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Autore Discussione: Silvia Ballestra - Io bimbo Rom ho paura  (Letto 2251 volte)
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« inserito:: Dicembre 13, 2007, 07:13:38 pm »

Io bimbo Rom ho paura

Silvia Ballestra


«Ore 7.30, via Triboniano. Su un lato la lunga muraglia del Cimitero Maggiore, sull’altro un enorme deposito di container: è il campo Rom. La temperatura stagna attorno allo zero. All’uscita del campo i bambini arrivano a frotte, sulle spalle gli zaini con i libri, da qualcuno pende un pupazzetto di peluche».

È iniziata così, a fine novembre, una striscia quotidiana su Radio Popolare di Milano, «Vie del campo, dietro le porte dei Rom». Ed è proseguita con le voci dei piccoli Rom che raccontano dei loro compiti, si correggono la costruzione delle interrogative in inglese, ripassano la tabellina del due.

Tiberius, 13 anni e mezzo e in Italia dal 2001 non saprebbe ridire una poesia a memoria perché è solo da una settimana che va a scuola ma sa già che l’italiano è meglio della matematica e col corredo scolastico è a posto. Si parla delle attività pomeridiane, il pallone va per la maggiore e anche nel campo si riesce ad allenarsi come i calciatori veri, col calciotennis. Ogni tanto qualche parola in rumeno irrompe nel dialogo, risate di piccoli, si indovina la presenza di mamme sullo sfondo, poi arriva lo scuolabus e tutti partono, diretti alle elementari e alle medie della zona.

Ecco. Cinque minuti di suoni e di voci, asciutti, vivi, fulminanti, e gli ascoltatori, dopo settimane bestiali di bombardamento mediatico sul Mostro Rumeno, si sono finalmente scoperti a pensare ai Rom come a esseri umani. Dotati di voci, carne e ossa, cuori, paure, desideri, pupazzetti di peluche appesi agli zaini esattamente come i nostri figli, e con gli stessi nostri problemi. Bollette da pagare - particolarmente salate perché le stufette dei container bruciano più energia delle nostre case normali - pranzi da inventare, parenti da gestire, feste da pensare, vite quotidiane simili alle nostre. Talmente uguali da comprendere, e questo farà sorridere qualcuno, il problema della sicurezza. Perché attraversare la città a tarda notte per raggiungere il campo non è uno scherzo, come racconta un giovane rom, «La strada è buia e ho paura a tornare al campo». Toh, una paura percepita di cui non parla nessuno. In più, certo, ci sono una serie di difficoltà tutte peculiari, dalla vita in un container alle vertenze sindacali da mettere in piedi - un po’ più difficile, ammetterete, quando sui documenti hai scritto che risiedi al campo nomadi - e questo Patto di Legalità firmato col Comune di Milano da rispettare.

Si impara molto su questo popolo al centro dei nostri pogrom quotidiani, ma si impara anche sul modo di raccontarlo.

Per una volta, niente telecamere irriguardose nel momento drammatico dello sfascio delle baracche ad opera di bulldozer che spazzano via e spianano vite intere, non derelitti demonizzati o, diciamo, compianti dai politici nelle loro discussioni e analisi, ma proprio ascoltati e considerati come persone a tutti gli effetti. Un reality radiofonico, lo definiscono gli autori, Claudio Agostoni e Nello Avellani, e per una volta questa etichetta sembra appropriata, non solo per la cadenza e la struttura ma per la forza di questo racconto. Nessuna brutalità “televisiva”, niente fogne, topi, rigagnoli maleolenti, povere cose, stracci, insomma tutto il set, ahinoi vero, dei gironi infernali che sono normalmente i campi, ma voci e racconti, anche spassosi, preoccupati, tragici, normali e persino felici.

«Puzzava - racconta ad Annozero un giovane bolognese rapinato in casa - e quindi era rumeno». «Bruciamoli tutti», urlano gli abitanti di un paese vicino a Pavia dove sono stati trasferiti degli zingari. «Impiccatelo!», intima il barman fighetto sotto casa mia a un vigile che trattiene un preoccupato borseggiatore quindicenne. Mentre il Paese, da Nord a Sud, è percorso da questo furore insensato che reclama sangue e fuoco, questo il linguaggio con cui vengono raccontati i rom, con cui siamo abituati a sentirceli raccontare. Così è sorprendente e illuminante sentire un’altra lingua e un altro racconto.

Pubblicato il: 13.12.07
Modificato il: 13.12.07 alle ore 8.17   
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