Gli operai sedotti da Salvini: “Ora ci abbassi le tasse e mandi via gli irregolari”
Nelle fabbriche lombarde: «Roma ci ignora, fieri di essere populisti». La rabbia anti-migranti: «Non è razzismo, chi delinque va cacciato»
Per molti sostenitori di Salvini questa vittoria è anche uno schiaffo all’Europa «dove noi non contiamo niente»
Pubblicato il 06/03/2018
FABIO POLETTI
INVIATO A ODOLO (BRESCIA)
Gli operai votano Lega. I piccoli imprenditori votano soprattutto Lega. A Odolo in Val Sabbia, cento curve a Nord di Brescia, 2000 abitanti, 1000 operai, 500 migranti imbullonati come tutti ai torni o davanti agli altiforni, è difficile trovare qualcuno che non voti Lega o comunque a destra. Capire perché, non è difficile. Basta chiederlo a Giorgio Dusina, 53 anni, titolare dell’azienda di famiglia di minuterie metalliche: «Ho votato Lega. Sono fiero di essere un populista perchè il popolo questa volta ha fatto sentire la sua voce. Abbiamo voluto dare uno schiaffo a Roma e alla sinistra di Matteo Renzi che ci governa, non sa nulla di noi e non ha fatto nulla per noi. E un altro schiaffo all’Europa dove comandano tedeschi e francesi e noi non contiamo niente di niente».
A Odolo hanno le idee chiare da sempre. Il sindaco di centrodestra Fausto Cassetti, più di destra che di centro, è al suo terzo mandato, eletto con il 40% di preferenze nel 2007, 72% nel 2012 e il 74% l’anno scorso. Giusto per capirci: più del doppio del risultato del miglior partito alle elezioni. «La Lega va benissimo ma mi sa che non si può rinunciare ancora allo zio Silvio Berlusconi. Si aprono almeno 7 o 8 scenari, i più variopinti possibili». Vista da qui Roma sembra Marte. Si sa che c’è ma è lontanissima e ci vuole il cannocchiale per vederla. Marco Lanza, 34 anni, operaio in una maniglieria vota Lega da quando esiste, ma stavolta è più convinto: «Matteo Salvini mi piace di più perchè è moderno. Adesso mi aspetto che faccia quello che ha promesso. In Italia ci sono troppi clandestini. Quelli che lavorano in fabbrica con me vanno bene. Gli altri che vanno in giro per il paese senza fare niente è meglio che tornino a casa loro. Il colore della pelle non c’entra. C’entra che noi non possiamo lavorare per far star bene anche loro».
Ascoltare questi piccoli imprenditori che lavorano e lavorano rende meglio di qualsiasi cosa l’idea di quanto sia profondo il Nord. Parlare con questi operai di lunga tradizione, i migliori dicono ancora che sarebbero «capaci di fare i baffi alle mosche», rende l’idea dell’aria che tira. Dovunque ci si giri il ritornello è quello di sempre. Elio Melzani ha 69 anni, da una vita sta dietro al bancone del negozio di ferramenta del paese, tra un po’ lascerà tutto ai figli, si sente un leghista con entusiasmo rinnovato: «Sono soddisfatto. Molto soddisfatto. La Lega in questi anni avrebbe potuto fare molto di più. Adesso con Matteo Salvini ritorna la speranza». Al suo segretario, al governo che verrà, alla politica di Roma chiede quello che chiedono tutti: «Bisogna abbassare la pressione fiscale. Non c’è una tassazione equa nel nostro Paese. Poi vorrei che venisse semplificata la burocrazia che ammazza chi ha un’impresa, anche piccola come la mia. E alla fine bisogna trovare una soluzione al problema degli immigrati. L’Europa ci ha lasciato la patata bollente. Non possiamo essere solo noi ad affrontare questo problema».
A Odolo uno su quattro è straniero. Chi lavora in fabbrica è accettato. Poi si vorrebbe che sparisse. Svanito nel nulla come per magia. Visto che i maghi non esistono ci si accontenta di Matteo Salvini. E fa niente se Odolo è un paese tranquillo, la cronaca nera arriva solo dalla televisione e alla fine poi chi ci metti davanti agli altiforni con cinquanta gradi che ti bruciano la faccia e dieci gradi che ti gelano la schiena? Il leghista Giorgio Dusina ripete il sentire comune, lontanissimo dagli studi sulle integrazioni che analizzano chi ha dovuto sradicare le proprie radici in Africa e piantarle altrove dove c’è benessere: «L’immigrato che è integrato, che lavora, che non spaccia, che non commette reati va benissimo. È una risorsa anche per il nostro Paese, fa girare l’economia come si dice. Io non voglio i ventenni che si girano i pollici e passano da un bar all’altro senza fare niente. Gente che non sai cosa ha in testa quando li incontri e che soprattutto non possiamo più permetterci di mantenere senza che facciano niente tutto il giorno».
Luca Trapletti, 51 anni, due figli piccoli e quindi grandi preoccupazioni, è operaio alla Ferriera Valsabbia, una delle due fonderie rimaste in questo paese che il ferro lo lavora da dieci secoli. Dopo una vita, questa è la prima volta che non ha votato Lega. Ma lo spirito è sempre quello lì: «Ho votato i 5 stelle. Avevo voglia di cambiare. Avrei potuto votare chiunque non del centrosinistra e di questo governo. Cosa mi aspetto adesso? Che cancellino la riforma della signora Fornero che mi vuole a lavorare ancora in fonderia per altri sedici anni. Ma lo sapete voi cosa sono sedici anni in fonderia?». Come dice l’operaio Giuseppe Ferandi che ha votato convintamente Lega, non è difficile capire cosa ci sia dietro questo risultato elettorale: «Il nostro non è stato solo un voto di protesta. È stato un voto di cambiamento. E adesso mi aspetto che cambi tutto».
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