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Autore Discussione: LI SEGUIREMO DA LONTANO DEMOCRATICAMENTE … SENZA LA LORO ARROGANZA. “è meglio”!  (Letto 18122 volte)
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« Risposta #15 inserito:: Dicembre 29, 2018, 05:04:11 pm »

POLITICA 29 Dicembre 2018 Il Sole 24 Ore

IL BILANCIO DEL PREMIER

«Ora verifica sul contratto di governo» Conte lancia il rimpasto ma poi frena
«Non partecipo alla campagna elettorale, tra cinque anni lascio»

La difesa di Di Maio: «È stato messo in croce per una misura di equità»

Il principale obiettivo era lanciare un messaggio rassicurante a chi, lontano dal tradizionale appuntamento di fine anno con la stampa, lo ascoltava. E così, mentre alla Camera andava in scena la bagarre sulla manovra e i pensionati denunciavano il taglio delle indicizzazioni, Giuseppe Conte rilanciava le prospettive sulla crescita («sarà più robusta dell’1%») e le misure bandiera della legge di Bilancio («reddito di cittadinanza e quota 100 partiranno a marzo»), plaudendo alla riuscita dell’«amalgama perfetta» del governo «gialloverde». Ma nonostante l’impegno, è emerso chiaramente che con l’approvazione della manovra si apre per l’esecutivo una fase nuova, dagli esiti non prevedibili. Conte, infatti, conferma che il contratto di governo sarà sottoposto a un «tagliando» e non esclude neppure un «rimpasto». Certo, la rivisitazione dell’accordo è per «migliorarlo» e la sostituzione di ministri è solo - come si affretta a precisare Palazzo Chigi - un’ipotesi remota. Ma le parole del premier non vanno sottovalutate.
L’“avvocato del popolo” difende a spada tratta la «crociata» di Di Maio sul reddito di cittadinanza, confermando che l’importo dell’assegno potrà essere in parte utilizzato per favorire le assunzioni perché «non vogliamo le persone stese sul divano». Nega che ci sia un aumento della pressione fiscale perché a pagare di più «saranno banche e assicurazioni» e anticipa che a breve partirà per un viaggio in Italia per rassicurare gli imprenditori delusi dalla manovra. Dice anche che non parteciperà alla campagna elettorale per le europee. Ma Conte è consapevole che il calo nei sondaggi del M5s e l’avanzata della Lega sono una miscela esplosiva per il suo governo. Il premier indossa volentieri i panni del pompiere. Sa che per durare deve evitare il moltiplicarsi dei focolai. Per questo, mentre difende Salvini da chi accusa «ingiustamente» il suo partito di voler favorire gli evasori, annuncia che sulla Tav la decisione slitta («arriverà entro le europee»). Perché solo così si evita il cortocircuito. Di Maio non può permettersi di perdere, dopo aver già dovuto mollare sul Tap, Terzo valico (e Ilva). Ma lo stesso vale per Salvini. In Piemonte a maggio si vota e rinunciare alla Tav sarebbe pericoloso per la Lega. L’unica via d’uscita è il rinvio. E non vale solo per la Tav.

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Barbara Fiammeri
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« Risposta #16 inserito:: Gennaio 01, 2019, 04:37:35 pm »

Gli addetti nelle tecniche di Marketing sanno, per studio o per esperienza operativa sul campo, che le armi da approntare per “soddisfare” le aspettative del “consumatore”, vanno studiate e monitorate facendo riferimento ad un preciso target di persone o clienti da convincere all'acquisto o al consumo di un “bene”.

Stupisce che gli attuali governanti siano stati “caricati come orologi” ma verso un target di elettori di così modesto livello, che non saranno credibili neppure quando cominceranno a prendere decisioni più lucide e capaci di buone prospettive.

Stupisce ancor più che per contrastare le giuste critiche, sollevate da più settori, a causa del loro modo di agire e ai contenuti farlocchi (improduttivi e costosi) dei loro provvedimenti, utilizzino un linguaggio e argomenti ancora orientati alla parte più “gnoccolona” del paese.

Se non alzano il valore della loro immagine e dei loro modi di agire nel “governare il popolo”, finiranno per inimicarsi tutti i Cittadini che “gnoccoloni” non sono (cioè la maggioranza degli Italiani).

ciaooo
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P.S.: gnoccolone
Gnoccolóne s. m. (f. -a) [accr. di gnocco], fam. – Persona non troppo perspicace, semplice e credulona: es. quel tuo amico è proprio uno gnoccolone.

Da – treccani.it
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« Risposta #17 inserito:: Gennaio 04, 2019, 09:07:31 pm »

Da Savona ministro allo spread, fino al ritorno della schiavitù: un anno di Econopoly

 Scritto da Alberto Annicchiarico il 31 Dicembre 2018

I MAGNIFICI SETTE

La Manovra del Popolo è stata finalmente approvata e i suoi effetti si faranno ovviamente sentire nei prossimi mesi e anni. Non siamo ottimisti sul fatto che possano essere positivi. Ma perlomeno il Governo del Cambiamento potrà essere giudicato su numeri (non “numeretti”, ricordate? “Per noi vengono prima i contenuti dei numeretti, prima viene la riforma delle pensioni, il reddito di cittadinanza, poi si pensa ai numeri”, citando Salvini). Intanto, per dire, mia madre 79enne aveva capito dal tam tam gialloverde che le pensioni sarebbero aumentate. E invece ha scoperto di essere fra i ricchi che si vedranno congelare la rivalutazione degli assegni sopra la cospicua cifra di 1.522 euro. Una mossa che si sarebbe potuta aspettare da un qualsiasi governo Monti, per nominarne uno brutto e cattivo a caso.

E ancora, sempre la mia mamma aveva capito che le tasse sarebbero state abbassate. Flat tax per tutti, avevano proclamato in campagna elettorale. Alla fine non è stato così. Per evitare il commissariamento di Bruxelles, mantenendo (seppure ridimensionate) le promesse su età di pensionamento (con la famosa quota 100) e reddito di cittadinanza, quelli che non badano ai “numeretti” hanno dovuto aumentare, perfino, la pressione fiscale. Lo ha certificato l’Ufficio parlamentare di bilancio.

Potrei andare avanti, potrei polemizzare sulle previsioni sballate di crescita, ma non lo faccio, perché ci sono sedi più appropriate. Si leggano, al proposito, i molti approfondimenti in materia sul Sole 24 Ore: per dire, quello sulle sette flat tax – ehi, ma non dovrebbe essere una sola, per definizione? – che finiranno per picconare l’Irpef, e quindi impoveriranno lo Stato e noi tutti.

Qui ci limiteremo a ricordare che per Econopoly è stato un anno intenso. I lettori lo hanno certificato con la loro attenzione. Guarda caso, ma neppure tanto, il post nettamente più letto (471mila click) lo ha firmato Beniamino Piccone e ha riguardato un ministro di questo Governo e l’opportunità o meno che occupasse la poltrona dell’Economia. Il post è stato scritto mentre era in corso la formazione dell’Esecutivo.

Perché il professor Paolo Savona è inadatto a fare il ministro
“Nella vita – ha scritto Piccone – per incarichi ministeriali non conta solo la competenza, deve pesare anche il carattere e l’atteggiamento verso gli altri. Chi si sente Dio in terra e cerca la fedeltà negli allievi e non la competenza, non merita di ricoprire la carica di ministro”.

Al posto di Savona al MEF è poi andato il professor Tria, uomo stimato da Savona. Vedremo nelle prossime settimane (e mesi, se non saranno confermate le indiscrezioni di stampa su possibili dimissioni) quanto la scelta sia stata azzeccata.

Ma procediamo. In seconda posizione, fra i primi dieci post più letti, uno scritto di Francesco Mercadante, contributor di Econopoly che non molti giorni fa è stato oggetto di un feroce attacco (sui social network) volto a screditarlo agli occhi dei lettori. Un attacco personale invece che una confutazione nel merito delle tesi esposte. Ne è stato protagonista il presidente della commissione Bilancio della Camera, Claudio Borghi. E con lui molti dei suoi follower su Twitter. Non vogliamo dare benzina ulteriore alla polemica. Basti aggiungere che suscitare l’ira di una parte interessata, spesso, nel giornalismo e in generale nella pubblicistica è prova di avere svolto con scrupolo il proprio lavoro. Ma ecco il post secondo classificato:

Spread, chi lo manovra? Facciamo un po’ di chiarezza
Terza piazza per un post del think tank di giovani economisti e professionisti Tortuga. Anche in questo caso un profilo personale, utile a fare capire a chi è stato affidato, nella compagine di Governo, l’onere di amministrare la scuola.

Scuola, ecco cosa vuol dire la nomina di Marco Bussetti al MIUR
Avevano ragione, i ragazzi di Tortuga, visto che nella Manovra, come testimoniato anche da questo nostro post, sono andati in scena tagli di una certa entità. A riprova del fatto che “la scuola è (davvero, ndr) uno dei grandi assenti nel rivoluzionario piano giallo-verde”.

