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Autore Discussione: Con simili provvedimenti 5Stelle e Lega dopo aver spremuto la libertà di ...  (Letto 3520 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Luglio 14, 2018, 07:42:19 am »

Negozi chiusi ma restano le strade infestate da spacciatori, delinquenti e nullafacenti cronici, il commercio viene visto come strumento di consumismo grigio, condizionato dalla crisi.   

Vogliono la negazione che l'andare per negozi in libertà di orari, sia un momento di socialità e di confronto tra Cittadini, a cui si è tolta la serenità.
Queste le prospettive che ci offrono i sacerdoti del "Cambiamento in peggio" (e di una certa opposizione ingrigita dalla loro nullità).

Con simili provvedimenti 5Stelle e Lega dopo aver spremuto la libertà di pensiero in chi ne difettava, intendono umiliare la libertà di movimento e di libera circolazione di tutti i Cittadini.
   
In poche parole iniziative come queste sono forme di persuasione occulta (subliminali) per sottomettere masse di insoddisfatti, rassegnati al meno peggio.

Tutti a casa in orari da coprifuoco sono strumenti del condizionamento della vita dei Cittadini.

ciaooo

da Fb del 13 luglio 2018
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« Risposta #1 inserito:: Luglio 14, 2018, 06:09:58 pm »

POLITICA
14 Luglio 2018 - Il Sole 24 Ore

L’ANALISI

Tensioni e assalto ai tecnici, è già campagna per le Europee

Permane il clima da (muscolare) campagna elettorale permanente. Venga dall'arrembante Salvini che non molla sulla retorica anti-migranti anche a costo di innescare tensioni col Quirinale o dal più levigato Di Maio che oscilla fra presunta lotta al precariato e crociata antivitalizi, l’obiettivo è tenere alto il volume della comunicazione. Tutto serve per l’audience: che un ministro degli interni voglia decidere al posto della magistratura chi va ammanettato o che un ministro del lavoro e dello sviluppo minacci di cacciare i funzionari che hanno osato essere a favore dell’accordo commerciale col Canada.

Eppure non sarà sfuggito che i ministri economici hanno trovato occasione per sottolineare che le riforme contenute nel famoso “contratto” di governo si devono fare, ma avendo ben chiaro che ci si deve muovere in un quadro di sostenibilità economiche. Lo ripete il ministro Tria insistendo che non si deve mettere a rischio la tenuta dei conti pubblici, ma anche il ministro Savona ha affermato, proprio mentre parlava della controversa ipotesi di un piano B sull’euro, che le nuove misure come flat tax, reddito di cittadinanza, riforma pensionistica e simili dovevano fondarsi sulla creazione di risorse finanziarie che le rendano tanto possibili quanto accettate dalla comunità economica interna e internazionale.

Il corollario è che ci vuole tempo e gradualità per fare i cambiamenti. Ma i leader politici dell’attuale governo sembrano poco inclini a sentire queste ragioni. Tanto Salvini quanto Di Maio vogliono vedere realizzazioni a breve. C’è da interrogarsi sul perché di questa ostinazione. I segnali di una messa sotto osservazione della situazione italiana che già si sta traducendo in una certa difficoltà tanto per l’economia finanziaria che per quella industriale sono rilevati da molti osservatori. Questi insistono che un messaggio capace di tranquillizzare sulla scelta per un passo lento e responsabile sui cambiamenti annunciati aiuterebbe molto a stabilizzare la situazione e a far riprendere fiato alla nostra ripresa. Difficile negare che siano fattori che contribuirebbero ad un certo tipo di legittimazione della nuova maggioranza gialloblu.

Perché questo non conta? L’attuale maggioranza non è certo insidiata da possibili agguati che conducano ad una caduta del governo: sia perché l’opposizione parlamentare è debole e spappolata, sia perché anche nel caso molto improbabile di un ritorno alle urne si vedrebbe una conferma del successo di questa maggioranza.

