Fca e la strategia dell’eutanasia
10 dicembre 2018
Di Marco de’ Francesco
Le misure “ecologiche” del governo per il mercato dell’auto sono destinate, se convalidate, a penalizzare fortemente la società guidata da Mike Manley. Anzi, potrebbero dare addirittura il colpo di grazia finale all’azienda, le cui poco convincenti scelte per la produzione futura avrebbero un solo sbocco: la vendita. E forse, per gli azionisti, potrebbe anche andare bene così. Come la vede Michele De Palma del sindacato Fiom
Incentivi sull’elettrico ed ecotasse sulle auto con motori termici? Sia gli uni che le altre sono destinati a penalizzare Fca. I primi perché, alla fine, il Lingotto è ancora poco impegnato nel settore, con la previsione di una produzione di pochi modelli elettrici nel breve periodo e di alcuni ibridi, mentre la concorrenza è sempre più agguerrita; le seconde perché graverebbero su ciò che resta delle utilitarie, tipo la Panda, nonché su tutti i modelli in corso di transizione, quelli cioè che saranno ibridati o elettrificati nel 2020, nel 2021 o nel 2022. Insomma, colpirebbero Fca ai fianchi proprio nel corso della metamorfosi. Con effetti nefasti. Eppure la norma c’è.
Un emendamento governativo alla Manovra 2019 che ha già suscitato polemiche da parte dell’associazione che riunisce la filiera dell’industria automobilistica, l’Anfia. Tanto che il ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, ha deciso di convocare un tavolo con costruttori e associazioni di consumatori, prima del voto in Parlamento, previsto per il 15 dicembre. Peraltro la tardiva svolta green del Lingotto non deve trarre in inganno: siccome produrre un’auto elettrica richiede un quinto o un quarto di manodopera in meno, sarà difficile per Fca rispettare l’impegno della piena occupazione. A parità di volumi, più i motori tradizionali saranno abbandonati, più il personale sarà a rischio. Lo pensa Michele De Palma, responsabile del settore automotive della segreteria nazionale di Fiom Cgil, intervistato da Industria Italiana.
Peraltro, secondo De Palma, non è impossibile che Exor, la cassaforte degli Agnelli, venda Fca. «È uno scenario che abbiamo prospettato già due anni fa» – afferma. L’aria che si respira potrebbe sembrare più quella di disimpegno, con l’abbandono del mass market e gli investimenti poco incisivi nell’elettrico. Va detto che le considerazioni di De Palma non coincidono necessariamente col nostro pensieri, pur essendo abbastanza fondate. Noi, da cronisti, cerchiamo di dare spazio al ventaglio di posizioni esistenti, anche se non tutti gli interlocutori hanno la stessa disponibilità a parlare con noi. Comunque abbiamo riportato le posizioni dell’azienda qui, qui le posizioni di Bentivogli (opposte a quelle di Fiom) il capo dei metalmeccanici Fim (Cisl), qui le posizioni dell’Unione industriali di Torino. Inoltre, abbiamo scritto dei pezzi di approfondimento sul settore e sulla vicenda, intervistando Stefano Aversa di Alix qui, e lo storico Giuseppe Berta qui.
IL MINISTRO DEL LAVORO E DELLO SVILUPPO ECONOMICO, LUIGI DI MAIO (FOTO DI MATTIA LUIGI NAPPI)
L’impatto di incentivi ed ecotasse su Fca, lavoratori e produttori italiani
Costruttori e associazioni di consumatori si siederanno al tavolo nell ’incontro indetto dal ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio «allo scopo di trovare una soluzione condivisa su incentivi ed ecotassa». Grandi assente, proprio la Fiom, che lamenta di non essere stata invitata. Non sono stati invitati. Del meccanismo bonus-malus che il governo è intenzionato ad introdurre, con incentivi per chi compra auto green e penalizzazioni per chi acquista veicoli inquinanti, si sa poco. Una norma era stata scritta, articoli erano usciti sui maggiori quotidiani, ma poi Di Maio si è affrettato a dire che il malus non c’è più e che c’è soltanto un bonus per chi acquista l’auto elettrica. Secondo i rumor relativi ad un emendamento governativo alla Manovra 2019 riportati anche da riviste specialistiche, come ad esempio Motorbox, la base della trattativa, e cioè la previsione di partenza dovrebbe essere questa: un incentivo di 6mila euro per auto della classe di emissioni di Co2 da 0 a 20 g/km (quindi, full electric) e di 3mila per quelle da 21 a 70 g/Km (ibride plug-in, quelle che si possono ricaricare alla spina) e di 1.500 euro per quelle da 71 a 90 g/km (ibride non plug-in e metano). Il malus dovrebbe essere pari a 150 euro per vetture diesel e benzina della classe di emissioni da 110 a 120 g/km, sino a 3mila per quelle sopra quota 250 g/km.
