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Autore Discussione: Toto Holding «Siamo pronti a ridurre le tariffe ma si proroghi la concessione»  (Letto 1537 volte)
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« inserito:: Agosto 22, 2018, 04:14:20 pm »

PRIMO PIANO
22 AGOSTO 2018 Il Sole 24 Ore
Intervista

Mauro Fabris. Il vicepresidente di Strada dei Parchi, del gruppo Toto Holding
«Siamo pronti a ridurre le tariffe ma si proroghi la concessione»
Nessun timore di nazionalizzazione o revoca della concessione, ma piena fiducia di concludere con il governo la trattativa avviata con il precedente esecutivo sul nuovo piano economico finanziario (Pef) da 3,1 miliardi di investimenti. Nell'immediato, la società Strada dei Parchi (gruppo Toto Holding), concessionaria della A24-A25 fino al 2030, ha fiducia anche di sbloccare 192 milioni per interventi urgenti di messa in sicurezza antisismica.
Questo, in sintesi, il pensiero del vicepresidente di Strada dei Parchi, Mauro Fabris, nei giorni in cui il governo preme sul pedale della revoca e della nazionalizzazione. L’autostrada che attraversa l’Appennino centrale - tra le più costose d’Italia per gli utenti - conta i 281,4 chilometri con 176 viadotti e 51 gallerie. Dal primo gennaio è scattato un aumento tariffario record del 12,89% (per effetto di una pronuncia del Tar).
Dottor Fabris, per prima cosa la sicurezza: ci dobbiamo preoccupare?
Nel presente, assolutamente no: la A24-A25 è l’unica autostrada italiana elevata a rango di infrastruttura strategica ai sensi della Protezione civile, dal 2012, ed è pertanto sottoposta a un monitoraggio costante.
A che punto è il lavoro sull’adeguamento antisismico?
Dall’anno scorso e fino al giugno di quest’anno, abbiamo speso 170 milioni per evitare il formarsi di “scalini” sulle giunture a causa di eventuali scosse sismiche di un certo livello. La nostra preoccupazione è sul futuro.
Perché?
Perché siamo in zona sismica e l’autostrada deve essere messa a norma. Per questo stiamo aspettando che il governo esamini il nuovo Piano economico e finanziario, già condiviso col Mit, che vale 3,1 miliardi di investimenti
Di cui 2 miliardi di risorse statali. È il piano che prevede anche la possibilità di prolungare la concessione oltre il 2030, e incrementi tariffari annui oltre il 3%.
È il piano sul quale il nuovo governo, con cui abbiamo avviato un positivo confronto, si è riservato di portare al Cipe una sua analisi entro settembre. Da lì ci attendiamo una svolta perché potremo avviare tutti gli interventi antisismici che sono stati individuati dal Consiglio superiore dei lavori pubblici.
E ora?
Aspettiamo di poter spendere 192 milioni già stanziati. Una soluzione percorribile, su cui abbiamo registrato consensi da Mit, Mef, Cipe e Regioni interessate, Abruzzo e Lazio, è utilizzare le risorse Fsc per opere previste dalle regioni Abruzzo e Lazio che non si riuscirebbe in ogni caso ad avviare nel 2018.
Con il governo insisterete per ottenere un prolungamento della concessione, oltre il 2030?
A quattro concessionarie, tra cui Gavio e Aspi, è stato concesso, con l’ok di Bruxelles (si veda anche il Sole 24 Ore di ieri, ndr). Anche noi attendiamo di essere convocati dal Cipe presso la presidenza del Consiglio per discutere. È emersa anche la questione della tariffa.
In che senso?
Nel senso che per noi l’aumento previsto dal nuovo Pef è eccessivo.
Non l’avete proposto voi?
No. La proposta nel nuovo Pef è quella uscita dal tavolo tecnico ma non è il nostro Pef. Il nostro piano puntava a tariffe più basse
E quindi prolungare la concessione.
Gli indicatori fondamentali su cui agire sono quattro: tariffa, proroga della concessione, tasso di remunerazione e valore di subentro.
Riproporrete la vostra idea del 2014 di revisione radicale del tracciato per 6,9 miliardi di investimenti?
Quella ipotesi l’abbiamo abbandonata, su richiesta del ministro Delrio nel novembre 2016 e non la riproporremo al nuovo governo. La proposta resta quella della messa in sicurezza in sede da 3,1 miliardi. Ma aspettiamo di sentire cosa ci dice il governo quando ci siederemo al tavolo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Massimo Frontera

Da - http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20180822&startpage=1&displaypages=2
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« Risposta #1 inserito:: Agosto 22, 2018, 04:17:22 pm »

L’INTERVISTA
Cassese: «Il paradosso di riportare l’autostrada al costruttore»

Di Carmine Fotina   @CFotina 21 agosto 2018

Un’eventuale procedura di nazionalizzazione ha vincoli costituzionali precisi e presenta rischi di natura economica. Il professore Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale, delinea i contorni del caso Autostrade.