Ed ecco gli altri sette post più letti dell’anno su Econopoly:

I 9 mesi che aspettano l’Italia: tappe e scenari della crisi possibile di Alessandro Magnoli Bocchi

Ronaldo alla Juventus è un’operazione che sta in piedi? Facciamo due conti di Leonardo Dorini

Il messaggio di Marchionne: studiare e osare quello che per altri non è possibile di Corrado Griffa

Sei un proprietario immobiliare? Benvenuto tra i nuovi poveri di Andrea Guarise

Reintrodurre la schiavitù è o no un’opzione per la società moderna? di Enrico Verga

I capi servono ancora. Ma devono liberarsi dai loro demoni di Luca Foresti

Reddito di cittadinanza, smettiamola di giocare di Francesco Bruno

Buona lettura e rilettura con Econopoly. E soprattutto, Buon 2019!

Twitter @albe_

Da - http://www.econopoly.ilsole24ore.com/2018/12/31/savona-ministro-spread-econopoly/?uuid=96_mK8Nt7IR
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« Risposta #18 inserito:: Gennaio 08, 2019, 11:35:01 pm »

Sabrina Zocco

Sabrina Zocco Anpi può anche chiedere ai sindaci prodighi per lo sbarco dei profughi di attuare la costituzione sempre, là dove parla di esproprio di case per assegnarle agli italiani che hanno perso lavoro, togliendoli dalla strada, e anche di promuovere lavoro, che è il diritto primo su cui la ns Repubblica è fondata, derogando dal mantenimento del patto di stabilità impostoci da chi ci ha tolto la sovranità nazionale e da chi glielo ha permesso senza chiederci il permesso, visto che il popolo è sovrano. Altrimenti il rischio di chiedere applicazione parziale dei principi costituzionali ovvero solo per alcune categorie, in.qs caso i profughi, è quello che questa mobilitazione sia strumentalizzata da taluni per farsi la campagna elettorale in vista delle europee. E qs è inammissibile specie perché di mezzo ci sono vite di esseri umani in fuga da guerre e fame, spesso alimentate con la vendita di armi o la concessione di porti aeroporti, mezzi e uomini della Repubblica in violazione dell'art 11 della ns Costituzione, oltre che i principi e valori della ns Costituzione che è il patto sociale su.cui si.fonda la Repubblica e che deve essere da tutti rispettato e onorato, compresi quanti nelle istituzioni.vi. giurano fedeltà. Diversamente si tratta di traditori.
Da – Fb del 6 gennaio 2019
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« Risposta #19 inserito:: Gennaio 24, 2019, 06:19:02 pm »

Clausole «Italexit», polizze contro gli effetti nefasti del populismo

   Di Paolo Bricco 05 luglio 2018

Alcune buone ragioni per interessarsi a quello che succede nella riservatezza e nel silenzio degli studi legali di Milano e di Londra. A questo punto, le chiacchiere stanno a zero. Sei molto liquido, compri una società in euro e, all'improvviso, ritrovi il suo valore espresso in lire. Una ipotesi brutta. Non hai soldi tuoi per fare una operazione, ti indebiti per dieci anni in euro e, poi, ti ritrova a dovere rimborsare il debito sempre in euro, quando intorno a te è tornata a circolare la lira. Una ipotesi altrettanto brutta.

Nella commedia – drammatica - della rivolta contro le élite due protagonisti assoluti sono i banchieri e gli investitori. Chi presta i soldi e chi acquista le aziende – o parti del loro capitale – per poi rivenderle dopo alcuni anni. Questi protagonisti agiscono in una quadro geopolitico che è segnato dalla debolezza della politica novecentesca democratico liberale e dalla traumatica rimodulazione dall'ordine economico fissato dal Washington Consensus e dall'ingresso della Cina nel Wto. Questi protagonisti, però, non sono soltanto degli ingranaggi della meccanica di lungo periodo della Storia. Questi protagonisti – astraendoli dai giudizi di merito, dalle parodizzazioni malevole o dalle difese di ufficio – sono soprattutto degli operatori economici razionali che vogliono guadagnare più soldi possibili e che devono ridurre al massimo i rischi.

    Mercati e affari legali 04 luglio 2018

Nei contratti spunta la clausola-Italexit
Questa semplice considerazione vale sia per chi fornisce capitali – le banche – sia per chi acquista quote di capitale, come i fondi di private equity. Andando al succo delle cose, il fatto che negli studi degli avvocati di Milano e di Londra nei contratti di finanziamento e nei memorandum of understanding preliminari alle acquisizioni si discuta sempre più la clausola che regola la dinamica dell'affare – chi ci guadagna e chi ci perde – se l'Italia dovesse uscire dall'euro ha un significato preciso: l'ipotesi di una uscita dalla moneta unica è tutt'altro che caduta nel dimenticatoio. La Lega e i Cinque Stelle hanno fatto una campagna elettorale di grande successo cavalcando questa opzione politica e dialogando con quella piccola ma non insignificante parte dell'establishment che ha sempre creduto che, così fatta, la struttura dell'euro non funziona.

Nelle prime settimane hanno schiacciato l'acceleratore e lavorato di frizione su molti temi. Non hanno però mai nascosto il loro profilo naturalmente radicale su alcune questioni. L'Unione europea. E la moneta unica. È vero. Lo hanno temperato. Hanno più volte manifestato e dichiarato pragmatismo. Ma non si sono mai nascosti dietro l'ipocrisia del realismo politico. Per esempio il sottosegretario Giancarlo Giorgetti ha usato, in una intervista al Corriere della Sera di mercoledì 4 luglio, il sostantivo “populismo” senza alcuna pruderie e senza infigimenti. E il populismo è il propellente di ogni impulso e progetto contro l'euro. La natura delle cose è quella. E chi oggi deve rischiare i suoi soldi ha colto la radicalità delle intenzioni e ha iniziato a posizionarsi in maniera tale da non rimanere senza ombrello se, all'improvviso, il tempo dovesse cambiare.

© Riproduzione riservata
Da - https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-07-04/clausole-italexit-polizze-contro-effetti-nefasti-populismo--203615.shtml?uuid=AEK6ECHF&fromSearch
   
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« Risposta #20 inserito:: Gennaio 24, 2019, 06:24:43 pm »

La polemica sul franco Cfa, spiegata dall'inizio
Di Maio e Di Battista accusano la Francia di neocolonialismo. Parigi convoca l'ambasciatrice d'Italia.
Le comunità africane in Italia sostengono la tesi del M5s, anche se il numero di migranti da quelle aree è piuttosto basso. Ma cos'è il franco Cfa?

21 gennaio 2019, 18:40

Le frasi di Di Mio e Di Battista sulla Francia che sfrutta l’Africa e ne frena la crescita anche grazie alla moneta coloniale, il franco delle Colonie francesi d’Africa (CFA) sono diventate un caso diplomatico. Il governo francese ha convocato l’ambasciatrice d’Italia Teresa Castaldo al ministero degli Esteri per avere chiarimenti.
Le accuse di Di Maio alla Francia
Tutto è cominciato ieri, quando il vicepremier ha accusato Parigi di “impoverire l’Africa”, aggravando la crisi migratoria: "Se vogliamo continuare a parlare degli effetti continuiamo con la retorica dei morti in mare che ovviamente sono una tragedia e hanno tutto il mio cordoglio, ma dobbiamo parlare delle cause perché se oggi c'è gente che parte è perché alcuni Paesi europei con in testa la Francia non hanno mai smesso di colonizzare l'Africa". E ancora: “La Ue dovrebbe sanzionare la Francia e tutti quei paesi che come la Francia stanno impoverendo l'Africa e stanno facendo partire quelle persone", aveva aggiunto il capo politico dei 5 stelle.

L'eco di Di Battista, e il post sul Blog delle Stelle
Parole che hanno trovato eco nell’intervista data da Alessandro Di Battista a Che tempo che fa, ribadite poi in un post sul Blog delle stelle: “Attualmente la Francia, nei pressi di Lione, stampa la moneta utilizzata in 14 paesi africani, quasi tutti paesi della zona subsahariana. I quali - prosegue l'esponente M5s - non soltanto utilizzano una moneta stampata dalla Francia, ma per mantenere il tasso fisso, prima con il Franco francese e oggi con l'Euro, sono costretti a versare circa il 50% dei loro denari in un conto corrente gestito dal Tesoro francese. Conto corrente con il quale - dice ancora Di Battista - viene finanziata una piccola parte del debito pubblico francese, ovvero circa lo 0,5%".

La Francia, per Di Battista, tramite il controllo geopolitico di un’area dove vivono 200 milioni di persone “che utilizzano banconote e monete stampate in Francia, gestisce la sovranità di interi paesi impedendo la loro legittima indipendenza, la loro sovranità monetaria, fiscale, valutaria e la possibilità di fare politiche espansive”. E ha concluso: “Fino a quando non si 'strapperà’ questa banconota, che in realtà - accusa - è una manetta nei confronti dei popoli africani, noi potremo continuare a parlare a lungo di porti aperti o porti chiusi, ma le persone continueranno a scappare, a morire in mare, a cercare altre rotte e a provare a venire in Europa”.

Le parole di Di Battista hanno trovato ampia eco mediatica, hanno suscitato l’ira delle opposizioni che hanno accusato i due leader di irresponsabilità politica nei confronti di Parigi, ma hanno ottenuto il sostegno da parte del fondatore dell’Unione delle comunità africane in Italia Otto Bitjoka, che ha sottolineato in un post come occorra "costruire un nuovo paradigma sulla questione immigrazione africana nera in Italia. Dobbiamo realizzare le condizioni di un confronto dialettico partendo dalle cause e non gli effetti". E tra le cause, annovera la moneta stigmatizzata da Di Maio e Di Battista.

