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Autore Discussione: I 28 mesi di Luigi Di Maio alla guida del Movimento 5 Stelle  (Letto 3595 volte)
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« inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:10:49 pm »

I 28 mesi di Luigi Di Maio alla guida del Movimento 5 Stelle

07:06, 23 gennaio 2020

Di Serenella Ronda

Dall'apertura del meetup di Pomigliano d'Arco alla nomina a capo politico fino ad arrivare agli incarichi di governo. In poco più di due anni l'attuale ministro degli Esteri ha portato M5s dalle piazze ai palazzi

Ventotto mesi. Poco più di due anni è durata la leadership di Luigi Di Maio, che ha guidato il Movimento 5 stelle portandolo dalle piazze fin dentro i palazzi che contano, diventando la maggiore forza di governo, prima alleata con la Lega e poi, dopo la crisi voluta e cercata da Matteo Salvini, con il Pd.

La parabola del 'prescelto' a trasformare i 5 stelle da Movimento di protesta a forza responsabile e istituzionale si consuma in un arco temporale ristretto, che lo ha visto toccare vette altissime, conquistando percentuali quasi inaspettate e festeggiare grandi successi, fino a veder erodere il consenso elettorale votazione dopo votazione, mentre il mondo pentastellato iniziava a puntare il dito proprio contro la sua gestione troppo accentrata del potere, con divisioni interne via via crescenti.

Ed è alla viglia di quella che, salvo sorprese, si preannuncia come una nuova debacle per i 5 stelle, le regionali in Emilia e Calabria, che Di Maio accetta la 'resa' e lascia il timone del Movimento. Non è bastata a sopire i malumori la decisione di farsi affiancare dai 'facilitatori'. Non ha certo aiutato la querelle sui rimborsi, con i tanti parlamentari morosi a un passo dall'essere espulsi.

Ma Di Maio, fino ad oggi, ha sempre rivendicato la giustezza delle scelte fatte, forte dell'appoggio del cofondatore del Movimento, Beppe Grillo - intervenuto più volte in questi due anni nei momenti cruciali per blindare il leader - e del sostegno del figlio dell'altro fondatore, Davide Casaleggio. La storia politica di 'Giggino', come lo hanno spesso ribattezzato i critici e detrattori, nasce in Campania.

Gli esordi di un futuro capo
Di Maio dopo il diploma di liceo classico si è iscritto all'Università, in un primo momento alla facoltà di ingegneria, poi a giurisprudenza alla Federico II di Napoli. Ma alla fine ha rinunciato e non si è mai laureato. Nel suo curriculum si legge che è giornalista pubblicista dal 2007, che ha lavorato per un breve periodo come webmaster e anche come steward allo stadio San Paolo Di Napoli.

Poi, la scelta della politica con la candidatura nel Movimento 5 stelle. Nel 2007 Di Maio ha aperto il meetup di Pomigliano d'Arco aderendo così all'iniziativa di Grillo che proponeva la costituzione di gruppi di cittadini che si occupassero dei problemi del loro comune. Nel 2010 si è candidato come consigliere comunale del suo comune, ma ottenendo solo 59 preferenze non è stato eletto.

Successivamente, con le cosiddette 'Parlamentarie' del Movimento 5 stelle, è stato candidato online e con 189 preferenze è riuscito ad entrare alla Camera, per poi essere eletto vicepresidente di Montecitorio. Nel 2017 la svolta 'leaderistica': Di Maio viene eletto dalla Rete con 30.936 voti (l'82% dei votanti) candidato premier e Capo politico del Movimento il 23 settembre, in occasione della kermesse grillina di Rimini.

Il Movimento cambia pelle
Con lui, di fatto, il Movimento ha cambiato pelle: molti poteri sono accentrati nelle sue mani e le decisioni, che nella Fase 1 del Movimento venivano prese dalla Rete e dalle assemblee, adesso vengono prese direttamente da leader e talvolta ratificate da eletti e attivisti. Nel suo cursus, prima di essere eletto capo politico, Di Maio aveva già ricoperto incarichi di vertice: nominato membro del cosiddetto Direttorio del Movimento, costituito nel novembre 2014 da cinque parlamentari, scelti da Beppe Grillo con l'obiettivo di costruire il principale organo direttivo del Movimento che avesse una funzione di raccordo tra il leader e gli eletti in parlamento.