La spiegazione è semplice. L’orizzonte che tutti hanno in mente sono le elezioni europee della prossima primavera. Qui Salvini pensa di poter raccogliere la certificazione di essere ormai alla testa del maggior partito per consensi (cosa che a stare ai risultati del 4 marzo non è) e Di Maio di poter raccogliere la conferma che la scelta governista non ha messo in crisi il grande successo di M5S. Ma poiché quelle europee sono elezioni a ruota libera, cioè una specie di grande sondaggio d’opinione, si pensa che si pagherebbe un prezzo, forse salato, se nel paese si avesse la percezione che quanto annunciato in campagna elettorale e solennemente sottoscritto nel “contratto” era materia di promesse la cui realizzazione chissà quando avrebbe trovato compimento. Ci si aggiunga che in altre occasioni il bottino è stato magro: il vertice di Innsbruck ha suonato un po’ di gran cassa sull’Asse (brutto vocabolo che non porta bene), ma poco di concreto.

La paura di mancare l’incoronazione alle Europee agita sia Salvini, sia Di Maio, ma resta da vedere se l’insistere sulla retorica populista sia davvero quel che li mette al riparo da quel rischio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Paolo Pombeni

Da - http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20180714&startpage=1&displaypages=2

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« Risposta #2 inserito:: Luglio 14, 2018, 06:11:07 pm »

POLITICA
14 Luglio 2018 - Il Sole 24 Ore

Lezzi: «Sui fondi europei Bruxelles dia più tempo»

C’è un’ossessione al ministero per il Sud. Non dover restituire i fondi europei in scadenza. Il ministro Barbara Lezzi ha incontrato a Bruxelles Corina Cretu, commissario europeo per la Politica regionale. «Ho parlato con franchezza, ho avanzato alcune richieste ma riconoscendo le criticità accumulate negli anni e promettendo un cambio di passo nella quantità e qualità della spesa. Quando si tratta, è fondamentale essere credibili. I fondi europei non dovranno essere più sostitutivi della spesa ordinaria nazionale e anche per questo intendo estendere ad Anas e Rete ferroviaria italiana (Fs) l’obbligo della quota minima del 34% di investimenti dei ministeri al Sud. Proporrò di inserire la nuova norma già nel decreto dignità all’esame del Parlamento: dai primi conti potrebbe portare a 3-4 miliardi di spesa annua aggiuntiva».

Con il commissario avete quantificato le risorse che rischiamo di perdere a fine anno?
Il quadro che ho ereditato è di 3 miliardi rendicontati sui 9 prefissati al 31 dicembre 2018, ma va considerato che i pagamenti reali delle regioni sono decisamente superiori perché una parte non è stata ancora censita nella banca dati. Ho comunque chiesto al commissario Cretu di ottenere una deroga alla regola “N+3” per una parte di questi progetti, quelli che possono essere rendicontati con certezza dalle Regioni in tempi brevi, comunque nei primi mesi del 2019. Anas e Fs a loro volta dovrebbero fornire elementi puntuali alle Regioni e al Dipartimento circa l’avvio e l’avanzamento delle opere. Ci rivedremo a settembre e affronteremo la questione nel dettaglio.

Ma le Regioni sono in grado di accelerare?
Faccio una premessa. La politica di coesione non è riuscita a ridurre i divari del Mezzogiorno, infrastrutturali, sociali, ed economici. Per questo si deve cambiare registro. Ho avviato una cooperazione rafforzata con la Sicilia, ora procederò con l’Abruzzo e un’altra regione, poi le altre. I governatori non devono viverlo come un commissariamento, ma devono sapere che alcune cose cambieranno. Non accetteremo più i cosiddetti “progetti sponda” che vanificano l’addizionalità dei fondi Ue. So anche che c’è un problema di capacità progettuale delle amministrazioni, ne ho parlato con la Cretu. Su questo, in chiave nazionale però, il governo studia premialità e penalità per i dipendenti pubblici che rispettano o sforano i tempi.

A Bruxelles ha discusso del budget post 2020?
Anche in questo caso ho fatto una richiesta chiara al commissario, di rivedere i coefficienti della nuova politica di coesione che rischiano di penalizzarci: con il vecchio metodo avremmo 10 miliardi in più rispetto al 2014-2020, con i nuovi calcoli solo 2,5.

Sui fondi Ue continueranno a lavorare sia l'Agenza sia il Dipartimento per le politiche di coesione?
Per molti aspetti fanno le stesse cose e non ha molto senso. Per ora lavoriamo a dividere le competenze chiedendo all’Agenzia interventi fattivi sui territori. Poi valuteremo la situazione ed eventualmente se tornare al vecchio assetto che non prevedeva l’Agenzia.

