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« Risposta #15 inserito:: Novembre 10, 2008, 06:44:25 pm » |
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10/11/2008 - INTERVISTA Cerami "Macché rinascita il cinema è spento" Lo sceneggiatore: "Moretti ha ragione. Ma Gomorra e Il divo danno fiducia" CLAUDIA FERRERO TORINO
Povero cinema italiano orfano del sogno. È sparito. Dissolto. Bisognerebbe ripartire da lì. Avere il coraggio dell’ispirazione. Vincenzo Cerami, lo sceneggiatore de Il piccolo diavolo, di Pinocchio, di La vita è bella, ne è convinto. Sa cosa significhi far dire «Principessa, stanotte t’ho sognata tutta la notte, andavamo al cinema, e avevi quel tailleur rosa che ti piace tanto», perché questa frase detta dagli altoparlanti di un campo di concentramento dal protagonista alla sua amata l’ha scritta con quell’altro geniaccio di Benigni, che l’ha recitata. La vita è bella vinse tre Oscar. Cerami, con il regista Paolo Sorrentino e il produttore Jacques Laurent, dal 18 al 20 novembre sarà a Torino, alle Giornate europee del Cinema e dell’Audiovisivo, grande mercato di progetti e di tutto quanto fa cinema, tv e nuovi media, talenti compresi, e che sfocerà dritto verso il Torino Film Festival.
Moretti ha bocciato il nostro cinema, dicendo che il successo di Gomorra e del Divo non giustifica discorsi di rinascita. Erano pellicole d’autore, ma da qui a generalizzare... Sorrentino gli ha dato ragione. E lei? «Hanno fatto bene al cinema italiano. Ma sono due casi particolari: Gomorra era già stato un successo editoriale, mentre Il divo è un film visionario, frutto di un percorso autoriale. Entrambi sono “innesti esterni”. Non sono il prodotto di un’azienda cinema che è cresciuta. Non rappresentano una rinascita profonda. Danno uno slancio di fiducia, questo sì».
Anche Pranzo di Ferragosto è stato un successo, grande e inatteso. «È un film singolare, molto bello, ma non dà la tendenza del cinema attuale».
Bocciata pure la fiction? «In Italia per la fiction non c’è qualità, resiste il pregiudizio che si debba essere a tutti i costi popolari. Vincono la cultura piccoloborghese, i sentimenti buoni, i finali rassicuranti. I veri maestri della fiction sono gli Usa, dove le serie hanno forza, toni di denuncia e presa spettacolare».
Qual è l’errore più grave di autori e produttori? «Il cinema oggi si poggia su un malinteso: sceneggiatori e autori, dopo il grande schermo, sperano che il film possa avere uno sbocco televisivo. Quindi “inquinano” il linguaggio, lo addolciscono e creano finali “buoni” per essere più appetibili per la tivù. Snaturano, insomma, l’ispirazione, l’onestà intellettuale alla base di un prodotto».
Quale sarebbe un buon segnale di rinascita? «Una buona cosa è la tax shelter, che permette al privato di investire in un film e di essere detassato. Più soldi significa essere più concorrenziali. Se il mercato si restringe, se si girano pellicole a basso costo non solo il risultato è più povero, ma si tende a fare film “due camere e cucina”».
Ovvero? «Film intimi, minimali, dove l’esotismo viene penalizzato. L’aspetto del sogno, in una pellicola, non deve mai venire a mancare. La realtà ce la passa già tutta i tg. Bisogna trovare un’idea che dilati le immagini, che renda il tutto evocativo».
A che cosa sta lavorando? Sto scrivendo dei filmetti di 5, 6 minuti l’uno per bimbi di 5 anni, protagonista Enzo D’Alò. Sono strisce con personaggi molto allegri, che andranno in onda sulla Rai».
Il sogno e la fiaba che ritornano. Ma a chi si è ispirato? «A me stesso. Mi diverto come un matto: faccio succedere di tutto e faccio parlare tutti, alberi, laghi, lune».
Alle Giornate europee del cinema come tratterà i giovani aspiranti autori? «In quel caso sarò “scientifico”. Non basta avere una bella storia, bisogna anche saperla porgere in modo accattivante».
A quando di nuovo con Benigni? «Non ora. Ma ci reincontreremo». da lastampa.it
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