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Autore Discussione: Paolo Gentiloni «Una seconda stagione di riforme per l’Italia»  (Letto 2736 volte)
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« inserito:: Aprile 16, 2018, 11:55:37 am »

INTERVENTO

«Una seconda stagione di riforme per l’Italia»

Di Paolo Gentiloni
18 febbraio 2018

L'Italia merita una seconda stagione di riforme. E il Piano di Confindustria va in questa direzione con un rilevante contributo di proposte e soprattutto con il giusto spirito del tempo. I nostri governi nella legislatura appena conclusa hanno accompagnato l'economia per un tratto di strada importante. Siamo usciti dall'onda lunga della crisi del 2008, che aveva comportato la perdita di 10 punti di Pil, 25 punti di produzione industriale, e un milione di occupati. Siamo riusciti, gradualmente, a far ripartire la domanda interna, senza gravare eccessivamente sulle finanze pubbliche, a causa di un debito pubblico già molto elevato quando la crisi ci ha colpito. La capacità di innovazione delle nostre imprese e l'impegno delle famiglie italiane sono stati sostenuti dalle misure per consumi e investimenti che, assieme all'aggancio della ripresa internazionale, hanno fatto tornare gli occupati ai livelli pre-crisi, Pil e produzione industriale, trainati sia da export che dalla domanda interna, sono finalmente su uno stabile sentiero di recupero. Il tutto è avvenuto garantendo la sostenibilità delle finanze pubbliche, che hanno visto il dimezzamento del deficit (dal 5.3% del 2009 al 2.1% del 2017) e la stabilizzazione del debito.

DOPO LE ASSISE DI CONFINDUSTRIA  18 febbraio 2018
Elezioni 2018, il piano per l’Italia delle imprese e le risposte della politica. Il dossier
Un’altra sfida, ben più impegnativa, riguardava criticità profondamente radicate e ha visto l’avvio di importanti riforme strutturali: quelle dei mercati (lavoro, capitale, beni e servizi), della pubblica amministrazione, della giustizia civile, della scuola, del sistema fiscale.

A mio avviso l’Italia vincerà la sua battaglia nella misura in cui sarà in grado nei prossimi anni di completare la prima sfida (riportando la domanda interna su tassi di crescita adeguati), ma soprattutto di vincere definitivamente la seconda. Per farlo, occorre agire su alcuni temi. Completare la riforma dei mercati: quello del lavoro, con politiche attive che annullino il mismatch tra domanda e offerta e un massiccio investimento nell’istruzione tecnica superiore; quello dei capitali, continuando a sviluppare fonti di credito alternative al sistema bancario per rendere le nostre imprese più grandi, più resilienti e più forti; quello dei beni e servizi, con leggi annuali sulla concorrenza in grado di aumentare il potenziale di attività economica e ridurre i costi in particolare nei settori strategici delle telecomunicazioni, dell’energia, dei trasporti.

Innestare un cammino di riduzione graduale ma costante del nostro debito pubblico, contando, da un lato, sulla ripresa della crescita nominale e, dall’altro, sul mantenimento di una politica fiscale in grado di bilanciare il necessario rigore e la possibilità di fare politiche espansive se servirà. Rendere strutturale la ripresa degli investimenti che giustamente Confindustria mette al centro della sua proposta di investimenti: quelli privati, mettendo a regime gli strumenti selettivi di sostegno sperimentati in questi anni, e pubblici, la cui ripresa è ancora lenta, non più per la mancanza di risorse ma in virtù di una filiera di funzionamento (progettazione e gara) che è troppo arrugginita dagli anni di vacche magre.

Infine, vincere una volta per tutte la sfida della semplificazione, investendo con decisione sulla digitalizzazione del Paese: semplificazione del fisco, degli adempimenti burocratici, del funzionamento della giustizia.

La strada percorsa non si è ancora tradotta in risultati sufficienti. Per il lavoro, l’inclusione sociale, la riduzione delle diseguaglianze, la competitività. Ecco l’urgenza economica e sociale della seconda stagione delle riforme. Definiremo l’agenda insieme, con Confindustria e tutti gli attori economici e sociali rilevanti. Ma con una certezza: che tutto può essere messo in cantiere, tranne lo sperpero dei risultati fin qui raggiunti.

