Arlecchino
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« inserito:: Agosto 28, 2018, 11:37:49 am » |
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Veneziani: il vero ponte crollato in Italia è quello tra un’élite ladra e un popolo disprezzato, oltre che derubato Agosto 22, 2018 Politicamente Scorretto Fissavo l’immagine terribile del ponte spezzato sui palazzi evacuati del Polcevera e pensavo all'indecente scannatoio divampato tra i palazzi della politica, i social e i media. Ripensavo a quel ponte durante i funerali di Stato – funerali anch’essi dimezzati come il ponte, perché molti famigliari hanno rifiutato le pubbliche esequie. I simboli sono segni del destino e ci dicono la verità più dei ragionamenti. Un ponte si è spezzato nella nostra società e ormai è irrimediabile e vistosa la frattura. Cosa è successo? Si è rotto il patto sociale su cui reggeva l’Italia. Si è rotto il patto tra governati e governanti, tra cittadini e istituzioni, tra forze politiche, sociali ed economiche in campo, tra Stato e popolo italiano, tra ideologia dominante e comune sentire. Ognuno va per conto suo e si sente in diritto di dire e fare quel che vuole, perché ormai non deve dar conto a nessuno. Il patto sociale era l’accordo sotterraneo che ancora sorreggeva, fino a qualche tempo fa, la nostra democrazia. Fortemente logorato da svariate crisi, passaggi traumatici di governi e di repubblica, reggeva ancora a malapena, evitando che il dissenso, le divergenze, i linguaggi ostili, le posizioni arrivassero alle loro estreme conseguenze e schizzassero come i tiranti del ponte Morandi. Il patto sociale reggeva su un residuo interesse reciproco a tenerlo in piedi, sovraccarico di critiche ma senza romperlo. Già con la Seconda Repubblica la società si era rivoltata contro la politica, ed era nato il berlusconismo; ora si rivolta e inveisce anche Ponte crollato contro l’economia, contro tutti i potentati, contro l’intera classe dirigente. Così il ponte è saltato. Cosa frenava la rottura del patto sociale? Un residuo interesse comune, nazionale, generale, reciproco, tra governati e governanti; la sensazione di essere comunque sulla stessa barca, e persino il sottinteso che se la classe dirigente s’arricchiva, sia pure in modi illeciti, i benefici poi si estendevano a cascata un po’ su tutti i cittadini. Poi il flusso clientelare si è interrotto, il Welfare è finito, non solo a causa dell’Europa e della crisi economica. Ma insieme al venir meno di tutto questo, negli ultimi anni, è avvenuto qualcosa di traumatico di cui non si è ancora capita la portata micidiale: il sentire comune, il noi quotidiano, l’alfabeto elementare su cui reggeva la nostra società è stato sconvolto, mortificato, perfino criminalizzato. Nel giro di poco tempo abbiamo appreso che tutto quello in cui credevamo, le parole che usavamo, le cose a cui tenevamo erano infami, segni di arretratezza e di razzismo, di sessismo e di familismo, di xenofobia e di fascismo, perfino. Ogni volta che si poneva l’Italia davanti all'Europa si doveva essere dalla parte dell’Europa e non dell’Italia, altrimenti si era retrivi, isolazionisti e sciovinisti. Ogni volta che si opponeva l’assetto contabile della Finanza alla vita reale dei popoli si doveva dar la precedenza al primo. Ogni volta che sorgevano contrasti tra gli italiani e i migranti clandestini o i rom si doveva parteggiare per i migranti clandestini o per i rom. Ogni volta che si opponevano delinquenti che ti entrano in casa a derubati bisognava preoccuparsi di garantire i ladri, non i derubati. Ogni volta che si ponevano le famiglie naturali e tradizionali, composte da padri, madri e figli, rispetto alle unioni omosessuali, ai transgender, agli uteri in affitto, si doveva parteggiare per questi, e far sparire anche nel lessico i riferimenti “trogloditi” alla famiglia e alla nascita. Ogni volta che si esponevano i simboli religiosi Genova che ci accompagnano da sempre – il crocifisso, il rosario, il presepe, i canti di Natale e i riti di Pasqua – bisognava provare ribrezzo o almeno