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Autore Discussione: Carlo COTTARELLI  (Letto 2338 volte)
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« inserito:: Marzo 19, 2018, 11:05:02 am »

Le affinità elettive dei grillini
Pubblicato il 15/03/2018

Carlo Cottarelli

Su una cosa tutti sembrano concordare in questo dibattito post elettorale: un possibile governo di coalizione dovrà essere basato su un accordo sui contenuti cioè sulle cose da fare. Sia 5 Stelle sia la Lega chiedono di ottenere il mandato per formare il governo e dicono: siamo disposti a vedere chi è pronto a stare con noi sulla base del nostro programma di governo. Naturalmente, qualche compromesso sarà necessario se si vuole formare una coalizione, ma un compromesso dovrà comunque essere basato su una comunanza di intenzioni. In quest’ottica, per cercare di capire quale coalizione potrà formarsi, sembra utile andar a vedere in che misura i programmi elettorali dei vari partiti sono tra loro compatibili.

Non vale la pena guardare alla compatibilità programmatica tra partiti che non potrebbero mai stare insieme. Posto che l’intero centrodestra avrebbe non poche difficoltà ad allearsi con i 5 Stelle (per l’incompatibilità tra questi ultimi e Forza Italia) o con il Pd (per motivi ovvi), e vista la mancanza di numeri per un Renzusconi, non restano che due possibilità.

Una coalizione tra i due vincitori (Lega e Cinque Stelle) o una coalizione tra uno dei vincitori e il Pd e, visto che Pd e Lega sono incompatibili, in pratica questo significa una coalizione tra 5 Stelle e Pd. Anche quest’ultima ipotesi sembra al momento remota, ma visto qualche timido segnale di disponibilità a consentire la formazione di un governo data almeno da alcuni esponenti del Pd, vale la pena di considerarne la fattibilità in termini di programmi. Quindi la domanda che mi pongo è: sono più simili i programmi, da un lato, dei 5 Stelle e della Lega, o, dall’altro, dei 5 Stelle e del Pd?

Consideriamo la prima coppia. In termini generali, i programmi economici di Lega e 5 Stelle hanno forti elementi in comune. Entrambi questi partiti puntano a un aumento del deficit pubblico per risolvere i problemi dell’economia italiana. In modo più vago i 5 Stelle, che hanno però più volte indicato che il deficit potrebbe aumentare se le risorse recuperabili con le proposte di spending review del sottoscritto non fossero sufficienti. In modo più esplicito la Lega, che ha manifestato l’intenzione di non rispettare le regole fiscali europee: non solo il deficit non verrebbe ridotto (come richiesto dalle regole europee), ma aumenterebbe, anche con il possibile sforamento della più sacra tra le regole europee (il tetto del 3 per cento). Entrambi i partiti guardano a Bruxelles con sospetto (uso un eufemismo): gli economisti della Lega sono esplicitamente anti-euro e fino a pochi mesi fa, i 5 Stelle parlavano di referendum per l’uscita dall’euro, almeno come «ultima ratio» nel caso Bruxelles non fosse disponibile a compromessi. Anche sulle misure ci sono convergenze: per esempio, entrambi vogliono ridurre burocrazia e corruzione, fermare l’immigrazione illegale e, soprattutto, abolire la legge Fornero. Ma ci sono anche differenze non irrilevanti. La Lega vuole la flat tax, che detassa tutti ma detassa maggiormente i redditi più alti. I 5 Stelle invece hanno proposto una revisione delle aliquote che premia maggiormente la classe media. I 5 Stelle vogliono il reddito di cittadinanza, che usa la spesa pubblica per sostenere i redditi più bassi, mentre la principale proposta di questo genere nel programma della Lega è il reddito di dignità, proposta peraltro di Berlusconi. Infine, la Lega (come previsto nel programma congiunto del centrodestra) è per un aumento massiccio della spesa militare, mentre i 5 Stelle sono per una riduzione.