Il programma, che sarà votato in Parlamento il 15 dicembre, avrà una durata triennale, 2019- 2021. La norma, ha detto Di Maio, «va migliorata subito per non penalizzare nessuno, in particolare chi ha bisogno di acquistare un’utilitaria». Staremo a vedere. Il provvedimento, va detto, non piace per niente ai costruttori. L’Anfia, l’associazione di categoria, si è precipitata ad affermare in un comunicato che «se prendiamo ad esempio il modello più venduto in Italia, la Panda 1.2 prodotta a Pomigliano, tra le vetture non ibride con le più basse emissioni di CO2, con il nuovo sistema si pagherà un’imposta che varia dai 400 ai 1.000 euro. Il vantaggio sarà quindi solo per chi comprerà costose auto elettriche». In realtà il problema della riconversione dai motori diesel-benzina a quelli elettrici non riguarda solo i produttori e Fca in particolare, ma tutta la filiera. Si pensi che secondo l’osservatorio della componentistica auto 2018 dell’università Ca’ Foscari di Venezia, come riportato da Il Sole 24 Ore, solo il 28% degli imprenditori di settore giudica positivamente l’impatto dei motori alternativi sulla competitività italiana nei prossimi cinque anni. Siamo rimasti indietro. Non si fa ricerca. E comunque in Fca la riconversione all’elettrico o all’ibrido avverrà tra il 2020 e il 2022, dopo l’eventuale entrata in vigore della norma su incentivi ed ecotasse.
MICHELE DE PALMA, RESPONSABILE DEL SETTORE AUTOMOTIVE DELLA SEGRETERIA NAZIONALE DI FIOM CGIL
Secondo De Palma «l’idea governativa di incentivare le macchine elettriche e di penalizzare, tassandole, le utilitarie, non fa bene a Fca, e sta creando polemiche asperrime. Un po’ perché colpisce le produzioni dell’azienda, visto che è prevista solo un’auto elettrica, la 500, anche se si parla di una versione elettrificata della Maserati Alfieri e di una Grand Commander, sempre elettrica, per la Cina; e un po’perché è un provvedimento estemporaneo, non meditato. Se l’obiettivo è implementare la trasformazione del parco macchine eliminando l’euro 1,2,3, l’idea giusta non è certo quella di regalare 6mila euro a chi è disposto a tirarne fuori 50mila per comprarsi l’auto elettrica». Il governo sarebbe disposto a investire 300 milioni per questo. «Risorse che andrebbero dirottare per la trasformazione del sistema industriale in modo da realizzare linee produttive e prodotti più ecologici».
Insomma, investire sui processi e sui prodotti, senza mettere in ginocchio le aziende che, come Fca, sono rimaste indietro. E investire nella rete dei grandi accumulatori, per evitare blackout. «Peraltro in Italia c’è una scarsa infrastrutturazione. È un elemento di cui non si può non tener conto. In generale, nel nostro Paese non si fa più una politica a sostegno dell’industria: l’unica cosa che i governi sanno fare è la concessione degli ammortizzatori sociali, quando le cose prendono una brutta piega». Ma quella della Fiom è un’opinione che non potrà essere espressa. «Non ci hanno chiamati – continua De Palma -. Questo è destinato ad alzare il tono della polemica e a creare problemi, perché in effetti non è normale che trattando argomenti come questi si saltino a piè pari i lavoratori e i loro rappresentanti. Ma se Maometto non va alla montagna, sarà la montagna ad andare da Maometto. Faremo in modo di non essere ignorati. Andremo sotto il Ministero». Non è però la prima volta che i sindacati non vengono invitati. «Anche Monti e Renzi preferivano i selfie con gli amministratori delegati. Mettiamola così: non è il governo del cambiamento, da questo punto di vista; è piuttosto nel solco di una recente tradizione».
