17 novembre 2019
Non si sa se Salvini riesca anche a prendersi l’Emilia Romagna e Bologna la rossa alle prossime elezioni regionali.
Ma un dato è certo: le dodicimila anime di venerdì sera (15 novembre) a Bologna in Piazza Maggiore sono una ventata di area fresca; una rivoluzione silenziosa di giovani che
a) non si rassegnano alla demagogia,
b) alla semplificazione della politica degli slogan,
c) all’eterna campagna elettorale attraverso Facebook promossa dal leader della Lega e da Giorgia Meloni. Mentre costoro sono capaci di fasciare il popolo della destra ed anche avere la capacità di far rifluire le forze estreme nel loro seno, il popolo di sinistra è ormai disperso, senza una guida politica capace di offrire una proposta adeguata per sconfiggere il Salvinismo.
Salvini ha dalla sua una crescita nei consensi che è indubbia.
Solo questi ragazzi, che rappresentano il pensiero, la riflessione, la costruzione nel dialogo, il rispetto delle regole, hanno la Costituzione come guida, possono essere la speranza riorganizzata, per scuotere una sinistra che non c’è più, incapace di un disegno e di un progetto che possa fermare ed arginare l’onda nera, la destra populista che è quella pericolosa, capace di mandare alle ortiche la preziosa testimonianza di Liliana Segre ed ogni anelito di cultura.
Questi ragazzi sono commoventi, perché studiano, leggono, non si fanno influenzare dalle idiozie di Facebook ed utilizzano i social solo per comunicare un messaggio serio. Hanno il rispetto dell’altro, della civiltà del dialogo, sentono la politica come sintesi di un processo culturale.
Bologna la dotta non può essere di Salvini: sarebbe la fine. Vivremmo la stessa rassegnazione di aver perso Matteotti, Gramsci e ci avvieremmo all’oscurantismo ed alla barbarie della politica, quella che purtroppo si vede sui social.
Neanche l’attuale Partito Democratico riesce a catalizzare e contemplare il bisogno e le fulgide ambizioni di questi ragazzi per la sua inadeguatezza.
Già avvenne a piazza Navona anni fa quando Nanni Moretti gridò la sua insoddisfazione rispetto ad una classe dirigente che non riuscì a domare il cavaliere Berlusconi.
Oggi si ripete questo scenario: la piazza di Moretti sta alle sardine di Bologna, come Salvini a Berlusconi. Questo bisogna impedirlo.
Abbia il coraggio il Partito Democratico di mettere in discussione la sua stessa struttura organizzativa. Riscopra la questione sociale, riprenda il contatto con le periferie, rimetta a centro delle sue tematiche il lavoro, ricomponga un disegno ove campeggi lo Stato sociale e non assistenziale. Svecchi la sua anchilosata classe dirigente, faccia dimettere ministri che da una vita occupano le poltrone. Metta in minoranza dirigenti snobisti che hanno l’attico a Roma, conti in banca ragguardevoli e non sanno cosa significhi vivere con stipendi da fame o con un contratto di lavoro a tempo determinato.
Si faccia un congresso rifondatore non sulle tessere, ma su una proposta politica seria che tenga conto della parte più debole della società, quelli rimasti indietro, oggi ormai votati a destra e rifluiti nella demagogia di Salvini.
Almeno una speranza questi ragazzi ce l’hanno data.
Non siamo, per ora, rassegnati.
Le sardine sono piccoli pesci che si stringono fra di loro: sono comunque pesci e, come diceva Dalla, essi rappresentano il pensiero che non puoi recintare, non puoi bloccare.Gramsci giovanissimo scriveva:” istruitevi, perchè avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perchè avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perchè avremo bisogno di tutta la nostra forza “(da L’Ordine Nuovo, anno I,n.1 primo maggio 1919),
Ma questo Salvini non lo potrà mai capire.
Biagio Riccio
Da -
https://www.glistatigenerali.com/bologna_partiti-politici/il-pensiero-delle-sardine/