Ma il Direttorio ebbe vita breve risultando inefficace. Nel 2016 Di Maio è stato anche nominato responsabile degli enti locali per M5s. Poi, appunto, la svolta: preso in mano il timone del Movimento, Di Maio porta i 5 stelle, alle elezioni politiche del 4 marzo 2018, a toccare vette altissime: i pentastellati sfiorano il 33% dei consensi. Ed è da questa posizione di forza che Di Maio, pur dovendo rinunciare alla premiership, tratta con Salvini per la nascita del primo governo Conte.

La nascita del governo gialloverde
Di Maio è l'artefice dell'ingresso dei 5 stelle a palazzo Chigi, all'interno delle stanze che contano. Un'alleanza post-elettorale che alla partenza sembra granitica, con un contratto di governo a fare da collante. Per sé Luigi ritaglia il triplice e 'pesante' ruolo di vicepremier - condiviso con Salvini - e di ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico.

Ma la presenza ingombrante del leader leghista e le difficoltà del Movimento, 'ingabbiato' in un ruolo istituzionale e di responsabilità, costretto a mediare e a scendere a patti, spesso offuscano la leadership del capo politico, che deve fare i conti anche con l'ala non governista del Movimento, tra cui militano i pentastellati che sin dall'inizio mal hanno digerito l'intesa con la Lega.

E arrivano le prime 'batoste': alle europee del 2019, poco più di un anno dopo l'exploit delle politiche, il Movimento 5 stelle subisce una dura sconfitta, fermandosi a quota 17%. Un tracollo che apre le porte al malessere interno. E iniziano le prime 'messe in mora' del leader.

Intanto, però, Di Maio incassa battaglie storiche per il Movimento: il taglio dei vitalizi per gli ex parlamentari, la riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari (anche se il via libera finale arriva solo successivamente, con il governo Conte II), lo 'Spazzacorrotti', il Reddito di cittadinanza. Ma, allo stesso tempo, i 5 stelle devono 'accettare' le leggi bandiera della Lega, dalla legittima difesa ai due decreti Sicurezza. Scelte che hanno minato la tenuta stessa del Movimento, con l'arrivo dei primi pesanti dissensi e, soprattutto, addii. Ma anche espulsioni di parlamentari che non si allineavano.

Le sconfitte elettorali erodono la leadership
Tra alti e bassi si arriva alla scorsa estate, al deterioramento non più ricucibile del rapporto con Salvini che, a inizio agosto, stacca la spina al governo. Seguono giorni convulsi, dentro e fuori il Movimento, con l'ipotesi di un esecutivo a traino M5s-Pd. Di Maio non nasconde le perplessità, poi 'cede' dopo l'intervento di Grillo, che dà il suo placet e ci mette la faccia. Nasce così il governo Conte II. Ma sin dai primi passi del nuovo esecutivo, la parabola della leadership di Di Maio continua a virare verso il basso.

Altri duri colpi arrivano dalle elezioni amministrative e regionali, dove il Movimento subisce nuove sconfitte. Cresce la fronda 'anti-Luigi', con ripetuti attacchi sotterranei ma anche pubblici. La forza contrattuale del Movimento al governo si assottiglia, anche a causa del dover trattare con diversi alleati (dal Pd a Leu fino ai riottosi renziani) e non più con uno solo in una sorta di pragmatico do ut des come avvenuto con la Lega.

Secondo diversi osservatori il colpo quasi ferale arriva con le regionali in Umbria: un nuovo tracollo, con i 5 stelle che scendono sotto il 10%. Si susseguono riunioni (anche 'carbonare') dei dissidenti, e i primi senatori, ma anche deputati, escono allo scoperto mettendo in discussione la leadership solitaria di Di Maio. Fioccano gli addii (oltre 20 i parlamentari che lasciano M5s).

