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Autore Discussione: PEPPINO CALDAROLA. La sinistra distrutta dalle rivalità insanabili  (Letto 1631 volte)
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« inserito:: Giugno 22, 2018, 05:58:21 pm »

15 giugno 2018

La sinistra distrutta dalle rivalità insanabili

Fatta eccezione per il confronto glorioso tra Amendola e Ingrao, le rotture a gauche hanno solo scarnificato l'area. Craxi-Berlinguer, D'Alema-Occhetto.

Fino a quella tra il lìder Maximo e Renzi che ha dato solo frutti avvelenati.

PEPPINO CALDAROLA
Liberiamoci della sinistra che ammira Salvini
Le rivalità, non sempre accompagnate da vere divergenze politiche, hanno poco a poco scarnificato la sinistra. Intendiamoci, ci sono state rivalità, come dire, “gloriose”. Lo è stata sicuramente quella fra Amendola e Ingrao, due personaggi di grande statura con una visione diversa e una concezione opposta del fare politica.

LA DIALETTICA NEL PCI. Fu quella una rivalità che fece bene al Pci, ne allargò i confini e dette prova, dentro un partito per definizione monolitico, di essere un momento di dialettica insuperabile. Fu uno scontro pieno di rispetto.

Qualche anno dopo non ebbe le stesse caratteristiche, e distrusse completamente i rapporti fra partiti che un tempo erano stati fratelli, lo scontro fra Craxi e Berlinguer. Sappiamo che ci sono scuole che interpretano diversamente quella straordinaria divergenza (termine in verità poco efficace) fra due leader che non si stimavano e che si combatterono con un linguaggio in molti momenti terribile. Resta a tutt’oggi lo scontro politico-personale più importante della storia della sinistra. Senza vincitori.

LA FINE DI DUE LEADER. Berlinguer morì poco prima di vedere la grande sconfitta del referendum sulla scala mobile. Craxi fu costretto a rifugiarsi in Tunisia inseguito da una magistratura e da una opinione pubblica guidate da una informazione ostile che ne fiaccarono le resistenze fino a portarlo alla morte.

Tuttavia gli scontri più evitabili ma perniciosamente perseguiti furono quelli nello stesso partito. Prendete il primo, quello fra Occhetto e D’Alema. Entrambi non furono leali verso Alessandro Natta di cui provocarono le dimissioni in occasione di un infarto leggero del vecchio galantuomo. Fu la mia radio, Italiaradio, a ospitare la dichiarazione di uno dei due che spinse Natta ad andar via e per anni, come mi disse nelle telefonate che avemmo prima della morte, mi considerò responsabile di connivenza con i suoi sleali compagni di viaggio.

OCCHETTO VS D'ALEMA. Quando Occhetto divenne segretario era già cresciuta nel partito la stella di D’Alema. L’uno aveva fatto con la Bolognina la scelta più rischiosa, e l’aveva fatta nel modo più avventato, che tuttavia portò in salvo la sinistra dalle macerie del comunismo reale. L’altro era il figlio prediletto e predestinato del partito, l’uomo che sapeva la politica come pochi, un totus politicus che il suo partito aspettava. Qui non voglio, per ragioni di sintesi, dire come avvenne, ma accadde che Occhetto dopo insuccessi vari andò via e D’Alema divenne segretario. Da qui l’odio fra i due con un accanimento da parte di Occhetto che ha nuociuto a lui stesso. Il partito non fu generoso con lui, cambiò persino nome per negargli la qualifica di fondatore, tuttavia Occhetto ha passato la sua vita a inseguire D’Alema e la sua ombra consumando tutte le sue energie intellettuali.

UNA FERITA ANCORA APERTA. Sorvolo sullo scontro D’Alema-Veltroni che fu una delle più sciocche divisioni nella sinistra, spesso fomentata dai rispettivi staff e tuttora, malgrado i due fingano riappacificazione, ferita non sanata. Sorvolo anche sullo scontro Prodi-D ’Alema perché continua a girare la tesi del complotto anti-Prodi ordito da D’Alema al fine di farlo dimettere da premier che è del tutto infondato (il complotto, non la antipatia reciproca).

Vengo all’oggi, vengo a Renzi-D ’Alema. La cronaca è freschissima e non v’è dubbio che Renzi abbia cercato freddamente lo scontro con D’Alema con l’obiettivo di mettersi il distintivo di chi aveva fatto fuori il vecchio leader sia per dimostrare che era venuta avanti una nuova generazione, sia per tentare di liquidare l’esperienza comunista, sia per compiacere il mondo di destra a cui guardava sia per fare largo alla propria struttura di potere senza controlli di chi era politicamente più esperto.

LO SCONTRO MORTALE. D’Alema ha retto la botta, poi gli è sfuggita la frizione. Da allora lo scontro è stato mortale. Ciascuno dei due ha cercato di buttare l’altro fuori dal gioco. Entrambi, in verità, lo sono già. Restano però i frutti avvelenati della mela anti-dalemiana e della mela anti-renziana. In qualche modo si sta riproducendo lo scontro simile a quello fra Occhetto e D’Alema. Non voglio dire chi sembra essere nei panni di Occhetto (a cui rivolgo un saluto affettuoso). Tuttavia ne ho chiaro in testa il nome.

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Pause
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