Perché, secondo la Fiom, l’elettrico non garantisce la piena occupazione
Secondo De Palma, la piena occupazione negli stabilimenti italiani, uno degli obiettivi del piano industriale 2018-2021 di Fca annunciato qualche mese fa e illustrato a fine novembre dal Chief operating officer dell’area Emea Pietro Gorlier, difficilmente potrà essere raggiunta. «Secondo il piano a Torino (Mirafiori e Grugliasco) si farà la Maserati e la 500 elettrica, al posto della Mito; ma a ben vedere, se anche si facesse lo stesso numero di veicoli, gli stessi volumi, un problema si pone: in realtà produrre un’auto a motore elettrico richiede un 20–25% in meno di manodopera, e quindi di dipendenti, rispetto alla produzione dell’auto a motore termico. Questo è un elemento da tenere in considerazione per le previsioni sui budget produttivi futuri e sui conseguenti livelli occupazionali utili a sviluppare tali volumi. Lo ha dichiarato la stessa azienda nel confronto con i sindacati, e poi ci sono tanti studi a proposito.»
Maserati, fabbrica di Grugliasco
MASERATI, FABBRICA DI GRUGLIASCO
«Sempre nel polo torinese, per la Maserati è previsto solo un restyling, e non modelli nuovi. Per questo e per altri motivi, noi abbiamo chiesto all’azienda se il saldo dei lavoratori sarà lo stesso, con il piano. L’azienda ci ha risposto che bisogna tener conto dei dipendenti che sono destinati a lasciare il posto di lavoro volontariamente, perché si agganciano alla pensione con esodo incentivato. Insomma, dovrebbero rimanere gli altri, ma certo non ci saranno nuove assunzioni». A Grugliasco ci sono già ammortizzatori sociali, e a Mirafiori arriveranno. Si è parlato di cassa integrazione straordinaria. Il provvedimento coinvolgerebbe 2.445 lavoratori di Mirafiori a cui si aggiungeranno altri 800 lavoratori in arrivo da Grugliasco. «In realtà a Grugliasco e a Mirafiori, con tutta probabilità, saranno stipulati contratti di solidarietà. A Grugliasco l’accordo è già attivo, per il vero; quanto a Mirafiori, siccome si riteneva che gli ammortizzatori fossero esauriti, si era deciso di dirottare 1.200 lavoratori verso Grugliasco; ora, dopo approfondite analisi al ministero del Lavoro, si è capito che la solidarietà è possibile, così 800 lavoratori torneranno nello stabilimento d’origine. Tecnicamente, non è l’elettrico a determinare la scelta dell’ammortizzatore: quello giusto, per riorganizzazione e ristrutturazione dei processi, dovrebbe essere una cassa integrazione dedicata. A mio avviso, si sceglierà la solidarietà perché non ci sono i volumi».
Nel polo torinese si continuerà a produrre la Maserati Levante, un Suv che nel Vecchio Continente ha fatto registrare un calo del 24% tra gennaio e ottobre, e del 14% negli Usa. «Dunque, la variabile per determinare la piena occupazione dovrebbe essere l’elettrico, che però è una scommessa sul mercato. E non era neanche voluto. L’unico dato oggettivo è che l’azienda intende colmare un ritardo a mio avviso determinato dalla dirigenza. Lo stesso Sergio Marchionne, che ha guidato per anni Fca prima di Mike Manley, sosteneva che l’auto elettrica costava troppo e che pertanto non avrebbe mai trovato un mercato. Così, ora di fatto l’azienda disporrà di un solo modello full electric, dal 2020, mentre l’innovazione e la ricercano riguardano l’ibrido, con l’attuale G Renagade e con il futuro G Kompass. Altre case automobilistiche, invece, stanno puntando pesantemente sul green, trasformando più linee di produzione. Si pensi a all’investimento di 45 miliardi annunciato da Volkswagen, o a quello di 60 di Nissan-Renault».
