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Autore Discussione: Marcello VENEZIANI Antifascismo, l’ultimo rifugio  (Letto 2316 volte)
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« inserito:: Gennaio 29, 2018, 02:06:53 pm »

Antifascismo, l’ultimo rifugio

Di Marcello Veneziani

L’antifascismo è diventato l’ultimo rifugio dei farabutti. Quando non hai più niente da dire, nulla di vero, di concreto, di significativo da esprimere, quando non hai nulla di serio su cui fondare la tua legittimità, il tuo ruolo e la tua superiorità, quando non hai motivo per occupare un posto di potere – di sindaco, di ministro, di presidente, di qualche cosa – e non hai un merito, una capacità, un valore per essere quello che immeritatamente sei, quando vuoi sedare i conflitti e i mugugni, quando vuoi vincere facile con un avversario che non sta in piedi, perché non c’è più, perché non si regge, e se esistesse un sua estrema traccia, non avrebbe nemmeno possibilità di esprimersi e di contendere, allora tiri fuori l’antifascismo.

Che fu cosa seria e nobile ai tempi del fascismo, quando c’era un regime imperante e ci voleva coraggio e onestà per sottrarti alla dittatura, ci voleva senso dell’onore per rifiutare di allinearti e giurare fedeltà.

Ma questo antifascismo postumo e posticcio, usato da posizioni di potere, in assenza ormai secolare del fascismo, ormai morto e sepolto; questo antifascismo diventato un mestiere travestito da missione, una speculazione mascherata da rieducazione, è roba da vigliacchi e da mascalzoni.

C’è gente, spesso nullità, mediocrità assolute, nonostante i ruoli importanti che coprono o i titoli accademici e culturali di cui si vantano, che si legittima, si fa bello, fa la voce grossa sulle ceneri di un cadavere che non può essere nemmeno difeso da posteri e passanti solo per pietà, storia e amor di verità.

È facile fondare la propria superiorità etica e la propria legittimazione politica e istituzionale sulla lotta a un nemico che non c’è, e non potrebbe mai difendersi; si ha la certezza di vincere a tavolino, prima di combattere, avendo pure dalla tua parte l’Apparato e tutte le sue ramificazioni, i suoi altoparlanti.

Il fascismo è male assoluto, non ha lati positivi e lati negativi, magari prevalenti; no, è solo IL Male, punto e basta. E non si può discutere, nemmeno sul piano storico, perché hai ragione a norma di legge e di carica. A me ripugna vedere la verità così oltraggiata, calpestata, vilipesa.

Ripugna vedere fatti, opere, persone, eroi, pensatori, poeti, popoli trattati come bestie, peggio che bestie. Senza distinguere, senza capire, senza riconoscere. Mi fa schifo vivere tra ciechi e sordi e muti a norma di regime.

Lo dico oggi che è la giornata della memoria, anzi la mesata della memoria, forse l’annata della memoria, perché non c’è giorno dell’anno che un film, una fiction, una testimonianza, un anniversario, una lapide, una cerimonia, un libro, un evento non affronti quel tema.

La giornata della memoria, semmai è quel giorno, che poi dura una settimana, in cui tutti queste manifestazioni si concentrano nell’arco di poche ore. Indica solo il giorno intensivo di una pratica estensiva, quotidiana, come non era mezzo secolo fa. Più si allontana nel tempo e più viene surrettiziamente considerato attuale.

E l’uso politico di una tragedia e di un orrore, l’uso strumentale a distanza di settanta, ottant’anni, e l’elevazione di un solo orrore al rango di paradigma unico e universale, assoluto e incomparabile, dimenticando ogni altro orrore, infanga la memoria stessa che si vuole onorare.

Sporca il ricordo di quei morti, annebbia la vista e la memoria dei contemporanei, suscita odii e rancori fuori tempo.

E serve per lanciare ombre criminali su chi semplicemente ha un altro giudizio storico sul passato, non sulla Shoah, per carità; o più semplicemente ama la patria, la tradizione, la civiltà che per un’assurda proprietà transitiva diventano sintomi di fascismo e di razzismo.

Per questo dico, parafrasando Samuel Johnson, che non il patriottismo, ma l’antifascismo è l’ultimo rifugio delle canaglie.

MV, Il Tempo 27 gennaio 2018
http://www.marcelloveneziani.com/articoli/antifascismo-lultimo-rifugio/




« Ultima modifica: Gennaio 29, 2018, 02:12:03 pm da Arlecchino » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Gennaio 29, 2018, 02:11:21 pm »

Veneziani, chi sono i farabutti, ... chiamali per nome?

