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Autore Discussione: Non solo lavoro Acqua, scuole e ospedali, così il Sud perde la «vivibilità»  (Letto 2112 volte)
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« inserito:: Luglio 04, 2018, 05:47:24 pm »

L’INCHIESTA
01 LUGLIO 2018

Il Sole 24 Ore domenica

Non solo lavoro Acqua, scuole e ospedali, così il Sud perde la «vivibilità»

La questione dei servizi Il Pil ritrova il passo del Centro-Nord ma si allarga il divario delle prestazioni sociali. Il nodo dei fondi Ue: su 93 miliardi monitorati solo il 9% all’istruzione, l’1% a infanzia e anziani
All’indomani del 4 marzo la più abusata delle analisi del voto indicò il reddito di cittadinanza come la promessa che al Sud aveva spostato dilaganti flussi elettorali verso i Cinque Stelle. Una lettura semplicistica o quantomeno parziale, commenta oggi il direttore della Svimez, Luca Bianchi. Il Sole 24 Ore ha elaborato dati Svimez, Istat e Infocamere per costruire un’indice su base regionale e provinciale del “disagio del Mezzogiorno”.
Gli indicatori descrivono una realtà con molte differenze tra le singole province, dalle situazioni di ritardo estremo ai primati locali. Ci sono piccole “eccellenze” nascoste, come le startup innovative di Potenza e Catania, l’export di Cagliari, la solidità manifatturiera di Bari e di Salerno, o comunque province che quantomeno reggono un po’ meglio delle altre come Avellino per il tasso di occupazione giovanile, Benevento per giovani che hanno più della licenza media. Tende ad emergere un parziale dualismo all’interno degli stessi territori, comunque nel solco di una rappresentazione dominante: un drammatico gap del livello dei servizi pubblici nelle regioni meridionali che - secondo la Svimez - sta diventando prevalente anche rispetto alle performance economiche che invece sono meno distanti. Se il 2015 e il 2016 hanno allineato per crescita del Pil le macroaree del Paese, una maggiore divaricazione ha denotato i cosiddetti diritti di cittadinanza: vivibilità dell’ambiente locale, standard di istruzione, idoneità e disponibilità dei servizi sanitari e di cura per adulti ed infanzia, efficienza dei trasporti locali.
Il disagio, le policy e i fondi Ue
La mobilità ospedaliera extraregionale al Mezzogiorno ha doppiato quella del resto del Paese (9,3% contro 4,4%), in pratica si contano circa 115mila ricoveri di meridionali presso strutture del Centro-Nord. Nel frattempo si amplifica la differenza in termini di speranza di vita alla nascita, che va dagli 80,7 anni di Caserta agli 84,1 di Firenze. Ci sono intere province della Calabria e della Campania con meno di 4 bambini accolti in asili nido e altri servizi per la prima infanzia su 100 residenti, contro una media-Italia del 12,6%. La quota di popolazione che denuncia irregolarità nell’erogazione dell’acqua è del 17% nel Mezzogiorno e del 3,4% al Nord; l’offerta del trasporto pubblico locale si misura in 2.076 posti-km abitante contro i circa 6mila dei comuni settentrionali. L’istruzione è una sorta di cerniera tra società ed economia, perfetto indicatore per comprendere come il disagio sociale si tramuti in mancata crescita: fuga di diplomati in altre regioni, livelli di competenze inadeguate tra chi resta. Tra il 2004 e il 2016 - segnala l’Istat nel rapporto “Bes territori” - il Centro-Nord ha guadagnato in modo omogeneo l’11% di persone con almeno il diploma, mentre solo metà delle province meridionali ha registrato incrementi di almeno 10 punti. Secondo i dati Svimez, a fronte di una media nazionale di 13,9 “early school leavers” (persone tra 18 e 24 anni con al più la licenza media e che non ha svolto o svolge attività formative), la provincia del Sud Sardegna è a quota 28,6, Ragusa a 26,3, Crotone a 25.
Proprio in un dibattito alla Svimez, l’ex ministro del Mezzogiorno Claudio De Vincenti avviò la riflessione sul tema: «Probabilmente ci siamo concentrati molto sul recupero degli investimenti, pubblici e privati, ma poco sul divario dei servizi, fonte reale di insoddisfazione nelle regioni meridionali». Il Masterplan per il Sud ha provato a sistematizzare i fondi per le infrastrutture, mentre il credito di imposta per i macchinari ha attivato gli investimenti industriali. Nel frattempo, però, la crisi della spesa pubblica peggiorava le prestazioni di “welfare” in senso lato. Anche la destinazione dei fondi Ue ha probabilmente contribuito.
Su 93,4 miliardi monitorati dal portale Open Coesione, i trasporti pesano il 26%, l’ambiente l’11%, istruzione e occupazione solo il 9%, l’inclusione sociale il 6%, infanzia e anziani appena l’1%.
Ripresa e modello distretti
Nel 2016 il Pil è cresciuto al Sud dell’1%, più che nel Centro-Nord (+0,8%). Il rapporto Confindustria-Cerved segnala performance in crescita per le Pmi in tutti i principali indicatori economici. Ma non è stata superata la crisi sociale, misurata in redditi schiacciati, bassa qualità del lavoro (con il boom del part time involontario), rischio di povertà diffuso, alta emigrazione intellettuale. Reggio Calabria, Foggia e Caltanissetta sono le tre province italiane peggiori per tasso di occupazione, tra il 37,5 e il 38,5%. Cagliari (54,8%), Avellino (51,7%), Sassari (50,4%) le province meno distanti dalla media nazionale del 58%. Altri indicatori offrono però alcune letture positive del Mezzogiorno. Potenza è una contraddizione di speranza, ha il più alto tasso di spopolamento in 15 anni (-6%) ma è anche tra le prime 20 province italiane per startup: chi resta sa reinventarsi. Cagliari rappresenta la capacità di resistenza della Sardegna, a compensare i primati negativi di Oristano e Nuoro. A Bari - migliore provincia meridionale per reddito pro capite, seconda per attività manifatturiere - l’old economy dell’abbigliamento convive con l'innovazione della meccatronica. Sono meridionali otto distretti tra i primi 15 del Paese per numero di imprese giovanili, dalla moda all’alimentare alla meccanica. Oltre il 15% delle aziende dei distretti è gestito da under 35 contro il 10% nazionale, la fertilità delle imprese innovative sembra così saldarsi con la tradizione, quasi a indicare un modello di sviluppo cui legare policy sociali territoriali basate sui giovani.
La difficile transizione politica
Alcuni parametri economici ed industriali confermano dunque la dicotomia, un graduale allineamento della ripresa scompensato da una più netta debolezza sociale. Per tornare al 4 marzo, è forse mancata un’analisi completa dei cambiamenti avvenuti. Rispetto al 2013, M5S ha raccolto nelle sei regioni meridionali 1.847.500 voti in più e nelle restanti quattordici 159.088 (dati Istituto Cattaneo). Alla Camera, la Lega ha guadagnato al Sud 458mila voti pari a 5 punti. Nonostante questo, il faticoso compromesso sul contratto di governo non ha lasciato spazio ai temi del Mezzogiorno mentre Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna puntano ad implementare con l’esecutivo un conveniente accordo su autonomia differenziata e residui fiscali. Difficile che a tutte le domande poste basti rispondere con il totem del reddito cittadinanza.

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Carmine Fotina

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