Le sorprese nel derby della protesta
Pubblicato il 01/05/2018 - Ultima modifica il 01/05/2018 alle ore 07:44
SOFIA VENTURA
Costruire è più complicato che protestare e, per di più, il voto di protesta è un voto fluttuante. Il risultato del M5S in Friuli lo dimostra. Rispetto alle regionali del 2013 e alle ultime politiche la lista dei grillini è passata dal 13,75 e dal 24,56% al 7,5%. Il tonfo è troppo netto e la centralità del Movimento e di Di Maio sulla scena nazionale troppo marcata per ridurre quanto avvenuto a un fenomeno locale. Al contrario, la consultazione friulana fornisce alcune indicazioni sulla natura dei 5 stelle e sulle loro prospettive.
In primo luogo, con un apparente paradosso, il crollo conferma il profilo di movimento di protesta. La protesta, infatti, può assumere molte forme e già in passato si sono registrati flussi tra il M5S e la Lega, altro partito che capitalizza sulla disaffezione verso il sistema. Se nel 2013 fu il M5S ad avvantaggiarsi di questa mobilità, nel voto del 29 aprile sembra essere la Lega il beneficiario.
È interessante osservare che nel voto del Molise del 22 aprile il Movimento aveva superato il 30 per cento. Ma il giorno dopo, il 23 aprile, il presidente della Camera Fico riceve un mandato esplorativo per sondare la possibilità di un accordo tra M5S e Pd. Nei giorni successivi si compie lo sforzo di Di Maio per rendere agibile l’accordo, che però non entusiasma parte dei suoi elettori, che vedono concretizzarsi la possibilità di una alleanza con il «partito establishment» per eccellenza. Secondo Demos&Pi la maggioranza degli elettori 5 stelle risulta infatti avversa all’intesa col Pd e più favorevole alla Lega. Il voto di protesta sembra dunque essere in parte scivolato verso le proposte di Salvini (e, probabilmente, anche verso l’astensione), che ha tenuto ferma la propria opposizione ai Democratici: se si mobilita il proprio elettorato contro un «nemico» (il Pd), il semplice «contrordine compagni» è difficile da far digerire quando il voto è sempre più volatile e legato alle issues.
L’entità dello scivolamento ha anche una specificità settentrionale. Già in relazione alle elezioni del 4 marzo l’Istituto Cattaneo aveva osservato come l’avanzata del M5S, imponente nel Sud, non si fosse realizzata nel Nord-Est, dove rispetto al 2013 aveva perso l’1,1% (guadagnando solo lo 0,5 nel Nord-Ovest). La protesta ha anche dei contenuti e quelli della Lega sono evidentemente molto competitivi al Nord. L’apertura ad un partito percepito come insensibile verso le ragioni della piccola impresa, ma anche degli operai, che tra le altre cose temono la concorrenza dei lavoratori stranieri, ha dunque prodotto effetti amplificati in una regione come il Friuli.
Il voto friulano potrebbe dunque essere il segnale dell’ulteriore meridionalizzazione dei Cinquestelle. Esso, inoltre, evidenzia i problemi che incontra un partito che si connota come una macchina di rilevazione delle opinioni per costruire il consenso (una natura, questa, messa in luce, ad esempio, da Empoli ne «La rabbia e l’algoritmo» e da Iacoboni ne «L’esperimento») quando è costretto a compiere delle scelte. Scegliere, anche un alleato, accontenta taluni e scontenta altri e la pretesa di tenere dentro tutto si scontra con gli interessi divergenti che pure esistono sotto l’ombrello dell’anti-establishment.
Dopo il no definitivo all’alleanza espresso da Renzi due sere fa da Fabio Fazio e la débâcle friulana, in un video su Facebook Di Maio ha accusato gli altri partiti di non volere il «governo del cambiamento» e chiesto di andare a elezioni. Cerca di uscire dall’impasse, ma le contraddizioni di questa sua «prima mano» potrebbero pesare sul prossimo «secondo turno» elettorale.
Licenza Creative Commons
Alcuni diritti riservati.
Da -
http://www.lastampa.it/2018/05/01/cultura/le-sorprese-nel-derby-della-protesta-iFgwMw4BOYgvfvowtPRHSO/pagina.html