JEEP RENEGADE PHOTO BY JWH
Fca in Italia non finisce a Torino, però. «A Pomigliano esce una Panda ogni 56 secondi, meno di un minuto. La produzione italiana di Fca è pari a circa 750mila veicoli contro un potenziale di 1,4 milioni. È una differenza enorme, quella tra ciò che facciamo e quello che potremmo fare. E poi, delle 750mila, 350mila sono Ducato della Sevel (società italo-francese nata da una partnership tra Fca e Psa) e tutto il resto produce 400mila veicoli. Intendiamoci: non dobbiamo giocare in difesa, difendere ciò che c’è, perché fra poco tempo potrebbe essere fuori mercato. Ma per Fca occorrerebbero ben altri investimenti, rispetto ai sei miliardi previsti per l’elettrico».
Occorre, però, dare un occhio agli altri stabilimenti. «In realtà – continua De Palma – dei 13 nuovi modelli di auto solo quattro sono veramente nuovi: il Suv compatto Alfa di Pomigliano, la Jeep a Melfi, la 500 elettrica a Mirafiori e forse un nuovo modello Maserati a Modena. Gli altri sono solo restyling di auto già sul mercato. A Modena, per il vero, c’è un po’ di confusione. Non è certo se si produrrà un modello Alfa 8C, o la Maserati Alfieri. Intanto ci sono ammortizzatori in atto in diversi stabilimenti, e anzi a Pomigliano la cassa integrazione terminerà a settembre dell’anno prossimo, e dovrà essere rinnovata, perché la nuova produzione inizierà tra almeno 18 mesi. Per Cassino, dove sono aumentate le fermate, c’è richiesta di cassa ordinaria, visto che la Stelvio e la Giulietta sono in contrazione. A Pratola Serra e a Cento, dove si fa diesel, già sono in solidarietà, e vista la riduzione dei volumi si continuerà a farla. Visto il quadro, non c’è alcuna garanzia che il piano permetta di uscire definitivamente dall’utilizzo degli ammortizzatori sociali. A mio avviso, parlare di piena occupazione è fuori luogo».
John Elkann alla inaugurazione dell'impianto Maserati a Grugliasco
JOHN ELKANN ALLA INAUGURAZIONE DELL’IMPIANTO MASERATI A GRUGLIASCO
Per la Fiom, non è impossibile che Exor, la cassaforte olandese degli Agnelli, venda Fca
«È uno scenario che abbiamo prospettato già due anni fa, prima nel corso di un convegno e poi nel contesto di un lavoro di ricerca relativo alla collocazione di Fca sul mercato. Abbiamo anche provato a parlarne con i governi che si sono succeduti, ma senza incontrare interesse o attenzione». Ci sarebbero degli indizi. «Un gruppo delle dimensioni di Fca dovrebbe occuparsi di prodotti premium, mass market e elettrici. Può esistere solo presidiando più segmenti di mercato. Da questo punto di vista, non so se sia condivisibile la scelta di non produrre più modelli per il mass-market, in Italia. Si chiude la stagione di Punto, Tipo, Mito; restano solo la 500 e la Panda. Andremo tutti in giro con la Levante e la Stelvio? Non si capisce il perché di questa scelta. Si dice: non si rientra nei costi; ma se gli stabilimenti lavorassero a tre turni, forse ciò non sarebbe vero. La Toyota non produce anche macchine di piccole dimensioni, come la Aygo e la Yaris?».
Per De Palma, anche l’elettrico Made in Fca è sospetto. «Da una parte ci sono partnership globali, come quella tra Ford e Volkswagen per sviluppare piattaforme comuni, e notizie di grandi investimenti, come quello annunciato dalla General Motors, che determinerà una radicale trasformazione dei processi. Dall’altra i bassi investimenti del gruppo Fca e la vendita di Magneti Marelli, multinazionale della componentistica anche nel campo dell’elettrico che è stata acquisita dalla giapponese Calsonic Kansey, che ha la metà dei dipendenti della prima. Ora Fca dovrebbe cercare tecnologie fuori dal proprio perimetro; certo, potrebbe riferirsi sempre a Magneti Marelli, ma i rapporti non saranno quelli di prima. Peraltro, dei 6,2 miliardi di euro ottenuti con la vendita, due miliardi sono stati distribuiti con un dividendo straordinario. Non sembra un’azione coerente con la necessità di investire, visto il ritardo che caratterizza Fca nell’elettrico». Insomma, ci sarebbe aria di disimpegno. E allora, che fine farà Fca? «Lo sa solo John Elkann, il presidente di Exor. Posso dire solo che la Fiom vede il problema, e che i lavoratori sono preoccupati».
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