Nuovamente Grillo è costretto a correre nella Capitale: il cofondatore incontra i vari 'big' e lo stesso Luigi. Ma è solo una tregua (armata), e anche i rapporti interni e con i vertici storici del Movimento iniziano a traballare sul serio. Fino a un passo indietro che ha preso in contropiede anche i fedelissimi. 
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Da - https://www.agi.it/politica/di_maio_m5s_storia-6928367/news/2020-01-23/
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« Risposta #1 inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:12:23 pm »

Gli alleati di governo sono sicuri che Di Maio tornerà

07:43, 23 gennaio 2020

Di Paolo Molinari

Per Pd, Italia viva e Leu quella del Ministro degli Esteri era una mossa largamente attesa. E sono in molti quelli che scommettono sul fatto che si ripresenterà tra un paio di mesi

DIMISSIONI DI MAIO GOVERNO GIALLOROSSO
Il governo non subirà scossoni dalle dimissioni di Luigi Di Maio. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, lo scrive nero su bianco a pochi minuti dall'addio dell'ormai ex capo politico del M5s. Una certezza che il premier sembra condividere con gli alleati di governo. Quella di Di Maio è una mossa largamente attesa, viene detto quasi in coro da esponenti di Pd, Italia viva e Leu. E anche il tema della successione e, quindi, del futuro interlocutore nell'esecutivo non sembra destare preoccupazioni.

Vito Crimi rappresenta la continuità, poi ci saranno gli Stati Generali dei pentastellati dopo i quali, come dice Di Maio, "si sceglierà il chi". E per gli azionisti della maggioranza quel "chi" riporta allo stesso Di Maio. "Se ne starà buono per un paio di mesi, affilerà le armi e poi si ripresenterà, magari 'forte' della sconfitta alle regionali, dove lui non voleva presentare candidati". A parlare è un peso massimo di Italia viva: "Di Maio si è tirato indietro a pochi giorni dalle elezioni regionali per lasciare la nave prima che affondi e per poter tornare dicendo: ero contrario alle candidature in Emilia Romagna e in Calabria, guardate cosa è successo".

Nel partito di Renzi è consolidata l'idea che "non saranno le dimissioni di Di Maio ad avere ripercussioni sul governo, quanto il voto delle regionali". Perché, è il ragionamento, se l'esecutivo può andare avanti senza traumi dopo le dimissioni di un capo politico, qualcosa potrebbe succedere se a dimettersi dovessero essere un capo politico e un segretario.

Il riferimento è a Nicola Zingaretti e alla possibilità che il Partito democratico possa lasciare il fortino dell'Emilia Romagna alla Lega di Salvini. In quel caso, ragionano ancora i renziani, il segretario difficilmente potrebbe rimanere in sella al partito e, questo sì, avrebbe delle conseguenze: "Magari non cadrà il governo, ma qualcosa succederà".

Zingaretti ha già fatto sapere che, a suo avviso, le dimissioni di Di Maio non porteranno novità nel governo così come non ci saranno ripercussioni da una eventuale sconfitta in Emilia Romagna e Calabria. E non vuole entrare nel merito delle scelte di un Movimento che attraversa una delicata fase di rinnovamento.

Fonti dem, tuttavia, rimarcano che "sta avvenendo quello che ci aspettavamo e che, in qualche modo, auspicavamo": ovvero, la definizione di una identità spiccatamente progressista e riformista del Movimento 5 Stelle che possa semplificare il lavoro per la costruzione di quel campo largo di centro sinistra più volte evocato da Zingaretti. E le stesse fonti ricordano come proprio un esponente di primo piano del Movimento, il ministro Stefano Patuanelli, abbia di recente espresso la volontà di portare i Cinque stelle in un perimetro riformista.

