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Autore Discussione: CHIUSURA DOMENICALE Centri commerciali in allarme A rischio i bilanci dei negozi  (Letto 1303 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Settembre 28, 2018, 12:55:32 pm »

ECONOMIA E IMPRESE
12 Settembre 2018 Il Sole 24 Ore

CHIUSURA DOMENICALE
Centri commerciali in allarme A rischio i bilanci dei negozi
Le vendite valgono l’11,4% ma per alcune attività superano il 20%
Con 40 giorni in meno all’anno i canoni di affitto diventano meno sostenibili

Arese
«Qui pago 250mila euro all’anno di affitto. Ma se resto chiuso tre domeniche su quattro bisognerà rinegoziare». Il problema che solleva Angelo non è affatto marginale. La sua gioielleria, inserita nel maxi-centro commerciale di Arese, è solo una delle oltre 200 attività che a metà 2016 hanno deciso di insediarsi qui alle porte di Milano, attratte dalla prospettiva di flussi di visitatori garantiti sette giorni su sette, 361 giorni all’anno. Uno scambio in fondo onesto, il prezzo di equilibrio tra domanda e offerta: per stare qui (nel 2017 500 milioni di ricavi e 12 milioni di presenze) paghi molto ma incassi anche parecchio.
Una eventuale “stretta” sulle domeniche di apertura, come nelle intenzioni del Governo, andrebbe però a modificare i termini dell’equazione. Angelo, che non è affatto un difensore della liberalizzazione assoluta e che preferiva lo schema precedente al decreto Monti, ha però un’idea chiara: «tornare indietro - spiega - adesso è complicato, se le ipotesi del Governo si avverassero per noi vedo un calo nell’ordine del 20%».
Stime un poco meno drastiche vi sono nel negozio di abbigliamento al primo piano. «Con 40 domeniche di chiusura - spiega Matteo, direttore del punto di vendita - secondo me perdiamo il 10-15 per cento dei ricavi: ora qui siamo 40 ma un calo dell’organico sarebbe fisiologico».
Un guaio per i negozianti e per i lavoratori, ma in prospettiva anche per il gestore della struttura, una controllata del gruppo Finiper. Se l’andamento del centro, già arrivato in utile nel secondo anno è indicato oltre le attese, è lo stesso bilancio a mettere in evidenza i potenziali problemi. Gli affitti dei negozi e delle attività garantiscono entrate per 27 milioni di euro (salgono a 35 con il riaddebito di parte dei costi dei servizi) e producono nel 2017 un utile di 1,6 milioni di euro, oltre le attese. Ma è lo stesso bilancio a chiarire che “rischi significativi di riduzione del valore del centro commerciale potrebbero verificarsi solo nel caso di una riduzione degli affitti incassati”. Che non tutto sia “certo”, anche in un business che dall’esterno pare l’Eldorado, è del resto desumibile dalla garanzie chieste dalle banche prima di erogare il prestito da 193 milioni per le realizzazione della struttura: ipoteca sull’immobile, pegno sulle azioni della società, pegno sui conti correnti in cui confluiscono gli affitti (principale fonte d’entrata), garanzia ulteriore da parte della controllata Finiper. Vero è che i contratti di affitto esistenti sono in gran parte a canone fisso e pluriennali ma è chiaro che in prospettiva questo sarà certamente un tema di discussione e tutto dipenderà dall’impatto sui ricavi, dove le previsioni variano.
Per la ristorazione, ad esempio, l’impatto è massimo: non si mangia il sabato o il lunedì ciò che non si consuma domenica. «Sono qui da due mesi - spiega Angelo, barista 24enne - e devo dire che ho qualche timore, tagliare i posti di lavoro sarebbe una logica conseguenza». Stime analoghe vi sono per il negozio di vini poco distante, dove il responsabile del punto vendita ha pochi dubbi sull’impatto dell’eventuale stretta. «Qui siamo in 15 - spiega Alessandro - ma senza il lavoro domenicale vedo a rischio almeno tre posti di lavoro, è chiaro che si tratta di ricavi persi, difficilmente recuperabili in altri giorni». Il punto di vista in altri settori è invece più variegato. Se Simone (biciclette) vede rischi occupazionali («da cinque qui potremmo diventare quattro»), per Anna (borse) il problema non esiste: «E prima - sbotta - come facevamo? Vorrà dire che si andrà più spesso a far la spesa il sabato».
Nelle stime di Iri-Infoscan la domenica comunque non è affatto un giorno marginale: posta a 100 la spesa settimanale, in quel giorno ipermercati e supermercati incassano l’11,4% del totale, generando flussi di visitatori importanti che di riflesso trainano il business anche delle altre strutture. Ma ridurre anche del 10% i ricavi - racconta il responsabile commerciale di una catena nazionale di abbigliamento - significa mandare all’aria il conto economico e anche i centri commerciali dovranno ridurre le richieste. «Non so come andrà a finire -spiega il presidente del Consiglio nazionale dei centri commerciali Massimo Moretti - ma è certo che queste scelte legislative sposterebbero equilibri economici di grande importanza per tutti. E l’Italia, che prima su questo fronte aveva un punto di forza per gli investitori esteri, rischia ora di diventare meno appetibile. Pensi ad esempio a Westfield».
Se ad Arese i contratti sono fatti, non ancora completo è il business di Segrate, periferia est di Milano, dove la multinazionale sta avviando la costruzione del più grande centro commerciale d’Europa, un colosso da 185mila metri quadri, 300 negozi e 1,4 miliardi di investimenti. Le trattative per gli ingressi di piccole e grandi strutture sono ancora aperte ed è chiaro che la direzione legislativa dei prossimi mesi non sarà ininfluente sui prezzi: comprare uno spazio che deve rimanere chiuso almeno 40 giorni all’anno non può avere lo stesso valore di un’area funzionante sempre. «Ci siamo sentiti e l’intenzione è quella di andare anche lì. A quali condizioni - spiega sorridendo il gioielliere Angelo - si vedrà».

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Luca Orlando

Da - http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20180912&startpage=1&displaypages=2
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