W MARCHIONNE
Lo scriverei sui muri quel W che ormai ha perso il suo significato. E lo scriverei (possibilmente) sul muro di via Bergoni a Roma, la sede del Manifesto che oggi ha fatto un titolo fuori dal vaso.
Marchionne è stato colui che ha salvato la Fiat portandola ad essere il sesto gruppo nel mondo attraverso una coraggiosa rivoluzione economica e industriale.
Ha stoppato perdite, rinegoziato debiti e migliorato i conti. Esattamente come deve fare un grande e capace Amministratore Delegato.
Durante la più grande crisi economica mondiale (quella del 2008) Fiom e supporter balbettavano di nazionalizzazione, protezionismo e assistenza (le stesse usurate litanie che si risentono oggi su Ilva e Alitalia). Marchionne invece scommette su un piano coraggioso di ristrutturazione dei costi, modernizza gli stabilimenti, li specializza su nuovi modelli, internazionalizza il gruppo.
Da azienda che doveva essere venduta, la Fiat si trasforma in azienda che compra e diventa, per la prima volta, un player mondiale. Rilancia la missione degli stabilimenti meridionali (Napoli, Melfi, Cassino) e lo fa in aperto scontro con una Fiom velleitaria, primitiva, sempre più piccola e autoreferenziale, inutile e aliena agli stessi lavoratori che non comprendono il senso della vecchie parole d'ordine, mentre i competitor globali assorbono nuove quote di mercato.
Marchionne ha anche rinnegato un modo di fare impresa fossile, consociativo ed abituato a concertare. Ha scosso l’immobilismo delle imprese, la perdita di competitività e produttività e gli accordi a spese dello Stato e del debito pubblico. Ha rinnegato il modo "classico" e comodo di privatizzare utili e nazionalizzare le perdite che gli Agnelli conoscevano bene.
Per questi motivi Marchionne è stato tra i più odiati nell'Italia del pensiero unico statalista.
Per capire il perchè di questo elogio in apparenza sperticato, bisogna innanzitutto conoscere il settore con il quale si è andato a confrontare e un minimo di storia economica del bel paese.
1) il settore automobilistico già negli anni '80 1986 era dal punto di vista economico “maturo”. Aveva raggiunto la massima estensione possibile del mercato, con un livello elevato di concorrenza.
In questo contesto la profittabilità di una azienda cade come sostiene Massimo Fontana da cui prendo questa analisi sintetica e precisa.
La Profittabilità cade a meno di:
- cambiare prodotto, (molto...troppo costoso)
- delocalizzare la produzione in paesi a basso costo del lavoro
- costruire un marchio esclusivo per poche auto di alta gamma, quindi ripercorrere la via intrapresa dal settore tessile, nel mobile e da tutti i settori nelle stesse condizioni.
Cosa però difficile da realizzare perché...
2) Il break-even del settore auto è devastante per i conti, a causa dell'alto costo relativo di produzione di ogni singola auto e dell'elevato numero di queste venduto e quindi prodotto, basta essere poco sotto il break-even per perdere una quantità enorme di denaro.
3) Con l'arrivo negli anni '80 dei giapponesi, negli anni '90 dei coreani, l'ombra delle case cinesi e indiane già all'orizzonte e della delocalizzazione produttiva in Cina operata dalle grandi case occidentali, in primis Volkswagen e Renault, bastava sbagliare un prodotto e non riuscire a contenere i costi, che scattava subito il problema del break-even. E dalla DUNA in poi qualche prodotto (in effetti) Fiat lo aveva ciccato.
Nel 2002 i nodi vennero al pettine e malgrado un feroce contenimento dei costi non bastavano più i pannelli caldi e sì penso a liquidare l'azienda con il solito spezzatino.
A quel punto però comparve Marchionne con un vero lampo di genio...Chrysler che era nel mentre fallita miseramente.
Marchionne acquista per un “tozzo di pane” la terza società automobilistica statunitense, dai costi di produzione ridotti di almeno il 30% e con alcuni impianti, quelli meno redditizi, comunque chiusi. E tutto questo grazie al governo Usa stesso.
Acquistando Chrysler al 100% infatti non solo acquistava una società già risanata, ma riusciva anche a fare ciò che la Fiat non è mai riuscita a fare, ovvero entrare nel mercato statunitense. Ottimizzò tagliando la produzione in Italia degli impianti meno produttivi fin dove la politica permetteva e integrando il tutto in un nuovo gruppo, di fatto annacquava il vero problema dei conti, ovvero la produzione delle auto di fascia bassa in Italia, in una azienda mondiale dove l'Italia risultava talmente piccola da non essere più un pericolo per i conti.
Se a questo ci aggiungiamo lo scorporo della Ferrari, e il trasferimento della sede all'estero ecco che torniamo a grandi linee all'integrazione di ciò che vale in un nuovo gruppo: la ricerca della massima redditività.
Solo così infatti un sistema economico non consumerà più risorse economiche di quante ne produce. Ha fatto esattamente quanto un ottimo amministratore delegato deve fare.
L'unica cosa certa è che prima di lui Fiat era quasi morta, oggi è viva, vegeta e redditizia e mentre aziende dal marchio più blasonato e dalla forza economica più grande come GM e Chrysler, fallivano miseramente, lui aveva la forza di comprarne una e di farne un nuovo cavallo di razza.
Più di così era impossibile fare...
Quindi W Marchionne!
E tutto il bene possibile per lui in questi momenti duri
Da -
https://www.facebook.com/