Oltre alla norma sul 34%, ha ereditato dal precedente governo diverse misure da implementare. Le confermerà o cancellerà?
Ogni misura ha una storia a sé. Procediamo con le zone economiche speciali, soprattutto sulle semplificazioni per le quali tra poco vareremo il decreto attuativo: sta coordinando il tavolo direttamente il premier Conte. I finanziamenti agevolati di “Resto al Sud” potrebbero essere estesi ai professionisti innalzando l’età di chi può fare richiesta. Sul credito di imposta per gli investimenti ho chiesto alla Ue di ridiscutere il vincolo di destinazione previsto sulla quota dei fondi Pon, quasi 1 miliardo. L’obiettivo è aumentare il tiraggio: mi confronterò anche con Confindustria per estendere in modo condiviso il raggio d’azione oltre la “Strategia di specializzazione intelligente”. Intendiamo poi rivedere la norma che finanzia con 240mila euro ciascuno l’attivazione di cluster tecnologici: per avere le risorse dovranno essere già in rete con università, Cnr e distretti tecnologici.

Nel contratto di governo il Mezzogiorno è appena citato. La Lega ha dubbi sul 34%. E, dopo i referendum sull’autonomia, sul tavolo ci sono anche le possibili richieste di Lombardia, Veneto ed Emilia sul surplus fiscale.
Fa fede il contratto di governo: tutte le scelte politiche saranno orientate a uno sviluppo omogeneo per il Paese e il 34% risponde perfettamente a questa a logica. Anche la Lega capirà. In generale però devo dirle che non ho riscontrato ostilità, c’è collaborazione. Sull’altra questione le Regioni possono rivendicare competenze ma ricordo che il tema dei residui fiscali non è compreso nel contratto.

La stretta per chi riduce il lavoro riguarda in particolare chi ha ricevuto incentivi al Sud, ad esempio con il contratto di sviluppo. Non si scoraggiano gli investitori?
Perché? Una volta realizzato il nostro programma di sviluppo e infrastrutture troveranno un contesto più favorevole e alla fine chi ha business plan solidi, che non si basano sulla precarietà del lavoro, continuerà a investire.

La preannunciata Banca pubblica degli investimenti interverrà in modo diretto al Sud?
Avrà un’attenzione particolare per il Mezzogiorno, perché utilizzando il Fondo di garanzia favorirà linee di credito agevolate. Non è tollerabile che imprese con lo stesso rating di bilancio abbiano tassi diversi solo perché situate al Sud. È un tema che affronterò anche con l’Abi.
Intendete ancora finanziare parte del reddito di cittadinanza con i fondi Ue? Potreste utilizzarli per non più di qualche centinaio di milioni...

La ricognizione spetta al ministro del Lavoro, competente per l’Fse. Ma siamo pronti anche in questo caso ad andare a Bruxelles a chiedere di cambiare le regole se necessario.
Un’inchiesta del Sole 24 Ore ha documentato l’ampliamento dei divari nelle prestazioni sociali e infrastrutturali al Sud. Come si recupera?

Conosco bene questo disagio. Il 4 marzo in alcune zone del Mezzogiorno il nostro Movimento ha superato il 50% e quei voti non erano per richiedere il reddito di cittadinanza. C’è un lungo lavoro da fare, intanto partiremo approvando finalmente i Lep con il fondo di perequazione, i livelli essenziali delle prestazioni da erogare su tutto il territorio nazionale. Un percorso che, nel rispetto del dettato costituzionale, precede quello sulle autonomie.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Carmine Fotina

Da - http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20180714&startpage=1&displaypages=2

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« Risposta #3 inserito:: Ottobre 22, 2018, 01:44:45 pm »

INTERVISTA Armando Siri.

