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Autore Discussione: PAOLA COPPOLA -  (Letto 3269 volte)
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« inserito:: Dicembre 06, 2007, 11:08:16 pm »

I bambini di Città del Guatemala dalla discarica alle aule scolastiche

Una "ex niña de la basura": "Sono entrata che avevo cinque anni ci sono rimasta fino ai 17 e ho visto tanta gente morire tra la spazzatura"

di PAOLA COPPOLA


 CITTA' DEL GUATEMALA - Los "niños de la basura" se ne sono andati. Ora giocano per la strada, al di qua del recinto di cemento. Per loro il "Relleno sanitario" è una zona proibita: il lavoro minorile è vietato nella discarica di Città del Guatemala. E ora questa che è la discarica più grande dell'America centrale e l'unica autorizzata nella capitale guatemalteca è divenuta un modello nell'area per aver sradicato completamente la presenza dei piccoli guajeros che scavano tra le colline di rifiuti per selezionare rame e vetro, plastica e carta.

Le loro mani piccole e veloci sono una risorsa economica per decine di famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà ma qui, nel "polmone economico" della Zona 3, a differenza di paesi come Honduras, Nicaragua, Salvador (dove leggi simili non riescono a evitare la presenza di bambini) c'è una legge che li protegge e viene rispettata alla lettera e, per di più, permette l'accesso ai rifiuti solo a chi è identificato e registrato. Per volere della municipalità della capitale la discarica non è più una terra di nessuno: da più di 20 anni il benvenuto del "Relleno sanitario", che occupa un'area pari a otto isolati, lo senti da lontano: un odore acre e gruppi di avvoltoi che si contendono i bocconi più ghiotti. Anche se questa resta l'unica forma di sostentamento per più di 2500 persone, oggi vedi una geografia umana diversa quando superi decine baracche di lamiera prima dell'ingresso: ci sono uomini e donne a raccogliere e separare la spazzatura e poi rivendere quella che può essere riciclata.

UN ESPERIMENTO DI SUCCESSO - Il "Relleno sanitario" è considerato un esperimento di successo: perché solo nel 2005 un terzo dei 3600 guajeros che lavoravano in questa discarica erano bambini. Poi è arrivata la legge applicata in modo rigoroso che vieta anche la presenza dei nuclei familiari che durante la notte alloggiavano in questo luogo malsano. A chi ci lavora di giorno invece vengono insegnati i principi di pronto soccorso e di educazione sanitaria per contenere infezioni e malattie. Oggi i genitori lasciano i bambini nel "Centro ricreativo ed educativo" attaccato alla discarica dove imparano a leggere e a scrivere e lavorano per recuperare la manualità che hanno perso dopo anni di lavoro tra i rifiuti. In questo progetto è coinvolta direttamente la Cooperazione italiana.

Julia Castillo ora ha 19 anni, è una "ex niña de la basura": "Sono entrata che avevo 5 anni, tutto quello che guadagnavo lavorando lo davo alla mia famiglia. Ho visto tante persone morire nella discarica, tanti bambini investiti dai camion. Le madri portavano anche i neonati quando dovevano lavorare e li lasciavano in scatole di cartone tra i rifiuti. Io sono rimasta fino a 17 anni, e finché ero qui per me esisteva solo la spazzatura, non vedevo nient'altro, era tutto il mio mondo".

Come Julia anche altri "niños de la basura" partecipano al progetto della cooperazione - Protection y desarrollo de la niñez y adolescencia en la ciudad de Guatemala - che si occupa di sottrarli alla strada, alla droga e alla violenza e inserirli nel mondo del lavoro.

NON CHIAMATELO INFERNO - A molti non piace ricordare quando i bambini litigavano con gli avvoltoi per i resti di una merendina perché dicono che quello dei guajeros è un mestiere dignitoso e redditizio che sottrae molte famiglie a una vita di miseria. Il "Relleno sanitario" resta un polo d'attrazione per molti abitanti della capitale e per chi arriva dalle campagne è una una risorsa in attesa di una sistemazione migliore. Gli immigrati, tra cui diversi indigeni, scelgono di lavorare nella discarica come prima occupazione: fino al 2005 vendendo il materiale da riciclare si guadagnavano tra i 100 e i 150 quetzal al giorno, una cifra elevata se si considera che il salario minimo garantito è di 1440 quetzal al mese. "Il guajero ha anche una funzione sociale", ricorda Giorgia Canulli che lavora come consulente per la cooperazione italiana. "Ogni giorno convergono qui oltre 3000 tonnellate di spazzatura prodotte da Città del Guatemala".

UN MESTIERE IN DECLINO - Anche se sembra un paradosso quello che da sempre è considerato un "polmone economico" di Città del Guatemala rischia il declino: oggi il guajero è un lavoro meno redditizio, la paga è più bassa anche perché è cambiata la filiera del riciclo dei materiali. Chi lavora nella discarica può prendere una paga tra i 45 e gli 80 quetzal al giorno.