Cos'è e come funziona il franco CFA?
Ma cos’è il franco CFA? Il franco CFA, ha spiegato all’Agi Marco Magnani, professore di Monetary and Financial Economics alla Luiss di Roma, rientra in un "accordo tra la Francia e 14 Paesi africani, siglato diversi decenni fa e rimasto in vigore anche dopo l'indipendenza delle colonie. E' un'intesa che le parti coinvolte possono tranquillamente smontare, nel senso che non e' un'imposizione”.

Non una imposizione quindi, spiega Magnani, perché “I governi africani interessati, qualora volessero uscire da questo accordo, per utilizzare ognuno una loro moneta, oppure utilizzare una moneta comune che non sia garantita dal Tesoro francese, lo possono sempre fare".

Le critiche verso questa moneta si sono sollevate negli ultimi anni sia da sinistra che da ambienti sovranisti e di destra. “Certo - aggiunge - immagino che qualcuno potrebbe avere difficoltà a comprendere come mai esponenti del governo italiano esprimano in modo così spinto opinioni su questo tema, a partire dal problema dell'immigrazione, che dunque coinvolgerebbe anche l'Europa. Direi che sono collegamenti molto stiracchiati”.

Perché quindi parlare oggi dei presunti danni causati da questa moneta? “Potrebbe venire il sospetto che”, spiega Magnani, “trovandoci alla vigilia di elezioni europee, i politici si pronuncino su questo per motivi di posizionamento. Questa potrebbe essere una spiegazione. L'altra possibilità potrebbe essere che il M5s, legittimamente, per contrapporsi alla Lega su un tema come quello sull'immigrazione, che i sondaggi ci dicono faccia guadagnare voti, stia cercando un suo angolo originale di posizionamento".

Il numero reale di persone che da queste aree arrivano in Italia
Ma se il dibattito sul franco CFA e le sue conseguenze è aperto, in queste ore qualcuno ha provato a fare chiarezza su quanti migranti arrivino in Italia da queste aree. David Carretta su Twitter ha citato i dati del ministero dell’Interno e Frontex per smentire che ci sia alcuna correlazione tra le partenze dall’area CFA e gli arrivi sulle coste italiane.

Nell’elenco dei paesi da cui sono arrivati i migranti in Italia, al primo posto c’è la Tunisia, poi l’Eritrea, che è un’ex colonia Italiana, e ancora l’Iraq, il Sudane, il Pakistan, la Nigeria, e l’Algeria. Il primo dei paesi che hanno come moneta il franco CFA è la Costa d’Avorio: in totale su 23.370 arrivati in Italia nel 2018, circa 2.000 vengono da questi Paesi.

---
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it.
Se invece volete rivelare informazioni su questa o altre storie, potete scriverci su Italialeaks, piattaforma progettata per contattare la nostra redazione in modo completamente anonimo.
Da - https://www.agi.it/politica/italia_francia_moneta_franco_cfa-4877832/news/2019-01-21/
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« Risposta #21 inserito:: Gennaio 24, 2019, 06:33:02 pm »

Il calo degli sbarchi in Italia e i porti chiusi voluti da Salvini

Le storie del 2018.
Il fenomeno dell'immigrazione ha perso, numeri alla mano, i contorni dell'emergenza.
Calano anche i fondi, e l'Italia adotta la linea dura. La nostra selezione dei fatti principali del 2018

Di STEFANO BARRICELLI
31 dicembre 2018, 07:33

Dal calo degli sbarchi alla chiusura dei porti italiani passando per la riscrittura del sistema di accoglienza e il decreto sicurezza. Nel 2018 il fenomeno dell'immigrazione ha perso - numeri alla mano - i contorni dell'emergenza ma è rimasto al centro delle polemiche e del dibattito politico.

Dopo il picco di arrivi registrato nel giugno dell'anno scorso (12mila in quarantotto ore), il cambio di linea deciso dal Viminale - con al timone prima Marco Minniti e poi Matteo Salvini - ha determinato una riduzione dell'80%, dai 119 mila del 2017 ai poco più di 23 mila di quest'anno.

Ad essere praticamente azzerato è stato il flusso dalla Libia, ma i trafficanti di esseri umani sono stati pronti a riaprire le vecchie rotte per Spagna e Grecia, che sono tornate a superarci. Risultato, il numero complessivo di quanti tentano il "viaggio della speranza" resta alto e i morti nelle acque del Mediterraneo anche quest'anno sono stati oltre 2.200, in proporzione di più rispetto al passato: non a caso tra le foto simbolo non può non esserci quella della camerunense Josefa, l'unica sopravvissuta ad un naufragio avvenuto in luglio, salvata in extremis dai volontari della Proactiva Open Arms.

In Italia la linea dura imposta da Salvini si è incarnata in almeno due storie da prima pagina, quella - in giugno - di nave Aquarius, accolta in Spagna dopo una lunga odissea in mare con i 629 migranti recuperati al largo della Libia e quella - in agosto - di nave Diciotti, rimasta ormeggiata nel porto di Catania per cinque giorni prima di poter sbarcare 137 tra uomini, donne e bambini in fuga da fame e guerre: un "braccio di ferro", quest'ultimo, costato al vicepremier anche le accuse di sequestro di persona, abuso d'ufficio e arresto illegale (per le quali poi a fine ottobre la procura di Catania formulerà richiesta di archiviazione).

Non la prima, e nemmeno l'unica volta, del resto, in cui di migranti negli ultimi mesi si è occupata la magistratura: il sindaco di Riace, Domenico Lucano, papà di un 'modello' di accoglienza conosciuto in tutto il mondo, è finito ai domiciliari - poi revocati - con l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina mentre Medici senza frontiere si è vista sequestrare Aquarius per presunte irregolarità nello smaltimento dei rifiuti di bordo.

Il nuovo governo M5s-Lega ha chiesto sin dai primi giorni del suo insediamento un maggior coinvolgimento dell'Europa, la modifica delle regole di ingaggio di EunavForMed e l'avvio della revisione del Regolamento di Dublino ma il sostanziale stallo di Bruxelles si è tradotto in un'accelerazione degli interventi sul piano interno, con il nuovo disciplinare sull'accoglienza improntato alla filosofia "più controlli meno sprechi" e il decreto approvato definitivamente un mese fa.

Se in passato si spendevano in media fino a 35 euro per immigrato al giorno, nei nuovi bandi è prevista una spesa non superiore ai 26, in alcuni casi ridotta fino a 19 euro: cifre che, secondo gli operatori, rischiano di incidere in modo pesante su quantità e qualità dei servizi e mettono a rischio la sopravvivenza dei centri più piccoli.

Con il decreto sicurezza e immigrazione, invece, è stato abrogato il permesso di soggiorno umanitario, viene ampliato il range dei reati che comportano il diniego alla protezione internazionale, si prevede l'allontanamento del richiedente asilo che commette crimini gravi. E ancora: esclusione del gratuito patrocinio per evitare "ricorsi temerari", prolungamento da 90 a 180 giorni del trattenimento nei Cpr, accesso al circuito Sprar solo per i titolari di protezione internazionale e i minori stranieri non accompagnati.

Un complesso di norme che, secondo gli esperti dell'Istituto per gli studi di politica internazionale, lungi dal risolvere i problemi entro dicembre 2020 farà crescere il numero degli irregolari di "almeno 140 mila unità".
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Da - https://www.agi.it/cronaca/migranti_italia_salvini-4781759/news/2018-12-31/
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« Risposta #22 inserito:: Febbraio 17, 2019, 10:57:28 pm »

Corte dei Conti: "In Italia infrastrutture inadeguate, pesano sulla vita dei cittadini"

Il procuratore generale Alberto Avoli: "Mancati investimenti fanno crescere gap tra Italia e altri Paesi Ue".

Preoccupazione per i conti pubblici: "I prossimi non saranno anni facili"

15 Febbraio 2019

MILANO -  "Il nostro Paese non dispone di un patrimonio infrastrutturale adeguato al suo sistema economico e produttivo". È quanto ha messo in evidenza procuratore generale della Corte dei Conti Alberto Avoli spiegando che questa inadeguatezza si riflette anche sulla qualità di vita dei cittadini in termini di trasporti, viabilità, rifiuti e manutenzione del territorio. Inoltre, ha rilevato Avoli, "la mancanza di congrui investimenti rischia di accrescere ulteriormente il gap" tra Italia e altri Paesi con un peggioramento non solo in termini di competitività ma anche di condizioni sociali della comunità.

Il procuratore ha messo anche in guardia sulla fase delicata per le finanze pubbliche che sta per aprirsi. "Il 2019 e gli anni successivi si presentano non facili per il governo dei conti pubblici", ha detto spiegando che il "ripiegamento" dell'economia internazionale rende "più stringenti i margini delle azioni di riequilibrio del disavanzo e del debito". "In sede programmatica, - ha aggiunto - gli spazi per garantire un percorso di seppur lenta riduzione del debito appaiono molto contenuti, ponendo il Paese in un crinale particolarmente stretto".