Ora, l'auspicio dei dem è che possa "essere messa la parola fine all'equivoco del partito post ideologico e al "mai alleati con nessuno". Anche i dem, tuttavia, sono convinti che con Di Maio occorrerà tornare a fare i conti: "Dopo gli stati generali si ripresenterà, e cercherà di farsi ri-legittimare dal voto della base". Una impresa per niente scontata, ragionano ancora i parlamentari Pd: "Il Movimento è esploso anche a casa sua, a Napoli", chiosano.

Il "chi", si diceva, si deciderà in ogni caso dopo gli stati generali, Nel frattempo gli azionisti del governo si interrogano su chi sarà il punto di riferimento della delegazione M5s. Patuanelli è il ministro più apprezzato nel Pd così come in Italia Viva e Leu. Ma i nomi forti dentro l'esecutivo rimangono i fedelissimi del ministro degli Esteri, Riccardo Fraccaro e Vincenzo Spadafora. Anche da questi rapporti passerà la tenuta e l'efficacia dell'azione dell’esecutivo nelle prossime settimane.
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Da - https://www.agi.it/politica/di_maio_dimissioni_reazione_alleati_governo-6930483/news/2020-01-23/
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« Risposta #2 inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:32:22 pm »

"L'addio Di Maio ha scosso tutti ma siamo a una svolta", dice Crippa

10:04, 24 gennaio 2020

Davide Crippa

Il capogruppo M5s alla Camera intervistato da La Stampa: "Concentriamoci sul cosa, non sul chi"
 “L’addio di Luigi Di Maio ha scosso tutti, ma siamo a un punto di svolta. È nato un percorso molto partecipativo e questa fase culminerà negli Stati generali”. Lo dice Davide Crippa, capogruppo dei 5 Stelle alla Camera, in un’intervista a La Stampa nella quale si augura che Di Maio “darà il suo contributo con l’esperienza e le capacità che ha maturato, ma non dobbiamo più legare un nome a un percorso politico” per concentrarsi invece “sul ‘cosa’ cambiare” per poi pensare “al ‘chi’, come ha detto Luigi”, spiega il capogruppo a Montecitorio.

Se l’era del capo politico solo al comando sia finita Crippa non lo sa con certezza. Risponde solo: “Valuteremo tutti insieme i pro e i contro” anche se è cosciente che “quando ci sono più persone a decidere, si rischia di ingessare problemi che vanno risolti rapidamente” e lui, per questo, si dice favorevole alla “collegialità”, anche se in passato “ai tempi del Direttorio, riconosco ci abbia portato alcuni problemi” ammette.

Quanto a Di Battista, Crippa si augura che “anche lui dia un contributo agli Stati generali”, poi però gli sembra quasi ovvio che “oggi la nuova forza di maggioranza cambi alcuni equilibri”. Verso dove è forse ancora presto per poterlo dire.
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Da - https://www.agi.it/politica/davide_crippa_di_maio_lascia_m5s-6938783/news/2020-01-24/
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« Risposta #3 inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:38:29 pm »

Dal Vaffa day ai governi Conte, 10 anni di M5s

07:32, 23 gennaio 2020

Di Serenella Ronda

Con il passo indietro del capo politico e la convocazione degli stati generali inizia una nuova fase per il Movimento che, pochi mesi fa, aveva festeggiato il suo primo decennale di vita

È costellata di 'svolte' la storia politica del Movimento 5 stelle. Mercoledì si è compiuta quella più traumatica: il passo indietro di Luigi Di Maio dalla leadership. Dopo 28 mesi alla guida del Movimento, Di Maio lascia il timone a pochi mesi dall'anniversario storico della nascita della 'creatura' di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, 10 anni esatti, festeggiati il 4 ottobre del 2019.

Tutto ha inizio a Milano, al Teatro Smeraldo. In realtà i primi 'sintomi' di quello che diventerà il primo partito in Italia sono già evidenti: due anni prima, esattamente l'8 settembre del 2007, Grillo si affaccia dal palco di piazza Maggiore a Bologna ed è subito ovazione. È il primo 'Vaffa-Day', dove vengono raccolte 336.144 firme per il progetto 'Parlamento Pulito'. Si susseguono iniziative, nascono i primi meet-up sul territorio.

