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Autore Discussione: UNGHIA STRAPPATE, SCOSSE ELETTRICHE, E POI LA MORTE: QUESTA LA SORTE ...  (Letto 2517 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Settembre 23, 2018, 04:48:55 pm »

UNGHIA STRAPPATE, SCOSSE ELETTRICHE, E POI LA MORTE: QUESTA LA SORTE CHE TOCCO', IL 16 SETTEMBRE DI 42 ANNI FA, A RAGAZZI TRA I 16 E 19 ANNI CONSIDERATI PERICOLOSI OPPOSITORI DALLA DITTATURA ARGENTINA

Il diritto a prezzi dei libri accettabili per tutti e la possibilità di avere sconti per i biglietti dell'autobus. Era per questo che lottavano i ragazzi dei licei argentini nel 1976. La lotta contro una dittatura che sicuramente si preoccupava maggiormente di tutelare le aziende straniere e i grandi patrimoni rispetto al diritto allo studio. Videla sapeva che ad averlo portato alla presidenza dell'Argentina era la certezza di certi ambienti, nazionali e non, che non avrebbe esitato a soffocare ogni movimento che avesse cercato di cambiare lo status quo nel Paese.
Anche se questo movimento era composto da giovanissimi, colpevoli solo di rivendicare diritti elementari.
Ma al regime militare non bastava eliminarli. Volevano annientarli nel fisico e nello spirito utilizzando i metodi più brutali.
Il rapimento fu solo l'inizio: era il 16 settembre del 1976 ed i ragazzi, di età compresa tra i 16 ed i 19 anni, vennero prelevati nelle loro abitazioni nella notte e portati in centri di detenzione. Lì ebbe inizio l'orrore: gli studenti furono torturati per mesi interi per costringerli a confessare i nomi dei propri compagni.
Unghia strappate, scosse elettriche. Fame e freddo. Un proiettile in testa, la sparizione. Non vennero mai più ritrovati, riempiendo le liste dei desapareçidos argentini.
Pablo Diaz fu uno dei pochi sopravvissuti, la cui storia ispirò il film "La notte delle matite spezzate" che rese celebre la vicenda degli studenti argentini.
"Quando le storie di ingiustizia si ripetono nella loro selvaggia crudeltà, l’umanità perde un pezzo della sua ragione", dirà Pablo. Non rivedrà mai più la sua compagna di allora, Maria Claudia. Oggi racconta la sua esperienza nelle scuole: "Racconto quello che ho vissuto. Vado per le scuole e non dimentico i miei pilastri del passato: l’etica e il costante impegno dei miei compagni". A questo si affianca la costante ricerca della giustizia: solo un terzo dei responsabili dei crimini della dittatura sono andati a processi e solo metà di questi ha subito una condanna. In questo modo non si rende certo la giusta riconoscenza a chi ha perso la vita a soli 16 anni, per combattere un nemico troppo grande e troppo vigliacco. E' per questo motivo che occorre fare memoria, come ripetiamo spesso. Ricordare questi ragazzi per aiutarci a far luce anche sugli orrori che vengono compiuti in questi tempi che stiamo vivendo. Perché la lotta di questi ragazzi non è certo morta. Lo conferma anche Pablo quando gli si chiede dell'ultimo ricordo che ha dei suoi compagni:
"Come me li ricordo? Liberi. Me li ricordo liberi."

Cannibali e Re
Cronache Ribelli

Da Fb del 16 settembre 2018
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« Risposta #1 inserito:: Ottobre 19, 2018, 04:23:10 pm »

Il capo del comando che ha torturato e ucciso Khashoggi ha studiato in Italia
Maher Mutreb ha frequentato un corso di hacking nel 2011.
Pressing sull'Arabia Saudita perché sollevi il velo di reticenze sulla fine del giornalista dissidente

18 ottobre 2018, 09:39

Khashoggi torturato ucciso
Maher Abdulaziz Mutreb, il leader del commando saudita accusato dell'uccisione del giornalista Jamal Khashoggi, vicinissimo al principe ereditario Mohammed bin Salman, fece un corso di hacking in Italia nel 2011. Lo riferiscono alcuni fonti turche che citano i documenti riservati pubblicati da Wikileaks.

Mutreb faceva parte di un gruppo che si recò in Italia per un corso tenuto una società privata fornitrice di un avanzatissimo software per le intercettazioni. Secondo Al Jazeera, Mutreb ha effettuato 19 chiamate nel giorno in cui Khashoggi scomparve, tra cui una alla segreteria dell'ufficio del principe ereditario. Inoltre i due aerei privati a bordo dei quali il commando ha raggiunto Istanbul, sono stati noleggiati proprio a nome di Mutreb.

