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Autore Discussione: Paolo Bastianello. Il coordinatore del gruppo tecnico «Made In» di Confindustria  (Letto 1356 volte)
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« inserito:: Luglio 08, 2018, 05:14:58 pm »

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7 LUGLIO 2018

Il Sole 24 Ore
Intervista

Paolo Bastianello. Il coordinatore del gruppo tecnico «Made In» di Confindustria: «Mettere in primo piano anche la formazione, fattore chiave per il lavoro dei giovani»
«Agire su cuneo e infrastrutture»
«Un decreto varato più per dare seguito alle promesse elettorali che per affrontare le vere priorità del paese». Paolo Bastianello si divide tra Roma, dove è coordinatore del Gruppo tecnico “Made In” di Confindustria, e il Veneto, dove ha un’azienda di abbigliamento e una sulla catena del freddo. Sono altre le urgenze da affrontare per rilanciare l’economia del paese: «Intervenire sul cuneo fiscale, far ripartire gli investimenti pubblici, sia nelle infrastrutture che nella digitalizzazione. Mettendo in primo piano anche la formazione, fattore chiave per il lavoro dei giovani: mancano moltissime figure professionali che le aziende non riescono a trovare».
Confindustria ma non solo: tutte le categorie produttive hanno criticato duramente il provvedimento sul mercato del lavoro. Si augura che il Parlamento ne tenga conto?
Ci auguriamo che il decreto venga modificato. Il governo è intervenuto più per inseguire il consenso che analizzando i numeri e la realtà. Il Jobs act ha dato risultati positivi, l’occupazione è aumentata, anche se con contratti a termine, ma ricordiamoci che l’Italia sta uscendo da una situazione di crisi e non ne siamo ancora fuori. I risultati positivi sarebbero continuati: non ci sono state la volontà e l’umiltà di aspettare ancora e di crederci. Anche Industria 4.0 ha dato risultati evidenti, come dimostra l’aumento degli investimenti. Ma c’è bisogno di tempo: gli investimenti vanno pensati, ponderati, le imprese non possono progettarli dall’oggi al domani.
Teme una campagna elettorale permanente fino al voto europeo?
È una preoccupazione, certo. Un segnale negativo dell’atteggiamento del governo è che il provvedimento non sia stato discusso con le organizzazioni imprenditoriali e con il sindacato. Senza tenere conto che il lavoro non si crea per decreto, ma lo creano le aziende, se vanno bene. Bisogna quindi eliminare quei gap di competitività che ci penalizzano, ridurre il cuneo fiscale per i giovani, per dare una prospettiva di futuro alle nuove generazioni. Rilanciare immediatamente una collaborazione tra governo e imprese sulla formazione, sull’alternanza scuola lavoro, sugli Istituti tecnici.
Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ha detto che la spesa pubblica va ricomposta, meno spese correnti più investimenti...
Tria sta dimostrando senso di concretezza e attenzione ai conti. Bene che ripartano gli investimenti pubblici, sono fondamentali per consolidare la crescita. Investimenti necessari sia nelle infrastrutture materiali, che in quelle immateriali. E soprattutto per la formazione: i processi tecnologici e produttivi sono più veloci di quelli formativi. Dobbiamo accelerare i tempi. È un argomento su cui bisogna attivare la collaborazione tra governo e imprese.
Il governo aveva proclamato l’ascolto e poi ha deciso senza il confronto. Vi augurate che cambi atteggiamento?
Certo, si è deciso su argomenti che incidono profondamente sull’economia del paese, dal mercato del lavoro alle delocalizzazioni, senza dialogare con chi fa impresa. Il ceto produttivo del Nord non si aspettava questo dalla Lega che si è ripetutamente dichiarata a favore delle pmi, che sono oltre il 90% della realtà imprenditoriale del paese.
Sul tavolo resta comunque la flat tax, anche se si sta discutendo come realizzarla...
Le tasse in Italia sono alte e pesano sulla competitività delle aziende. Ma bisogna agire con attenzione tenendo in considerazione la tenuta dei conti pubblici che è fondamentale.
Lei è coordinatore del Gruppo Made In: quanto pesa questa guerra dei dazi?
È un fattore pericolosissimo, i dazi non hanno mai portato ad un aumento dell’economia, si rischia un calo della domanda mondiale. La Ue su questa battaglia deve essere unita. I danni per l’Italia, che è un paese esportatore, possono essere ingenti. Il governo deve agire sulla lotta alla contraffazione, che vale 7 miliardi di ricavi, 5,7 miliardi di evasione fiscale, 100mila posti di lavoro in meno. E spingere sull’internazionalizzazione del paese. Negli ultimi anni sono stati fatti passi avanti su questo, e lo dimostra il record del +7,7% di export dell’anno scorso. Ecco una delle priorità, altro che il decreto.

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Nicoletta Picchio

Da - http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20180707&startpage=1&displaypages=2
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