"Questo non è uno spettacolo"
Ma è a Milano, nel 2009, il battesimo ufficiale. Sempre Grillo sale di nuovo su un palco e da showman consumato avverte subito il pubblico: "Questo non è uno spettacolo". Nasce ufficialmente il Movimento 5 stelle, numero che deriva dalle prime liste civiche presentate in cinque regioni, primo vero passo nell'agone politico.

Seguono altri 'Vaffa day', ma la prima vera svolta si consuma nel maggio del 2012, quando il Movimento elegge i primi quattro sindaci, tra cui Federico Pizzarotti a Parma. Cresce il consenso, le piazze si riempiono, ma il Movimento resta ancora fortemente caratterizzato da un'anima barricadera, e arrivano i primi slogan contro la 'casta', i partiti, i corrotti, le lotte e le proteste contro la Tav e le Trivelle. È la fase 'pura e dura' del Movimento, con Grillo che lancia i suoi strali dal suo personale blog.

Nell'ottobre del 2012 il Movimento conquista nuovi consensi e, soprattutto, diventano prima forza in Sicilia, incassando il 14,90% dei voti, successo segnato dalla memorabile traversata a nuoto di Grillo dello stretto di Messina. Ma con il crescere dei consensi, e dell'attenzione mediatica, spuntano anche i primi dissensi, subito bloccati sul nascere. Si assiste così alle prime espulsioni: eclatanti quelle di Federica Salsi, consigliera di Bologna, 'rea' di aver partecipato a una trasmissione televisiva, e di Giovanni Favia, che nel 2009 era stato definito dallo stesso Grillo 'il futuro del Movimento', colpevole di un fuori onda in cui lamenta l'egemonia di Casaleggio sul Movimento.

L'anno successivo, nel 2013, una nuova svolta: il Movimento decide di entrare nei palazzi. La struttura, però, non cambia: vige la regola 'uno vale uno', nessuno è il capo nessuno è il leader. Nessuna organizzazione piramidale, nessuna governance né, tantomeno, l'organizzazione simile a quelle dei partiti tradizionali.

La democrazia diretta, è il motto, vince su tutto. La rete ha sempre l'ultima parola. I 5 stelle si candidano alle elezioni politiche e, a sorpresa, incassano in Italia più voti del Pd, il 25,5% dei consensi, con i dem che strappano la prima posizione grazie ai voti degli italiani all'estero.

L'ingresso a Montecitorio e a palazzo Madama, però, non cambia la struttura del Movimento: i capigruppo ruotano ogni tot mesi, nessun leader riconosciuto e incoronato. E, soprattutto, nessuna alleanza, il Movimento 5 stelle, è il motto, andrà al governo da solo. Anche le modalità di azione restano le stesse delle origini: dirette streaming - famose quelle con Pierluigi Bersani che tentò un'alleanza per dar vita a un governo, poi bissato nel 2014 con Matteo Renzi - e votazioni on line.

Poi protesta, protesta, protesta dentro e fuori i palazzi. Sono gli anni all'opposizione, con i 5 stelle - tra i volti più noti Alessandro Di Battista, spesso alla guida delle occupazioni alla Camera - che non accettano alcun compromesso. In verità uno sì: i pentastellati accettano il primo ruolo istituzionale, quello di vicepresidente della Camera. Il designato è Luigi Di Maio. Intanto si riaffaccia il malessere interno, nuovo round di espulsioni, lotta dura contro i media (famosa la sorta di lista di proscrizione dei “giornalisti del giorno” che veniva pubblicata a scadenza fissa sul blog).

Nel 2014 i malumori crescenti per la pesante blindatura del Movimento contro ogni dissenso spingono il cofondatore Grillo a fare un passo di lato: nasce il Direttorio, composto da Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio, Roberto Fico, Carla Ruocco e Carlo Sibilia. Esperienza, però, che non avrà molto successo e, anzi, favorirà le prime lotte intestine.

