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Autore Discussione: May ha superato il voto di fiducia. E ora? - Di MASSIMO MAUGERI  (Letto 2174 volte)
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« inserito:: Gennaio 19, 2019, 08:59:06 pm »

May ha superato il voto di fiducia. E ora?
La premier britannica dovrà rivedere l'accordo sulla Brexit in modo da non disfare quanto negoziato con la Ue ma, allo stesso tempo, riuscire a guadagnare l'appoggio del Parlamento, che aveva bocciato l'intesa.
E appare sempre più probabile che Bruxelles le conceda più tempo

Di MASSIMO MAUGERI
16 gennaio 2019, 21:20

Theresa May supera indenne il voto di fiducia di Westminster e la partita decisiva sulla Brexit continua a giocarsi dal lato britannico della Manica, con la premier pronta a portare alla Camera lunedì prossimo una nuova proposta di accordo per il divorzio dalla Ue, dopo la bocciatura di quella negoziata con fatica nelle settimane precedenti. Ma tra Londra e Bruxelles i contatti per evitare lo scenario peggiore, quello del 'no-deal', sono serrati. Nel pomeriggio, secondo quanto si è appreso, si è svolta una riunione del Coreper, in cui gli ambasciatori dei 27 hanno esaminato i diversi scenari. La riunione sarebbe stata comunque solo interlocutoria in attesa di capire gli sviluppi della politica britannica. Secondo fonti citate dal 'Times', funzionari dell'Unione europea starebbero esaminando la possibilità di rinviare la Brexit fino al 2020, ben oltre i piani precedenti che prevedevano una proroga di tre mesi, ovvero alla fine giugno.
Le aperture di Francia e Germania, scrive il quotidiano britannico, concederebbero alla Gran Bretagna la possibilità di allungare il tempo delle negoziazioni fino all'anno prossimo. La notizia non trova conferme, ma il punto, si fa chiaramente capire da Bruxelles, è un altro: la Ue è pronta a concedere una proroga a Londra, ma la richiesta di May deve essere "ben giustificata" e non semplicemente dilatoria. Devono cioè esserci dei cambiamenti sostanziali che Theresa May, dopo il voto di fiducia e dopo aver consultato le forze politiche, possa mettere sul tavolo. Solo dopo la richiesta potrebbe essere esaminata e quindi approvata all'unanimità dai 27. Una visita del primo ministro britannico a Bruxelles al momento non sembra imminente, almeno non questo fine settimana, ma May potrebbe arrivare a Berlaymont per incontrare Jean-Claude Juncker e Michel Barnier la settimana prossima.

Come potrebbe cambiare l'accordo
Che Bruxelles voglia tendere una mano a May all'indomani della più pesante sconfitta parlamentare della storia di un primo ministro britannico, è chiaro. Il capo negoziatore Ue Michel Barnier, conferma che l'accordo giuridico tra Ue e Regno Unito non si tocca, in particolare sul 'backstop', per evitare il ritorno della frontiera irlandese. Ma il politico francese aggiunge che è possibile modificare la dichiarazione politica sulla relazione futura, ovvero la cornice del negoziato per un accordo di libero scambio tra Regno Unito e Ue dopo l'uscita di Londra. "Se il Regno Unito sceglie di far evolvere le sue linee rosse in futuro e fa una scelta di maggiore ambizione, per esempio andare al di là di un semplice accordo di libero scambio, allora l'Ue sarà immediatamente pronta a accompagnare questa evoluzione e a rispondervi favorevolmente".

L'ipotesi di riaprire i giochi sulla dichiarazione politica viene confermata dal portavoce della Commissione, Margaritis Schinas, che la definisce "non lontana dalla realtà". Anche se, ripete il portavoce di Juncker, "questo avrà senso solo se sappiamo cosa proporrà il governo britannico. E questo adesso non lo sappiamo".