Rende bene soprattutto il vetro, ma sempre non sono i guajeros a vendere i rifiuti selezionati agli intermediari che, a loro volta, li rivendono alle imprese nazionali e internazionali. Il riciclo avviene alla fonte e i rifiuti arrivano già differenziati alla discarica. "Per tante famiglie della zona - continua Canulli - esiste una paura concreta: dopo aver vietato l'ingresso ai bambini, temono che si arrivi a limitare il numero di guajeros che possono lavorare nella discarica: un accesso ristretto a 5-600 persone significherebbe una condanna alla fame".

(6 dicembre 2007)

da repubblica.it
« Ultima modifica: Gennaio 15, 2011, 04:46:57 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Gennaio 15, 2011, 11:08:35 am »

LA POLEMICA

Flop della guerra ai fannulloni "Commissione inutile, mi dimetto"

Micheli a Brunetta: troppe pressioni e burocrazia.

Nella bufera l'ente di valutazione della Pubblica amministrazione, riforma a rischio

di PAOLA COPPOLA


UNA RIFORMA storica, che l'Italia aspetta da anni, divenuta un giocattolo nelle mani della politica. Impantanata tra gli «adempimenti burocratici» che non snelliscono la pubblica amministrazione né migliorano i servizi ai cittadini. E che ora rischia di fallire. Con una lettera-denuncia al ministro Renato Brunetta si consuma l'addio di Pietro Micheli dalla Civit.

La Civit è la Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, che ha un ruolo di primo piano nell'attuazione della riforma. Micheli si è dimesso due giorni fa, torna a lavorare all'estero, uno dei 5 membri nominati a dicembre 2009, arrivato apposta dalla Gran Bretagna, dove era consulente del corrispettivo organismo inglese. Va via perché «non credo vi siano più i presupposti per lavorare», dice. E accusa: a dispetto dei risultati iniziali, i difetti nell'impianto e «i gravi difetti nel modo in cui sta essendo attuata, rischiano di far naufragare» la riforma.

Nelle sue parole c'è il rammarico di chi ha trascorso 150 giorni per il Paese a parlare con dipendenti e amministratori, spiegare il testo, scrivere documenti, e oggi traccia un bilancio negativo. Ritiene che la nota "autorità anti-fannulloni" rischia di perdere la partita perché non ha margini d'azione. «La mia valutazione attuale - si legge - è che i limiti stiano prevalendo sul cambiamento e i vizi di un sistema da riformare non siano stati affrontati in modo corretto e con l'intensità di energie politiche e risorse economiche che la sfida richiede».

Sotto accusa l'impianto della riforma costruita sui cardini della performance e della valutazione e i poteri della Commissione - finita nella bufera quando il presidente Antonio Martone, anche se non indagato, è rimasto coinvolto nell'inchiesta sull'eolico e la nuova P3 - , che deve indirizzare, coordinare e sovrintendere alle valutazioni dei dipendenti pubblici e garantire la trasparenza delle amministrazioni. Dopo il consenso della campagna anti-fannulloni, la riforma si è concentrata sulla "performance individuale" dei dipendenti.

Premi e sanzioni ne sono stati il fulcro, ma le risorse per i primi sono state azzerate dalla legge di stabilità. L'assenteismo si è ridotto, ma «ha finito per deprimere la reputazione e il senso di appartenenza di tanti», denuncia Micheli. Che tornelli e telecamere non basteranno a rimotivare. «Per rendere la PA più efficiente e competitiva bisogna risolvere i problemi a livello organizzativo e di sistema» suggerisce l'ex membro della Civit «puntando sulla creazione di valore pubblico e la valutazione degli impatti dell'azione amministrativa».

Per chiarire la sua scelta ricorda anche le difficoltà. La Commissione non ha potere ispettivo né sanzionatorio, come il National Audit Office inglese che ha un organico di 800 persone contro le 12 di quello italiano, senza sede propria ma ospitato dagli uffici dell'Aran. La commissione è indipendente solo sulla carta: «Le ingerenze della politica sono fortissime - racconta Micheli - ha un budget di 8 milioni di euro l'anno: la metà va a progetti vagliati da Brunetta e dal ministero dell'Economia». E ricorda che «oltre alle pressioni su come usarli, i fondi stanziati per il 2010 non sono ancora allocati».

Ruolo e compiti si sovrappongono a quelli di altri soggetti che interagiscono con la PA, come la Ragioneria dello Stato. Non manager ma soprattutto giuristi i suoi membri, la cui indipendenza è minata dal fatto che «il governo si riserva di determinare nomine, compensi e ambiti di operatività». E nei prossimi mesi - prevede Micheli - ci sarà un fuggi-fuggi dei ministeri dalla valutazione dei dipendenti, come già è accaduto con l'autoesclusione della presidenza del Consiglio e del ministero dell'Economia.
 

(15 gennaio 2011) © Riproduzione riservata
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