Avoli si è soffermato anche su una delle misure bandiera dell'ultima legge di Bilancio, quota 100.  "Le recenti disposizioni in materia previdenziale suscitano notevoli preoccupazioni circa le ricadute sulla organizzazione degli uffici per i vuoti negli organici che presumibilmente si apriranno copiosi nel breve termine". A proposito della misura che consente di anticipare il pensionamento ha spiegato che "tali vuoti tuttavia costituiscono un'occasione unica da non perdere per promuovere il ricambio generazionale nei quadri pubblici con l'immissione in ruolo di risorse portatrici di professionalità specifiche e maggiormente aperte all'innovazione".

Corte dei conti infrastrutture
© Riproduzione riservata
15 Febbraio 2019

Da - https://www.repubblica.it/economia/2019/02/15/news/corte_dei_conti_infrastrutture-219193986/?atier_id=00&ch_id=sfbk&fbclid=IwAR2n8MZ9mormTr0XQbGFNFmkyN_up46fYHP6gdIRXHcdDFuWRb8faS9NDtM&g_id=0&ktgt=sfbk8001000&ref=fbbr&src_id=8001
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« Risposta #23 inserito:: Febbraio 20, 2019, 11:13:02 pm »

La Ponti & C. conosce bene l'alternativa alla Tav (e non passa per l'Italia)

La società Trt, presieduta dal professore che ha curato il dossier costi-benefici voluto dal ministro Danilo Toninelli, studia da anni il traffico transalpino perché lavora per la federazione svizzera

Di Alberto Brambilla
13 Febbraio 2019 alle 08:59

La Ponti & C. conosce bene l'alternativa alla Tav (e non passa per l'Italia)

Roma. L’analisi dei costi e dei benefici per continuare a realizzare la ferrovia ad alta velocità tra Torino e Lione pubblicata dal ministero dei Trasporti e redatta da una commissione di guidata dall’economista Marco Ponti, sconsiglia all’Italia di proseguire l’opera. E quindi di non completare il corridoio ferroviario mediterraneo, ovvero una linea ferroviaria con standard unici che va dalla frontiera con l’Ucraina alla Spagna e che, se bloccata in Italia, non raggiungerebbe mai nemmeno la Francia (foto sotto).

Se la valutazione voluta e fatta propria dal ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Danilo Toninelli – esponente del Movimento 5 stelle, partito storicamente contrario alla Tav Torino-Lione – dovesse tradursi in uno stop unilaterale da parte italiana il paese si troverebbe tagliato fuori dalla rete transnazionale di cui l’Unione europea sta cercando di dotarsi tramite finanziamenti cospicui.

Un risultato probabile della conservazione dello status quo sarebbe quello di favorire i paesi dell’arco alpino che non vedrebbero ridurre i flussi del traffico merci e avrebbero necessità di potenziare le loro infrastrutture.

Il trasporto commerciale nell’arco alpino è un tema che Ponti e la sua squadra conosce bene. Ponti è stato professore di Economia e Pianificazione dei Trasporti al Politecnico di Milano e, mentre lavora a titolo gratuito per il governo, è presidente della società Trt Trasporti e Territorio che svolge attività di consulenza per enti locali e società private ed è specializzata nella valutazione economica dei sistemi e delle politiche di trasporto, cioè le analisi costi-benefici. È dal 2016 che la Trt studia il sistema dei flussi del traffico merci transalpino da Ventimiglia a Wechsel, un passo interno all'Austria (foto sopra). Da allora a oggi la società ha infatti, tra i suoi clienti, un organismo congiunto dell’Ufficio federale del trasporto svizzero e della direzione generale mobilità e trasporti della Commissione europea, il Cross Alpine freight transport (Caft), per il quale collabora, come consulente, al progetto Alpine Traffic Observatory (Osservatorio transalpino) con la finalità di collezionare dati e informazioni da rendere disponibili al Comitato di trasporto terrestre Europa-Svizzera (i dettagli sono pubblicati sul sito aziendale della Trt nella sezione “servizi”). Francia, Svizzera e Austria hanno iniziato a collaborare all’Osservatorio dal 1994.

Per la società di Ponti hanno lavorato o lavorano alcuni membri del gruppo di lavoro del ministero dei Trasporti. Riccardo Parolin è fondatore della Trt con Ponti. L’ingegner Alfredo Drufuca è stato membro del cda e responsabile per l’ingegneria dei trasporti di Trt. Il professore del Politecnico di Milano Paolo Beria ha collaborato con Trt ed è attualmente ricercatore nella Bridge Research di cui Ponti è fondatore. Anche Francesco Ramella, professore dell’Università di Torino e ricercatore dell’Istituto Bruno Leoni nonché collaboratore del Foglio, è ricercatore presso la stessa società di analisi con sede a Milano.     

Alla redazione del rapporto annuale 2016 dell’Osservatorio euro-elvetico, pubblicato sul sito dell’Ufficio dei trasporti svizzero, hanno collaborato per Trt Enrico Pastori e Giancarlo Bertalero (attualmente non più in organico, stando al sito aziendale). Nel rapporto annuale si evidenzia l’impatto sui volumi di traffico delle “restrizioni sull'infrastruttura ferroviaria” che inducono a ipotizzare che “i volumi di trasporto per ferrovia in Svizzera saranno piuttosto al ribasso” in futuro. Non ci sono consigli di policy ma si sottintende un potenziamento infrastrutturale.

Un punto, quest’ultimo, chiarito da un articolo pubblicato sul sito specializzato in traffici commerciali Ship2Shore in merito ai risultati del 2017 pubblicati dall'Osservatorio transalpino nel quale si sottolinea come “la prevalenza del trasporto stradale ed effetti dell’inefficienza di parte della rete ferroviaria esistente sono dati di fatto che i rapporti Caft  evidenziano sui quali dovrebbe riflettere chi continua a sostenere che gli investimenti nelle infrastrutture primarie di trasporto non sono necessari”.

I rapporti Caft (foto sotto) sono quelli per cui la Trt di Ponti raccoglie dati e informazioni. La sua squadra al ministero dei Trasporti, però, non arriva alle stesse conclusioni quando si tratta di consigliare il governo italiano.

  Alberto Brambilla
Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.

Essendo stato per più di 30 ricercatore presso l'Enea, mi permetto di ricordare che l'ente negli anni passati fu spesso coinvolto come consulente tecnico per esprimere i suoi pro e contro sui sistemi di trasporto alternativi. Ricordo che allora era la Fiat il primo e più acerrimo nemico dello sviluppo della ferrovia perché ovviamente vedeva ledere i suoi interessi quale produttore di auto e camion. Gli argomenti principali dei sostenitori della ferrovia erano principalmente basati sull'inquinamento prodotto dal trasporto di gomma, problema ambientale che non mi sembra oggi superato. Ora va bene che ognuno di noi esprima la propria opinione pro e contro la Tav, che fino a prova contraria è meno inquinante degli autocarri che verrebbe a sostituire, ma far prevalere in un'analisi costi benefici il mancato introito di pedaggi stradali, basati su ipotesi di traffico da qui a 30 -40 anni, tanto è l'orizzonte temporale per un'analisi costi benefici, mi sembra veramente demagogico.

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Rispondigiantrombetta
13 Febbraio 2019 - 10:10

Complimenti grati, caro Brambilla. Forse sarebbe il caso che Il Foglio si facesse promotore dell’affidamento di uno studio su costi e benefici dell’introduzione del cosiddetto reddito di cittadinanza e della quota 100 per le pensioni. Mi permetto di suggerire che tale studio potrebbe utilmente essere affidato all’Istituto Bruno Leoni, che magari anche lei conosce.

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Rispondiguido.valota
13 Febbraio 2019 - 09:09

Gli altri, sempre gli altri. Colpa degli altri, i soldi degli altri, M5$ è ossessionato dagli altri. Anche i conflitti di interesse sono sempre quelli degli altri.

Da - https://www.ilfoglio.it/economia/2019/02/13/news/la-ponti-c-conosce-bene-l-alternativa-alla-tav-e-non-passa-per-l-italia-237736/?fbclid=IwAR18Npzfy0bIPsU162865P4SR3KAwI7kEoM-Z2o2FW_yNnlg4u-aFZllR50
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« Risposta #24 inserito:: Aprile 28, 2019, 12:19:28 pm »

La Pasqua social di Matteo Salvini: preghiere per lo Sri Lanka, polenta e una foto col mitra

In una foto pubblicata su Facebook dal suo responsabile della comunicazione Luca Morisi, il vicepremier impugna un mitragliatore: “Siamo armati e dotati di elmetto”.

La reazione di Saviano: “Va denunciato per istigazione a delinquere”

Pubblicato il 21/04/2019 - Ultima modifica il 21/04/2019 alle ore 17:37

BRUNO RUFFILLI

La macchina della propaganda leghista non si ferma mai, neppure a Pasqua. Così Matteo Salvini posta su Facebook nell’ordine: un augurio a “tutti gli uomini e donne in divisa, orgoglio italiano nel mondo”, con video, poi un bel disegno colorato dal figlio di sei anni, quindi una foto di una Madonna caduta dall’altare di una chiesa di Colombo. “La preghiera, mia, del governo e di tutti gli Italiani, per i morti innocenti massacrati dai terroristi in SriLanka” è il commento del vicepremier.

E ancora: una foto con asinello, incontrato durante la “biciclettata” prima di pranzo, quindi un mezzobusto sorridente e un po’ photoshoppato dove dichiara di non mollare di un centimetro (forse, ma è un rebus figurato e nell’immagine si vede un metro per sarti). Alle 15:30, in una foto dalla costruzione assai ardita, il faccione del Ministro dell’Interno è pericolosamente vicino a un torrente di polenta (“È tempo di polentaaaaa”). Segue video con il pubblico incontrato a Perugia qualche giorno fa.

