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Autore Discussione: Gandhi (La mia vita per la libertà). "Quella della non violenza è una teoria ...  (Letto 2465 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Marzo 11, 2018, 06:01:39 pm »

Gandhi (La mia vita per la libertà)
 
"La vera amicizia scaturisce da una identità di sentimenti difficile da raggiungere in questo mondo. Solo l'amicizia tra nature simili può essere giusta e duratura. Gli amici si influenzano a vicenda, perciò fra amici è difficile riuscire a migliorarsi. Io sono del parere che bisogna evitare le intimità esclusive; perché l'uomo impara i vizi molto prima delle virtù, e colui che vuole essere amico di Dio deve restare solo, o fare amicizia con il mondo intero. Forse mi sbaglio, ma il mio tentativo di coltivare un amicizia intima si dimostrò un fallimento".

"Scrutando profondamente in me stesso, mi apparve evidente la necessità di cambiamenti interiori ed esteriori. Quando apportai i mutamenti nel mio modo di spendere e di vivere, o forse ancora prima, comincia anche a variare la mia dieta. Vidi che gli autori vegetariani avevano esaminato il problema molto attentamente, dettagliandone gli aspetti religiosi, scientifici, pratici e medici, e dal punto di vista etico, erano arrivati alla conclusione che la supremazia dell'uomo sugli animali inferiori non implicava che i primi dovessero cacciare i secondi, ma che i più progrediti dovevano proteggere gli inferiori, e che ci dovesse essere assistenza reciproca fra loro come c'era fra uomo e uomo".

"So che si dice che l'anima non ha nulla a che fare con ciò che si beve e si mangia, dato che l'anima né beve né mangia; che non è quello che mandiamo giù che conta, bensì quello che il nostro io riesce ad esprimere. Senza dubbio questa teoria è validissima, ma anziché prenderla in esame, mi accontenterò semplicemente di ribadire la mia convinzione che per colui che vive nel timore di Dio, una dieta controllata sia nella qualità che nella quantità del cibo è essenziale quanto la parsimonia nel pensiero e nella parola (voto)".

"Quella della non violenza è una teoria complessa: noi siamo esseri mortali indifesi, coinvolti nella violenza (himsa). Il detto "la vita vive della vita" ha un profondo significato, l'uomo non può vivere nemmeno un momento senza commettere violenze a livello conscio o inconscio. Il fatto stesso che egli è vivo, che mangia, beve e si muove, implica necessariamente l'himsa, ovvero una sia pur minima distribuzione di vita; perciò chi è votato alla non violenza tiene fede al suo credo se la molla che ispira tutte le sue azioni è la pietà, se fa di tutto per evitare la distruzione anche della creatura più minuscola, se si adopera per salvarla e così senza sosta combatte per sfuggire alla mortale spirale della violenza. Il suo autocontrollo e la sua pietà aumenteranno incessantemente, ma egli non potrà mai liberarsi del tutto dalla violenza altrui".

"Quando ero studente avevo sentito dire che il mestiere dell'avvocato è il mestiere del bugiardo, ma non mi lasciai influenzare, dato che non intendevo procacciarmi né danaro né onori con la menzogna. Questo principio venne messo alla prova spessissimo in Sud Africa, molte volte venni a sapere che i miei avversari avevano istruito i loro testimoni a mentire, avremmo vinto la causa, ma ho sempre resistito alla tentazione. Mi ricordo solo di una volta quando, avendo vinto la causa, mi venne il sospetto che il mio cliente mi avesse ingannato: in fondo al cuore speravo sempre di vincere solo se la causa del mio cliente era giusta. Non ricordo di avere mai condizionato le mie parcelle alla vincita delle cause; non volevo né più e né meno delle mie competenze, che il mio cliente vincesse o perdesse la causa".

"Ho fatto tali e tante esperienze di viaggi in terza classe che se dovessi metterle per iscritto riempirei facilmente un volume, in questi capitoli debbo limitarmi ad accennarvi. E' stato e sarà sempre un dispiacere per me l'aver dovuto rinunciare e viaggiare in terza classe a causa della mia salute. I disagi dei viaggiatori di terza classe sono causati in larga misura dall'arroganza dei funzionari delle ferrovie, d'altra parte non meno da biasimare sono la maleducazione, la sporcizia, l'egoismo e l'ignoranza dei passeggeri. Peccato che molto spesso non si rendano conto di comportarsi villanamente, sudiciamente ed egoisticamente, credono di comportarsi con naturalezza. Tutto questo è da attribuirsi all'indifferenza che noi persone "istruite" abbiamo verso di loro".

