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Autore Discussione: “UNA PAROLA AL GIORNO”. Manifesto in 10 punti  (Letto 1304 volte)
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« inserito:: Ottobre 06, 2019, 09:03:18 pm »

“UNA PAROLA AL GIORNO”.

"Tutti gli usi della parola a tutti" mi sembra un buon motto, dal bel suono democratico. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo.
” Gianni Rodari, Grammatica della fantasia

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Manifesto in 10 punti
Con questo breve manifesto vogliamo dar conto delle nostre posizioni sulla lingua, chiarendo ciò su cui crediamo sia importante concentrarci, e perché.

Migliorare la lingua, migliorare il pensiero
Migliorare il proprio modo di pensare significa migliorare la propria vita. Il pensiero è lo strumento con cui interpretiamo il mondo intorno a noi e dentro di noi: in quest’ottica, il valore della lingua sta nella versatilità, nella delicatezza e nella potenza di pensiero che permette. È l’articolazione del pensiero ad arricchire la vita, a comprendere il bello, a scomporre e risolvere i problemi. Sfumature migliori significano una migliore intellezione della realtà esterna e interna. Forse, una migliore felicità.

Lingua e storia
Le lingue sorgono, si trasformano e tramontano: è il genere umano a restare. Nella storia si sono avvicendate migliaia di lingue - e il passaggio da latino a lingue romanze non è stato una perdita di valore. Migliorare la propria intellezione qui e ora, con le lingue che si usano, vuol dire lavorare per il vantaggio del genere umano e del contributo che si può dare a esso - oltre che della propria vita. Un vantaggio che dura più della singola lingua.

Lingue e biodiversità
La biodiversità linguistica è un valore evolutivo cardinale - così come lo è per la varietà delle specie animali e vegetali. Ogni lingua è importante per il paradigma di realtà che rappresenta, per quella porzione di umanità che struttura, come contributo all’intelligenza umana. E non si tratta di una questione estetica, attenta alla ricchezza dello zoo linguistico; le lingue non sono vetri colorati attraverso cui si manifesta la mente umana: sono diverse conformazioni della mente stessa.

Forestierismi e inglese
I forestierismi sono una ricchezza. Non ci sentirete tuonare contro l'inglese, ma ci vedrete schierati parola per parola contro il cattivo gusto, la replica acritica di parole percepite e non capite, e gli usi esausti o sciocchini. Nel diciassettesimo secolo ci si scagliava contro... squallidi gallicismi quali baule, regalo, biglietto o gabinetto: oggi chi criticherebbe l’uso di queste parole?

Il problema dell’inglese è che non è conosciuto; e l’intrusione di una lingua ignota in una lingua nota è spesso goffa e inopportuna.

Registri linguistici
La padronanza di una lingua passa per la padronanza dei diversi registri. È importante saper gestire tanto i registri più alti quanto quelli più bassi: la raffinatezza del linguaggio non è un parametro assoluto, ma relativo al contesto in cui ci si trova. Chi parla solo aulico non è in una situazione molto migliore di chi parli solo volgare. Soltanto una conoscenza versatile può dirsi raffinata, evitare il ridicolo, e permettere appropriatezza nel parlare e nello scrivere.

L’italiano
Siamo responsabili della nostra lingua, espressione di una cultura millenaria che abbiamo in retaggio. Essere cittadini del mondo vuol dire anche curare le proprie tradizioni e il tesoro che rappresentano per l’umanità intera; così come curare il proprio campo significa curare il paesaggio. Alla domanda «Quale è la lingua più bella del mondo?» si risponda «L’italiano» non perché lo è, ma perché è la risposta dell’innamorato.

Parole comuni e meno comuni
Nel nostro progetto, trattare parole comuni è tanto urgente quanto trattare parole meno conosciute: scendere a fondo nella conoscenza di parole che si usano già, che fanno già parte del nostro bagaglio, che teniamo spesso in bocca, è più importante dell’aver nozione di parole rare che comunque useremmo poco. Saper cucinare una buona pasta è più importante che saper cucinare un buon igname.

Le parole desuete possono rappresentare una grande risorsa di significati - ma talvolta c’è un motivo se sono sul viale del tramonto (nel qual caso, tendenzialmente non le trattiamo); non vanno né celebrate come vestigia di un passato più civile né escluse come vecchiume superfluo, ma ponderate caso per caso, specie alla luce del contesto e delle intenzioni con cui si usano.

Regole grammaticali
Le regole grammaticali sono consuetudini: sentieri linguistici fotografati dagli studiosi, non strade asfaltate e imposte dal sovrano. A tutti piace correggere gli errori grammaticali altrui: ci fa sentire dotti, la maestra ci avrebbe detto “bravi!”. E la violazione di una consuetudine non è meno grave della violazione di una norma sovrana. In particolare esiste quella dozzina di regole grammaticali che tutte le persone vagamente istruite conoscono e che sono sempre sulla cresta dell’onda e notate come cifre spicciole del buon parlare e del buono scrivere. Anche queste norme, il più delle volte, sono recepite acriticamente. La grammatica tradizionale va padroneggiata per discernere i diversi valori delle sue prescrizioni, che è necessario saper mettere in dubbio. La conoscenza non è ricapitolazione.

Etimologia e innovazione
I molti significati di ciascuna parola scaturiscono da un nucleo concettuale profondo, dai contorni nebulosi, a cui nel tempo possono essere associate diverse idee particolari. Comprendere quel nucleo e la struttura dei significati associati a una parola permette di impiegarla in maniera non solo appropriata, ma anche innovativa, creativa, poetica. La comprensione di questa struttura si ha attraverso l’etimologia, cioè lo studio degli stadi precedenti attraverso cui è passata una certa parola.

Piacevolezza della cultura
Il carattere primo e più importante dello studio delle parole deve essere la piacevolezza: la serietà, senza meraviglia, leggerezza e ironia, è solo palle.

Da - https://unaparolaalgiorno.it/manifesto?utm_source=newsletter&utm_medium=mail&utm_content=manifesto&utm_campaign=pdg
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