Insomma, una giornata normale da social network di un divo della politica spettacolo, con 3,5 milioni di like. Meno normale è invece la foto che appare sulla pagina Facebook di Luca Morisi, spin doctor del leader della Lega, dove Matteo Salvini ha in mano un mitra. Morisi scrive questo post: “Vi siete accorti che fanno di tutto per gettare fango sulla Lega? Si avvicinano le Europee e se ne inventeranno di ogni per fermare il Capitano. Ma noi siamo armati e dotati di elmetto! Avanti tutta, Buona Pasqua!”.

Le reazioni politiche
Sul social network le condivisioni si moltiplicano, anche se i commenti non sono molti, e nessuno che segnali la benché minima incongruenza tra il mitra e la giornata di Pasqua. Per non dire del fatto che l’immagine - con ogni probabilità non di questi giorni - ritrae il Ministro dell’Interno maneggiare un’arma pericolosa in quello che è evidentemente un luogo pubblico. Se la base leghista apprezza, le critiche arrivano dai politici: “Un consigliere del ministro dell’interno non si può permettere di scrivere sui social `noi siamo armati´, postando una foto su Facebook con Salvini con un mitragliatore in mano. Ha lanciato un messaggio minaccioso, pericoloso, istigatore di possibili future violenze”, a afferma Nicola Fratoianni de La Sinistra. “Questo Paese non può permettersi un personaggio simile al Viminale. Non basta che cancelli il post - conclude Fratoianni- Venga subito allontanato”. E il segretario della Fim Cisl Marco Bentivogli si domanda: “Ma un metalmeccanico, con i soldi pubblici, deve pagare lo stipendio di Luca Morisi?

Ancora: “Salvini prenda le distanze dal post che il suo social media manager ha pubblicato. Lo faccia immediatamente e con chiarezza. Il ministro dell’interno non può permettere che oggi si istighi alla violenza, specie sui social. Non c’è nessuna guerra in corso contro la lega, né bisogno di armarsi con mitra ed elmetto”, dichiara Pina Picierno, europarlamentare del Pd. “Salvini lo spieghi a Morisi. La politica è fatta anche e sopratutto di critiche. È la democrazia ed è ora che anche gli amici del ministro che evidentemente non hanno chiaro il loro ruolo istituzionale, seppur pagati con soldi pubblici, inizino a portare rispetto verso i cittadini di questo Paese”. “Morisi si vergogni - continua Picierno - e chieda scusa. Più che armarsi di elmetto consiglio vivamente di armarsi di cervello”. E la vicesegretaria del Pd, Paola De Micheli, commenta: “La tragedia di un uomo ridicolo che avverte di aver fallito. Ipocrisie per nascondere che in Italia non c’è più lavoro”, dice.

Ironico Massimiliano Smeriglio, candidato alle elezioni europee nelle liste del Pd: “Matteo Salvini con quel mitra in mano sembra il sergente delle Sturmtruppen. Se non fosse il ministro dell’Interno della Repubblica Italiana sarebbe solo un’immagine ridicola e patetica e non un’inaccettabile provocazione nel giorno, già funestato dall’attentato in Sri Lanka, in cui gli italiani cercano pace e serenità familiare”.

Il commento di Roberto Saviano
Molto diretto Roberto Saviano, sempre su Facebook: “Questo signore, pagato con i nostri soldi, è quello che suggerisce al Ministro Della Mala Vita i suoi rutti sui social. Oggi, con questo post, Morisi decide di minacciare l’opposizione al MinistroDellaMalaVita con un’immagine che lascia poco all’immaginazione: Salvini armato e con dietro uomini in divisa. Messaggio chiaro per chiunque lo critichi. Messaggio eloquente e agghiacciante. Luca Morisi è una persona pericolosa, ma di questo pericolo dovrebbe occuparsi il suo datore di lavoro. Difficilmente lo farà”. Lo scrittore prosegue: “Ma noi, Morisi non abbiamo paura. Un giorno lei risponderà del male che sta seminando. Nel frattempo spero che qualcuno la cacci via e la processi per istigazione a delinquere, reato procedibile d’ufficio e che quindi ognuno di noi può denunciare. Vi invito a farlo”.

“Un post grave, inaccettabile e disgustoso, che va portato all’attenzione dei magistrati. Ha ragione Roberto Saviano: Luca Morisi, lo spin doctor di Salvini, incita alla violenza verso gli avversari politici mostrando sui social la foto del ministro dell’Interno armato, con tanto di affermazione in cui sostiene che loro sono ’armati’ contro gli attacchi. Ci sono davvero i presupposti per il reato di istigazione a delinquere”. Lo dichiara Beatrice Brignone, segretaria di Possibile e candidata di Europa Verde nella circoscrizione Centro alle prossime Europee.

“Se questo è il livello della propaganda - aggiunge Brignone - c’è davvero da preoccuparsi dello stato di salute della democrazia. La campagna elettorale deve avere dei limiti di buonsenso, proprio quello a cui finge spesso di appellarsi il ministro dell’Interno. Con un sussulto spero che Salvini possa prendere le distanze dal gesto del suo collaboratore. Ma temo che questa assunzione di responsabilità non arriverà mai”.

D’altra parte, se volessimo mettere da parte considerazioni etiche e di opportunità, il lavoro di Morisi è esattamente questo: far sì che non passi giorno senza che si parli di Matteo Salvini. E anche oggi ci è riuscito.
Licenza Creative Commons

https://www.lastampa.it/2019/04/21/italia/la-pasqua-social-di-matteo-salvini-preghiere-per-lo-sri-lanka-polenta-e-una-foto-col-mitra-lBiwKDt3fV9DeW8Q6xXApO/pagina.html
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« Risposta #25 inserito:: Giugno 03, 2019, 01:58:26 pm »

POLITICA
01/06/2019 15:18 CEST | Aggiornato 17 ore fa

Lo Stato maggiore della Difesa: "2 giugno festa di tutti. Ci dissociamo da polemiche"

E sulla questione interviene anche padre Zanotelli, che gli ex generali che diserteranno l'evento dice: "Non si sentano sminuiti, ascoltino la Costituzione"

HuffPost
Alla vigilia della festa della Repubblica continuano le polemiche sulla partecipazione alla storica parata delle Forze Armate. La tradizionale manifestazione che si svolge in via dei Fori imperiali a Roma sarà disertata da alcuni ex generali. Un gesto, quello di Vincenzo Camporini, Leonardo Tricarico e Mario Arpino, motivato dal disaccordo con la politica che il governo pone in essere nei confronti delle Forze Armate. Lo Stato maggiore della Difesa, però, prova a placare il polverone e si tiene a distanza dalle esternazioni dei tre ex generali: “Lo Stato Maggiore della Difesa si dissocia da ogni polemica o presa di posizione personale che possa minare la coesione politico-istituzionale necessaria per il regolare svolgimento dei compiti propri delle Forze Armate”, si legge in una nota.

Il documento continua: “Il 2 giugno deve essere un giorno di festa. Anche quest’anno la rivista, con il tema dell’inclusione scelto dal Ministro della Difesa, vuole testimoniare come questa giornata rappresenti la festa di tutti, militari e civili che fanno parte delle componenti attive dello Stato, accomunati dagli stessi intenti e valori”.

Sul tema interviene anche uno storico pacifista, padre Alex Zanotelli: “Voglio ricordare ai generali del gran rifiuto che il 2 giugno è la festa della Repubblica, non quella delle Forze armate”. Padre Alex Zanotelli definisce “pretestuosa” la protesta.

” È grave che adesso i generali si sentano sminuiti o altro. Le Forze armate devono ascoltare la Costituzione che dice che l’Italia ripudia la guerra”, continua, interpellato dall’AdnKronos.

Per il missionario l’esecutivo non pone in essere politiche pacifiste, anzi, lui è convinto del contrario. “Magari fossimo davanti ad un governo pacifista - osserva padre Zanotelli -. Il problema però è un altro perché questo governo è assolutamente andato avanti ad armare a più non posso. È appena stata varata una nave militare a Trieste che costa un miliardo e trecento milioni. Non vedo un minimo di pacifismo in questo governo. Va detto che ci sono due anime nel governo: Salvini e la Lega, legatissimi alle armi. Poi il M5S che prima parlava di Stato contro le armi e ora non fa nulla. Chi governa però ora è Salvini, non Di Maio. Dunque di che si lamentano i generali? Magari ci fosse un pò di pacifismo, io vedo invece che si va avanti sulle armi, anche su quelle leggere, di cui si parla pochissimo”.

Da - https://www.huffingtonpost.it/entry/zanotelli-ai-generali-che-disertano-la-parata-il-2-giungo-e-la-festa-della-repubblica-non-delle-forze-armate_it_5cf27838e4b0e346ce7eda27?ncid=other_facebook_eucluwzme5k&utm_campaign=share_facebook&fbclid=IwAR1LqFeJt92PF65490hexQIeYM-pzNwpD8ZAOxvlRmPVEWwO9Q-RllmYy8A
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« Risposta #26 inserito:: Giugno 03, 2019, 02:00:04 pm »

Cosa dicono i giornali del trionfo della Lega e del crollo di M5s

I quotidiani analizzano il voto alle Europee che premia Salvini e punisce Di Maio.

