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Autore Discussione: Roberto Benigni - Cari Italiani, ...  (Letto 5958 volte)
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« inserito:: Novembre 28, 2007, 05:24:26 pm »

Il sesso, da Casanova a Sandro Bondi

Roberto Benigni


Cari Italiani,

con immensa allegria e col cuore che cinguetta come un fringuello appena nato, il 29 novembre in diretta su RaiUno, staremo un paio d’ore insieme a parlare del regalo più bello che ci è cascato addosso. Dobbiamo capire cos’è l’amore. Ne tracceremo la storia. Dal primo libro della Genesi, all’ultimo libro di Bruno Vespa, dalla lettera di pace di San Paolo ai Corinzi: «Per quante cose io assuma in mio conto se non ho l’amore io non sono nulla».

Alla lettera di scuse di Berlusconi a sua moglie : «…E dai Verò, stai buona, so’ bagattelle…» Dalla rottura della Pace tra Greci e Troiani secondo Omero: «Causa ne fu la Divina femminilità di una Donna», alla recente rottura della pace tra An e Forza Italia secondo Vittorio Feltri: «La causa è una sola, problemi di gnocca». Vedremo gli enormi passi avanti fatti dall’Umanità su questo tema.

Sì, parleremo del sesso, il motore del mondo, percorrendolo nei suoi aspetti più estremi. Dalla libidine sfrenata alla totale repressione. Insomma da Casanova a Sandro Bondi. Parleremo di politica, da Voltaire: «Non sono d’accordo con quello che dici ma sono pronto a morire purché tu lo dica» a Silvio Berlusconi: «Chi vota a sinistra è un coglione». Parleremo della grandezza dell’Italia cercando di capire che cosa abbiamo fatto di bello per meritarci città come Milano, Firenze, Roma dove sono nati uomini come Manzoni, Michelangelo, Cesare e cosa abbiamo fatto per meritarci città come Arcore, Ceppaloni, Montenero di Bisaccia e… non mi ricordo dove è nato Buttiglione.

E poi lasceremo parlare Dante. Ci faremo dire da lui cos’è quella nostalgia dell’infinito, quella ventata di annientamento che ci precipita addosso quando ci si innamora e smantella tutta la nostra vita, quella sensazione felice, pericolosa e rara che unisce sensualità e tenerezza e ci rende immortali. Ce lo faremo dire da lui con parole antiche e commoventi che hanno attraversato i secoli per posarsi sulle nostre labbra. Nulla di solenne, semplicemente la bellezza. A giovedì.

Domani alle 20.30 in diretta su Rai1 c’è lo show di Benigni «Il quinto dell’Inferno»: un’ora sull’attualità e una sul canto dantesco


Pubblicato il: 28.11.07
Modificato il: 28.11.07 alle ore 13.21   
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« Risposta #1 inserito:: Novembre 29, 2007, 11:58:31 pm »


Chi non l'ha visto stasera in TV ricerchi per vederlo.

Abbiamo un Grande Italiano!

(NDR)
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« Risposta #2 inserito:: Novembre 30, 2007, 04:56:23 pm »

SPETTACOLI & CULTURA

Lo show su Dante insidiato dall'ultima puntata della fiction su Riina su Canale 5

La lettura del V dell'Inferno ha comunque registrato il record stagionale per RaiUno

Oltre dieci milioni per Benigni

Quasi otto per "Il capo dei capi"

 
ROMA - Serata infernale ieri sera nella guerra degli ascolti. Benigni con la sua lettura dantesca condita di sesso e politica su RaiUno ha ottenuto oltre dieci milioni di spettatori. Ottimo risultato per la prima rete Rai, che ha trasmesso lo show senza interruzioni pubblicitarie, insidiato però dall'ultima puntata della fiction Il Capo dei Capi su Canale 5 che ha registrato quasi otto milioni.

"Il V dell'Inferno" è stato seguito da 10.076.000 telespettatori, con il 35,68% di share, ma la parte conclusiva della fiction dell'ammiraglia Mediaset sulla storia di Totò Riina ha tenuto con un ascolto record per una serata così difficile: 7.995.000 di telespettatori con il 28,59% di share.

Benigni non è riuscito dunque a battere il suo precedente record dantesco: 12.687.000 telespettatori con il 45,48% di share, ottenuti il 23 dicembre 2002 sempre su RaiUno con "L'ultimo del Paradiso". Ma intanto ha battuto il record stagionale della prima rete Rai conquistato da Adriano Celentano che lunedì sulla stessa rete con "La situazione di mia sorella non è buona" ha ottenuto ascolti pari a 9.209.000 col 32,9% di share.

