"Partito della Nazione" è un concetto nuovo o vecchio?
Giorgio Fabretti
Antropologo della storia e dell’archeologia
Parlare delle parole è come una barca senza timone: non c'è contatto con la realtà, tra marinai e mare, e lo scafo è abbandonato alle correnti. Quando si leggono certi arzigogoli dialettici su "Il Partito della Nazione", quelli che hanno una certa memoria si sentono come turaccioli trascinati dalle "correnti".
Anche "Yes we can", "Podemos!", significano solo che "tutto potrebbe essere", ovvero "non controlliamo nulla", "siamo in balia delle onde", "la speranza è l'ultima a morire", "Viva l'Italia autoreferenziale!", ecc. Sono slogan da coda dell'Idealismo romantico ottocentesco, sempre buono in tempi di virtualismo, in cui si vendono più sogni che realtà. Sono Anacronismi contro le scienze, che contengono le uniche novità degli ultimi due secoli.
Dopo la sconfitta genocida di ogni nazionalismo, a questo serpente a cento code rispuntano i tentacoli anche in tempi di globalizzazione galoppante. "Partito della Nazione" è una parola fuori tempo massimo, come lo è la concezione che la sottende. Non ci sarebbe niente di male a parlare di "Destra contro Sinistra", se non ci fossero tutte le prove di fatto e statistiche che la partita è "Conservatori contro Progressisti" in senso lato tecnologico e bioetico.
Se una "Nazione" trascura di studiare i beni comuni dell'ambiente e della natura, quale efficacia può avere nella lotta contro la povertà? Se sposta la logica da "Indietro o Avanti" a "Ricchi o Poveri" sarà una barca senza timone. Se sposta verso "Globale o Nazionale" sarà ancor meno in controllo: sarà un turacciolo sulle onde.
Del neo-neocolonialismo nel nascente ordine mondiale si capiscono ancora solo poche cose. Una di queste è che gli egoismi locali è meglio che ragionino da "nazioni", affinché facciano meno danno possibile e non disturbino i manovratori. È un modello antico dei monarchi verso i vassalli, ma si è rinnovato con la Guerra Fredda, quando ai localismi si consentiva di diventare Comunisti, ovvero impotenti aggressivi autolimitantisi.
A sentire "Partito della Nazione", come prima "Forza Italia", a uno storico verrebbe da ridere, se non fosse anche antropologo che osserva gli stadi pieni e gli indici d'ascolto dei programmi sportivi. Allora commisererebbe darwinianamente la specie umana. Ad Hitler veniva attribuito un altro concetto inesistente, quello di "darwinismo sociale": un controsenso in termini, giacché il neodarwinismo è "logico" e tutt'al più "naturale". Dire "darwinismo" significa il contrario di "sociale".
Il nazismo era invece "nazionalismo sociale". Era una concezione della "Nazione", perdente e da non ripetete neppure a parole. Sarebbe quindi da cancellare la parola "Nazione" dal vocabolario della politica, per la sola ragione che di "nazionale" ormai ci sono solo le squadre sportive, i muri finti, le bislaccherie identitarie, e giù via dicendo.
Il concetto che ha di fatto già cancellato quello di "Nazione" è quello di "Natura", ovvero qualcosa di spietato ma reale, dal cui studio si possono trovare rimedi alla prepotenza di chi ha ignorato la natura umana e ambientale, causando buona parte dei fallimenti e delle catastrofi che ci affliggono, a cominciare da inquinamento, tossicità, obesità, fame, depressione, ecc. A questi mega-problemi molto poco "sportivi", esiste un rimedio meramente "nazionale" o "sociale"? Oppure il rimedio è piuttosto "naturale" e "globale"?
Allora, se dobbiamo usare le parole per guidare i fatti e non solo nasconderli, abbandoniamo la fuorviante "Nazione" e il velleitario "Sì, io posso", in quanto puerili anacronismi contro la partecipazione educata e matura alla democrazia. La linea politica dei tempi nuovi può solo partire da cosa ci dicono le istruzioni contenute nei Dna, ovvero cosa sia o non sia "sostenibile", in una proporzione molto biologica e un po' meno etica.
Per chi ama le inutili definizioni, si tratterebbe molto più di "ambientalismo alla Laudato sì" che di inesistente "socialismo darwiniano", come pensano alcune menti che mentono. Il mondo ingenuo post-Lennon di "Imagine" e di "Podemos", meglio farebbe a capire che il loro pensiero è un tentativo puerile di fare riferimento ad una "naturalezza" contenuta nei Dna di piante, animali ed uomini, che si manifesta con una certa "spontaneità" anticasta, contraria alla burocrazia dei socialismi e delle nazioni.
La politica del nostro secolo biotecnologico e bioetico ha dunque una direzione da seguire, che è quella della riscoperta scientifica di una "naturalità" abusata e calpestata da un industrialismo primitivo e inconsapevole.
Dunque se "Partito" e "Nazione" puzzano di Novecento velleitario e sanguinario, meglio sarebbe usare "Movimento" per la "Naturalità", che perlomeno ha qualcosa di durevolmente fisiologico. "Naturalità" è inoltre una parola più diffusa e globale di "Nazionalità", ed è compresa con piccole varianti da gran parte dell'umanità. In Inglese si dice "Naturalness", in spagnolo "Naturalidad", in tedesco "Naturlichkeit", in francese "Naturalitè", ecc.
Per i nostalgici degli idealismi ottocenteschi, la "naturalité" è quel diritto umano che le Rivoluzioni Illuminista, Francese, Sovietica, non hanno aggiunto a "Liberté, Egalité, Fraternité", e la cui mancanza le ha fatte fallire. Adesso tocca al Consumismo che ignora la Naturalità, di fallire storicamente.
Troppa teoria? Si entri in un grande supermercato e si vedrà fisicamente che i poveri mangiano mondezza (trash food), mentre in altri angolini c'è il cibo "bio", che per ora fa il verso alla "naturalità". È solo l'inizio. Dna di tutto il pianeta unisciti! E la via è scientifica all'evoluzione. La politica è servizio alla "naturalezza". Parola di antropologo.
Da -
https://www.huffingtonpost.it/giorgio-fabretti/partito-della-nazione-e-un-concetto-nuovo-o-vecchio_b_8174668.html?utm_hp_ref=it-matteo-renzi-partito-della-nazione