E tutti sono concordi su un dato: nulla sarà più come prima

Di ALBERTO FERRIGOLO 27 maggio 2019, 06:54

C’è l’Europa ma c’è anche l’Italia. E i titoli delle prime pagine dei quotidiani sono tutti dedicati al fattore interno, al quadro nazionale. Ai partiti e di riflesso al governo. “La Lega vola, il Pd supera il M5S” fotografa e sintetizza il Corriere della Sera. “Governo addio” titola, lapidario, Il Giornale. “Comanda Salvini. Crollo 5 Stelle col soprasso del Pd” entra nel merito, tra cause ed effetto, il Fatto Quotidiano. “Salvini sfonda, Di Maio affonda” ironizza Libero evidenziando nell’occhiello il dato essenziale: “Lega primo partito d’Italia”. “Ombre nere” scrive a caratteri cubitali la Repubblica. “Amen” chiude il manifesto sull’immagine di un Matteo Salvini a mani giunte. E del resto, da quasi tutte le prime pagine l’immagine del leader del Carroccio campeggia mentre ribacia il rosario, in alternativa a quella in cui invece è ritratto mentre esibisce un cartello con su scritto: “1 partito in Italia. Grazie”.

I dati caratterizzanti di questo voto europeo dai forti riflessi interni, nazionali e anche “nazionalisti” è che di fatto l’Europa non si astiene, va a votare anche in maniera più consistente e partecipata e così sale l’affluenza e pure la frammentazione del Parlamento che perde di fatto la sua vecchia maggioranza data dall’asse Ppe-Socialdemocratici. Volano i Verdi e crescono i Liberali mentre il voto spagnolo al Psoe frena la discesa dei socialisti.

Ma le destre vincono in Italia, Francia e Ungheria. Quindi l’incoronato è Salvini, che svetta sopra il 30%, 34 secondo le edizioni online, Forza Italia scende sotto il 10 per cento, i 5Stelle crollano al 18 a vantaggio del Pd che sale al 22. Ma i dati sono ancora parziali, spesso hanno fonti diverse e in qualche caso si confondono ancora tra proiezioni ed exit poll.

Comunque tendenza è in qualche misura segnata. E se guardiamo al dato eminentemente nazionale, “L’Europa ci consegna un’Italia più salviniana e meno grillina; ma forse meno populista e sovranista del previsto, nonostante il grande successo della Lega. E una maggioranza che, con i rapporti di forza invertiti, si profila più fragile. Con lo spoglio quasi terminato non è chiaro se le due formazioni dell’esecutivo raggiungeranno insieme più del 50 per cento” sintetizza sulla prima pagina del Corriere l’editorialista Massimo Franco. Ma è Salvini a esultare e dettare anche la nova agenda di governo, dove d’ora in poi dovranno prevalere i Sì sui No. E l’indirizzo è chiaro. Questo porterà anche a un riequilibrio dei rapporti di forza dentro al governo?

La Lega oltre il 34%, M5s si ferma al 16,9 e il Pd sfiora il 23%. Come sono andate le Europee
Alla domanda risponde sin dal titolo il commento di Stefano Folli su la Repubblica, “Il governo ribaltato”, e dove si può leggere che “ci si attendeva che le elezioni cambiassero la geografia politica italiana, sullo sfondo di un’Europa in subbuglio, e così è stato. Come si dice in questi casi, nulla sarà più come prima. La vittoria della Lega ben oltre il 30 per cento, unita al crollo del M5S crea un distacco di circa 12 punti tra i due partiti della coalizione. Non è la sola novità, ma è la più esplosiva, considerate le conseguenze sulla stabilità del governo Conte”. E il paradosso di queste elezioni “è che rinasce dalle ceneri la vecchia coalizione tra Carroccio, Forza Italia e FdI. Una formula che negli ultimi anni sembrava estinta” scrive Claudio Tito nel commento “Il Capitano al bivio”.

Su La Stampa, versione cartacea, Marcello Sorgi dichiara “Salvini il grande vincitori delle elezioni europee in Italia” ma si chiede anche il perché allora “in molti dei primissimi commenti della notte elettorale, specialmente televisiva, “s’è affacciata la versione di un risultato non così soddisfacente per Salvini, del ‘poteva fare di più’, o ‘si aspettava di più’, ‘puntava al 40 per cento, come Renzi’, e così via, in aperta contraddizione con la soddisfazione espressa legittimamente dal vincitore?”.

Che, peraltro, “ha quintuplicato i voti della Lega rispetto alle stesse consultazioni del 2014, quasi raddoppiato rispetto all’anno scorso, ulteriormente ridimensionato l’ex leader del centrodestra Berlusconi, e trovato un potenziale e più consistente alleato nella Meloni e i suoi Fratelli d’Italia, dati a rischio di finire segati dallo sbarramento del 4 per cento e invece abbondantemente al di sopra” dopo aver “capovolto i rapporti di forza con l’alleato avversario Di Maio, che si lecca le ferite di un terzo dei consensi perduti”.

 Salvini Lega europee
La risposta di Sorgi è. “Un po’ perché, si sa, l’invidia è dura a morire, e sebbene amato dai suoi elettori, Salvini è sempre stato inviso a gran parte dell’establishment, quello istituzionale con il quale, a differenza di Di Maio che lo ha fatto a intermittenza, non ha mai o quasi mai cercato un rapporto, e quello della sua stessa parte politica, per non dire di un pezzo importante del partito nordista, espressione delle radici della vecchia Lega e dubbioso sull’espansione a livello nazionale di quella nuova”.

Ciò che fa scrivere ad Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale, che “più o meno, è andata com’era stato anticipato dai sondaggi pre elezione e le urne confermano per l’ennesima volta che l’unica maggioranza politica e non artificiale possibile in Italia è quella del vecchio centrodestra, sia pure con la non trascurabile novità, e conferma, di una guida leghista. Lo sconfitto principe è Luigi Di Maio, il professorino che annunciò dal balcone di avere cancellato la povertà e che annunciò un boom economico per il 2019 lascia sul campo in un solo anno oltre quattro milioni di voti. Matteo Salvini ne deve prendere atto, perché non sta in piedi che quello che nel Paese reale è oggi il terzo partito - i Cinque Stelle - sia l’azionista di maggioranza in Parlamento e nel Paese”.

E infatti, Libero Quotidiano titola così l’editoriale firmato da Vittorio Feltri, ultrà salviniano: “Segnale clamoroso: Matteo ora deve passare all’incasso”. “La Lega è potente perché tiene fede agli impegni. Alleata del M5S e talvolta costretta a piegarsi ai capricci terroni di Di Maio, è riuscita comunque a tenere la schiena diritta e a non cedere su alcuni punti fondamentali, per esempio la immigrazione incontrollata e la legittima difesa, e ciò non è poco. Mentre i pentastellati col loro reddito di cittadinanza da straccioni e altre bischerate, come la abolizione della prescrizione, si sono rivelati personaggetti abili solo nell’arrampicarsi sugli specchi” è il cuore del suo pensiero.

E adesso per il governo cominciano i guai. Tanto che Alessandro Campi, sul Messaggero, sottolinea che con pesi così ribaltati, la rotta nel governo si fa complicata. Tanto che il quotidiano della capitale dedica un pagina a “Ora come cambia l’agenda” dell’esecutivo dalla Tav, visto che dalle urne è arrivata una spinta “al via libera”, tanto più che al vertice della Regione Piemonte si è imposto Cirio, candidato di Forza Italia, sul governatore del centrosinistra uscente Chiamparino che non raggiunge il 40 per cento dei consensi, nonostante la linea pro-Tav; quindi sulla manovra, dove si va verso lo scambio tra flat tax e cuneo fiscale; oppure sulla sicurezza, dove è pronto l’ok al decreto bis sui migranti; e poi c’è il Sud in cui la freddezza dei 5Stelle frena l’autonomia mentre Roma diventa un fronte trasversale per affossare la Giunta pentastellata. Infine la giustizia, con l’urgenza di cambiare il processo.

Sul Governo Conte, Marco Travaglio su Il Fatto, scrive che “non aveva alternative ieri e ne ha ancor meno oggi. In questa legislatura. Forse Salvini e la Meloni speravano di spartirsi le spoglie del fu Caimano: crescono entrambi ma FI sopravvive, sia pur dimagritissima, oltre ogni aspettativa, viste le condizioni del leader e del partito. Quindi delle due l’una: o Salvini fa saltare il banco e si presenta con la Meloni (da soli, supererebbero il fatidico 40% del Rosatellum); o lascia Conte dov’è e pretende un rimpasto e un nuovo Contratto per contare di più, almeno fino a dopo la finanziaria per evitare un nuovo boom dello spread. Sull'altro fronte, i suoi avversari devono guardarsi dall'accelerare la crisi e il voto subito. Sperare che Salvini si logori. E cercare intese parlamentari su leggi utili e popolari, per costruire un'alternativa. Sempre più difficile, sempre più doverosa”.

