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Autore Discussione: Un nuovo modo di accostarsi al capolavoro di Alessandro Manzoni i Promessi Sposi  (Letto 1795 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Ottobre 19, 2018, 04:27:37 pm »

Un nuovo modo di accostarsi al capolavoro di Alessandro Manzoni, i Promessi Sposi. Ce lo propone Salvatore Silvano Nigro, uno dei massimi studiosi dello scrittore milanese. Nigro è autore di un nuovo libro, “La funesta docilità”, nel quale tra letteratura e giallo, alla Leonardo Sciascia, si diverte a indagare i sottofondi più oscuri, storici, sociali, economici, letterari, del capolavoro manzoniano. Che diventa quasi un libro proibito, da leggere «di nascosto». La “funesta docilità”, in effetti, è una colpa di condiscendenza: il rischio è quello di seguire acriticamente la corrente di pensiero, e di azione, di una massa fanatica. Si tratta, insomma, dell'acquiescenza di Renzo nel partecipare ai tumulti di popolo, anche se il promesso sposo sa fermarsi prima di sconfinare in atti di violenza. Ma può essere letta, la funesta docilità, con un'ottica contemporanea, come un'acquiescenza verso una certa isteria di massa che caratterizza i nostri tempi.
“Il bellissimo racconto critico di Nigro - scrive il regista Roberto Andò per i lettori della Domenica - mescola le carte tra documento, ricostruzione e romanzo, trascinando il lettore nel gorgo del non-detto del grande scrittore milanese”. Ma il libro tesse e interroga anche la relazione tra visivo e scritto, quella relazione che, come Nigro racconta in apertura, lasciava inorridito Mallarmé. Facendo riemergere il visivo sepolto nel romanzo di Manzoni, dando accento all'importanza che lo scrittore attribuì alle illustrazioni con cui volle ripubblicarlo nell'edizione del 1840-42.
Nel menu della Domenica, tanti altri argomenti. Ecco una scelta per i lettori del Sole 24 Ore

Da - https://mail.google.com/mail/u/0/?hl=it&shva=1#inbox/FMfcgxvzLDtHTKbNWxmWXkBWsmtSlbCR
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« Risposta #1 inserito:: Ottobre 21, 2018, 11:20:15 pm »

Fine ottobre, tempo di vino novello. E' l'occasione giusta per andare alla scoperta, tra l'altro, delle origini della civiltà del vino. L'opportunità ce la offre la prima traduzione italiana del “Laus vini”, del bizantino Michele Psello, storico, politico, letterato, esperto di diritto e astronomia, persino alchimista.

Psello esalta la bevanda di origini divine e afferma: il dio inventore non fu Bacco.

Ad accompagnarci nel viaggio alle sorgenti della civiltà del vino, sulla “Domenica” del Sole 24 Ore, è il filosofo e storico della filosofia Tullio Gregory: “La seconda età del mondo, nella tradizione esegetica medioevale, - spiega Gregory - inizia con la fine del diluvio, quando Noè, uscito dall'arca, pianta la vite, produce il vino e si inebria. Non dunque, come volevano i pagani, Bacco è l'auctor vini, ma Noè, l'uomo giusto che ha salvato con l'arca – costruita secondo le prescrizioni di Javhé – tutte le specie viventi e, con la sua famiglia, l'umanità”.

Il mito della piantagione della vigna, della produzione del vino e della ebbrezza di Noè agli inizi della storia dell'umanità dopo il diluvio, assicura al vino una posizione centrale in tutta la storia della civiltà cristiana. Non a caso proprio dal diluvio muove l'Encomio del vino del dotto bizantino Michele Psello, scritto attorno al 1042: l'età nuova, la nuova creazione inizia con la coltivazione della vite e la produzione del vino perché si tratta di un “bene eccellente”, di un dono del quale erano privi gli uomini della precedente generazione in quanto malvagi e destinati a essere distrutti dal diluvio.

Per questo, sostiene Psello, Noè è come Adamo, con il quale entra in competizione per conquistare il primato del bene fatto all'umanità: Noè, scrive, “si disputa il primato con il progenitore Adamo o piuttosto si potrebbe affermare che non gli cede il posto; entrambi infatti trovarono una pianta, nel primo caso era rovinosa e mortifera, nel secondo utile e generatrice di vita».

Nel menu della Domenica, tanti altri argomenti.

 Ecco una scelta per i lettori del Sole 24 Ore
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