Molte persone colte sanno usare parole a tutto tondo, contro i loro nemici e contro gli avversari.
Chiusi nella corazza delle loro certezze non fanno caso e ignorano la dignità delle persone che vengono offese dalle loro personali convinzioni.

Ammettere verità della storia ma usare termini, consacrati e condivisi in essa, per aggredire i personali nemici è offendere chi vi legge.

Ci sono milioni di antifascisti che non sono farabutti! 
Ci sono milioni di fascisti che hanno creduto ma non fatto del MALE!

Dire che sono diversi è restituire loro la dignità di Cittadini. Niente di più.

ggiannig

Su Fb del 29 gennaio 2018
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« Risposta #2 inserito:: Gennaio 29, 2018, 02:35:44 pm »

Dietro la condanna del Ventennio l’ombra dei populismi autoritari

Pubblicato il 26/01/2018

GIOVANNI SABBATUCCI

Nella cerimonia al Quirinale che ha inaugurato le celebrazioni del Giorno della memoria, il presidente della Repubblica non si è limitato alla celebrazione rituale o alla deplorazione generica. Ha invece affrontato la questione ancora scabrosa e dolente delle leggi razziali varate ottanta anni fa dal fascismo con toni decisi e argomentazioni nette, non scontate né usuali nei discorsi ufficiali di un capo di Stato.
Anche per questo, oltre che per il suo contenuto, il discorso di ieri è destinato a occupare un posto di rilievo nella storia degli interventi presidenziali. 

Già in altre occasioni - da ultimo nelle motivazioni della nomina a senatrice a vita di Liliana Segre - Sergio Mattarella aveva manifestato una speciale sensibilità al tema: un’attenzione certo giustificata dal riproporsi - nelle piazze, sui social networks, in certe scritte murali, persino nella campagna elettorale - di atteggiamenti e slogan esplicitamente razzisti e neonazisti. In questo caso, però, l’obiettivo polemico principale è un altro: è la persistenza, è la sostanziale invarianza nel tempo di quei luoghi comuni consolatori che gli appartenenti alla generazione dei nati alla fine della seconda guerra mondiale sentono ripetere da sempre come un monotono ritornello: «il fascismo ha fatto anche cose buone», «la responsabilità delle persecuzioni razziale è tutta dei tedeschi», per finire col classico «ah, se Mussolini non fosse entrato in guerra…». 

Il video che vi farà capire quante sono le vittime dell’Olocausto

Su questi punti, il capo dello Stato è entrato decisamente nel merito, ricordando agli immemori e ai minimizzatori di turno alcuni dati di fatto non confutabili. Primo: il fascismo avrà fatto anche cose buone (quale regime non ne ha fatte?), ma questo non significa che fosse «in parte» buono, visto che le cose cattive bastano e avanzano per qualificarlo. Secondo: è certo che la primazia (logica e cronologica) delle persecuzioni razziali e dei relativi orrori, culminati nella Shoah, spetta alla Germania nazista, ma è altrettanto vero che gli italiani (quasi tutti) si adattarono alla legislazione antisemita senza proteste o intimi trasalimenti; e non pochi di loro (non tutti per la verità) si prestarono al ruolo di «volonterosi carnefici» sotto la Repubblica sociale, collaborando per la parte di loro competenza alla fase preliminare delle operazioni di sterminio. Terzo: la storiella di un Mussolini rovinato dalle cattive compagnie si basa su un’ipotesi del tutto infondata. Mussolini non poteva non fare la guerra, perché - come ha giustamente ricordato il presidente - il fascismo era un fenomeno costitutivamente autoritario e liberticida e inesorabilmente votato alla violenza e alla guerra. Questa almeno era la deriva assunta dal regime già prima dell’alleanza con Hitler e delle leggi razziali. Che poi Mussolini, come molti italiani, credesse poco alla teoria e alla mistica della razza e che vedesse la campagna antisemita come un’iniezione di spiriti bellicosi nel corpo del popolo, è altro discorso: ma dal punto di vista etico - mi sentirei di aggiungere - questo rappresenta un’aggravante più che un attenuante.

E’ dunque, quella del presidente Mattarella, una presa di posizione che non lascia adito a dubbi interpretativi e che non ha solo il valore di una precisazione storiografica. Serve, in una difficile fase pre-elettorale, a ribadire i confini della legittimità repubblicana, collocando decisamente l’Italia nel novero delle democrazie liberali, e ad allontanarla dal modello delle democrazie autoritarie e populiste (le «democrature «), verso cui alcuni Paesi dell’Est Europa stanno pericolosamente inclinando.

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Da - http://www.lastampa.it/2018/01/26/cultura/opinioni/editoriali/dietro-la-condanna-del-ventennio-lombra-dei-populismi-autoritari-cwoHDARpFO3SRS0UyNTeJK/pagina.html

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