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Autore Discussione: E-commerce che passione, cosa c’è dietro il duro lavoro di Babbo Natale?  (Letto 1698 volte)
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« inserito:: Gennaio 28, 2019, 05:35:18 pm »

E-commerce che passione, cosa c’è dietro il duro lavoro di Babbo Natale?

 Scritto da Enrico Verga il 27 Dicembre 2018

VENDERE E COMPRARE
Babbo Natale anche quest’anno ha lavorato davvero molto. Forse troppo. Ogni anno il Norad si premura di tracciare la sua rotta. Eppure, malgrado tutte queste analisi, ancora mi sfugge come un singolo uomo (ok con una scorta di renne e un po’ di elfi) possa fare tutte le consegne del mondo. Purtroppo le mie lettere di richiesta per un’intervista a Babbo Natale sono andate a vuoto quindi ho pensato di comprendere il mondo dell’e-commerce e della logistica da un altro punto di vista.

In Italia il recente Black Friday, il Black Monday e il più classico Natale sono una sfida per ogni e-commerce.
In origine c’erano quelle scene gioiose (specialmente in America) dove una massa incontrollata di umani si scaraventava contro le vetrine (nemmeno fosse una scena tratta da qualche film di zombie), per conquistare l’ultimo modello di cellulare, l’ultima borsa di moda, o in generale qualunque cosa avesse appiccicato il cartellino “sconto”.

Negli ultimi anni si è rapidamente esteso il fenomeno degli acquisti on line. C’è la tendenza a credere che l’e-commerce sia una panacea, del tipo “se non si vende nel negozio si può sempre vendere online”. La teoria può essere corretta ma la sua applicazione pratica è più sfidante.

Quello che spesso s’ignora è che alla base di un qualunque e-commerce che vende prodotti fisici, esiste, meglio dire deve esistere, un’intera linea di logistica strutturata ed efficiente. Non importa se si parla di Amazon, di Luisa Via Roma, Yoox o Taobao. Se si acquista on line un prodotto la pretesa del cliente è di riceverlo il prima possibile.

Alcuni secoli fa Napoleone disse che un esercito marcia sullo stomaco. In pratica la logistica di fornire nutrimento ad un esercito era fondamentale per mantenere l’esercito attivo ed efficace. Un tema bellico che portato nel mondo civile si applica al delicato rapporto (delicato ma fondamentale) che intercorre tra un e-commerce e la sua logistica.

Se escludiamo (quanto meno in parte) Amazon, che sta lentamente sviluppando una sua unità di logistica (con alcune tensioni in vari paesi tra cui l’Italia per la sua scelta di operare come una compagnia logistica senza esserlo), il resto del mondo necessita soluzioni di logistica per consegnare merci a clienti B2c (il cliente tipico di Amazon o Yoox tanto per intenderci), oppure alla azienda B2b (Alibaba, giusto per citare una realtà cinese).

Cosa implica la logistica ai tempi moderni? Semplificando molto implica carburante, centri di smistamento e flotte e dati per rendere il più possibile efficiente l’intero processo.

Il passaggio dal click su un sito e-commerce all’avere il corriere che ci consegna il pacco è all’apparenza breve. Alcuni degli e-commerce più famosi riescono (nelle grandi città, quanto meno) a consegnare in giornata, o il giorno successivo.

Al netto dei miracoli della scienza moderna, dai droni volanti che ti consegnano la pizza al volo (stile Ready Player One) ai robottini che scorrazzano in città su due ruote, la totalità delle consegne avviene ancora per via umana.

La percezione che il click significhi possesso di un prodotto fisico è una cosa molto positiva. Abbatte, se così possiamo dire, la barriera di sfiducia che il consumatore ha quando acquista on line. La grande sfida degli e-commerce attuali sta nell’eliminare la percezione di distanza. Per semplificare molto, il consumatore paga e vuole avere subito; come succede in un qualunque negozio. Maggiore è il tempo che intercorre tra l’acquisto del prodotto (da un sito e-commerce) e il suo effettivo possesso, maggiore saranno le possibilità che il consumatore, per un successivo acquisto, utilizzi un altro sito di e-commerce.