imbarazzo nel nome dell’ateismo come esperanto universale o delle religioni altrui. Provate a stressare in questo modo e su ogni piano un popolo e insieme a fargli avvertire tutto il disprezzo verso una plebe bollata come razzista, sessista e dentro di sé fascista, fino a produrre una forma di razzismo rovesciato, di apartheid che separa la minoranza dirigente dalla “trascurabile maggioranza degli italiani” e vedete se alla fine non si spezza il ponte. Quando poi a tutto questo aggiungi i privilegi e le scorrerie del capitalismo nostrano che viaggia sotto scorta politico-mediatica della sinistra e si mangia o svende quel che faticosamente ha messo insieme lo Stato italiano, allora la rabbia schiuma e si fa scomposta. Quando senti, per esempio che il presidente dell’Iri sotto cui avvenne, col governo di centro-sinistra guidato da Prodi, la cessione delle autostrade ad Atlantia (cioè al gruppo Benetton & C.), diventa poi presidente della stessa società Atlantia (sto parlando di Gros-Pietro, attualmente presidente d’Intesa-San Paolo) beh, allora capisci che il patto sociale è saltato non solo perché si è Marcello Veneziani imbarbarita la società e l’antipolitica che l’esprime, ma anche e soprattutto, perché un ceto dominante, tra potentati e partiti, ha abusato del potere, della società e della gente e l’ha pure disprezzata. I grillini, i populisti, non sono il rimedio al crollo del patto sociale ma non sono nemmeno la causa, piuttosto sono il sintomo e l’effetto. La causa principale è in quei potentati, nelle oligarchie di sinistra, nei poteri giudiziari, nei giornali e tv di servizio. Rispetto a questo blocco, il centrodestra berlusconiano (e finiano) è stato inefficace, consenziente e da ultimo anche connivente. Con quella classe dominante, la società è cresciuta per conto suo, si è inselvatichita, si è imbastardita. Ora tutto questo non ci porta a soffiare sul fuoco della guerra civile e incivile e ad armare il risentimento, né ci porta a elogiare l’ignoranza e l’arroganza delle masse come rimedio all’abuso di potere. Ma ci porta a sognare disperatamente che passata la furia e il dolore del momento, il trauma del crollo, venga fuori un maturo senso dello Stato con un’adeguata classe dirigente e si ricomponga un decente patto sociale. Altrimenti non solo il ponte crollerà, ma anche la terra che sta sotto. (Marcello Veneziani, “Si è rotto il patto sociale”, dal “Tempo” del 19 agosto 2018; articolo ripreso sul blog di Veneziani). Da - http://www.politicamentescorretto.info/2018/08/22/veneziani-il-vero-ponte-crollato-in-italia-e-quello-tra-unelite-ladra-e-un-popolo-disprezzato-oltre-che-derubato/
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Arlecchino
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« Risposta #1 inserito:: Settembre 02, 2018, 10:50:22 pm » |
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Ecco come andrà a finire Lo so come andrà a finire. Lo so perché conosco la storia, conosco la gente, conosco i potentati, conosco gli immigrati. Li conosco come li conoscete voi, per esperienza, precedenti, realismo e uso di mondo. Fino a ieri la scena era la seguente: non ho sentito un italiano che non fosse d’accordo con Salvini, che non giudicasse assurdo incriminare un ministro dell’interno che fa il suo dovere, oltre che il suo mandato elettorale, di salvaguardare i confini della nazione, come è previsto dalla Costituzione, e tutelare gli italiani, respingere gli arrivi clandestini e ribadire che i migranti non sbarcano in Italia ma in Europa. È assurdo che dobbiamo ricordarci dell’Europa quando si tratta di pagare i debiti o di non sfondare i bilanci. E invece dobbiamo scordarci dell’Europa quando arrivano i migranti perché allora, d’un tratto, diventiamo nazione e ce la dobbiamo sbattere noi. La nostra sovranità consiste nell’obbligo di accoglierli, anche se tutti gli altri non li vogliono. Fino a ieri non c’era una persona con cui ho parlato che in un modo o nell’altro non fosse di questa idea. Viceversa non ho sentito un tg, un programma, un commentatore, un