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Autore Discussione: Dei saggi del Professor Lelio Demichelis ho sempre amato... ALESSANDRA CORBETTA.  (Letto 4807 volte)
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« inserito:: Febbraio 16, 2018, 12:56:20 pm »

SOCIOLOGIA DELLA TECNICA E DEL CAPITALISMO
   
ALESSANDRA CORBETTA
 18 gennaio 2018

Dei saggi del Professor Lelio Demichelis ho sempre amato, più di tutto, le parentesi e le parole messe al loro interno: parole che allargano, specificano, innescano il dubbio, provocano.

E sono stata felice di ritrovarle anche nella sua ultima pubblicazione, Sociologia della tecnica e del capitalismo (Franco Angeli 2017), ricchissima di spunti e riflessioni su un tema, quello enunciato nel titolo, che Demichelis ha da sempre a cuore. L’opera, in effetti, riprende e amplia una trattazione decennale sul rapporto tecnica/capitalismo iniziata con Bio-tecnica. La società e la sua tecnica (2008), proseguita con Società o comunità (2010), espressa dettagliatamente in La religione tecno- capitalista. Dalla teologia politica alla teologia tecnica (2015) e che qui, con integrazioni e aggiornamenti, arriva a un’esposizione sistematica e fortemente strutturata.

Alla base del testo la volontà di fornire una visione sociologica, che sia al contempo specifica e globale, del matrimonio d’interesse e d’amore tra tecnica e capitalismo. Tecnica: non il funzionamento delle macchine, bensì l’insieme degli effetti che, in quanto apparato, produce sugli individui e sulla realtà sociale, economica e privata in cui abitano. Tecnica: al di là della superata (ma non superata) spartizione tra tecno-entusiasti (quelli del sempre e comunque) e tecno-fobici (quelli del mai a prescindere). Tecnica: per capire la sua trasformazione da mezzo a fine (il fine di dover fare di ciascuno). Infine, Tecnica: cessazione delle grandi utopie legate a un tempo progettuale e proteso in avanti, e relativa nascita di micro-utopie tecnologiche, permeate di infantililizzanti immaginari collettivi in cui si viene schiacciati e ci si auto-schiaccia su un iper-presente autopoietico, funzionale all’accrescimento e alla perpetrazione di un’infinità di punti senza senso e senza scopo/progetto. Ed ecco qui insinuarsi il capitalismo, non altra ma stessa faccia della medaglia, sostenuto e alimentato dalla tecnica così intesa e proteso all’accrescimento del profitto.

Dunque la tecnica è capitalista e il capitalismo è tecnica, in una logica tutta rivolta all’individualizzazione (leggi: isolamento) dell’individuo come lavoratore e come uomo, poi assemblato nella sua atomicità ad altri atomi per favorire il buon funzionamento del sistema, con ingranaggi fatti di Rete, Social, Connessioni. Nell’apparente e ingannevole osanna alla libertà individuale e nell’incitamento a una soggettività autonoma, si cela il paradosso funzionale del controllo sociale, per nulla moderno, assai poco democratico, eco di tanti –ismi non così lontani, in cui parlare di religione tecno-capitalista appare inevitabile.

Dopo aver illustrato sei concetti-guida (società/comunità; interazione/integrazione; autonomia/eteronomia; utopia; cittadinanza; egemonia) necessari a comprendere l’indirizzo critico che accompagnerà il resto della trattazione, l’analisi viene focalizzata sulla divisione tecnica del lavoro, a cui sono dedicati ben tre capitoli del saggio, che anticipano una dissertazione a tuttotondo sui fenomeni del consumismo, della finanziarizzazione dell’economia e della tecnica, fino ad arrivare alla definizione del moderno Homo Economicus, contestualizzato nel suo universo non solo economico ma anche temporale e sociale.

In un percorso che è storico, filosofico-politico ma soprattutto sociologico, Demichelis invita a superare qualsiasi frammentarietà curricolare nello studio dell’intreccio stringente tra tecnica e capitalismo, ricordando la necessità di trattazioni specifiche e settoriali se, però, inseribili e inserite all’interno di un frame globale e critico di analisi. Evidente è anche l’invito all’adozione di nuove categorie di significato, utili per ri-definire concetti che, prima di essere termini, sono processi in pieno divenire. Forte e calda (altra cosa che amo dei suoi saggi, oltre alle parentesi) è, infine, la spinta a non rimanere inerti individui eterodiretti di fronte a una realtà sistemica e ideologica in cui ci è riservato il ruolo di pedine chiaramente passive e non troppo intelligenti, ma di ri-impossessarci di un’autonomia pratica e di pensiero che ci permetta di tornare a correre dietro alle Grandi Utopie del lavoro e della persona, come l’uomo e la donna di J. Saramago che lasciano la norma (e la normalità) del re e del conformismo dei marinai verso l’Isola Sconosciuta.

Da - http://www.glistatigenerali.com/scienze-sociali_teoria-economica/sociologia-della-tecnica-e-del-capitalismo/
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