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Autore Discussione: Marina Boscaino - Schegge di fascismo tra i banchi di scuola  (Letto 3326 volte)
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« inserito:: Novembre 25, 2007, 11:57:30 pm »

Schegge di fascismo tra i banchi di scuola

Marina Boscaino


La Costituzione italiana vieta qualunque recrudescenza di fascismo. Nonostante ciò le scuole romane - e non solo, ne sono certa - sono state recentemente teatro di episodi che contraddicono apertamente questo divieto. Episodi agghiaccianti, come quello verificatosi durante il corteo nazionale del 12 ottobre, al termine del quale uno studente è stata ricoverato con 15 punti di sutura in testa; oppure l’aggressione agli studenti del liceo Tasso «ad opera di chi sostiene di volantinare, ma lo fa armato di cinghie e manganelli»; o ancora il pestaggio di tre ragazzi in un parco di Ostia. Per non parlare delle scritte intimidatorie comparse davanti al liceo Aristofane all'indirizzo di due ragazze lesbiche, firmate da celtiche e svastiche.

Questa allarmante recrudescenza di neofascismo è stato il tema di un incontro presso la Casa della Memoria e della Storia, organizzato dall'Anpi e da alcune associazioni studentesche: un momento importante, che concretizza in maniera significativa un simbolico «passaggio di testimone» tra generazioni lontane. E la necessaria, lungimirante consapevolezza che solo coinvolgendo i più giovani sarà possibile continuare a far vivere realmente come fondativi della democrazia nel nostro Paese i valori incarnati dalla Resistenza. L'incontro si è concluso con un appello indirizzato al ministro Fioroni «affinché siano predisposte adeguate misure per far sì che non possano esserci, nelle scuole, propaganda e rappresentanza studentesca con idee di matrice evidentemente neofascista». E al quale hanno già aderito Alessandro Portelli (storico e delegato del Comune alla memoria), Rosario Bentivegna (medaglia d'oro della Resistenza), il filosofo Gianni Vattimo, l'ex calciatore del Livorno Cristiano Lucarelli, politici del centrosinistra tutto, i Cobas scuola e l'Arcigay Roma.

È innanzitutto una contraddizione stridente, oggi, parlare di fascismo e scuola. Perché è la Costituzione stessa che rimarca la funzione che la scuola pubblica ha in quanto veicolo di democrazia. La scuola in quanto «luogo privilegiato di cultura e partecipazione» non può essere «terreno per una propaganda vergognosa e squallida che tenta, sfruttando la crisi di memoria storica, di riportarci nei periodi peggiori della nostra storia».

Già, la crisi di memoria storica. Un vero e proprio delitto contro l'umanità. L'umanità di bambini e ragazzi, che saranno cittadini di domani: sollecitati prevalentemente ad essere consumatori acritici da un mercato che la fa da padrone, su tutti e su tutto; destinatari di messaggi mendaci, di un'informazione che disinforma; distratti da sogni che per lo più li porranno davanti alla propria inadeguatezza, alle ambizioni sbagliate. Perché saranno pochi a realizzare i propri sogni, tutti storicamente e televisivamente determinati dalla mancanza di idealità e di un progetto che non omologhi l'esistere con il possedere materialmente.

La crisi della memoria storica implica anche, stridentemente, il fatto che svastiche, celtiche, spranghe, catene sono disperati tentativi di autoaffermazione più che frutti di opzioni consapevoli, per quanto scellerate. Sono scelte di campo casuali, determinate più dalle schegge impazzite dei destini individuali di un mondo senza valori, che dalla ricerca e dalla metabolizzazione di conoscenze e convinzioni basate su di esse. È difficile contrastare l'ondata massificante della scelta di campo per omologazione e ignoranza. Quasi più che quella basata sul convincimento e la conoscenza.