L’Italia non può permettersi di rinunciare alla serietà sui conti pubblici e alla riduzione del debito. L’Italia non può immaginare di buttare giù le riforme del mercato del lavoro; o di pregiudicare la sostenibilità del sistema pensionistico; o di mettersi ai margini dell'Europa che, nei mesi prossimi, aprirà un cantiere di riforma cruciale del quale l’Italia deve essere protagonista. Guai a tornare indietro. E guai a restare fermi, paghi dei risultati raggiunti.

La credibilità dei governi a guida Pd e delle forze europeiste e riformiste continuerà ad essere indispensabile per il futuro dell’Italia.

© Riproduzione riservata

Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-02-17/una-seconda-stagione-riforme-l-italia-204600.shtml?uuid=AE7J0y1D
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« Risposta #1 inserito:: Aprile 22, 2018, 10:40:34 am »

"Partito della Nazione" è un concetto nuovo o vecchio?

    Giorgio Fabretti
    Antropologo della storia e dell’archeologia

Parlare delle parole è come una barca senza timone: non c'è contatto con la realtà, tra marinai e mare, e lo scafo è abbandonato alle correnti. Quando si leggono certi arzigogoli dialettici su "Il Partito della Nazione", quelli che hanno una certa memoria si sentono come turaccioli trascinati dalle "correnti".

Anche "Yes we can", "Podemos!", significano solo che "tutto potrebbe essere", ovvero "non controlliamo nulla", "siamo in balia delle onde", "la speranza è l'ultima a morire", "Viva l'Italia autoreferenziale!", ecc. Sono slogan da coda dell'Idealismo romantico ottocentesco, sempre buono in tempi di virtualismo, in cui si vendono più sogni che realtà. Sono Anacronismi contro le scienze, che contengono le uniche novità degli ultimi due secoli.

Dopo la sconfitta genocida di ogni nazionalismo, a questo serpente a cento code rispuntano i tentacoli anche in tempi di globalizzazione galoppante. "Partito della Nazione" è una parola fuori tempo massimo, come lo è la concezione che la sottende. Non ci sarebbe niente di male a parlare di "Destra contro Sinistra", se non ci fossero tutte le prove di fatto e statistiche che la partita è "Conservatori contro Progressisti" in senso lato tecnologico e bioetico.

Se una "Nazione" trascura di studiare i beni comuni dell'ambiente e della natura, quale efficacia può avere nella lotta contro la povertà? Se sposta la logica da "Indietro o Avanti" a "Ricchi o Poveri" sarà una barca senza timone. Se sposta verso "Globale o Nazionale" sarà ancor meno in controllo: sarà un turacciolo sulle onde.

Del neo-neocolonialismo nel nascente ordine mondiale si capiscono ancora solo poche cose. Una di queste è che gli egoismi locali è meglio che ragionino da "nazioni", affinché facciano meno danno possibile e non disturbino i manovratori. È un modello antico dei monarchi verso i vassalli, ma si è rinnovato con la Guerra Fredda, quando ai localismi si consentiva di diventare Comunisti, ovvero impotenti aggressivi autolimitantisi.

A sentire "Partito della Nazione", come prima "Forza Italia", a uno storico verrebbe da ridere, se non fosse anche antropologo che osserva gli stadi pieni e gli indici d'ascolto dei programmi sportivi. Allora commisererebbe darwinianamente la specie umana. Ad Hitler veniva attribuito un altro concetto inesistente, quello di "darwinismo sociale": un controsenso in termini, giacché il neodarwinismo è "logico" e tutt'al più "naturale". Dire "darwinismo" significa il contrario di "sociale".

Il nazismo era invece "nazionalismo sociale". Era una concezione della "Nazione", perdente e da non ripetete neppure a parole. Sarebbe quindi da cancellare la parola "Nazione" dal vocabolario della politica, per la sola ragione che di "nazionale" ormai ci sono solo le squadre sportive, i muri finti, le bislaccherie identitarie, e giù via dicendo.

Il concetto che ha di fatto già cancellato quello di "Nazione" è quello di "Natura", ovvero qualcosa di spietato ma reale, dal cui studio si possono trovare rimedi alla prepotenza di chi ha ignorato la natura umana e ambientale, causando buona parte dei fallimenti e delle catastrofi che ci affliggono, a cominciare da inquinamento, tossicità, obesità, fame, depressione, ecc. A questi mega-problemi molto poco "sportivi", esiste un rimedio meramente "nazionale" o "sociale"? Oppure il rimedio è piuttosto "naturale" e "globale"?