I Cir sono un’occasione per mostrare che l’Italia è solida e può assorbire le necessità di finanziamento con l’emissione di titoli di Stato
«Paese autonomo sul debito grazie al risparmio privato»
«L’obiettivo dei Cir è quello di dimostrare che il nostro Paese ha una solida dotazione di risparmio privato, e se vuole ha la possibilità di puntare ad assorbire in modo autonomo le proprie necessità di finanziamento con l’emissione di titoli di Stato». Armando Siri nel governo Conte è sottosegretario alle Infrastrutture, ma in questi mesi è stato anche in prima fila nella definizione del programma economico della Lega. Con il lavoro di costruzione dei conti individuali di risparmio, che ha portato avanti insieme a fiscalisti di primo piano e con un confronto con alcuni dei principali istituti di credito, unisce i due terreni. Perché i Cir puntano a offrire un nuovo prodotto per i piccoli risparmiatori, ma anche a creare una forma di finanziamento aggiuntiva per i progetti infrastrutturali che saranno collegati a ogni emissione dei Btp potenziali sottostanti dei Cir.
Quando debutteranno i Cir?
A inizio 2019, regolati dalle norme che inseriremo nel decreto fiscale collegato alla manovra.
Le prime bozze di decreto, circolate nel fine settimana, però non ne parlano.
Sono in corso gli ultimi confronti tecnici su alcuni dettagli della disciplina, ma l’indirizzo del governo è chiaro e l’impianto, il senso e gli obiettivi della misura sono integralmente confermati.
Il primo obiettivo è quello di spingere il risparmio delle famiglie su titoli italiani. Ma è una buona idea, proprio mentre la tensione sui nostri bond aumenta sì i rendimenti, ma suona anche un allarme sulla sostenibilità della finanza pubblica?
Ma l’investimento delle famiglie porta proprio nella direzione opposta a questi allarmi, che tra l’altro sono infondati. Riportare nei portafogli italiani i Btp li sottrae alle oscillazioni della speculazione.
Quindi l’idea sarebbe di riportare tutto il debito in mani domestiche?
L’obiettivo iniziale è quello di dare un segnale di fiducia degli italiani sulla solidità del proprio Paese. E in prospettiva puntiamo sicuramente ad assorbire una quota importante dell’ammontare di debito ancora in mano a investitori stranieri.
Ma l’uscita di fondi esteri che si è registrata negli ultimi mesi non denuncia il problema opposto? E non ci pensa da sola a riportare in Italia il debito?
È un meccanismo diverso. L’uscita di investitori stranieri, che pure non ha riguardato grosse somme, è assorbita in genere dagli investitori istituzionali italiani, che sono però sottoposti a forti pressioni regolatorie dagli organismi di vigilanza. Le famiglie ovviamente non hanno questo problema. E rappresentano anche un argine anti-spread.
In che modo?
Lo spread si muove con le vendite, ma i piccoli risparmiatori sono tradizionalmente cassettisti e tengono il titolo fino alla scadenza, condizione peraltro indispensabile per avere deduzione ed esenzioni fiscali. E giustamente si fideranno, come noi, della solidità di uno Stato di cui sono parte integrante, che nella sua storia non è mai venuto meno al pagamento di un debito. Le fregature ai risparmiatori sono arrivate da Lehman e da altri “campioni” del mercato. Non certo dai titoli di Stato, che anzi fino a una ventina di anni fa erano l’investimento tradizionale delle famiglie.
Certo, anche perché c’erano interessi stellari che non hanno fatto bene ai nostri conti, e che non sono paragonabili a quelli di oggi nemmeno dopo gli ultimi mesi complicati.
Ma ovviamente i tempi sono cambiati. Adesso l’investitore preferisce essere allineato a rendimenti ordinari di mercato in cambio della sicurezza che i suoi soldi sono tutelati. E i Cir offriranno questa tutela con in più un trattamento fiscale di favore, e la possibilità di partecipare a una scommessa collettiva su un Paese in cui si lavora insieme per il futuro.
Ma gli sconti sull’acquisto di titoli italiani non vanno contro le regole fiscali Ue?
Prima di tutto l’investitore acquista un conto individuale, di cui il Btp è il sottostante. E poi questi soldi avranno una destinazione specifica, perché saranno dedicati alle opere pubbliche indicate dal governo a ogni emissione. E non è certo possibile finanziare la costruzione di una strada o la ristrutturazione di una scuola in Italia acquistando Bund tedeschi.
Il tetto individuale a 3mila euro all’anno nasce da preoccupazioni degli operatori?
Abbiamo riscontrato grande interesse e collaborazione, e abbiamo accolto i loro suggerimenti per evitare di alterare l’equilibrio con gli altri strumenti di risparmio. Al debutto, i Cir saranno ovviamente una sperimentazione. Ma penso che nel giro di un paio d’anni si possa andare a regime rivedendo questi tetti all’investimento.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Gianni Trovati

Da - http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20181007&startpage=1&displaypages=2
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