uomo di potere o un giornale che non fosse schierato contro l’Italia, contro gli italiani, contro Salvini e dalla parte dell’Europa che se ne frega dei migranti, dalla parte dei giudici che incriminano i ministri nel nome della legge, dalla parte dei migranti che sbarcano illegalmente. Una partita secca, il popolo compatto da una parte, il potere compatto dall’altra. In compagnia di Salvini quasi nessuno, la Lega c’è ma non si vede, c’è solo lui, c’è la Meloni e poi giù il deserto. I grillini, quando non sono appesi al Fico, e dunque pendono a sinistra, fanno i furbetti come di Maio che pur di galleggiare e di restare dove sta, e giocare a fare il superministro, è pronto a rimangiarsi tutto e a scaricare l’Alleato su cui sono puntati i cannoni mediatico-giudiziari del Palazzo, dai catto-bergogliosi alla sinistra sparsa. Come volete che finisca una partita così, pensate che gli italiani tramite Salvini possano ottenere qualcosa se tutto l’Establishment è compatto ai piedi dell’Europa e in favore degli sbarchi, senza curarsi delle conseguenze, ma solo calcolando i profitti politici che ne deriveranno a loro? Salvini verrà virtualmente imprigionato, fino a che sarà neutralizzato. Non andrà in galera ma sarà emarginato, chimicamente castrato. Ed è curioso pensare che tutti coloro che hanno battuto la sinistra sono sempre stati – di riffa o di raffa – considerati criminali: Berlusconi, Salvini, la destra, perfino Cossiga quando si oppose all’establishment, Leone quando si oppose al compromesso storico e Craxi quando cercò di far valere il primato della politica e dell’Italia e si oppose al catto-comunismo. Ma è possibile che qualunque avversario della sinistra che abbia vinto in Italia col consenso popolare debba essere per definizione un delinquente, per affari e malaffari, eversione e violazione della Costituzione, per fascismo, razzismo o altre fobie ormai a voi note? Cambiano gli attori ma la partita è sempre tra sinistra e delinquenti, tra potentati e malavita. L’avversario della sinistra è tollerato solo se è perdente, se è remissivo, se non dà fastidio, fa tappezzeria e magari si piega a loro. Eppure non ho mai visto tanta eversione, tanto disprezzo degli italiani, tanta prevaricazione, abuso e mafia travestita da legge e da democrazia, d’Europa e di Modernità quanto quella di chi detiene il vero potere in Italia. Quando vincono gli outsider, il governo è una cosa, il potere è un’altra, non coincidono. Al governo magari ci mettono le guardie del sistema, i Moavero e i Tria. Ma per il resto sono circondati, il potere è una cupola che tiene in scacco chi governa e in spregio il popolo che li sostiene. Ma so anche per esperienza come finiranno quelle povere vittime appena sbarcate. La diocesi darà loro un tozzo di pane per un po’ ma saranno poi a larga maggioranza, a carico dello Stato italiano, a partire dalla sanità. Qualcuno diventerà spacciatore o verrà ingaggiato dalla criminalità locale, qualcuno commetterà violenze sessuali e abusi come se ne sente ogni giorno essendo tutti maschi, giovani, sfaccendati e con gli ormoni a mille, qualcuno delinquerà e ruberà per conto suo, qualcuno – più onesto o più sprovveduto – andrà a lavorare in campagna e la sinistra potrà dunque speculare anche sul loro sfruttamento come schiavi dei caporali (che notoriamente li ha istituiti Salvini, prima non esistevano, ai tempi di Renzi e Gentiloni e Prodi erano solo un brutto ricordo del passato). Qualcuno di loro odierà il Paese che li ha accolti, sfamati e vestiti e si darà alla violenza eversiva, talvolta inneggiando sul web, talvolta partecipando attivamente alla guerra contro di noi, fino al terrorismo dei fanatici islamici. E qualcuno, vivaddio, si inserirà nella nostra società e si integrerà. Su 170, forse diciotto, come la nave che li ha portati da noi. Uno su dieci. Per questo so come andrà a finire. Il consenso a Salvini prima o poi si sgonfierà, quando vedranno che non potrà dare i frutti sperati, che il loro Tribuno sarà isolato, le sue decisioni saranno sistematicamente smantellate