Particolari truculenti
Continuano a emergere particolari sulla fine del giornalista e dissidente saudita, sparito lo scorso 2 ottobre dopo essere entrato nel consolato del proprio Paese a Istanbul per ritirare dei documenti. Secondo quanto riporta il quotidiano turco Yeni Shafak, vicino al governo, il giornalista sarebbe stato decapitato dopo essere stato torturato e poi fatto a pezzi all'interno del consolato.

Durante un interrogatorio registrato dall'Apple watch dello stesso Khashoggi gli sarebbero state tagliate le dita e nelle registrazioni citate dal quotidiano si sente la voce del console Mohammed Utaybi, che ha lasciato la Turchia il 16 ottobre, poco prima della perquisizione della sua residenza. Utaybi chiede a qualcuno di "sbrigare la faccenda fuori dal consolato", per evitargli guai. Alla sua richiesta si sente rispondere: "Taci, se non vuoi essere ammazzato quando torni in Arabia".

Sette minuti
Secondo Al Jazeera lo smembramento del corpo del giornalista sarebbe durato non più di sette minuti e sarebbe stato effettuato da un esperto anatomopatologo, Muhammed al Tubaigy, individuato dagli investigatori turchi tra i 15 sauditi giunti ad Istanbul prima dell'appuntamento di Khashoggi in consolato e volati a Riad subito dopo la sparizione del giornalista. Tra questi funzionari dei servizi sauditi e uomini del corpo di guardie personali del principe Mohammed bin Salman, ritenuto il mandante dell'omicidio.

La notizia dell'esistenza di una registrazione audio, che prova la morte del giornalista e che sarebbe in possesso della polizia turca, era già stata data al Washington Post da due fonti delle forze di sicurezza di Ankara. Secondo il quotidiano turco Sabah, la registrazione era stata trasmessa dall'Apple Watch del giornalista all'accout iCloud attraverso un telefono cellulare lasciato fuori dall'edificio.

L'emittente araba Al-Jazeera ha fatto sapere che l'audio dura in totale 11 minuti e che l'analisi tecnica compiuta dalle autorità turche ha rilevato quattro voci riconoscibili: quella di Khashoggi e tre attribuite a cittadini sauditi.

La lista pericolosa
Undici delle 15 persone incluse nella lista dei sospettati presentata dalle autorità turche appartengono ai servizi segreti sauditi. Compare anche il nome di Khalid Aedh Alotaibi, che online si identifica come membro della Guardia Reale. All'inizio di quest'anno l'uomo aveva accompagnato il principe Mohammed bin Salman in visita negli Stati Uniti che ora non abbandonano l'Arabia Saudita perché "ne hanno bisogno per la lotta al terrorismo", ha detto il presidente Donald Trump in un'intervista su Fox Business. "Spero che saremo dalla parte giusta dell'equazione. Sapete che abbiamo bisogno dell'Arabia Saudita in termini di lotta contro tutto il terrorismo, tutto ciò che sta accadendo in Iran e in altri luoghi". Alla domanda se gli Stati Uniti non dovessero poi lasciare l'Arabia Saudita, ha spiegato: "Non voglio farlo e francamente hanno un ordine tremendo, 110 miliardi di dollari". Il riferimento era alle vendite di armi degli Stati Uniti promesse al regno.

Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it
Da - https://www.agi.it/estero/khashoggi_torturato_ucciso-4500825/news/2018-10-18/
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« Risposta #2 inserito:: Ottobre 25, 2018, 05:28:03 pm »


Giornalista scomparso
Khashoggi e quei sette terribili minuti

Questo contenuto è stato pubblicato il 18 ottobre 2018 10.33

Torturato e fatto pezzi all'interno del consolato saudita a Istanbul, sotto gli occhi del capo della missione diplomatica. Un'agonia durata 7 terribili minuti, durante i quali a Jamal Khashoggi sarebbero state tagliate le dita, prima di sedarlo, decapitarlo e smembrarlo.
Nuovi dettagli sul giornalista saudita scomparso dopo essere entrato nel consolato del suo paese a Istanbul

A rivelare nuovi agghiaccianti dettagli del presunto omicidio del giornalista dissidente, scomparso ormai da 15 giorni, sono le registrazioni audio che gli 007 turchi avrebbero passato ad alcuni media vicini al governo di Recep Tayyip Erdogan. Intanto il Washington Post ha pubblicato il suo ultimo editoriale Link esterno dal titolo emblematico "Ciò di cui il mondo arabo ha più bisogno è la libertà di espressione".