(Da: La mia vita per la libertà. GTE NEWTON)


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« Risposta #1 inserito:: Marzo 11, 2018, 06:05:45 pm »

Aldo Capitini

Il pensiero
Religione e laicità

Aldo Capitini aveva l'abitudine di definirsi un "religioso laico". Egli accomunava la religione alla morale in quanto essa critica la realtà e la spinge al cambiamento in positivo. Quella di Capitini era un'opposizione religiosa al fascismo. Il sentimento religioso, inoltre, nasce nei momenti di difficoltà e sofferenza, in particolare nel rapporto individuale con la morte. L'idea di laicità nasceva dal distacco di Capitini dalla Chiesa cattolica, complice del regime: egli sosteneva che col concordato del 1929 la Chiesa avesse legittimato il potere di Mussolini, dimenticando le violenze squadriste e, in tal modo, lo sostenesse garantendo la sua moralità di fronte alla maggior parte della popolazione che riponeva fiducia nell'istituzione religiosa. Capitini è però molto distante dalla religione istituzionalizzata. Dio, come Ente, non esiste per Capitini: per evitare ogni equivoco e marcare la distanza della sua concezione religiosa da quella corrente, Capitini preferirà parlare di compresenza piuttosto che di Dio; per la stessa ragione, per indicare la vita religiosa così intesa non parla di fede, ma riprende da Michelstaedter il termine persuasione. [11]

Capitini si dichiara post-cristiano – evidente anche dal suo "sbattezzo" – e non cattolico, ma ama e si ispira alle figure religiose[12]. Ogni figura con una profonda credenza, anche laica, è per lui un "religioso". Egli nega con decisione la divinità di Gesù Cristo: convinzione senza la quale non si può essere cristiani. Contesta, come Tolstoj, tutti gli aspetti leggendari e non dimostrabili dei Vangeli, compresa la Risurrezione. Ciò che apprezza sono le beatitudini, il modello spirituale di un agire verso gli ultimi. Gesù ha insegnato dove può giungere una coscienza religiosa, è stato più di un uomo: "fu anche lui, come tutti, un essere con certi limiti; ma d'altra parte fu in lui, come in ogni altro essere, la qualità della coscienza che va oltre i limiti, che è in lui come in un mendicante" scrive negli Elementi. L'imitazione di Cristo secondo Capitini non è altro che realizzazione della propria realtà umana. Si potrebbe ugualmente parlare di una imitazione del Buddha, di Francesco d'Assisi, di Gandhi, di Tolstoj e molti altri. [11]

Persuasione, apertura, compresenza, omnicrazia
Col termine persuasione, ripreso da Carlo Michelstaedter e da Gandhi, Capitini indicava la fede, sia in senso laico sia religioso, la profonda credenza in determinati valori ed assunti, e tramite essa, la capacità di persuadere gli altri della bontà del proprio ideale.

L'apertura è l'opposto della chiusura conservatrice ed autoritaria del fascismo, e l'elevazione dell'anima verso l'alto e verso Dio.

Un concetto chiave nella filosofia capitiniana era la compresenza di tutti gli esseri, dei morti e dei viventi, legati tra loro ad un livello trascendente, uniti e compartecipi nella creazione di valori.

Nella vita sociale e politica la compresenza si traduce in omnicrazia, o governo di tutti, un processo in cui la popolazione tutta prende parte attiva alle decisioni e alla gestione della cosa pubblica.

La nonviolenza e il liberalsocialismo
Non può mancare il concetto di nonviolenza, un ideale nobile, sinonimo di amore, coerenza di mezzi e fini, la forza in grado di sconfiggere il fascismo, che non è solo un regime ma un modo di essere violento e autoritario.

Il liberalsocialismo di Capitini e di Guido Calogero si sviluppa in modo autonomo dal socialismo liberale di Carlo Rosselli. Si forma infatti in un periodo posteriore, quando il regime fascista è vicino al collasso, nell'ambiente dei giovani crociani che hanno studiato ed insegnato alla Normale di Pisa, mentre il pensiero di Rosselli, che lo precede temporalmente, essendosi forgiato nel fuoco della lotta antifascista, in Italia e in Europa, già a partire dagli anni venti, si iscrive in modo diretto nella tradizione socialista. Capitini per liberalismo intende il libero sviluppo personale, la libera ricerca spirituale e produzione di valori. Il socialismo è invece nei suoi intendimenti la realizzazione nel lavoro, l'assistenza fraterna dell'umanità lavoratrice soggetto corale della storia. Anche se «...il socialismo liberale di Rosselli […] è una delle eresie del socialismo, mentre il liberalsocialismo è un'eresia del liberalismo» (M. Delle Piane), si può affermare tuttavia che entrambi condividessero la critica dei totalitarismi sia di destra che di sinistra, una visione laica della politica e l'obiettivo di una profonda riforma morale e sociale dell'Italia distrutta dalla guerra.[13]

L'educazione e la civiltà

L'educazione "profetica" è quella di colui che, con uno sguardo al futuro, è capace di criticare la realtà sulla base di valori morali, anche a costo di sembrare fuori dal suo tempo.

Con l'espressione "civiltà pompeiana-americana" intende biasimare la mentalità materialista che vede nel lusso e nel possesso la realizzazione delle persone.

Il "tempo aperto" è il tempo libero che ognuno potrebbe destinare alla discussione, alla socializzazione, al raccoglimento, all'elevazione spirituale.

A Aldo Capitini sono intitolate strade in molte città di Italia: Perugia, Firenze, Roma, Pisa, Milano ecc

Da - https://it.wikipedia.org/wiki/Aldo_Capitini#La_nonviolenza_e_il_liberalsocialismo
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