dai Palazzi. Allora gli italiani si adatteranno, come sempre hanno fatto, abbozzeranno perché non vogliono mica imbarcarsi in una guerra civile. Si rifugeranno nelle tv e negli smartphone. E quello stanno aspettando gli sciacalli e le iene variamente disseminati nei media, nei tribunali, nei palazzi di potere. D’altra parte, è vero, non si può pensare di governare senza creare una classe dirigente, senza dotarsi di una strategia, ma soltanto a pelle, a orecchio, a botte di tweet, video e like. E così resterà quel divario assoluto tra la gente e il potere, ognuno troverà l’alibi per farsi i fatti suoi. E l’Italia sarà bell’e fottuta. MV, Il Tempo 28 agosto 2018 Da - http://www.marcelloveneziani.com/articoli/ecco-come-andra-a-finire/
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Arlecchino
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« Risposta #2 inserito:: Settembre 02, 2018, 11:16:48 pm » |
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Missione impossibile ma necessaria No, ragazzi, non è disfattismo dirvi come stanno realmente le cose ed esporsi a prevedere come finirà questo braccio di ferro tra Salvini e il resto del Mondo, e tra il popolo italiano e i potentati interni e internazionali. Dopo l’editoriale di martedì dedicato a come andrà a finire, abbiamo ricevuto, oltre tantissimi consensi, anche una marea di commenti negativi di chi non vuole sentirsi dire la verità ma preferisce sentirsi raccontare che alla fine l’Eroe, coram populo, sbaraglierà tutti. Vi ammiro per l’ardore, l’ottimismo e la speranza, che spero non siano passeggeri e superficiali, ma vi esorto insieme a vedere la realtà, a ricordare l’esperienza, e a rendervi conto che tutti i poteri stanno da una parte e dall’altra c’è il consenso popolare finché dura e un intrepido leader, con pochi valorosi compagni di strada, che sfidano le sorti del mondo. Sarebbe già un azzardo immaginare una lotta finale tra il governo gialloverde (e la maggioranza che lo sostiene) e l’establishment istituzionale, mediatico, giudiziario, italiano e globale. Ma come sapete, la partita non è nemmeno quella, il governo è diviso, i grillini si sono già dissociati dal conflitto coi giudici partigiani e dall’incontro di Salvini con Orban, e frenano sui migranti; tutto ciò dimostra che nella contesa Salvini non può contare nemmeno sull’appoggio del suo governo e della maggioranza. Ci sono infatti i grillini a lui ostili, ci sono i grillini freddini che si limitano al minimo contrattuale ma sono pronti a dissociarsi in caso di difficoltà – come si è visto – e ci sono almeno tre ministri, dell’economia, degli esteri e della difesa, che sono contro di lui. E sullo sfondo c’è la sagoma curva e bianca del Quirinale, a lui ostile. E non solo, anche nella Lega Zaia frena, Maroni dissente… Pensate davvero, realisticamente, che si possa portare fino in fondo con successo una linea con questi presupposti? Scusate ma all’Uomo solo, all’Uomo della Provvidenza, con tutta la buona volontà, non credo. Se il fine di questa partita, invece, non è cambiare le cose ma aumentare a breve giro i consensi elettorali, allora è molto probabile che l’impresa riesca. Ma dopo, si riproporranno i problemi già detti, sia pur con un diverso rapporto di forze. L’unica prospettiva è dunque quella di tirare la corda fino a che è possibile, poi quando si spezza andare al voto, incassare bei voti e tentare di governare il paese, magari abbandonando le follie egualitarie dei grillini e sostenendo i cambiamenti reali e salutari. Una partita difficilissima. È onesto dirlo. Ma nessuno con ciò dice che dovete arrendervi e gettare la spugna. Chi l’ha detto? Il pericolo che additano tutti, dalla Boldrini a Tajani, passando per i grillini, è oggi il modello Orban. Sarà bene chiarire che in Ungheria, nell’Ungheria martoriata dal comunismo, un leader popolare – e del partito popolare europeo – è stato eletto e poi rieletto trionfalmente in un regolare voto democratico e governa democraticamente in un paese in forte crescita economica e sociale. Ha il consenso del