La scuola pubblica - per sua stessa natura, resistendo quanto può alle sirene suadenti del mercato, alle quali pure non è sorda, che la intrigano, la tentano, indebolendola inevitabilmente, complice anche una politica che disinveste economicamente e culturalmente - deve esercitare la propria funzione di intransigente baluardo contro questa deriva di inciviltà e di ignoranza. Perché l'esercizio della memoria prevede vigilanza, convinzione, motivazione; la consapevolezza e la costanza delle proprie ragioni, che solo autorevolezza e determinazione - nonché un'interpretazione squisitamente politica nel senso letterale del termine del nostro lavoro - possono sottrarre a lusinghe di carattere differente. Sarebbe importante che politica e amministrazione potenziassero con atti concreti questa funzione.

Riconoscendo alla scuola pubblica - non solo a parole, ma anche con un investimento sul rafforzamento delle modalità di trasmissione delle competenze di cittadinanza - il ruolo che può e deve avere. Nessuna iniziativa pure pregevole - viaggio della memoria, giorno della memoria - potrà mai avere un effetto analogo alla mobilitazione permanente della scuola, alla vigilanza intransigente; al recupero, attraverso la cultura - le culture - e la relazione educativa di consapevolezza e di ricerca di senso che fanno dell'uomo una persona e un cittadino migliore. Investire nella resistenza della scuola alle seduzioni dell'indifferenza e del disimpegno. Investire nella resistenza all'oblio della Resistenza e dei valori sui quali la democrazia italiana è stata fondata.

Pubblicato il: 25.11.07
Modificato il: 25.11.07 alle ore 14.09   
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« Risposta #1 inserito:: Dicembre 18, 2007, 06:30:03 pm »

Scuola la "grande beffa" dei corsi di recupero

Marina Boscaino


Alcuni miracoli ancora esistono; siamo costretti a chiamarli così perché rappresentano esiti talmente imprevedibili - dati i tempi che corrono - da costituire preziosi attimi per continuare a pensare che il nostro lavoro di insegnanti abbia ancora un senso; e che - soprattutto - ragazze e ragazzi di questo Paese, se guidati da una convinta adesione al senso ultimo del nostro mandato, rispondono in maniera talvolta sorprendente. Due brevissimi esempi, diversi, ma convergenti nella speranza: al Beccari di Torino - un Istituto professionale - i ragazzi di I, quattordicenni "sfigati", secondo i parametri dei cultori della licealità, hanno chiesto spontaneamente all’insegnante di italiano di osservare un minuto di silenzio per gli operai morti nel rogo della ThyssenKrupp, perché la scuola non aveva "registrato" l’evento; Roma, liceo classico Plauto, il mio. I miei ragazzi di III liceo - perfettamente in grado di recuperare nella sua complessità l’itinerario poetico filosofico del percorso leopardiano - si stanno appassionando alla ricerca di documentazione per la compilazione di un saggio breve su quel rogo e sull’approfondimento del fenomeno delle morti bianche. Il maestro - e per una volta facciamocelo, un complimento - è colui che esercita il suo potere di "padre" per portare i figli all’emancipazione, all’autonomia.