I consensi elettorali, al contrario, continuano a crescere e a conquistare sempre una maggiore fetta del territorio, fino al 2016, quando il Movimento viene colpito da un gravissimo lutto: malato da tempo, muore l'altro fondatore, il guru Gianroberto Casaleggio. Il Movimento subisce il colpo, fatica a ritrovare la rotta anche per colpa, è la convinzione dei critici, della presenza sempre meno costante di Grillo. Ad affiancarlo arriva il figlio di Gianroberto, Davide Casaleggio, e nasce e prende subito piede Rousseau. Una nuova svolta attende il Movimento: nella tarda primavera del 2016 i 5 stelle conquistano la Capitale e strappano Torino al Pd.

Le star sono Virginia Raggi e Chiara Appendino. La parabola ascendente del Movimento sembra non avere fine. Nonostante il malessere interno continua ad insinuarsi tra i pentastellati, il Movimento è atteso a un'altra svolta: la vittoria alle elezioni politiche del 2018. Prima, però, c'è la trasformazione: da Movimento di piazza dove uno vale uno a Movimento con un leader unico.

Le elezioni del 2018 e l'intesa con la Lega
Nel settembre del 2017 i voti on line incoronano Luigi Di Maio primo capo politico del Movimento 5 stelle. Quasi un anno dopo, il 4 marzo del 2018 i 5 stelle diventano primo partito in Italia, con il 33% dei consensi. Ma non hanno i numeri da soli per poter governare. E così si consuma un'altra importante svolta, anzi una vera e propria trasformazione: il Movimento è costretto a scendere a patti e, dopo una lunga e difficile trattativa, siglano un accordo - suggellato da un contratto scritto - con la Lega di Matteo Salvini.

Per i detrattori è il primo passo verso l'abisso: dal 'mai alleati di nessuno' a un accordo con i leghisti pur di andare a palazzo Chigi. Non solo. Di Maio deve rinunciare alla premiership, pur ottenendo un ruolo di peso - vicepremier in coabitazione con Salvini e ministro del Lavoro e al Mise - mentre i 5 stelle conquistano anche lo scranno più alto di Montecitorio, con l'elezione a presidente della Camera di Roberto Fico.

Insomma, come si diceva, è la vera svolta del Movimento, che cambia pelle, faccia e natura: entra nelle stanze dei bottoni, veste i panni istituzionali, riveste ruoli incarichi delicati. Ma mentre le 5 stelle del Movimento sembrano risplendere come non mai, è anche il momento delle prime forti divisioni interne, dei primi addii, delle espulsioni pesanti.

È il momento dei compromessi - i 5 stelle accettano i due decreti Sicurezza, la legittima difesa, per fare alcuni esempi - ma anche delle vittorie: incassano alcune delle battaglie storiche, come il taglio dei vitalizi, il reddito di cittadinanza, lo Spazzacorrotti, e pongono le prime basi del taglio dei parlamentari. Poi la situazione precipita, i rapporti personali e politici tra Di Maio e Salvini sono ormai ai minimi termini. Il 'capitano' leghista mette la parola fine al governo - anche a causa del tener duro dei 5 stelle sul no alla Tav - ed è crisi di governo.

Dopo un'estate al cardiopalma, con una fetta dei 5 stelle - 'capitanata' dallo stesso Di Maio - contraria a un'alleanza con il nemico storico, i pentastellati vanno al governo con il Pd. E la leadership di Di Maio - che secondo i detrattori avrebbe accettato la poltrona di premier per tornare a palazzo Chigi con Salvini - inizia a traballare.