popolo sovrano che nessun altro governo europeo ha. Ma diventa un mostro perché crede ai confini e alla necessità di salvaguardare le sovranità territoriali, nazionali e popolari. Ma tornando a noi, anzi a voi che non volete vedere come stanno le cose, dico una cosa: un conto è tentare un’analisi e poi sulla base dell’esperienza fare una previsione, un altro conto è coltivare una speranza, augurarsi che non succeda, e adoperarsi perché non accada. Uno non esclude l’altro, il realismo della visione non significa fatalismo dell’abbandono. Le speranze sono legittime, augurarsi che non finisca così è sacrosanto. Ma capire prima di agire mi pare utile, e separare le speranze dalle constatazioni è necessario. Sono due cose diverse. Da sempre sostengo che bisogna coltivare un’operosa disperazione o se preferite una disperata fiducia: ovvero disperare degli esiti ma impegnarsi con tutto il cuore perché qualcosa di diverso accada. Sin da ragazzo sposai il motto di Guglielmo il taciturno “Non occorre sperare per intraprendere né riuscire per perseverare”. E da allora non mi faccio illusioni ma non mi inchino ai dominatori. E poi sono convinto che anche le battaglie più impervie alla fine lascino qualche traccia benefica. Meglio farle, nonostante tutto, che gettare la spugna e imprecare contro la malasorte. MV, Il Tempo 30 agosto 2018 Da - http://www.marcelloveneziani.com/articoli/missione-impossibile-ma-necessaria/
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Arlecchino
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« Risposta #3 inserito:: Settembre 23, 2018, 05:19:56 pm » |
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Media contro popolo Cara Lilli Gruber, ma come possono fidarsi gli italiani di lei se scrive su Sette un commento con un titolo così: “Tutti i populisti mentono. Sono pericolosi e opportunisti”? E il titolo risponde fedelmente allo svolgimento. Sa che sta offendendo i tre quarti dei suoi spettatori? Come il 60% degli italiani mi sento in questo momento, con tutte le riserve critiche che non nascondo, più dalla parte dei populisti che dei loro nemici. E non mi sento solo offeso dalla sua definizione, quanto ferito da italiano, da giornalista e da libero pensatore. Non userei mai un’affermazione del genere nemmeno per i peggiori nemici; distinguerei, non mi sentirei in possesso della verità. Non scommetto sulla riuscita di questo governo, lo dico ogni giorno. E mi sorprende che ad attaccare in quel modo sia proprio lei che è stata generosa coi grillini e i loro sponsor, al punto che spesso – anche l’altro giorno con l’imbarazzante, sconclusionato, sproloquio di Dibba – ha dato l’impressione di essere Grilli Uber. Non le rinfaccio l’incoerenza, sono fatti suoi, so che a lei i grillini vanno bene se pendono a sinistra, se invece si alleano a Salvini diventano cattivi. C’è gente che divide ancora l’umanità in fascisti e antifascisti, e si perde la realtà, il presente, il mondo, 70 anni di storia, comunismo incluso. Tramite lei, in realtà, me la prendo coi Media, la Stampa e la Tv che stanno offrendo uno spettacolo disgustoso e desolante: gli italiani da una parte e loro compatti dalla parte dell’establishment. Non mi sarei aspettato il contrario ma almeno una varietà di posizioni e la capacità di distinguere e analizzare; qualcuno equidistante, qualche altro che comprende le ragioni della gente, qualcuno che riconosce pezzi di verità nell’avversario. No, niente, un esercito cinese, monolitico, monotono. Come in guerra. Sento un sacco di gente moderata che dice: leggevo il Corriere della sera (o altri quotidiani nazionali che non chiamo più giornaloni come facevo un tempo, perché ormai l’espressione è abusata) ma ora è diventato insopportabile, fazioso, a senso unico, mai che si legga un’opinione diversa, come i tg del resto. Basta, non lo prendo più. Io non sono contento quando sento che la gente non legge più i quotidiani, non li compra, anche quelli che ignorano chi nutre idee davvero diverse. Ogni lettore che se ne va è comunque una perdita, una sconfitta. Un