Alcuni passaggi del suo editoriale
Nell'articolo, il giornalista analizza gli ostacoli alla libertà dei media a partire dal rapporto "Freedom in the World" del 2018, in cui l'unico Paese classificato come "libero" del mondo arabo è la Tunisia. Il giornalista ricorda quindi le grandi aspettative di cambiamento portate dalle Primavere Arabe del 2011 e le successive delusioni per "il ritorno di queste società o al vecchio status quo o a condizioni anche più dure di prima".

Khashoggi denuncia arresti e censure che condizionano la stampa in tutto il mondo arabo, dalla sua Arabia Saudita all'Egitto, fino al Libano, che "era il gioiello della corona della libertà di stampa nel mondo arabo, caduto vittima della polarizzazione e dell'influenza pro-Iran di Hezbollah".

L'editoriale si conclude con un appello programmatico per il futuro della stampa panaraba: "Il mondo arabo ha bisogno di una versione moderna dei vecchi media transnazionali, in modo che i cittadini possano essere informati su ciò che succede nel mondo. Ancora più importante, dobbiamo creare una piattaforma per le voci arabe. Soffriamo di povertà, cattiva amministrazione e scarsa educazione. Creando un forum globale indipendente, libero dall'influenza dei governi nazionalisti che diffondono l'odio attraverso la propaganda, la gente comune nel mondo arabo potrà affrontare autonomamente i problemi strutturali della propria società".
Fine della finestrella

"Fatelo fuori di qui, mi metterete nei guai", si sentirebbe dire al console Mohammed al-Otaibi, che ieri pomeriggio ha lasciato Istanbul per rientrare in patria. "Se vuoi continuare a vivere quando torni in Arabia, stai zitto", gli risponderebbe uno dei killer.

Khashoggi sarebbe stato portato dall'ufficio del console in uno studio adiacente e steso su un tavolo. Lì, nelle orecchie cuffie per ascoltare musica, il dottor Salah Mohammed al-Tubaigy, capo dell'unità forense giunta da Riad, l'avrebbe fatto a pezzi, forse mentre era ancora in vita.
Squadrone della morte

Secondo il New York Times, il medico legale, esperto di autopsie, è tra le 5 persone in cima alla lista dei sospetti degli investigatori turchi. Le altre sarebbero tutte strettamente legate al principe ereditario saudita Mohammed bin Salman: tre membri della sua scorta privata e un frequente accompagnatore, Maher Abdulaziz Mutreb, visto e fotografato in sua compagnia anche in diversi viaggi all'estero, a Parigi, Madrid e negli Stati Uniti.

Per il Washington Post, sono in tutto 12 gli uomini legati ai servizi di sicurezza di Riad che avrebbero fatto parte dello 'squadrone della morte' di 15 persone giunto a Istanbul nelle ore cruciali della scomparsa del reporter.
Trump difende Riad

Mentre il presidente degli Stati Uniti Donald Trump si dice convinto che Riad darà entro la fine della settimana quelle risposte sollecitate anche dall'Onu, la polizia turca è entrata nella residenza del console per effettuare l'ispezione bloccata ieri sera dalla presenza di alcuni familiari del diplomatico. Una perquisizione che magistrati e tecnici della scientifica vogliono estendere ai veicoli in dotazione al consolato, in cerca di prove da aggiungere a quelle già trovate nella vicina sede diplomatica.

"Aspettiamo di vedere l'esito delle indagini. Hanno promesso che non ci saranno eccezioni nel perseguire i responsabili. Prima è e meglio è per tutti", ha spiegato il segretario di Stato Mike Pompeo, che è giunto ad Ankara da Riad per incontrare Recep Tayyip Erdogan. Il leader turco "ha detto chiaramente che i sauditi hanno collaborato con l'indagine", ha riferito Pompeo, precisando di non aver ascoltato o visto registrazioni della presunta uccisione di Khashoggi. Ma "se esistono", gli Usa le vogliono, ha assicurato ancora Trump.
Tutti evitano l'Arabia Saudita

Intanto, le prese di distanza da Riad non si fermano. Dopo la sfilza di defezioni di giganti della finanza e dell'editoria dalla 'Davos del deserto' organizzata dal principe per promuovere gli investimenti internazionali, arrivano anche quelle istituzionali. Alla conferenza non parteciperà la direttrice del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde. E anche il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas ha deciso di congelare la sua missione in Arabia Saudita.

tvsvizzera.it/fra con RSI

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