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Autore Discussione: Rivoluzione. Il concetto di rivoluzione  (Letto 1827 volte)
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« inserito:: Marzo 01, 2019, 08:56:15 pm »

Rivoluzione

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

«Cittadini, vorreste una rivoluzione senza rivoluzione? [1]»

Il termine rivoluzione[2] (dal latino revolutio -onis, "rivolgimento, ritorno", derivato dal verbo revolvĕre "rovesciare") nel suo significato più ampio[3] indica qualsiasi cambiamento radicale nelle strutture sociali come quello operato ad esempio dalla rivoluzione industriale, da quella tecnologica o in particolare da quella culturale come auspicavano gli illuministi nel secolo XVIII con la redazione dell'Encyclopédie:

«Quest'opera produrrà certamente, col tempo, una rivoluzione negli animi ed io spero che i tiranni, gli oppressori, i fanatici e gli intolleranti non abbiano a trarne vantaggio. Avremo reso un servigio all’umanità. [4]»

Nella filosofia politica è l'ideale della realizzazione storica di un radicale cambiamento, ispirato da motivazioni ideologiche, nella forma di governo di un paese con trasformazioni profonde di tutta la struttura sociale, economica e politica.

La rivoluzione come fenomeno storico è un processo rapido o di lunga durata, non sempre violento, con il quale classi o gruppi sociali, più o meno ampi, si ribellano alle istituzioni al potere per modificarle e determinare un nuovo ordinamento politico.

Il concetto di rivoluzione
La libertà che guida il popolo, dipinto di Eugène Delacroix, erroneamente associato alla Rivoluzione del 1789, si riferisce a quella del 1830

Il concetto di rivoluzione assume significati diversi a seconda che lo si guardi come un singolo e irripetibile fenomeno storico o che lo si consideri come una sorta di modello universale nel quale far rientrare i singoli elementi costitutivi della definizione di rivoluzione. La storiografia della rivoluzione ha oscillato tra queste due interpretazioni sino a quando i due punti di vista sono stati integrati.[5] Ad esempio Guglielmo Ferrero aveva evidenziato «l'ambiguità semantica del termine» rivoluzione : per cui possiamo interpretarla come «un nuovo ordinamento dello spirito, una porta sull'avvenire» (per es., il cristianesimo) oppure come «il crollo o il rovesciamento di una vecchia legalità, la sovversione parziale o totale delle regole prestabilite» [6]

Lo stesso Ferrero sostiene che la prima forma di rivoluzione ("silenziosa") e la seconda ("rumorosa") si sono unificate nella Rivoluzione francese [7] per cui nella storiografia occidentale la rivoluzione "rumorosa" del 1789 (la presa della Bastiglia) è stata vista come la causa di quella "silenziosa" caratterizzata dal consolidamento delle istituzioni liberali e democratiche [8]. Per questa sua particolarità storica la Rivoluzione francese assume nella cultura politica occidentale un valore esemplare che non viene riconosciuto invece né a quella inglese, né a quella americana che pure erano cronologicamente precedenti.

Comunemente assimilato alla rivoluzione è il cosiddetto "colpo di Stato" che secondo Raymond Aron sarebbe invece «opportuno riservare [...] al cambiamento di Costituzione decretato illegalmente dal detentore del potere (Napoleone III nel 1851), o alla presa del potere da parte di un gruppo di uomini armati, senza che questa conquista (sanguinosa o no) comporti necessariamente l'avvento di un'altra classe dirigente o di un altro regime. La rivoluzione implica molto più del 'togliti di là, così mi ci metto io'.
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