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Autore Discussione: Shakespeare scrive Luigi Sampietro per i lettori della Domenica del Sole 24 Ore  (Letto 2264 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Aprile 22, 2019, 04:35:33 pm »

Shakespeare - scrive Luigi Sampietro per i lettori della Domenica del Sole 24 Ore - è da tempo fra gli scrittori «più conosciuti e popolari in Italia», e «fa ormai parte del canone dei nostri “classici”», come spiega Franco Marenco nella prefazione a Tutte le opere, di cui Bompiani ha di recente mandato in libreria il quarto e ultimo volume. Un'impresa condotta sull'edizione critica curata da John Jowett, Gary Taylor e Stanley Wells per la Università di Oxford, e corredata di commenti specifici, davanti alla quale, accanto al plauso e all'ammirazione degli accademici, qualche incuriosito passante potrebbe porsi la fatale domanda. E cioè se, a fronte della decina di traduzioni delle opere complete di Shakespeare e a qualche centinaio di traduzioni dei singoli drammi, una simile fatica fosse necessaria.

La risposta è nella constatazione che le traduzioni fatalmente invecchiano perché sono sempre di fatto una prima forma di interpretazione e col passare del tempo, a dispetto dell'accuratezza e del loro pregio artistico, si allontanano dal gusto corrente. Finiscono per parlare in una lingua che non è più in uso.

È accaduto con la fortunata prima versione completa in prosa di Carlo Rusconi (1838), base di partenza per le letture scespiriane di Giuseppe Verdi, ed è accaduto con la pur pregevole traduzione in versi di Giulio Carcano (1875-82) – «Io credei sempre che il fèsse per gioco,| E che trarti volesse alla ruina» –, troppo vicina nel tono e nel timbro della voce ai libretti d'opera per essere proponibile oggi altro che come documento d'epoca.

La moda è tiranna in tutti campi, compresa la lingua. E come, oggi, nessuno uscirebbe di casa – almeno, io credo – vestito come ci si vestiva all'epoca di D'Annunzio, così le agghindate traduzioni di Diego Angeli (1911-33) e di Vincenzo Errante (1946-48) – per fare altri due nomi illustri – sono ormai da considerarsi adatte alla meditazione nostalgica di qualche attrice ultracentenaria nel chiuso del suo boudoir.

Tralasciando il lungo elenco delle versioni più recenti e consone al nostro orecchio, tra le quali il lettore ha tuttora ampia possibilità di scelta, bisogna dire che il vero problema di chi si è accinto a tradurre Shakespeare è sempre stato se privilegiare le aspettative dei professori oppure le esigenze dei teatranti. E, cioè, nel caso di certi giochi di parole impenetrabili d'acchito e che una volta scimmiottati in italiano non sono comunque spendibili sul palcoscenico, se cimentarsi con l'impossibile o ricorrere alla nota a piè di pagina.

Nel menu della Domenica molti altri argomenti. Ecco una selezione per i lettori del Sole 24 Ore

Da ilsole24ore.com
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