Lo spettro del 'no deal'
Nel frattempo, proroga o no, la data della Brexit si avvicina inesorabile e le capitali si preparano allo scenario dell'uscita senza accordo. Il governo del Belgio, che con l'Irlanda, la Francia e l'Olanda, è tra i Paesi meglio preparati a un 'no deal', ha convocato una riunione d'emergenza constatando che 20.000 imprese non sono ancora pronte allo scenario peggiore. "Non tutti gli Stati membri hanno gli stessi problemi e lo stesso grado di preparazione", fa sapere la Commissione, promettendo di "intensificare" il lavoro nei prossimi giorni e settimane.
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« Risposta #1 inserito:: Gennaio 24, 2019, 06:28:46 pm »

Theresa May è all'angolo ma anche Corbyn ha i suoi problemi
La premier britannica prepara un piano alternativo per la Brexit dopo che il precedente era stato bocciato dal Parlamento. Il leader laburista si nega al dialogo, sognando il voto anticipato, ma deve affrontare la crescente opposizione interna di chi vuole un nuovo referendum

Di NUCCIA BIANCHINI
20 gennaio 2019,22:20

La premier britannica, Theresa May, lavora agli ultimi ritocchi del piano alternativo per la Brexit che deve presentare in Parlamento, ma intanto continua il pressing di chi le chiede di non escludere un altro referendum. Chiusa nella residenza di campagna dei premier britannici, a Chequers, May lavora al discorso che farà ai deputati domani per definire la sua linea dopo la clamorosa sconfitta a Westminster del suo accordo con Bruxelles.
Ancora niente dialogo con Corbyn
Il piano alternativo sarà votato il prossimo 29 gennaio, a due mesi esatti dalla data fissata per il divorzio da Bruxelles. Deve trovare il consenso mancato quando è stata clamorosamente bocciata dalla Camera dei Comuni, ma non è chiaro a cosa si aggrapperà, visto che vuole rimanere ancorata alle sue 'linee rosse', ovvero il 'no' alla libera circolazione delle persone e alla permanenza nel mercato unico, il 'no' a un secondo referendum. Il leader laburista Jeremy Corbyn non l'ha voluta vedere: si rifiuta di sedersi al tavolo se May non scarta del tutto il 'no deal', l'uscita disordinata dalle conseguenze imprevedibili; ma lei gli ha risposto che questo al momento è "impossibile".

Un nuovo referendum?
Nel frattempo il portavoce per la Brexit dell'opposizione laburista, Keir Starmer, ha cercato di far virare il Labour verso un secondo referendum (con l'opzione 'remain' sulla scheda): una posizione in contrasto con quella di Corbyn che teme le ripercussioni sull'elettorato (un sondaggio commissionato dall'organizzazione europeista Best for Britain ha rivelato infatti che gli elettori sarebbero meno propensi a sostenere il Labour Party se il partito di opposizione britannico si impegnasse per fermare la Brexit). Corbyn vuole infatti il voto anticipato per poter gestire da Downing Street la Brexit. E invece, in un discorso alla Fabian Society, Starmer ha detto che se non fosse possibile andare alle elezioni, allora per il Labour tutte le opzioni devono stare sul tavolo, compresa quella di un altro referendum.

"Non credo sia un segreto che credo fermamente nella scelta di rimanere nell'Ue e ci deve essere (anche) l'opzione di andarsene". Per Starmer è anche ormai "inevitabile" che il governo debba chiedere il rinvio della Brexit, ovvero la proroga dell'articolo 50 del trattato di Lisbona per poter prolungare i negoziati oltre il 29 marzo.

Per l'Italia un conto da 23 miliardi
L'Ue intanto aspetta, disponibile a una proroga del negoziato e consapevole che la partita decisiva si gioca oltremanica. Intanto però i Paesi europei ultimano i cosiddetti piani di emergenza per far fronte agli effetti sfavorevoli che può avere un'uscita del Regno Unito dall'Ue senza alcun accordo, la cosiddetta 'hard brexit': una rottura le cui conseguenza sarebbero negative per tutti. Il Centro studi di Confindustria ha avvertito che un divorzio senza accordo costerà all'Italia 23 miliardi di euro e che i settori più penalizzati sarebbero le bevande e l'agrifood.
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