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Autore Discussione: Valerio Castronovo. IL FUTURO DELLA UE E GLI SPETTRI DEL NAZIONALISMO  (Letto 1286 volte)
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« inserito:: Settembre 23, 2018, 04:41:33 pm »

LE LEZIONI DELLA STORIA
IL FUTURO DELLA UE E GLI SPETTRI DEL NAZIONALISMO

Valerio Castronovo

L’intesa siglata il 29 agosto fra Matteo Salvini, ministro dell’Interno e vicepremier della coalizione giallo-verde, e Viktor Orbán, leader del governo ungherese e capofila del Gruppo di Visegrad, è un evento politico rilevante che non può né deve essere in alcun modo sottovalutato. Poiché ha posto le basi di una sorta di “asse sovranista”, in vista delle elezioni europee del maggio 2019, il cui obiettivo, come hanno tenuto a dire esplicitamente i due promotori di questo patto, non è solo la chiusura a tutti gli effetti delle frontiere esterne della Ue ai flussi migratori, indipendentemente da una revisione del regolamento di Dublino, ma anche una svolta radicale per quanto concerne l’assetto e le direttrici di marcia dell’Unione europea. Che è quanto sta a cuore pure a vari altri partiti e movimenti nazional-populisti (compreso quello dei Cinquestelle, a giudicare dall’“assordante silenzio” nei riguardi dell’alleanza politica fra Salvini e Orbán, a cui si è attenuta la maggioranza dei grillini, a parte i suoi “mal di pancia” per il protagonismo del ministro leghista dell’Interno).
Sia pur con le debite varianti, si direbbe perciò che stiano tornando all’orizzonte i prodromi di quel clima segnato da crescenti tensioni politiche e da duri contrasti d’interesse, che purtroppo finì a suo tempo per precipitare l’Europa nel baratro di un’immane catastrofe.
È vero che la storia non si ripete mai allo stesso modo. Ma quanto è avvenuto in passato può aiutare a rendersi conto dei pericoli derivabili da determinati calcoli baldanzosi e da certe esibizioni muscolari di forza, qualora non si valutino appieno e tempestivamente la loro portata e le loro incognite.
Va ricordato, a questo proposito, che novant’anni fa, ad attizzare nel Vecchio continente il fuoco fu innanzitutto la politica del Regime fascista, volta a creare una propria area d’influenza italiana nello scacchiere balcanico-danubiano mediante una serie di speciali trattati stipulati fra il 1926 e il 1927 con l’Ungheria e la Bulgaria (penalizzate dalla perdita di ampie fette dei loro territori imposta soprattutto da Francia e Regno Unito nella Conferenza di pace di Versailles), nonché con la Romania (contagiata da tendenze filofasciste) e l’assunzione di una specie di protettorato, da parte di Roma, a presidio dell’indipendenza dell’Austria del cancelliere cattolico-autoritario Einghelbert Dollfuss. E ciò al fine di accrescere il peso internazionale dell’Italia a scapito delle posizioni detenute tradizionalmente dalla Francia nell’Europa centro e sud-orientale. A ciò si aggiunse poi, nel 1935, l’aggressione all’Etiopia, nell’intento di allargare la presenza italiana dalle coste del Mar Rosso al Corno d’Africa. Mussolini finì così per lasciare campo libero alla Germania nazista che mirava ad acquisire uno “spazio vitale” proprio nell’Est europeo attraverso le manovre della diplomazia e dell’alta finanza tedesca: così che, all’indomani dell’Asse fra Roma e Berlino dell’ottobre 1936, fu Hitler a condurre il gioco per una modifica a tutto campo degli equilibri geo-politici preesistenti in Europa (annettendosi innanzitutto nel marzo 1938 l’Austria a dispetto dell’impegno assunto a suo tempo dal duce con Vienna di mandare al Brennero le truppe per impedire un passo del genere).
Come sappiamo, al termine della seconda guerra mondiale, affinché non si riproducesse un copione più o meno analogo, a causa di risorgenti aspri nazionalismi, e si erigesse nel contempo (con l’assistenza militare degli Stati Uniti) un solido antemurale nei confronti del blocco sovietico, si posero le basi per la creazione della Comunità europea. Ma questa compagine, che finora ci ha assicurato pace e libertà estendendola, dopo l’89, ai Paesi ex comunisti dell’Est, corre oggi il rischio di spaccarsi in due schieramenti, dopo essersi indebolita col divorzio del Regno Unito, in seguito all’antagonismo del Gruppo di Visegrad e dei partiti nazional-populisti, in ascesa in quasi tutti i Paesi euro-occidentali, nei confronti di Bruxelles accusata di essere asservita ai dettami del presidente francese Emmanuel Macron e della cancelliera tedesca Angela Merkel. Per di più ha fatto irruzione sulla scena nella Germania orientale e altrove un’aggressiva ultradestra neo-nazista.
A nove mesi dal voto europeo c’è pertanto da preoccuparsi seriamente per la minaccia di una contrapposizione frontale la cui posta in gioco risulta cruciale. Poiché riguarda di fatto la sopravvivenza dei princìpi ispiratori e delle regole fondamentali dell’Unione europea o l’avvento di un nuovo sistema istituzionale imperniato sulla preminenza delle singole sovranità nazionali e su forme pervasive di democrazia diretta orchestrate dall’alto.

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Valerio Castronovo

Da - http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20180906&startpage=1&displaypages=2
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