Domenica
Aveva 85 anni: nel 2001 vinse il Nobel
Addio a Naipaul, «un organizzatore di storie» che con la scrittura esplorava il mondo
Di Raffaello Palumbo
Mosca 12 agosto 2018
Lo scrittore V.S. Naipaul è morto sabato, all'età di ottantacinque anni, nella sua casa di Londra. Originario dell'isola di Trinidad dove i genitori indiani erano emigrati negli anni Ottanta dell'Ottocento, Naipaul si era trasferito in Inghilterra nel 1950 per studiare all'Università di Oxford. Ammirato e celebrato per l’eleganza della sua prosa e per la chiarezza fredda e cristallina del suo sguardo, ma anche criticato e talvolta persino disprezzato per l'asprezza senza appello dei suoi giudizi mai politicamente corretti (sulla cultura africana come sull'Islam, oltre che sulle donne), V. S. Naipaul è autore di una dozzina di romanzi; il capolavoro, oltre che il libro della consacrazione, è probabilmente Una casa per il signor Biswas del 1961 (un libro “magnifico” nelle parole del premio Nobel Nadine Gordimer); sospeso tra comicità e tragedia, il romanzo racconta dei sogni di gloria e indipendenza, emblematicamente rappresentati dall'agognata casa di proprietà, di un uomo, il signor Biswas appunto, parzialmente modellato sul padre dell'autore, giornalista autodidatta e scrittore lui stesso. (E primo ispiratore della vocazione del figlio: «Quell'idea della scrittura che avrebbe fatto nascere in me l'ambizione di essere uno scrittore – ha scritto Naipaul stesso – si era formata grazie alle piccole cose che mio padre mi leggeva ogni tanto»).
Premio Nobel nel 2001, «per aver unito una descrizione percettiva ad un esame accurato incorruttibile costringendoci a vedere la presenza di storie soppresse», V.S. Naipaul è anche autore di molti libri di quel genere ibrido e difficilmente definibile – racconto almeno parzialmente finzionale, saggio e resoconto veridico insieme – che è il resoconto di viaggio. Da da The Middle Passage, passando per Fedeli a Oltranza fino ai saggi letterari e autobiografici di Scrittori di uno scrittore, V.S. Naipaul ha concepito la scrittura come inesausta esplorazione del mondo e di sé, usando il dato biografico e personalissimo dell'emigrazione come grimaldello per comprendere lo spaesamento come cifra del mondo contemporaneo. E perfetta esemplificazione di questo spaesamento è il rapporto di Naipaul con l'India, sua terra di origine e continua sorgente di riflessioni e esplorazioni, un rapporto che rivela insieme familiarità e straniamento, amore e repulsione. E si veda, in proposito, la straziante chiusa del reportage del 1962 (ora in Lo scrittore e il mondo): «Forse l'India è solo una parola, un'idea mistica che abbraccia tutte quelle vaste pianure e quei fiumi immensi che si vedono dal treno, tutti quei corpi anonimi addormentati sulle banchine delle stazioni e sui marciapiedi di Bombay, tutti quei campi miseri e quegli animali rachitici, tutta questa terra depredata e spossata. Forse è questo, questa vastità che nessuno potrà mai conoscere fino in fondo: l'India come dolore, che suscita una grande tenerezza, ma di cui alla lunga si desidera sempre separarsi».
Partenze o approdi?
Vero e proprio spartiacque della produzione di Naipaul, la scrittura di viaggio, non è però, nella teoria come nella pratica, qualcosa di radicalmente altro dal racconto di finzione, piuttosto una sua integrazione: «Ho iniziato la mia carriera di scrittore come romanziere – ha detto Naipaul nel suo discorso per l'assegnazione del Nobel – ovvero come organizzatore di narrazioni; allora credevo che fosse un'attività insuperabile (…) anni dopo ho capito che, per uno scrittore, ciò che conta del viaggio sono le persone in mezzo a cui si viene a trovare. E così in questi miei libri di viaggi, o esplorazioni culturali, lo scrittore-viaggiatore si ritira sempre di più, la gente del paese sale alla ribalta e io torno a essere ciò che sono stato all'inizio: un organizzatore di storie» (Leggere e scrivere).
Per Naipaul i generi fluiscono dunque uno nell’altro «alimentandosi a vicenda», e ogni opera degna di tal nome è un tentativo di intelligenza del mondo: «Ecco perché si viaggia e si scrive: per scoprire. Altrimenti sarebbe come conoscere le risposte prima dei problemi».
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