Dalle stelle alle stalle; mentre questi piccoli-grandi miracoli accadono e ci lasciano qualche speranza sul futuro del paese e sulla dignità e consapevolezza dei cittadini che ne faranno parte, i collegi docente si stanno accapigliando, come non accadeva da anni, sull’improvvida normativa che regola i debiti scolastici: la frettolosa e farraginosa soluzione che Fioroni ha voluto fornire (DM 80 3.10.2007, OM 92 5.11.2007) al precedente provvedimento che aveva stabilito che i debiti non sanati avrebbero impedito l’ammissione all’esame (norma che andrà a regime dal prossimo anno scolastico, legge 1 11/1/07). Come uscirne nel modo più rapido? Come spesso accade, senza valutare le conseguenze - in termini di praticabilità, di equità, di risultati concreti - che un provvedimento estemporaneo avrebbe potuto portare con sé. E senza pensare che ogni soluzione frettolosa e improvvisata - per quanto ammantata dalla sublime aura della serietà e dell’inflessibilità - è un’ennesima picconata alla credibilità della scuola pubblica. Innegabile, lo ribadisco, la necessità di intervenire su una materia che era diventata una delle tante barzellette che - grazie all’inadempienza, al menefreghismo e all’incapacità di molti colleghi - hanno delegittimato progressivamente la scuola italiana: minando diritto allo studio e qualità del sistema educativo. L’intervento normativo individua però un carico di adempimenti che certamente andranno a scapito dell’efficacia pedagogica, logica che dovrebbe ispirare l’intera operazione. Soprassiedo sulla grave violazione (che ho affrontato in diverse occasioni e che fa parte di un’operazione complessiva di "esternalizzazioni" di competenze della scuola pubblica portata avanti da questo ministro) determinata dalla possibilità prevista di affidare a soggetti esterni una parte così delicata della didattica, contrastando peraltro lo stesso comma 1 dell’ OM che recita "le attività di recupero costituiscono parte ordinaria e permanente del piano dell’offerta formativa che ogni istituzione scolastica predispone annualmente". Una messe di adempimenti che - ad anno scolastico iniziato e in fase di sperimentazione dell’innalzamento dell’obbligo scolastico - cadono sulle scuole in modo prescrittivo: uno scenario da Far West dell’operatività, che dimentica due dati fondamentali: il come e - soprattutto - il con quali soldi. Ce ne sono per tutti, di oneri burocratici aggiuntivi: per il collegio, per i presidi, per il Consiglio di Istituto, per il personale Ata. Ma seguiamo un docente impegnato nelle mansioni. Al quale - in una improvvisa quanto inautentica riscoperta di un concetto di autonomia, che renda giustizia (solo formalmente, si intende) del suo statuto professionale e delle sue prerogative di intellettuali - viene buttata addosso, in maniera scomposta e sempre ambigua, la responsabilità della riuscita dell’operazione.

Il docente valuta l’alunno in sede di scrutinio intermedio, indicandone le carenze. Il collegio docenti ha intanto definito preventivamente i criteri di assegnazione dei vari insegnanti ai gruppi di studenti individuati secondo le lacune. È qui necessario sottolineare come la normativa usi due termini diversi ("sostegno" e "recupero", il primo per indicare l’attività già prevista dalle norme precedenti, l’altro quella individuata dalle nuove norme). La scuola deve promuovere e favorire la partecipazione degli studenti alle iniziative di sostegno. Inoltre, individuare discipline e aree disciplinari necessitanti di interventi; determinare modalità e tempi di organizzazione; realizzare e attivare le obbligatorie iniziative di recupero; individuare modalità innovative per lo svolgimento del recupero; portare a conoscenza delle famiglie (che possono comunque rifiutare, previa dichiarazione, l’intervento della scuola) le iniziative di recupero. L’insegnante, intanto, al termine di ciascun intervento di recupero - blocchi di durata non inferiore a 15 ore, la cui organizzazione in termini di tempi, di flessibilità, di durata, di modelli didattico-metodologici, di accorpamenti di studenti di classi differenti che presentino criticità omogenee, di criteri di valutazione, di modalità, insomma di realizzazione rappresenta un carico di lavoro non indifferente - fa le verifiche, che devono essere documentate. In caso di esito negativo, verranno attivati ulteriori interventi.