passo indietro. Ma quando leggo il Corriere della repubblica, testata omnibus che li riassume tutti, o il tg123 più diramazioni private, che ripetono sempre la stessa menata, capisco il disagio popolare e lo condivido. “La sconfitta dei populisti”, titola trionfale il Corrierone e sembra un organo di partito, “L’orgoglio dell’Europa” fa eco l’Organo ufficiale, la Repubblica. E in mezzo servizi, commenti, vignette, tutti in una sola direzione. Non vorrei il contrario. Mi sarebbe piaciuto leggere giornali schierati contro i populisti, altri indipendenti e non partigiani, che rappresentano le diverse interpretazioni in campo. Così come nel servizio pubblico mi sarei aspettato tg favorevoli e tg contrari, non l’unisono, come ai tempi di Renzi. Ma il fossato è ormai enorme: da una parte la gente e dall’altro il regime, il sovrapotere rispetto al governo in carica. Da Mattarella in giù, un Esercito della Salvezza con un consenso che si restringe sempre di più, che spara compatto. Qualcosa non va, e non dirò che la colpa sia tutta da una parte, ci mancherebbe. Il populismo non è la malattia della democrazia ma la risposta, magari inadeguata, alla democrazia malata. Non è la causa del malessere ma l’effetto; e il malessere non l’ha generato il populismo ma chi ha comandato in questi anni, magari con la complicità della massa. Distinguo la deriva impraticabile e assurda della democrazia diretta, l’utopia grillina, irrealizzabile e pericolosa dell’autogoverno del popolo, dal sovranismo che è invece la sacrosanta richiesta di restituire dignità e sovranità al popolo – come esige pure la Costituzione- alla Nazione e allo Stato. Poi possiamo criticare le modalità, alcuni contenuti, certi linguaggi, l’affidabilità dei suoi interpreti, le semplificazioni, la convinzione fallace che tra popolo e leader non serva un’élite adeguata… A me preoccupa il divorzio tra l’Unione europea e l’Europa reale, l’Europa dei popoli, delle nazioni, degli Stati che vogliono rimanere sovrani. A me preoccupa che chi difende i confini come segno di civiltà passi per un delinquente e un razzista. E’ giusto che ci si divida in tema d’accoglienza e frontiere, ma è ingiusto ridurre una delle due posizioni a follia criminale. E non solo è ingiusto, ma rafforza il Nemico. E non solo lo rafforza ma lo spinge a dare il peggio di sé. Perché quando ti considerano il male assoluto da sradicare, allora ti adegui e reagisci di conseguenza, fino a somigliare al barbaro come essi ti dipingono. Una brutta deriva. E mi preoccupa vedere la mobilitazione dei poteri contro i social, che sono ormai l’unica valvola di sfogo e di espressione, che nei media controllati dall’alto non è possibile. Con la scusa delle fake news vogliono imporre le opinioni prefabbricate e reprimere ogni difformità rispetto alla pappa irreale da loro somministrata. Detto questo, un’ammissione: ci sono alcuni giornali, magari piccoli, che invece danno voce alle opinioni difformi; come mai non sfondano, restano nicchie? Si, avranno mezzi scarsi, editori ai margini delle consorterie di potere, niente sostegni e tanti fastidi per chi si espone. Ma perché non sfondano a furor di popolo, visto che il popolo la pensa come loro scrivono? Sono fatti male oppure, come temo, il popolo del web è allergico a leggere, vuole solo inveire, non vuole approfondire le opinioni ma vuol solo trasformare il suo malumore in sanzione e in verdetto e vuol giudicare tutto e tutti senza cognizione di causa? Su questo, ne convengo, dovremmo riflettere. Ma porsi domande, avere senso critico è una cosa, fare affermazioni così becere come quelle citate, espresse con la stessa perentorietà dell’ultimo Renzi e dell’ultima sinistra, significa avere in comune col populismo solo il suo lato peggiore, l’insulto indiscriminato, l’invettiva contro chi non la pensa come voi. Pensaci, giacobino. E pensaci pure tu, Lilli Gruber, grillotirolese di sinistra. MV, Il Tempo 14 settembre 2018 Da - http://www.marcelloveneziani.com/articoli/media-contro-popolo/
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