Ma Benigni, che ha portato oltre un milione di spettatori a teatro per il suo TuttoDante, in tv va ben oltre il V canto dell'Inferno: quella di ieri è stata infatti solo la prima di una serie di letture che proseguirà in altre 13 puntate, in onda sempre su RaiUno ma in seconda serata dal 5 dicembre. E' previsto anche un doppio appuntamento durante le festività: il 25 e 26 dicembre e poi l'1 e il 2 gennaio.

(30 novembre 2007)

da repubblica.it
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« Risposta #3 inserito:: Novembre 30, 2007, 04:58:13 pm »

SPETTACOLI & CULTURA

Con "Il quinto dell'Inferno" l'attore sfida se stesso dopo gli ascolti record del 2003

La lettura del canto, ma prima un lungo excursus su Berlusconi, i Savoia, l'attualità

Benigni, il gran ritorno su RaiUno "Silvio riposati, basta fare partiti"

"La grandezza dell'Italia sono i ragazzi di Locri e il corteo contro la violenza sulle donne, violenza dei vigliacchi"

di ALESSANDRA VITALI

 
ROMA - Si comincia con i Savoia ma c'è soprattutto Berlusconi nel suo cuore e chi ha già visto TuttoDante se lo ricorda. Con la serata-evento di RaiUno Il quinto dell'Inferno, Roberto Benigni porta in tv lo spettacolo che ha già fatto oltre cento repliche e più di un milione di spettatori. E col quale, in tv, sfida se stesso: il 23 dicembre 2003, con L'ultimo del Paradiso, su RaiUno, toccò il record di 12 milioni 687 mila spettatori con il 45,48% di share. Scenografia essenziale in legno chiaro, non sarà questo l'unico Benigni. Il TuttoDante in 13 puntate per altrettanti Canti della Divina Commedia proseguirà mercoledì 5 dicembre alle 23, con duplice raddoppio il 25 e 26 dicembre e l'1 e 2 gennaio.

Il comico è in gran forma, lo spettacolo è in due parti. La prima, per commentare l'attualità e "maltrattare" i politici, ed è il Benigni mattatore folle e più mediaticamente atteso. La seconda, è per il fascino della Commedia, per "la bellezza", come a lui piace dire, del Canto V dell'Inferno, del quale è prigioniero l'amore disperato di Paolo e Francesca. Prima, però, l'appello "per una famiglia piemontese bisognosa, si chiamano Savoia: mandate un sms, hanno nomi altisonanti ma sono indigenti, organizziamo un Telethon per risollevare il trono, si chiamerà Teletron".

Trenta minuti di viaggio a perdifiato nell'Italia recente, la politica e gli scandali, poi il prediletto Cavaliere. "Un anno e mezzo fa è nato il governo Prodi, Berlusconi per recuperare andava in tv a dire 'chi vota a sinistra è un coglione', 'i froci son tutti di sinistra...'"". Berlusconi ossessionato dal governo ("cade, cade, non ripete altro, sta impazzendo. Silvio, per la tua salute, ti devi riposare, prenditi una settimana in cui non fai un partito nuovo"), Berlusconi e la legge elettorale ("a Veltroni la proporrà 'alla Vaticana', si elegge uno e finché campa ci sta solo lui") e Sandro Bondi, "non lo toccherei nemmeno con una canna da pesca, falso come il bilancio di un'azienda di Berlusconi".

Parla del sesso "che governa il mondo", di Buttiglione "che parla sempre di omosessuali ma secondo me non c'ha neanche il pisello", i sondaggi "sulla durata del rapporto sessuale, la media dell'italiano è risultata di tre minuti, mi son detto 'sarà compresa la doccia'", e "l'allungamento del pene, alla fine ce l'attorciglieremo come un distributore di benzina". Ricostruisce, con dovizia di turpiloquio, le intercettazioni di Vallettopoli, "e ho pure tolto le parti volgari", scherza su Silvio Sircana, "pubblicare quelle foto è stato scandaloso, ci credo che si è sentito male, roba da andare in trance", mentre "giustifica" Cosimo Mele beccato in un albergo romano con squillo e cocaina, "e ti credo, dopo quindici giiorni rinchiuso con Giovanardi, Cesa e Buttiglione...".