Allora, se dobbiamo usare le parole per guidare i fatti e non solo nasconderli, abbandoniamo la fuorviante "Nazione" e il velleitario "Sì, io posso", in quanto puerili anacronismi contro la partecipazione educata e matura alla democrazia. La linea politica dei tempi nuovi può solo partire da cosa ci dicono le istruzioni contenute nei Dna, ovvero cosa sia o non sia "sostenibile", in una proporzione molto biologica e un po' meno etica.

Per chi ama le inutili definizioni, si tratterebbe molto più di "ambientalismo alla Laudato sì" che di inesistente "socialismo darwiniano", come pensano alcune menti che mentono. Il mondo ingenuo post-Lennon di "Imagine" e di "Podemos", meglio farebbe a capire che il loro pensiero è un tentativo puerile di fare riferimento ad una "naturalezza" contenuta nei Dna di piante, animali ed uomini, che si manifesta con una certa "spontaneità" anticasta, contraria alla burocrazia dei socialismi e delle nazioni.

La politica del nostro secolo biotecnologico e bioetico ha dunque una direzione da seguire, che è quella della riscoperta scientifica di una "naturalità" abusata e calpestata da un industrialismo primitivo e inconsapevole.

Dunque se "Partito" e "Nazione" puzzano di Novecento velleitario e sanguinario, meglio sarebbe usare "Movimento" per la "Naturalità", che perlomeno ha qualcosa di durevolmente fisiologico. "Naturalità" è inoltre una parola più diffusa e globale di "Nazionalità", ed è compresa con piccole varianti da gran parte dell'umanità. In Inglese si dice "Naturalness", in spagnolo "Naturalidad", in tedesco "Naturlichkeit", in francese "Naturalitè", ecc.

Per i nostalgici degli idealismi ottocenteschi, la "naturalité" è quel diritto umano che le Rivoluzioni Illuminista, Francese, Sovietica, non hanno aggiunto a "Liberté, Egalité, Fraternité", e la cui mancanza le ha fatte fallire. Adesso tocca al Consumismo che ignora la Naturalità, di fallire storicamente.

Troppa teoria? Si entri in un grande supermercato e si vedrà fisicamente che i poveri mangiano mondezza (trash food), mentre in altri angolini c'è il cibo "bio", che per ora fa il verso alla "naturalità". È solo l'inizio. Dna di tutto il pianeta unisciti! E la via è scientifica all'evoluzione. La politica è servizio alla "naturalezza". Parola di antropologo.

Da - https://www.huffingtonpost.it/giorgio-fabretti/partito-della-nazione-e-un-concetto-nuovo-o-vecchio_b_8174668.html?utm_hp_ref=it-matteo-renzi-partito-della-nazione
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« Risposta #2 inserito:: Aprile 22, 2018, 01:46:10 pm »

Io penso che la REPUTAZIONE delle persone debba essere valutata, sempre!

In modo particolare quella di chi pretende di rappresentarci in politica.

Che in Parlamento si vedano i politici manifestare con mortadelle o altre "cose" simili, oppure con cartelli da tifosi inferociti, oppure che l'offesa personale sia la moneta da spendere per il proprio dissenso, è la dimostrazione del degrado a cui abbiamo portato (noi Cittadini) la nostra società.

Che si assista poi alle percosse date da un politico a un giornalista nel corso del suo lavoro è criminale!

Votare o accettare che ci rappresentino, persone con cattiva Reputazione dimostra la nostra stupidità sociale (se non peggio).

ggiannig
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« Risposta #3 inserito:: Maggio 06, 2018, 06:34:10 pm »

L'autocritica non aiuta la Democrazia messa in pericolo dalla stupidità politica.

Nel PD sono stati tollerati elementi che hanno sempre "remato" contro qualcosa o qualcuno (prima Prodi adesso Renzi).

Delle autocritiche personali o di gruppo ce ne facciamo NULLA, servono solo per diatribe interne deleterie e appunto stupide!

Sono i Progetti per realizzare finalmente un futuro socialmente e politicamente migliore, Progetti che comprendano, sia le emergenze, sia i bisogni dei Cittadini (TUTTI).

Credere in una prospettiva credibile!
Questo ci necessita!

ggiannig
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