Il dissenso interno cresce, così come aumentano gli addii. Scoppia il 'caso rimborsi', con il rischio di una raffica di espulsioni. Di Maio sceglie la linea dura, ma tenta anche la carta della collegialità, richiesta a gran voce dai gruppi parlamentari, e dà vita ai facilitatori. Infine, l'ultima svolta fin qui: le dimissioni da capo politico del Movimento, con la garanzia che la storia di M5s "non è finita". 
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

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« Risposta #4 inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:56:15 pm »

Crimi lancia la nuova fase del Movimento 5 stelle

07:25, 23 gennaio 2020

Il viceministro dell'interno nel Governo Conte II, dopo le dimissioni di Di Maio, ha voluto precisare il suo ruolo di "traghettatore", inviando un lungo messaggio ai militanti

VITO CRIMI LUIGI DI MAIO MOVIMENTO 5 STELLE

"Luigi Di Maio ha deciso di rimettere il suo mandato di capo politico del MoVimento 5 Stelle. In virtù del nostro statuto, spetta ora al membro più anziano del Comitato di Garanzia svolgere questo ruolo. Ovvero a me". Vito Crimi, viceministro dell'interno nel Governo Conte II e capo politico facente funzioni del MoVimento 5 Stelle a seguito delle dimissioni di Luigi Di Maio, in serata ha voluto precisare il suo ruolo di "traghettatore" inviando un lungo messaggio ai militanti.

"Assumo questo incarico - ha detto - con l'umiltà e la riconoscenza che si deve alle migliaia di cittadini che da anni contribuiscono alle nostre attività con idee, proposte, azioni concrete. Lo assumo con la consapevolezza di dover sostenere una grande responsabilità: quella di un Movimento che in dieci anni ha avuto una crescita inimmaginabile e che adesso deve essere accompagnato verso una nuova fase, e verso nuovi obiettivi che guardano al futuro".

"Questo passaggio di consegne - ha spiegato il viceministro pubblicando l'intervento anche sui social - non avrà alcun impatto sul Governo e sui percorsi già avviati. Continueremo a lavorare per il bene dei cittadini, con mani libere, buone idee e soluzioni concrete, come abbiamo sempre fatto. Andiamo avanti per la strada che abbiamo intrapreso già dal 2009, anno in cui il Movimento è stato fondato".

Di più. Crimi va oltre e pensa al futuro: "Il Movimento adesso si sta ridisegnando, si sta evolvendo, e potrà contare sul prezioso lavoro di tantissime persone, chiamate a portare avanti progetti e iniziative, a migliorare le relazioni interne, a valorizzare la formazione e le competenze, ad avere un contatto sempre più diretto con le esigenze dei cittadini da nord a sud. A tale proposito, intendo continuare ad avvalermi del supporto del Team del Futuro, che gli iscritti al Movimento hanno contribuito a determinare partecipando alle ultime consultazioni pubbliche sulla piattaforma Rousseau. I componenti del team, compresi i facilitatori regionali eletti oggi, sono tutti riconfermati e verranno presto convocati per avviare i lavori".

A Di Maio il primo ringraziamento. "In questo giorno il mio grazie non può che essere rivolto a Luigi - ha sottolineato Crimi -. Una persona perbene, onesta, leale, come se ne vedono poche, in politica e nei palazzi. Un lavoratore instancabile e sempre disponibile, che si è assunto la responsabilità di scelte importanti. è diventato presto il bersaglio naturale di chi voleva demolirci, eppure non si è mai tirato indietro. Anzi, ha fatto da scudo umano per proteggere l'intero Movimento del quale è parte fin dalle origini, e ci ha condotti fino a divenire la prima realtà politica del Paese e forza di Governo".

Non solo. "Ci attendono giorni intensi - ha chiuso il nuovo capo politico ad interim -. Ora è il momento di essere più uniti, umili, disponibili e decisi che mai. Con il percorso di rinnovamento che abbiamo intrapreso vogliamo offrire all'Italia un Movimento che sia strumento utile per quanti vogliono costruire un futuro a misura di tutti, di famiglie, imprese, lavoratori, studenti, cittadini. Coraggio. A riveder le stelle!".
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Da - https://www.agi.it/politica/crimi_m5s-6930722/news/2020-01-23/
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« Risposta #5 inserito:: Gennaio 28, 2020, 11:27:51 pm »

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DIMISSIONI DA CAPO POLITICO
La mossa di Di Maio e le conseguenze per governo e M5S

Luigi Di Maio ha rassegnato le dimissioni da capo politico del Movimento 5 stelle. Lo ha annunciato mercoledì in serata in un discorso tenuto al Tempio di Adriano di Roma. Le funzioni passano a Vito Crimi che è il rappresentate anziano del Comitato di garanzia.

