L’INFLUENCER MARKETING È UNA BOLLA CHE PRIMA O POI SCOPPIERÀ?
ANDREA BOSCARO
13 aprile 2018
Lo scorso gennaio un hotel di Dublino ha pubblicamente accusato una travel blogger pubblicando la sua offerta di visibilità in cambio dell’ospitalità presso la struttura: la circostanza ha avuto una certa eco per la reazione stizzita dell’albergo, ma anche per la necessità di comprendere meglio l’apporto dei cosiddetti influencer data la difficoltà a misurare le loro attività secondo i metodi classici del marketing digitale.
Anche nel rapporto con i loro follower, gli influencer rischiano di perdere credibilità: lo scorso autunno Sara Melotti, un’influente travel-blogger, ha raccontato come il cambiamento dell’algoritmo di Instagram abbia influito sulle sue scelte editoriali e – è la sua accusa – anche sul modo con cui altre influencer del settore abbiamo messo in secondo piano il racconto personale per sostituirlo con un atteggiamento più in linea con i requisiti dell’algoritmo e tale da mettere in luce più le attività di sponsorizzazione da parte delle imprese.
Se pensiamo a quello che avvenuto in settori come il fashion e il food, gli influencer hanno applicato al meglio le tecniche del marketing digitale come l’indicizzazione sui motori di ricerca e la predisposizione di un efficace storytelling su YouTube e sui social media, ma hanno soprattutto fondato il proprio successo sulla capacità di raccontare in presa diretta la propria esperienza personale intercettando il calo di fiducia che i lettori dimostrano nei confronti dei media tradizionali. Tale credito non è però dato per sempre: si fonda sulla autenticità con cui testimoniano il loro racconto in prima persona ed ogni attività pubblicitaria è una sfida alla loro credibilità.
Se gli influencer debbono quindi camminare su un sentiero sottile fra contenuti offerti ai propri lettori e valore prodotto per le aziende partner e se i social media stanno offrendo tecnologia crescente (pensiamo ai video live) e strumenti avanzati per monetizzare la loro audience (ad esempio i co-branded post su Facebook ed Instagram), le aziende debbono sviluppare sistemi efficienti per individuare, mappare e interagire con gli influencer nonché modalità sostenibili per valutarne il coinvolgimento.
Ecco qualche strumento con il quale le aziende possono individuare gli influencer più adeguati per loro:
– Buzzsumo.com, per individuare dove si parla di un tema e capire quale è il blog che ha prodotto post più virali sui social media;
– Facebook Audience Insights per analizzare le Pagine Facebook che il proprio target segue maggiormente;
– Followerwonk per comparare influencer su Twitter;
– Buzzole Finder per individuare influencer.
Di seguito invece qualche tool per osservarne l’apporto:
– i co-branded post su Facebook ed Instagram consentono l’accesso al partner commerciale a tutti i dati di rendimento dei post pubblicati dall’influencer;
– Socialblade per analizzare i rendimenti di un canale YouTube;
– Tweetreach per osservare la diffusione dell’hashtag della campagna e per osservare la visibilità ottenuta da chi su Twitter si è rivelato più efficace;
– molti sono poi i tool che analizzano gli account su Instagram più influenti fra i quali Sproutsocial;
– nel caso dei blogger, imprescindibile l’analisi delle Conversioni Indirette con i software come Google Analytics e l’osservazione dei link con Google Search Console e Open Site Explorer.
La diffusione dei social media ha introdotto, anche per aziende più piccole, la possibilità di interagire con il proprio mercato attraverso testate editoriali online, blog e protagonisti della Rete: sono nel contempo necessari strumenti e risorse avanzate per valutarne l’apporto per evitare che questo fenomeno tipico della Rete si sgonfi come una bolla.
DA -
http://www.glistatigenerali.com/innovazione_internet-tech/influencer-marketing-e-una-bolla-che-prima-o-poi-scoppiera/Commento
Marketing. Riguardo il Marketing, in Asia è studiato già dalle elementari, negli Stati Uniti nelle Università migliori mentre in Italia vedo che si fa ancora confusione fra marketing, vendita e promozione. Questo è un altro grosso problema perché siamo completamente indifesi nei contesti internazionali. La vendita soddisfa i bisogni del venditore, mentre il Marketing individua e soddisfa i bisogni del cliente. Le due figure sono completamente antitetiche. Il Marketing è un insieme di discipline come la micro e macro economia, la statistica, il diritto comparato, la psicologia, la sociologia, l’urbanistica ... e la conoscenza delle strategie di guerra. Il venditore generalmente non ha preparazione e cercando di vendere, promette cose non vere per cui si perde il cliente, il marchio e tutto il lavoro degli esperti di Marketing che nel mondo non sono molti, lavorano in gruppo avvalendosi di banche dati impressionanti e con queste conoscenze i giapponesi hanno conquistato il mondo. I fatti recenti di Facebook, sono cosa nota e vecchia.
Mauro Parilli (
www.inta-aivn.org). America Marketing Association