Vediamo la compatibilità dei programmi dei 5 Stelle e del Pd. Il Pd si è posto in modo chiaro nel campo «europeista», anche se negli ultimi anni gli attacchi ai burocrati di Bruxelles erano stati ripetuti, e anche se l’intenzione di mantenere invariato l’avanzo primario sui livelli attuali (intorno al 2 per cento del Pil) è pure incoerente con le regole europee. Sul piano delle misure esistono alcuni elementi simili, soprattutto in area di tassazione con entrambi i partiti orientati verso una riduzione delle aliquote sulla classe media. La proposta dei 5 Stelle di ridurre le «pensioni d’oro», magari per aumentare quelle minime, ha pure finalità redistributive che potrebbero essere apprezzate dal Pd. E, nonostante, le due parti lo neghino, il reddito di inclusione del Pd e il reddito di cittadinanza dei 5 Stelle hanno elementi in comune, anche se quest’ultimo comporta esborsi molto più elevati (15 miliardi, ma il programma del Pd prevede un aumento della spesa per il reddito di inclusione che raggiungerebbe i 4-5 miliardi di euro). Entrambi i partiti prevedono investimenti pubblici (condividendo la green economy tra le priorità). Certo anche riguardo le misure ci sono importanti differenze, l’atteggiamento sulla legge Fornero è tra le più rilevanti.

Tutto sommato, non è ovvio stabilire quali delle due coppie siano più affini. Lascio a voi l’interpretazione del precedente confronto, anche se io un’idea me la sono fatta (ma non ve la dico). Certo un accordo non sarà comunque facile e se un accordo non fosse possibile non resterebbe che andare a una nuova tornata elettorale, presumibilmente sulla base di una legge che consenta di identificare un chiaro vincitore.

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Da -  http://www.lastampa.it/2018/03/15/cultura/opinioni/editoriali/le-affinita-elettive-dei-grillini-DXzb3LE892fJM463OmIKUK/pagina.html
« Ultima modifica: Giugno 04, 2018, 12:17:35 pm da Arlecchino » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Aprile 25, 2018, 04:03:12 pm »

I grillini limano le diversità per un accordo a tutti i costi
Della Cananea individua 53 punti in comune con Carroccio e dem.
Coincidono le priorità, come se il voto fosse stato inutile

Pubblicato il 25/04/2018 - Ultima modifica il 25/04/2018 alle ore 09:28

CARLO COTTARELLI

La lettura dei documenti commissionati dal Movimento 5 stelle a un gruppo di docenti universitari guidati dal professor Della Cananea per individuare elementi di convergenza e divergenza tra i programmi dei pentastellati, del Pd e della Lega (non del centrodestra, ma della sola Lega) suscita due reazioni.

Faro sulle convergenze 
La prima è che questi documenti (tra cui la «nota riguardante le convergenze e le divergenze tra i programmi delle forze politiche considerate») sembrano volti a sottolineare più le prime che le seconde. Certo, il documento nota che esistono anche divergenze: sulle pensioni e sulla riforma dell’Unione economica e monetaria (e in parte su vaccini e pene per reati gravi), aree peraltro per le quali il documento non cita neppure i partiti per nome attribuendo le diverse posizioni a «una forza politica», «un’altra» forza politica e una «terza forza», come se si volesse evitare di proposito una personalizzazione dei contrasti. Ma è chiaro che l’enfasi è sulle convergenze. Il documento elenca 53 «priorità» che coincidono per i tre partiti. Sì, avete capito bene: ci sono 53 priorità che accomunano i programmi di tutti e tre i partiti. Il che suggerirebbe che, a parte diverse formulazioni lessicali, il programma dei 5 stelle coincide tanto con quello della Lega quanto con quello del Pd e, ancora più paradossale, che quello del Pd coincide con quello della Lega. C’è da chiedersi perché siamo andati a votare se le priorità erano uguali per tutti.

Questa apparente convergenza tra programmi è in parte il risultato della vaghezza dei programmi dei partiti. Per esempio tutti sono a favore della «green economy», della tutela dei prodotti bio e del made in Italy. In parte all’effettiva coincidenza di alcune proposte, soprattutto quando non vengono chiarite le fonti di copertura (assunzioni nelle forze dell’ordine, sostegni «al costo dei figli»). In parte però l’analisi sembra volutamente ignorare alcune differenze sostanziali. 