Ma per Il Foglio, nella sua edizione largamente preconfezionata del lunedì, Salvini viene presentato da Pietrangelo Buttafuoco come il “Sovranista senza sovranità”. Cioè come “un padrone della scena, che non cessa di essere se stesso passando da un’idea all’altra”. Ovvero, “si adatta all’Italia ma ancora non si sa se l’Italia si sta adattando a lui”. Il voto di ieri sembrerebbe smentirlo.
---
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it.
Se invece volete rivelare informazioni su questa o altre storie, potete scriverci su Italialeaks, piattaforma progettata per contattare la nostra redazione in modo completamente anonimo.

Da - https://www.agi.it/politica/europee_lega_m5s_giornali-5548816/news/2019-05-27/
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« Risposta #27 inserito:: Giugno 11, 2019, 11:27:40 pm »

POLEMICHE

M5S, le case degli uomini di Casaleggio pagate coi fondi pubblici del Senato
I Cinque Stelle hanno speso 160 mila euro per gli appartamenti dello staff comunicazione, 40 mila dei quali per il solo alloggio di Rocco Casalino, l’ex del Grande fratello. Anche se la normativa prevede che i soldi siano usati per “scopi istituzionali”

DI PAOLO FANTAUZZI
10 marzo 2015

M5S, le case degli uomini di Casaleggio pagate coi fondi pubblici del Senato
Contro gli affitti d’oro di Montecitorio il Movimento cinque stelle ha condotto una delle sue più popolari battaglie. Al motto di “Basta milioni spesi per gli uffici parlamentari, anche gli onorevoli devono fare la loro parte” (e stringersi se necessario), la Camera ha alla fine rescisso parte dei contratti di locazione sottoscritti con la società Milano 90 dell’immobiliarista Sergio Scarpellini. Non a caso il deputato Riccardo Fraccaro, protagonista della “campagna” in Ufficio di presidenza, l’ha definita «una delle più grandi vittorie politiche del Movimento».

Solo che nel loro piccolo anche i grillini, che rivendicano orgogliosamente la loro diversità e morigeratezza, rischiano di impantanarsi proprio su una vicenda immobiliare. Dall’inizio della legislatura, ha ricostruito l’Espresso, al Senato hanno speso infatti 160 mila euro per pagare l’affitto di casa ai dipendenti della comunicazione, la cinghia di trasmissione tra lo staff della Casaleggio associati a Milano e il gruppo parlamentare di Palazzo Madama. Un manipolo di fedelissimi (qualcuno è arrivato a Roma direttamente dalla srl del guru), scelti "su designazione di Beppe Grillo" come recita il codice di comportamento degli eletti e che si è accasato in una delle più belle zone di Roma, compresa fra il Pantheon e via Giulia.

DI CASA IN CASA
L’affittuario più noto è il coordinatore dello staff Rocco Casalino, divenuto celebre come inquilino di un’altra casa: quella del Grande Fratello (all'interno della quale, in tempi pre-Movimento, si dichiarava convinto sostenitore di Rifondazione comunista). Quando a fine 2012 provò a candidarsi per le elezioni regionali in Lombardia, ai militanti che lo criticavano sul blog per il suo passato televisivo rammentò la dura infanzia in Germania, in un piccolo appartamento dove il padre "per risparmiare non accendeva mai i riscaldamenti".

Tempi quanto mai lontani, fortunatamente: dall’estate del 2013 l’ex gieffino ha trovato insieme a un collega il suo buen ritiro al quinto piano di un bellissimo palazzo secentesco in via di Torre Argentina, fatto costruire da una nobile casata viterbese e da due secoli di proprietà di una storica famiglia romana. Una stupenda casa a due passi dal Pantheon: per le sue due camere, il salone e i due bagni il gruppo parlamentare ha speso finora 40 mila euro di affitto.

Altri 50 mila euro, invece, sono andati per la pigione di un grande appartamento abitato fino allo scorso autunno da altri tre dipendenti. Compreso - a quanto risulta a l’Espresso - il fedelissimo Nik il Nero, il camionista-videomaker divenuto celebre per i suoi editoriali politici girati nella cabina del suo tir . Anche in questo caso, un’abitazione assai blasonata: è infatti del conte Emo Capodilista, che - ironia della sorte - essendo fra i proprietari di Palazzo Grazioli, è anche padrone di casa di Silvio Berlusconi .

Prima di lasciare Roma per Bruxelles, invece, il precedente capo della comunicazione Claudio Messora viveva in un grazioso monolocale dietro piazza Navona, anche questo all'interno di uno splendido palazzo nobiliare: 1.600 euro al mese per un quinto piano con angolo cottura. In tutto, circa 26 mila euro di affitto. Andati a un altro proprietario dal sangue blu: una nobildonna appartenente alla famiglia dei marchesi di Sambuci, sposata col discendente di una famiglia di conti partenopei di antico lignaggio.

FONDI PUBBLICI, ALLOGGIO PRIVATO
Solo nel 2014, ha ricostruito l’Espresso, il Movimento cinque stelle ha speso 100 mila euro per le case dei dipendenti della comunicazione. Ai quali vanno aggiunti altri 52 mila nel 2013, 8 mila di agenzia e altri 5 mila di utenze domestiche. Totale: 165 mila circa. Forse troppo per gli stessi grillini, visto che negli ultimi mesi è andata in scena una “spending review” che dovrebbe consentire loro di spendere meno per l’anno in corso: alla fine dell’anno scorso le case affittate erano cinque, i dipendenti che ci vivevano erano sei, e costavano 6.291 euro al mese.

Ma se l’attenzione che i Cinque stelle riservano ai loro dipendenti è lodevole, il problema è che si tratta di fondi pubblici. Il Senato infatti eroga ai gruppi parlamentari una somma in base alla loro consistenza (2,5 milioni l’anno nel caso del M5S) ma i contributi, recita il regolamento all’articolo 16 , “sono destinati esclusivamente agli scopi istituzionali riferiti all'attività parlamentare e alle attività politiche ad essa connesse (…) nonché alle spese per il funzionamento dei loro organi e delle loro strutture, ivi comprese quelle relative ai trattamenti economici del personale”.

Insomma, in teoria il denaro non potrebbe essere utilizzato per stipulare contratti di locazione a uso abitativo ma solo per pagare gli stipendi dei dipendenti. Se poi il Movimento ritenesse la casa un benefit indispensabile, potrebbe sempre aggiungere un extra in busta paga. Come accade alla Camera, dove per alcuni dipendenti è previsto un rimborso a piè di lista per l’affitto (peraltro sottoposto a tassazione). E che l’alloggio non rientri nelle fattispecie previste sembra confermarlo indirettamente il fatto che l’anno scorso questa spesa è stata inserita sotto la voce “godimento di beni terzi”. «Era quella che ci si avvicinava di più» spiega a l’Espresso il senatore Giuseppe Vacciano, ex tesoriere del gruppo: «E comunque quella dell’affitto è una clausola prevista nel contratto come fringe benefit, penso ci sia poco da fare…».

RISCHIO RESTITUZIONE
Nel 2014 il rendiconto del M5S ha superato il controllo di conformità ma la società di revisione (la Bdo) ha rammentato nella sua relazione come “la verifica dell’inerenza delle spese documentate agli scopi istituzionali per i quali i contributi sono erogati ai gruppi parlamentari è demandata al Collegio dei questori ed esula dalla nostra attività”.

Le cose adesso potrebbero cambiare e sul prossimo rendiconto rischia di abbattersi la censura dei tre senatori chiamati a controllare i bilanci dei gruppi (una è la grillina Laura Bottici), che pure lo scorso anno non hanno sollevato obiezioni. «Di recente c’è stata una segnalazione su questo aspetto e, se fosse confermata, siamo intenzionati a chiedere chiarimenti espliciti e approfondimenti» dice a l’Espresso il senatore-questore Lucio Malan. "Il rischio, nel caso le motivazioni addotte dal Movimento cinque stelle non venissero accolte, è che al gruppo siano decurtati i soldi spesi finora per i contratti di locazione".

© Riproduzione riservata

Da - http://espresso.repubblica.it/palazzo/2015/03/09/news/m5s-la-casa-agli-uomini-di-casaleggio-la-paga-il-senato-con-i-fondi-pubblici-1.202982?fbclid=IwAR23a_XaABYKLJ7FVEJBt7py8wCNyOqvsM1lqc_FqgqkQH9KUOOizJhEQP8
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« Risposta #28 inserito:: Giugno 11, 2019, 11:44:03 pm »

Decreto sicurezza, ora i mafiosi potranno ricomprarsi i beni confiscati

Politica | 12 Novembre 2018

 Marco Brando
Giornalista e scrittore

È sufficiente fare la voce grossa con i migranti, trasformati in un’emergenza che non c’è e in un capro espiatorio, e fingere che non esistano altri problemi per la sicurezza degli italiani. Così il ministro dell’Interno Matteo Salvini – leader della Lega di ultradestra e (vice)premier – è riuscito a fare approvare anche dai pentastellati il suo Decreto sicurezza: il Senato gli ha già dato ragione; presto toccherà alla Camera, pare il 23 novembre. Intanto Salvini con quel decreto ha fatto scomparire per magia un’emergenza vera, quella rappresentata dalle mafie italiane. Eppure queste possono contare, ogni anno, su circa 150 miliardi di ricavi e, a fronte di poco più di 35 miliardi di costi, su utili per oltre 100 miliardi. Roba da fare invidia ai colossi europei dell’energia.