La partita si gioca sulla logistica che poi, per il comune cittadino, si traduce nella consegna. Qui entra in gioco un mondo fatto di grandi magazzini, flotte di aerei e navi, furgoni, nastri trasportatori, uomini e donne che 24/24 rendono possibili i sogni di chiunque (quanto meno te li consegnano in tempi utili per sognare meglio).

I tre periodi di punta occidentali (il blocco asiatico ha ulteriori giorni di punta come il capodanno cinese e il Diwali indiano) sono il Natale, e i Black Day (Monday, Friday magari in futuro ci sarà un altro giorno).

La competizione tra mondo fisico (il comune negozio) e il mondo digitale (l’e-commerce più o meno strutturato a livello verticale o orizzontale) è il terreno di scontro dove la logistica fa la differenza.

Partiamo da alcuni numeri.
Il sito di statista offre alcuni dati su chi sono i maggiori player mondiali. DHL appare il vincitore a livello mondiale. Dhl-vince

Anche nello scenario europeo appare primo, e nello scenario italiano raggiunge circa il 60% (fonte DHL Express italia).

Si può considerare i dati di DHL come una sorta di indice. Al pari di altri player di mercato con una posizione di leadership (Alibaba o Amazon negli e-commerce, McDonald’s nel settore fast food etc…) le scelte e i dati del gruppo tedesco permettono di avere una visione sullo scenario logistica ed e-commerce.

Se si assume che i competitor optino per scelte che possano essere allineate (per conquistare fette di mercato) a quelle di DHL, si può ipotizzare che il leader di mercato offra una visione globale. Un poco come dire che Apple ha definito una serie di standard per i cellulari a cui i vecchi (alcuni praticamente estinti come Nokia e Sony) e i nuovi (Samsung o Huawei) player si sono allineati per competere in modo più efficiente.

Giusto per rendere l’idea con questo paragone, la scelta di Apple di una doppia fotocamera ha imposto a tutti gli altri competitor di fare lo stesso. Generando, nel tempo, una domanda/offerta di servizi (Instagram, qualcuno conosce?) e prodotti specifici per questa necessità.

Ora con questa doverosa premessa cerchiamo di comprendere cosa implica la consegna. Escludendo che Babbo Natale possa fare miracoli per tutti i cittadini del mondo (dopo tutto già servire gli interessi e soddisfare i desideri di centinaia di milioni di bambini è piuttosto impegnativo), quale sono le sfide della logistica e degli e-commerce?

Abbiamo già parlato della necessità di consegnare in tempo reale (o quasi).

Ultimo miglio
La prima sfida è l’ultimo miglio. Per assurdo non è così complesso che un prodotto si “muova” da un e-commerce basato in Italia (pensiamo a Luisa via Roma) fino in America. La sfida vera si gioca sull’ultimo miglio. Quando il pacco è fuori in consegna nella città di New York.

Qualche mese fa Amazon lanciò (in America) una soluzione innovativa: di fatto uno strumento che permetteva al singolo corriere di Amazon di poter entrare nell’appartamento del cliente e depositare il pacco. Le critiche a questo progetto non sono mancate.

La sfida del delivery è più che una questione di comodità: la stessa Amazon aveva lanciato questo progetto per ridurre i furti dei pacchi sul sito della consegna. Stando ad un articolo di Retail Dive da un’analisi di Insurance Quote oltre 23 milioni di americani avevano subito il furto di un pacco negli ultimi anni. Una percentuale piuttosto elevata: se consideriamo, per esempio, che un cliente Amazon Prime è un cliente “affezionato”, (che plausibilmente ordinerà più prodotti durante l’anno) il rischio di subire un furto è statisticamente più probabile.

“Sull’ultimo miglio si gioca una gran parte della consumer satisfaction di ogni piattaforma di e-commerce”, mi spiega Alberto Nobis, Ceo di DHL Express Italy.