Tre esempi. 
Primo, si presentano le politiche di tassazione dei tre partiti come del tutto equivalenti. Insomma, sparisce la flat tax della Lega. In realtà, in quest’area i programmi del M5S e del Pd sono molto più vicini: entrambi prevedono una detassazione del ceto medio-basso con un aumento della progressività della tassazione, mentre la flat tax della Lega comporta una riduzione della progressività con un calo più marcato per i redditi più elevati. 

Secondo esempio: sparisce il reddito di cittadinanza. I tre partiti intenderebbero introdurre «politiche attive di sostegno al reddito e riforma centri impiego», come se non ci fossero differenze, qualitative e quantitative, tra le proposte delle tre forze politiche in quest’area. 

Terzo, non vengono citate alcune chiare aree di divergenza, tra cui la spesa militare: nel programma pentastellato se ne propone la riduzione, in quello della Lega un aumento non proprio irrilevante (una ventina di miliardi per portarla alla media della Nato). Insomma l’impressione è che il documento sia stato ispirato dalla volontà di far apparire come ugualmente ragionevole, sulla base dei programmi, un accordo dei 5 stelle sia con il Pd che con la Lega. Purché si formi un governo...

I conti pubblici 
La seconda reazione ai documenti presentati dal gruppo di lavoro guidato da Della Cananea riguarda la finanza pubblica, o meglio l’assenza di ogni analisi delle intenzioni dei partiti in campo di conti pubblici. Questa assenza riguarda sia la sopra citata parte dei documenti che confronta i programmi dei partiti, sia, cosa ancor più sorprendente, la parte che descrive un possibile accordo programmatico («Un accordo per il governo dell’Italia tra Movimento 5 Stelle e…»). 

Quest’ultimo elenca numerose aree che comportano maggiori spese (per esempio per infrastrutture, sostegno alle famiglie, povertà, sicurezza), ma nessuna fonte di copertura, tranne un generico riferimento alla lotta a evasione e elusione fiscale e alla riduzione degli sprechi e alla corruzione ma «evitando in ogni caso la riduzione delle prestazioni destinate ai cittadini». 

Quel che è però peggio è l’assenza di obiettivi definiti per saldi di bilancio e per il debito pubblico. Come è possibile avere un «accordo per il governo» senza indicare quali dovrebbero essere gli obiettivi di deficit e il sentiero di riduzione del debito? Anche qui si ha l’impressione di aver voluto scrivere una bozza di programma che evitasse ogni possibile area di contrasto, soprattutto, in questo caso, tra Movimento 5 Stelle (che ultimamente sembrerebbe orientato almeno a non aumentare il deficit pubblico) e Lega, su posizioni più favorevoli al suo aumento, anche eccedendo il vincolo europeo del 3 per cento (per non parlare degli altri vincoli europei quali quelli relativi alla riduzione del debito pubblico).

Ovviamente, trovare aree di accordo su possibili «priorità» senza tener conto del vincolo di bilancio (cioè senza dire cha accadrà al deficit pubblico) è molto più semplice. Forse il documento mira, anche in questo caso, a presentare un accordo dei 5 Stelle con Lega e Pd come più facile di quanto sia nella realtà. A meno che non si intenda, effettivamente, trovare un accordo di governo in cui le preferenze dei vari partiti per questa o quella spesa e per questa o quella detassazione siano risolte ignorando i vincoli di bilancio e aumentando quindi il deficit pubblico. Non vi ricorda la prima repubblica?