A quasi un'ora dall'inizio, Benigni si avvicina al clima della lectura con una rassegna del genio e della bellezza del Paese del Rinascimento, della pittura, della musica e dei filosofi, di Dante che "si è occupato di questo strano sogno che è la vita", della Commedia che "dopo averla letta non si guardano più le persone nello stesso modo perché ci insegna che ognuno di noi è protagonista di una storia irripetibile". L'Italia, "unico Paese al mondo dov'è nata prima la cultura e poi il concetto di nazione, c'è da essere orgogliosi" come del fatto che "grandi pensatori sono nati nel Sud, è il Sud dell'Italia che deve dare un'identità al Paese". La grandezza dell'Italia, dice, "sono i ragazzi di Locri" e "la manifestazione di sabato contro la violenza sulle donne, spaventosa, orribile, violenza dei vigliacchi".

Bisogna avere "orrore dell'indifferenza, capire che dobbiamo scegliere, appartenere - dice - e Dante ce lo fa capire". Per l'attore è tempo di andare nel secondo cerchio, incontrare Minosse, andare avanti perché vuolsi così colà dove si puote e ancora avanti, Semiramide e Didone e le altre anime, assistere al dolore di Paolo e Francesca e soffrire con loro, e poi cadere come corpo morto cade.

(29 novembre 2007)

da repubblica.it
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« Risposta #4 inserito:: Novembre 30, 2007, 06:07:49 pm »

«Benigni-amente d'umiltà vestuta»

Toni Jop


«Noi a volte si crede di essere chissà che, e invece siamo solo dei buffi che fan ridere», dice Roberto Benigni sul palco di Raiuno e così butta lì di corsa la didascalia al suo bestiario umano quasi tutto chiuso nel recinto del potere. Che sta facendo quel comico toscano che si agita scomposto davanti alle telecamere con la «presunzione» di trasmettere Dante ai suoi maligni italiani? Lasciate stare il fatto che sta salvando, con i suoi ascolti, una importante rete televisiva tutt’ora governata da gente che avrebbe mandato al rogo le belle cose che quel comico porta nelle tasche dell’anima. Benigni, con l’umiltà dell’intelligenza e il coraggio del corpo sta forse montando una nuova divina commedia, un sequel, o una postfazione se volete, che riguarda il nostro tempo e che può essere annessa a quel canto d’amor terribile e di furore poetico che «sfuggì» dalla vita di Dante agli inizi del nostro linguaggio.

È troppo? Che importa cosa separa Dante da Benigni, seguite cosa li unisce e teniamo presente che il primo era esule, costretto a star fuori dalla porta della sua «realtà», mentre il secondo sta dentro, così dentro da citare i personaggi dei suoi «gironi» a distanza d’alito da loro. Per questo, il ritratto, la galleria di ritratti dedicati ai politici, in un sistema che sembra in grado di digerire lo sgarbo, è lavoro affidato a una visione piegata dall’umorismo. Infatti, la gente, il pubblico in sala ieri rideva, come rideva della devastante marginalità sociale di Chaplin, come ride - quando non è domata dal conformismo accademico - degli incubi reali di Kafka.

Ma c’è altro che unisce i due toscani, nonostante gli ottocento anni che li dividono, ed è la poesia. Ci sembra che Benigni - con Fo - non si presenti tanto sul palco in modo che, sotto il profilo professionale, si può definire «preparato», Benigni è soprattutto ispirato, sia quando sconfina con il tormentone dedicato a Clemente Mastella, sia quando cita, parlando di sesso e potere, «l’armadio delle libertà». Con il corpo piegato all’indietro, ad arco esile, «vomita» ectoplasmi poetici dopo averli immersi in un bagno epico: da Berlusconi a Prodi, da Buttiglione al solito Mastella, la quotidianità mediocre, sofferente, arrogante - quando c’è arroganza - viene trasfigurata e portata sulle stelle di una nuova mitologia con il suo carico di male e di bene, di stupidità e di ingenerosità e la offre al pubblico, a chi sa ascoltare perché sappia che la mitologia non è altro che poesia e che della mitologia non è artefice il potere, ma il poeta.