“Oggi si chiude un’era. È giunto il momento di rifondarsi. Mi fido di voi, mi fido di noi e di chi verrà dopo di me”. Queste le parole pronunciate da Luigi Di Maio, che confermano le sue dimissioni da capo politico del Movimento cinque stelle.

Di Maio, attuale ministro degli esteri italiano, ha ripercorso le tappe del Movimento a partire dalla sua nascita, sottolineando anche gli ostacoli che ha dovuto affrontare come leader in un momento di grande difficoltà, che vede i consensi in caduta libera.

"Purtroppo non siamo riusciti a raggiungere alcuni obiettivi, ma abbiamo sempre lottato. Sono consapevole che parte del Movimento sia rimasta delusa e si sia allontanata”, ha spiegato.

L’ormai ex leader pentastellato ha pure lanciato una stoccata a coloro che accusano di condurre il partito in maniera dittatoriale, di aver accentrato troppe cariche e di ostacolare l’alleanza con il PD: “I peggiori nemici sono quelli che al nostro interno lavorano non per il gruppo ma per la loro visibilità”.

Le sue dimissioni arrivano a soli quattro giorni dalle elezioni regionali dell’Emilia Romagna, appuntamento che potrebbe avere conseguenze a livello nazionale.

Conte: nessuna ripercussione sul governo
Bisogna riconoscere" a Di Maio "il merito di tanti risultati ottenuti: penso all'impegno profuso per la giustizia sociale e la legalità, a misure come il reddito di cittadinanza, la legge anticorruzione e la lotta ai privilegi della classe politica. Luigi è stato il protagonista della realizzazione di questi valori cardine del Movimento: si è sempre battuto per essi e sono sicuro che continuerà nell'impegno in questa direzione". Così il presidente del Consiglio Giuseppe Conte dopo che Luigi Di Maio ha annunciato la scelta di lasciare la guida del M5s.

"La sua decisione rappresenta una tappa di un processo di riorganizzazione interna al Movimento 5 Stelle ormai in corso da tempo e che, sono persuaso, non avrà alcuna ripercussione sulla tenuta dell'Esecutivo e sulla solidità della sua squadra. Il nostro obiettivo continuerà a essere quello di costruire, incidere e fare la differenza. Abbiamo tante obiettivi da perseguire: continuare ad abbassare le tasse ai cittadini,combattere l'evasione fiscale, realizzare il green new deal, una giustizia più rapida, meno burocrazia, più investimenti e più cantieri"

Ecco le considerazioni del nostro corrispondente da Roma:
Di Mario si ritira e non sarà più il leader politico del Movimento.
Chi è il reggente Vito Crimi?

È uno dei pilastri del M5S il nuovo reggente del Movimento, colui che assume ad interim la guida del Movimento a norma di Statuto: Vito Crimi è infatti il componente più anziano del Comitato di garanzia, organismo in cui siedono anche il viceministro Giancarlo Cancelleri e la consigliera regionale Roberta Lombardi. Palermitano di nascita, bresciano di adozione (si era trasferito lì nel 2000 per lavorare come assistente giudiziario alla Corte d'Appello), Vito Crimi è stato il primo capogruppo M5S al Senato quando il Movimento è entrato in Parlamento nel 2013. Fidanzato con la deputata del Movimento 5 Stelle Paola Carinelli, Vito Crimi è da subito una figura di riferimento del Movimento e non solo per la sua età anagrafica, più alta della maggioranza dei parlamentari che nel corso delle due legislature sono entrati in Parlamento. Nei governi Conte, Crimi è stato nominato nell'esecutivo con la Lega, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega all'editoria. In questa fase ha avuto anche la delega alla ricostruzione post-sisma nell'Italia centrale. Con l'insediamento del secondo Governo Conte Crimi diventa invece vice ministro dell'Interno.
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