“Se è vero che l’esperienza (chiamata UX in gergo e-commerce) del cliente sul sito è molto importante, quando il prodotto lascia il sito ed entra nel circolo fisico, le aspettative del cliente aumentano sensibilmente. Nel tempo abbiamo osservato come il ritardo nella consegna di un prodotto, causato da eventi imprevisti, penso al vulcano islandese che bloccò i voli per giorni, genera una percezione negativa dell’intero sito e-commerce”.

C’è un aspetto che spesso non viene percepito: se il sito non ti consegna la scarpa di Manolo, o il nuovo smartphone, la colpa automaticamente ricade sul gestore dell’e-commerce.

“In tal senso abbiamo sviluppato un percorso di gestione degli ordini che permette una maggior fluidità nella consegna. Il reso, poi, è ancora più sfidante. Un’esperienza a volte complessa in cui ancora, la percezione del cliente insoddisfatto del prodotto acquistato, può diventare traumatica e spingere l’utente, già insoddisfatto, ad abbandonare l’e-commerce per sempre”.

Marshal Cohen di NPD Group, una società di consulenza, ha spiegato che alcuni anni fa i retailer si sono lanciati in una competizione sfrenata per competere con Amazon, offrendo soluzioni di consegna entro due giorni. Ma non erano pronti ed è stata una tragedia. “I clienti erano molti dispiaciuti e lo shopping online, per molti di loro, si è rivelato un’esperienza traumatica.”

Stando alle analisi di Euromonitor gli “urbanites”, gli abitanti che vivono nelle città, saliranno da oltre 3 miliardi a quasi 5 entro il 2030.schermata-2018-12-23-alle-19-20-14

La necessità quindi di sviluppare un sistema di consegna efficiente e flessibile è vitale per gli e-commerce. Dato che la maggioranza degli e-commerce non ha una propria flotta (solo di recente Amazon ha ottenuto la licenza di consegna, di fatto equiparandosi a poste italiane come servizi), lo sviluppo di strategie di consegna urbana da parte delle compagnie di delivery appare quanto mai vitale.

“In questo senso abbiamo sviluppato FAD. Acronimo che sta per Flexibility network, Automation, Data prediction. Di fatto la flessibilità del network ci permette una consegna sull’ultimo miglio in differenti soluzioni dalla sede sul lavoro del cliente al chiosco dei giornali a lui più vicino. Ma è sul tema Automazione e Data che stiamo investendo molto”.

DHL ha in previsione di investire oltre 300 milioni di Usd per rinnovarsi (a livello di investimento mondiale).
“La gestione dei dati ci permette di mappare l’intera vita della spedizione. Una volta acquisiti questi dati permettono alla nostra flotta di creare vari scenari di consegna e trasporto a seconda dei potenziali imprevisti. I dati raccolti permettono di offrire una mappatura utile anche per il sito e-commerce, un servizio che offriamo ai nostri clienti”.

Costi di trasporto per l’utente finale
La seconda sfida che affrontano i deliverer sono i costi di trasporto.
Ipotizziamo che un cinese compri da Yoox o Luisa via Roma (tanto per citare siti e-commerce di moda più famosi, entrambi italiani): il costo della consegna in Cina o in Usa dovrebbe, in teoria, includere ogni spesa di trasporto. Tuttavia nel tempo, un po’ per giocare sui ribassi un po’ per cercare di rubare centesimi alla concorrenza, alcuni e-commerce più “sportivi”, (non i sopra menzionati parlo di realtà più piccine) han iniziato ad acquisire partner locali. Una gestione fatta localmente da partner della delivery può implicare che i trasporti continentali o tra blocchi economici (tipo Unione europea Vs Russia o, banalmente, Italia vs Svizzera) possano risultare in aggiuntivi costi doganali (o tariffe aggiuntive), che il cliente finale deve pagare alla ricezione del pacco. Di fatto una brutta sorpresa.

“Una della ragioni per cui il carrello, virtuale, viene abbandonato sono i costi finali di delivery che si manifestano all’ultimo, in aggiunta al costo del prodotto. Grazie alla nostra esperienza spalmata su oltre 220 nazioni abbiamo creato modelli predittivi di spese aggiuntive in modalità tempo reale. Questo offre al cliente finale e al suo e-commerce un servizio senza precedenti nella storia del delivery moderno. Possiamo offrire a ogni merchant (e-commerce ndr) la massima trasparenza, aspetto fondamentale che viene poi trasmesso al cliente finale”, m spiega Nobis.