Che sarebbe stata quella scaramuccia mediterranea che va sotto il nome di «guerra di Troia» se non fosse esistito Omero? Così Benigni mostra a chi vuole ascoltarlo, a chi ha scelto quelle telecamere in una prima serata senza veline e senza reality, che la mitologia non è una divinità lontana ma materia presente, carne e sangue, vizi e virtù, un dito nel naso, una parola offensiva, una carezza. Ma usando sempre il teatro offerto dalla «casta» come modello di ogni umana rappresentazione, di ogni frustrata e dolente banalità, come ha fatto Dante. Ciascuno col suo linguaggio d’arte, con la sua chiave. E ancora, Roberto, con quel suo sguardo che si fa «politico» quando, prima di abbracciare fratello Alighieri, torna a quell’altra visione gioiosa e commossa d’Italia che rifonda il senso di appartenenza di questo popolo senza ingenuità su una comunione d’intelletto e d’arte, culturale ben prima che statuale. Guarda caso, è una delle «colpe» che qualche padano rimprovera ancora e purtroppo all’autore della Divina Commedia. Pochi giorni fa, hanno detto: Benigni lasci stare Dante, perché il divin poeta non merita quelle comiche amenità. Fortuna che Roberto non gli ha dato retta.

Pubblicato il: 30.11.07
Modificato il: 30.11.07 alle ore 12.37   
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« Risposta #5 inserito:: Dicembre 09, 2007, 05:05:56 pm »

SPETTACOLI & CULTURA

Nel 1980 il comico toscano fece scandalo con il suo "wojtilaccio" con cui apostrofò Giovanni Paolo II al festival di Sanremo

Bertone: "Benigni in tv, alta teologia"

Dal Vaticano elogi per la lettura di Maria

di ORAZIO LA ROCCA


CITTÀ DEL VATICANO - "Roberto Benigni commenta Dante in tv come un alto teologo". Encomio solenne del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone pronunciato ieri per la settimanale lettura della Divina Commedia che il premio Oscar Benigni sta facendo su Raiuno. Quasi una pubblica "beatificazione", lontana anni luce dalle severe critiche che si abbatterono sullo stesso Benigni, specialmente dai settori cattolici più conservatori, quando al Festival di Sanremo del 1980 apostrofò Giovanni Paolo II con un epiteto, "wojtilaccio", che fece molto rumore e che costò all'attore toscano un ostracismo televisivo durato diversi anni.

Acqua passata. Ieri il cardinal Bertone, nell'omelia tenuta all'Idi, l'Istituto Dermopatico dell'Immacolata di Roma, parlando della Madonna in occasione della festività dell'Assunta (che papa Ratzinger ha celebrato col tradizionale omaggio floreale a piazza di Spagna), ha ricordato, tra l'altro, la profondità con cui Dante parla della Vergine nella Divina Commedia. E a questo proposito ha fatto anche un riferimento "alla preghiera mariana che nel trentatreesimo canto del Paradiso S. Bernardo di Chiaravalle recita iniziando con i famosi versi "Vergine e madre, figlia di tuo figlio... ".

"Parole immortali - ha commentato Bertone - con le quali la poesia di Dante ci fa capire come Dio abbia "pensato alla Vergine Maria fin dall'inizio dei tempi dell'eternità e poi l'ha creata, l'ha messa al mondo, in questo mondo a volte tenebroso, come un fiore che attrae tutti". Una storia di vita e di fede ben presente nella tradizione ecclesiale, ma che ora - a detta del cardinale - sta vivendo un improvviso risveglio grazie anche ad una inattesa opera divulgativa, non dai pulpiti delle chiese, ma attraverso programmi televisivi popolari come le letture dantesche in onda sulla Rai in questi giorni. Letture chiare e ben fatte - ha ricordato a sorpresa il cardinale segretario di Stato nel bel mezzo della sua omelia - che "Roberto Benigni alcune sere fa ci ha dato regalandoci una recitazione splendida e un commento teologico degno dei più alti teologi".

"E' vero, il cardinale segretario di Stato ha fatto un riferimento anche alla lettura televisiva di Dante che sta facendo Benigni, ma ha parlato essenzialmente della Madonna e dei 150 anni della nascita della Congregazione dei Figli dell'Immacolata Concezione", puntualizza un altro cardinale, Pio Laghi, che ha concelebrato insieme a Bertone alla Messa dell'Idi. "Sarebbe però esagerato - specifica Laghi - definire Benigni teologo, un attore di indubbio successo che sta facendo molto bene con le letture dantesche".

Prudenza anche dal predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa. Il religioso, nella omelia dell'Avvento tenuta venerdì scorso davanti al Papa, pur lodando il lavoro televisivo di Benigni, lo aveva criticato per le battute fatte su S. Paolo e la castità. Appunti che Bertone ha di fatto spazzato via elevando la lettura dantesca di Benighi a "commento degno dei più alti teologi". Parola di cardinale.


(9 dicembre 2007)

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