Andiamo per punti. Prima di tutto, Salvini nel decreto non si occupa delle cosche, perché evidentemente non ritiene che minaccino la sicurezza. D’altra parte, da qualche anno, i mafiosi non fanno stragi, sanno come votare, cercano di passare inosservati. Quindi non ci rendono “insicuri”. Pertanto – siccome un decreto legge si fa quando ci sono i presupposti di necessità e urgenza – non citare i boss significa considerarli un problema secondario. Al contrario, chi vive nei territori in cui questi incombono è ben consapevole del fatto che sono al lavoro, eccome. Silenziosamente le mafie riciclano – corrompendo chi è necessario corrompere – centinaia e centinaia di milioni nel cuore delle città d’Italia e d’Europa: acquistano ristoranti, negozi, hotel, palazzi, farmacie, imprese. Indisturbate o quasi, nonostante alcune inchieste e processi in corso nel Nord della Penisola, un tempo caro alla vecchia Lega, mostrino quanto siano in forma pure a quelle latitudini.

Però, nel decreto Salvini introduce una novità: la possibilità di vendere anche a privati i beni confiscati ai clan. Secondo Enzo Ciconte – fra i massimi esperti in Italia delle dinamiche delle grandi associazioni mafiose, docente universitario di Storia della criminalità organizzata – è “un segnale molto pericoloso”. Spiega: “Chi conosce le dinamiche mafiose sa bene che mettere in vendita questi beni significa offrire su un piatto d’argento la possibilità ai mafiosi di riacquistarli. Se ciò avvenisse – e con molta probabilità avverrà – lo Stato ne risulterebbe sconfitto perché i mafiosi potrebbero dire ai paesani: avete visto? Noi siamo più forti dello Stato. E questa è una verità incontrovertibile. Qualche speculatore potrebbe comprarsi grosse fette di questo patrimonio, magari utilizzando ditte e imprese ‘partecipate’ dal capitale mafioso”.

Il rischio è stato segnalato anche da Libera, cartello di associazioni contro le mafie fondato da don Luigi Ciotti, in un comunicato scritto subito dopo all’approvazione da parte del Senato: “La vendita di quei beni significherà una cosa soltanto: che lo Stato si arrende di fronte alle difficoltà del loro pieno ed effettivo riutilizzo sociale, come prevede la legge. E il ritorno di quei beni nelle disponibilità dei clan a cui erano stati sottratti, grazie al lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura, avrà un effetto dirompente sulla stessa credibilità delle istituzioni. Insomma, un vero regalo alle mafie e ai corrotti”. Gli enti del terzo settore (che perseguono senza finalità di lucro finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale) e il mondo dell’associazionismo da settimane criticano la “liberalizzazione “. Anche perché il terzo settore pare il vero bersaglio (neppure tanto velatamente) del capo della Lega.

Antonio Maria Mira, giornalista esperto di mafia e antimafia, sempre su Avvenire ricorda che il boss Francesco Inzerillo nel 2008 diceva: “Cosa più brutta del sequestro dei beni non c’è”. Quel sequestro è uno strumento nato nel 1982 grazie a Pio La Torre (segretario del Pci siciliano pagò con la vita: è stato assassinato dalla mafia nel 1982, insieme all’autista Rosario Di Salvo); fu rafforzato nel 1996 dalla legge 109, che prevedeva l’uso sociale dei beni confiscati alle mafie. Oggi coinvolge quasi ottocento associazioni (tra cui Libera), cooperative sociali, diocesi, parrocchie, gruppi scout. Ed ecco spuntare il sedicente Decreto Sicurezza, che riprende una proposta avanzata nel 2008 dal ministro leghista dell’Interno Roberto Maroni (governo Berlusconi IV). Le proteste allora la bloccarono. Però (che strano) l’ha ritirata fuori Salvini.

Scrive Mira: “C’è la concreta preoccupazione che i beni messi all’asta non solo siano venduti a prezzi svalutati (chi in certe zone avrà il coraggio di partecipare all’asta per la villa del boss locale?), ma che l’acquisto possa essere realizzato da professionisti, imprenditori, faccendieri, che agiscono formalmente nella legalità, ma in realtà operano per il riciclaggio del denaro sporco (…) Alcune inchieste giudiziarie hanno smascherato i tentativi delle mafie di reimpossessarsi dei beni confiscati (…) Per i mafiosi perdere i beni è una perdita di credibilità, di autorità, di controllo del territorio. Soprattutto se poi vengono utilizzati a fini sociali, dando lavoro pulito ed educando i giovani alla legalità”.

Tuttavia al ministro Salvini che cosa importa? A lui basta fare credere che la sicurezza si tutela esibendo i canini contro i migranti e i rom ed evocando ogni giorno le ruspe. Magari anche facendo dimenticare che la Lega – dall’inchiesta sui fondi pubblici scomparsi agli ultimi successi elettorali – dovrebbe qualche spiegazione. Qualcosa Salvini ne saprà, visto che è stato eletto senatore, con oltre 15mila voti, proprio nella provincia di Reggio Calabria: è uno dei posti in cui la ’ndrangheta qualche preoccupazione la dà ancora.

Politica | 12 Novembre 2018

Da - https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/11/12/decreto-sicurezza-ora-i-mafiosi-potranno-ricomprarsi-i-beni-confiscati/4757697/?fbclid=IwAR2Ns84IA6ePOljqY1iPZQQ-LwmC_Nq0zIX8waI1PfjVXCFOtTzOHl-yM_g
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« Risposta #29 inserito:: Giugno 18, 2019, 10:25:19 am »

Rimpasto e caso Garavaglia. Cosa c'è sul tavolo della Lega
C'è la casella delle politiche comunitarie da riempire ma calano le quotazioni di Borghi e Bagnai. E presto potrebbe scoppiare il caso del viceministro leghista dell'Economia, che rischia una condanna

   Di GIOVANNI LAMBERTI 11 giugno 2019, 22:38
"Alberto Bagnai e Claudio Borghi vogliono restare a fare i presidenti di commissione, non ambiscono ad altro". In questi giorni i 'big' della Lega vengono accostati a poltrone di governo ma qualificate fonti parlamentari del partito di via Bellerio smontano le ipotesi circolate in questi giorni. È vero che c'è la casella delle Politiche comunitarie da riempire ma l'operazione rimpasto è in stand by.

Dalla Lega ribadiscono che non è un tema all'ordine del giorno. Il presidente della Commissione Finanze del Senato non dovrebbe rientrare nella partita mentre risalgono le quotazioni del ministro della Famiglia, Lorenzo Fontana, che potrebbe però anche essere 'dirottato' a Bruxelles nel ruolo di commissario Europeo. Nella rosa dei nomi c'è sempre anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti: "Faccio quello che serve, la mia storia è questa qua. Io non sono quello che comanda: quello che mi chiedono, faccio", ha detto il diretto interessato.

Bagnai? "Non sono stati avanzati nomi e al momento non commento il Fantacalcio. L'unica certezza - ha osservato Salvini - è che a breve si vada a riempire la casellina del ministero delle Politiche comunitarie, visto che sta nascendo la nuova Europa, non è questione di ore, ma il nome arriverà alla fine di un percorso che condivideremo con presidente del Consiglio e il vicepresidente Di Maio".

Garavaglia potrebbe non finire come Siri e Rixi
Ma nel governo potrebbe scoppiare una nuova grana, qualora dovesse essere condannato il viceministro Massimo Garavaglia nel mirino della Corte dei conti per la vendita di Palazzo Beretta a Milano, quando era assessore lombardo all'Economia. Chi ha sentito l'esponente della Lega riferisce della sua preoccupazione per la sentenza attesa per giovedì in tarda mattinata.

Per il momento la linea del Movimento 5 stelle è stata sempre la stessa: sia su Armando Siri che su Edoardo Rixi i pentastellati - a partire da Luigi Di Maio - sono stati netti nel chiedere le loro dimissioni. Ma Garavaglia occupa una casella delicata al ministero dell'Economia. Chiedere un suo passo indietro potrebbe mettere il governo di nuovo in fibrillazione, ecco perché c'è chi nel partito di via Bellerio ipotizza un atteggiamento più morbido del Movimento.

Commissariamento per le leghe regionali?
Venerdì intanto Salvini ha convocato il Consiglio federale. In origine la riunione avrebbe dovuto tenersi per lunedì scorso. All'ordine del giorno l'approvazione del bilancio del 2018 e l'analisi dell'esito delle europee e delle amministrative. È naturale che i big della Lega discuteranno anche come preparare sia le prossime battaglie - a partire dalle regionali emiliano-romagnole in programma in autunno - sia la manifestazione di Pontida, a settembre. Ma nella riunione il segretario del partito di via Bellerio potrebbe cominciare a discutere anche della nuova struttura della Lega, con le ipotesi di commissariamento delle 'Leghe regionali, già emerse in passato, e dare il via al tesseramento del 2019.

"Ci sarà una sorta di fusione tra la Lega nord e 'Lega Salvini premier", sottolinea una fonte parlamentare. Dovrebbe ripartire a breve la nuova fase del tesseramento e occorrerà - spiegano le stesse fonti - anche dare un segnale di discontinuità rispetto alla vecchia gestione, pure per evitare eventuali nuove fibrillazioni. In ballo anche l'ipotesi di una nomina - anche di questo si era vociferato nei giorni scorsi - del coordinatore dei Giovani della Lega Crippa a vice segretario federale.

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