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Da - http://www.lastampa.it/2018/04/25/italia/i-grillini-limano-le-diversit-per-un-accordo-a-tutti-i-costi-vooZozbsuyfCVoVQqQWMqL/pagina.html
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« Risposta #2 inserito:: Giugno 04, 2018, 12:15:16 pm »

Cottarelli che guarda Breaking Bad non è un dettaglio buttato a caso

Nel resoconto dei tre giorni da premier incaricato spicca un elemento che non è così marginale

   Di UGO BARBÀRA 03 giugno 2018, 16:53

CARLO COTTARELLI BREAKING BAD SERIE TV GOVERNO
Carlo Cottarelli stava guardando Breaking Bad quando Mattarella gli ha telefonato per chiedergli di provare a fare un governo. Se il professore della Bocconi in pensione, direttore dell'Osservatorio sui conti pubblici, fosse ora seduto sulla poltrona di Palazzo Chigi che adesso occupa Giuseppe Conte, i più fini politologi si starebbero interrogando su questo dettaglio.

Ma la storia è andata in maniera diversa: Cottarelli ha fatto un fulmineo passaggio dalla Capitale per raccogliere l'invito del Capo dello Stato e fare il suo altrettanto fulmineo tentativo prima che M5s e Lega si precipitassero a trovare un accordo.

Così c'è da immaginare che Cottarelli, tornato a Milano già due giorni dopo la chiamata del Quirinale, abbia potuto riprendere la settima puntata della quarta stagione di Breaking Bad da dove l'aveva interrotta.

Eppure il fatto che l'abbia citata nelle prime righe del 'resoconto' dei tre giorni da presidente del consiglio incaricato che ha scritto per La Stampa significa che non è un dettaglio insignificante. Ed è lo stesso Cottarelli a spiegare perché. "E' una serie che racconta la trasformazione di un tranquillo professore di chimica in un temibile trafficante di droga" scrive.

Altre cose dette da Cottarelli
"Buon lavoro e che l'Italia non diventi un laboratorio per strani esperimenti. Il pericolo è per ora scampato. Lo spread si sta riducendo. Ma l'economia italiana resta fragile. Fragile ad annunci inappropriati, fragile ad azioni avventate, fragile rispetto a choc esterni che ci possono colpire. Occorre renderla più robusta, soprattutto avviando la riduzione del nostro debito pubblico, piuttosto che mirare a una massimizzazione della crescita nel breve periodo. Spero che, al di là degli annunci, il nuovo governo ne sia consapevole".

In sceneggiatura la 'chiamata all'avventura' è il secondo passo del celebratissimo 'viaggio dell'eroe': in sostanza l'uomo comune viene chiamato a un compito quasi impossibile mentre sguazza tranquillo nel 'mondo ordinario'.

In Breaking Bad il professore di chimica Walter White decide di dedicarsi alla sintesi delle metanfetamine e al traffico di droga per trovare i soldi per curare il tumore che lo ha colpito. Nella crisi istituzionale un tranquillo docente di economia viene chiamato a salvare un Paese dal cancro della ingovernabilità. A Cottarelli deve essere sembrata una bizzarra coincidenza.

"Una storia strampalata, di quelle che solo al cinema o in televisione si trovano, non nella vita reale" scrive ancora nel suo resoconto. Chi ha amato la serie tv (andata in onda in Italia dal 2008 al 2013) sa che il suo fascino è proprio nel suo strampalato realismo e tutto sommato i tre mesi che hanno trasformato il teatro della politica in uno psicodramma non sono stati meno strampalati.

E comunque, se è arrivato a sorbirsi esattamente 40 puntate, vuol dire che Cottarelli un certo fascino ce l'ha trovato. Tanto da ricordare con esattezza a che punto era quando alle 20,05 del 29 maggio sul display del suo cellulare è spuntato un certo numero di Roma, zona Quirinale. Settima puntata della quarta stagione: 'Un cane difficile'. Una delle più mosce, in verità. Pochi colpi di scena e un po' di melina per quello che si può definire un 'episodio ponte' tra due snodi chiave della stagione e della serie.

Ecco, per l'appunto, un 'ponte' tra due momenti topici della storia recente d'Italia: la fine della Seconda e la nascita di quella che Luigi Di Maio ha prontamente definito 'la Terza Repubblica'.

Resta da scoprire cosa stesse guardando Giuseppe Conte la prima volta che il Quirinale lo ha chiamato. E pure la seconda.

Da - https://www.agi.it/blog-italia/idee/cottarelli_breaking_bad-3986856/post/2018-06-03/
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