L’ipotesi di nazionalizzazione lanciata dal ministro Toninelli riapre il tema del rapporto tra pubblico e privato. È giusto invertire la rotta rispetto alle scelte degli ultimi decenni in alcuni settori strategici? È possibile farlo entro i confini del dettato costituzionale?

Il termine nazionalizzazione è espressione generica per indicare una pluralità di misure, in particolare una espropriazione, una riserva originaria e una assunzione singolare dell’impresa, atti regolati dall’articolo 43 della Costituzione. Questo articolo richiede che tali misure siano adottate in settori specifici, mediante legge e con indennizzo.

Ma sul tema specifico dei servizi autostradali?

Nel caso dei servizi autostradali, bisogna considerare che si tratta di attività sottoposta a concessione. E va ricordato che il tratto Genova-Savona fu costruito proprio a cura dell’Anas (che allora aveva diversa natura giuridica rispetto ad oggi) e da questa collaudato. Dopo il collaudo, passò nella gestione di Autostrade (allora società privata in partecipazione pubblica, dell’Iri). L’Anas, ora società per azioni, potrebbe essere considerata come affidataria dell’attività sottoposta alla procedura di “nazionalizzazione”. In tal caso, vi sarebbe il paradosso che l’autostrada ritorna nelle mani di chi l’ha costruita.

Sui collegamenti tra concessione di opere pubbliche e partecipazioni statali è comunque tempo di un ripensamento generale?

Non dimentichiamo che la costruzione dell’Autostrada del Sole, fatta dalla società Autostrade, viene considerata uno dei grandi successi della imprenditoria italiana, in particolare di Cova; 755 chilometri di autostrade costruite in meno di otto anni, su un territorio orograficamente difficilissimo. Su questa grande impresa Francesco Pinto ha scritto un romanzo (La strada dritta), edito da Mondadori, nel 2011. E non dimentichiamo, invece, in quali condizioni è stata ed è la Salerno Reggio Calabria, che è in gestione diretta dello Stato.

Le ipotesi di un ritorno dello Stato attraverso partecipazioni dirette, da Alitalia al caso Autostrade, sopperiscono a un’assenza del mercato o sono un freno al mercato?

A questa domanda non bisogna rispondere essendo prigionieri di pregiudizi. Ben venga lo Stato. Ma prima bisogna metterlo in grado di funzionare. Il ministero dei Lavori pubblici – ora delle Infrastrutture e dei trasporti– ha prima visto la fuga dei tecnici (lo storico Guido Melis ha documentato questo fenomeno), poi ha avuto il colpo finale con l’istituzione delle regioni, nel 1970, quando si dissolse il Genio Civile, che tanto bene aveva fatto nel passato. Uno Stato senza tecnici, come può gestire autostrade? Quindi, prima una cura di vent’anni, per riportare nello Stato capacità, per premiare dipendenti maltrattati dallo “spoils system”, per incentivare i migliori.

Secondo problema: le risorse finanziarie. Lo Stato si vale di privati anche perché questi possono convogliare risorse finanziarie, oltre a correre i rischi d’impresa, come è evidente per chiunque legga la delibera Cipe 39/2007 sul regime autostradale.

In prospettiva, secondo lei come potranno essere fugati i dubbi giuridici che con questi ultimi giorni si stanno addensando sulla gestione delle infrastrutture?

Non vedo dubbi giuridici. Nella collana dei saggi di diritto amministrativo che dirigo, l’anno scorso ho pubblicato un volume curato da un gruppo di esperti del settore, diretto da Lorenzo Saltari e da Alessandro Tonetti, intitolato “Il regime giuridico delle autostrade in Italia”, in Europa e nelle principali esperienze straniere (Giuffrè). Da esso emerge che in Italia abbiamo un quadro giuridico del regime delle infrastrutture in concessione che è conforme a quelli degli altri Paesi, in alcuni punti migliore. Tenga presente anche lo sforzo fatto dalla presidenza del consiglio dei ministri, sotto la responsabilità di Fabio Gobbo e ad opera del Nars, in ausilio al Cipe, nel rideterminare i rapporti finanziari con i concessionari. I punti deboli sono purtroppo nel Ministero, che è stato privato di tante energie e competenze e dove pochi valorosi funzionari fanno del loro meglio, e nell’Anas, che ha dovuto subire tanti cambiamenti di natura giuridica negli ultimi anni.

© Riproduzione riservata

Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-08-20/cassese-il-paradosso-riportare-l-autostrada--costruttore-221911.shtml?uuid=AETtH1cF&cmpid=nl_morning24
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