irrigazione di questi campi e il consumo d’acqua è molto alto”; “sulla mia barca faccio fare tour soprattutto a italiani: ci sono pochissimi stranieri; “nel mio agriturismo ho tanti clienti solo in certi momenti dell’anno”…

In contesti come questi non si può pensare che lo sviluppo tecnologico passi, come in altre realtà più strutturate, da processi multi-settore e cross industriali.

Di certo servono piattaforme territoriali che creino sistemi vantaggiosi per le imprese e i territori. La nostra esperienza ci dice che ci sono alcune vie possibili alla trasformazione:
proporre soluzioni “accettabili”: le tecnologie open source, ad esempio, e sistemi (meno costosi) di retrofitting (misure adottate per consentire l'installazione di parti nuove o aggiornate su macchinari vecchi o obsoleti) sono state accolte anche da piccolissimi imprenditori e sono un possibile primo momento di alfabetizzazione con il 4.0;
il discorso su I4.0 va tradotto:
dal punto di vista delle imprese (non si può chiedere ad un artigiano di sostituire la sua produzione con dei robot ma si può immaginare di lavorare sulla realtà aumentata per presentare in modo innovativo il grande valore aggiunto del lavoro svolto in quella bottega o di agire sull’efficentamento della logistica e/o dell’amministrazione);
per l’applicazione concreta all’interno delle imprese (per vendere i tuoi tour agli stranieri puoi usare un sistema che parla - lui non tu- in tante lingue diverse, come ad esempio un chatbot);
con linguaggi accettabili per gli imprenditori (i costi che sono aumentati per le irrigazioni possono essere ridotti controllando l’umidità del terreno e facendo in modo che l’acqua venga data dove e se ce n’è bisogno. Si può fare con dei sensori);
supportare le reti territoriali componendo la frammentazione dove altri dispositivi non sono in grado di intervenire: dopo un periodo di studio e formazione su Big Data, e su come gli strumenti di Intelligenza Artificiale possano essere di supporto alla destagionalizzazione del turismo e alla promozione delle esperienze autentiche del territorio, 8 imprese del Cilento hanno realizzato una piattaforma di destinazione che, attraverso big data, attrae potenziali visitatori. Questo progetto, per altro, è stato selezionato da una short list di 200 progetti (su oltre 10.000 progetti realizzati in tutta Italia utilizzando i voucher per la digitalizzazione 4.0) e premiato, come unico progetto del sud Italia, insieme ad altri 5 nel contest Top of The Pid organizzato da Unioncamere.
Vedremo se e come le novità proposte dal Piano Transizione 4.0 potranno ulteriormente ampliare la platea delle imprese destinatarie delle misure previste. Di certo ci immaginiamo che i Competence Center possano avere una funzione importante così come i manager dell’innovazione è che le Università debbano aprirsi sempre di più alle comunità ed ai suoi contesti socioeconomici di riferimento.

Ma servono, secondo noi, tre elementi di attenzione forte che sono molto chiari nel nostro modello mediterraneo di sviluppo ecologico e sostenibile:
è importante che le attività di ricerca e azione passino da processi di conoscenza delle realtà alle quali si rivolgono, per definire idee e soluzioni che verifichino la loro utilità ed efficacia alla prova dei fatti;
è molto utile creare ponti tra discipline, attori, significati, metodi, territori, tradizione e innovazione generando idee, esperienze e soluzioni che possono produrre valore collettivo. Il lavoro non è solo sulle imprese, quindi, ma su quell’intelligenza collettiva che mette insieme persone, tecnologie, singoli e comunità verso la generazione di bene comune;
serve un tempo da dedicare alla formazione e alla crescita ecosistemica dei processi di innovazione tecnologica e sociale. Per questo è decisivo sostenere una diffusa alfabetizzazione a vantaggio di una distribuzione condivisa dei poteri e delle responsabilità delle/nelle comunità. Ciò crea gli anticorpi e i dispositivi che possono favorire il cambiamento ed evitare che intelligenze artificiali -cioè intelligenze che agiscono in autonomia, attraverso le macchine o attraverso dispositivi sociali-economici-tecnici-politici-militari-religiosi… - condizionino in modo negativo la vita delle persone.
Se volete approfondire il nostro punto di vista potete scaricare il nostro ultimo il report Industry 4.0 - La sperimentazione di un modello mediterraneo.
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Da - https://www.agi.it/blog-italia/digitale/industria_4_0-6936162/post/2020-01-23/
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