La terza sfida è il B2b
Che si tratti di una consegna da magazzino a negozio o da negozio a cliente (che ordina on line ma acquisisce il pacco in un punto vendita) il punto vendita sta cambiando. Lo scenario al quale ogni punto vendita (e le catene di centri commerciali se parliamo in grande) dovrà abituarsi velocemente è il concetto di phygital. Detto in modo semplice l’integrazione, senza “frizioni” dell’esperienza di vendita. Lo scenario dei negozi che perdono mercato a favore del digitale non è nuovo. Si chiama retail apocalypse e già nel 2017 ne scrivevo (facendo riferimento allo scenario americano, bene inteso): di fatto la contrazione di punti vendita (o interi mall) a favore della vendita on line. Lo scenario che può contrastare queste chiusure (anche in Italia, per quanto il fenomeno e-commerce nel nostro paese sia ancora limitato) si chiama phygital. Implica la digitalizzazione, la trasformazione in dati di una serie di esperienze che il cliente ha nel negozio (per esempio l’interesse dimostrato verso prodotti che, tuttavia, non ha deciso di acquistare, i suoi dati di acquisto, i suoi movimenti nel negozio etc...) e, di contro, l’integrazione della piattaforma di vendita della catena che possiede il negozio nella rete. Il termine più familiare è multicanalità oppure omnicanalità (in vero suonano la stessa cosa, dipende dall’ufficio Pr del cliente). In questo senso la vera sfida dei retailer è come integrare il costo di un negozio (personale, luci, costi di affitto) con quelli delle vendite on line.

Detto in modo semplice un reggiseno acquistato sull’e-commerce del gruppo, quando viene consegnato al cliente in negozio, genera un ricavo per il negozio o per l’e-commerce? Questo tema è in vero molto complesso e necessita un’analisi a sé. In tutto questo però il delivery diventa essenziale.

Sempre più spesso le strategie di utilizzo e valorizzazione del negozio fisico stanno spostandosi verso l’esperienza “umana” dell’acquisto. In pratica la commessa da venditrice viene assimilata ad estensione umana del sito e-commerce. Suo il ruolo di illustrare al cliente i modelli, farli provare, valutare l’ingombro (se parliamo di hi-tech o bianco come lavatrici etc...) e supportare il cliente in ogni fase della sua valutazione di acquisto.

Se la soddisfazione del cliente sarà massima, è plausibile che possa acquistare/pagare on line e poi acquisire il prodotto nello stesso negozio che ha visitato. Il vantaggio (in questo caso nel primo impatto di valutazione prodotto) di avere un negozio digitalizzato (phygital) è poter tracciare e mappare il potenziale cliente e seguirlo in rete.

“Anche in questo caso la delivery diventa fondamentale: abbiamo sviluppato sistemi di integrazione in modo tale che il negozio o l’e-commerce ad esso legato possa avere un esperienza di presa consegna e delivery sul punto vendita allineato. In tal senso ci siamo integrati con le maggiori soluzioni di piattaforme e-commerce”, conclude Nobis.

Se osserviamo il mercato americano, dove tutto succede più velocemente e in dimensioni scalari rispetto all’Italia, il tema phygital vs. e-commerce ci viene illustrato dallo scontro tra Amazon e Walmart. Il gruppo storico si è inventato il Last Minute Gift, che promette la consegna in 2 giorni. La partita si gioca sulla presenza fisica degli store del gruppo rispetto ad Amazon. La soluzione ordina on line e ritira in negozio è piuttosto utile quando sotto Natale le cose si fanno “trafficate”.

Che i vostri regali vi siano stati recapitati da Babbo Natale o da un corriere, la prossima volta ricordate che dietro il vostro click c’è un mondo di uomini, donne, tecnologia e… renne (a volte).

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Da - http://www.econopoly.ilsole24ore.com/2018/12/27/babbo-natale-e-commerce/?uuid=96_io1BPGj3
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