Il nostro insegnante è faticosamente giunto agli scrutini di giugno. Il collegio docenti, preventivamente, aveva determinato i criteri da seguire per lo svolgimento degli scrutini, come recita velleitariamente il comma 1 dell’art. 4 "al fine di assicurare omogeneità nelle procedure e nelle decisioni di competenza dei singoli consigli di classe". Nello scrutinio finale il giudizio sugli studenti che avessero fatto registrare insufficienze a proprio carico verrà "sospeso". Dalla segreteria verranno loro comunicate le/la insufficienza, taciuto il resto delle valutazioni: una scelta con lungimiranti conseguenze in termini di rafforzamento dell’autostima del ragazzo e di incentivo e riorientamento volto al suo recupero. Nello scrutinio finale il docente propone il voto in base ad un giudizio motivato desunto dagli esiti delle varie prove. Subito dopo le operazioni di giudizio finale, la scuola comunica alle famiglie decisioni e motivazioni della sospensione del giudizio, indicando contestualmente gli interventi didattici previsti destinati al recupero, che dovranno dunque essere praticati ed esperiti dai docenti entro e non oltre la data di inizio delle lezioni dell’a.s. successivo, dunque durante l’estate. La competenza delle verifiche finali degli esiti - (la normativa, tanto debole da aver concesso persino a Calderoli di sollevare vincenti eccezioni) si guarda bene dal parlare di esami di riparazione (ma, in realtà, di questo stiamo trattando) - nonché l’integrazione dello scrutinio finale, sono di competenza del consiglio di classe. Pare che per la realizzazione delle attività di sostegno e recupero siano stati stanziati 210 milioni di euro, messa in discussione dalla Flgcil (dal cui sito sono scaricabili schede di approfondimenti) anche se nei testi normativi non si fa riferimento a cifre. Segnalo, rapidamente, e con una vena di amarezza, alcune dei molti punti deboli rilevati in questa farraginosa architettura:

1)la cifra stanziata è irrisoria, tenendo presente i dati forniti dallo stesso ministero sui debiti scolastici (47% di debiti sulla popolazione scolastica). Questo significa classi di recupero superaffollate o possibile mancata attivazione: cioè mobilitazione dei media, suono di fanfare, dichiarazioni di serietà a fronte dell’illusionistico tentativo di cavarsela a costi bassissimi.

2)La composizione delle nuove classi avverrà per forza di cose dopo la verifica finale (settembre), impedendone una corretta formazione e creando un ritardo nella formulazione degli organici;

3)La femminilizzazione della professione (uno stipendio da insegnante consente di portare avanti una famiglia con molte difficoltà), la sempre più marcata caratterizzazione alla delegittimazione sociale del ruolo dell’insegnante, la demotivazione, talvolta l’incompetenza, renderanno difficile la definizione di personale qualificato disponibile all’operazione "recupero": porte aperte all’esterno, con conseguente, ulteriore, impoverimento del sistema-scuola.

4)È iniziata la "guerra tra poveri": un classico tra noi insegnanti. Chi li fa i corsi? Quelli che fanno la maturità e lavorano più di quelli del biennio? Quelli del biennio iniziale, che svolgerebbero una mansione più usurante di quelli che fanno la maturità? E così via.

5)Un tale irrigidimento organizzativo (cui si è qui accennato solo in parte) burocratizzerà in maniera parossistica il lavoro;

6)La gestione e la valutazione del successo o dell’insuccesso rimane a carico dell’insegnante titolare, anche se il recupero è stato portato avanti da altra persona;

7)La discrezionalità dei consigli di classe rappresenterà un elemento determinante per la promozione o bocciatura anche per una sola disciplina, aprendo varchi a un principio di mancanza di pari opportunità e di certezza del diritto; viene, però, negata la prerogativa del consiglio di classe di intervenire collegialmente sul singolo voto dell’eventuale disciplina carente, che rimane a giudizio insindacabile dell’insegnante titolare

8)L’invadenza dei provvedimenti in materie (come quella contrattuale) di competenza altrui; e potrei continuare a lungo.



Pubblicato il: 18.12.07
Modificato il: 18.12.07 alle ore 8.58   
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« Risposta #2 inserito:: Dicembre 30, 2007, 04:28:52 pm »

Finanziaria, un´altra occasione perduta per la scuola

Marina Boscaino


Un rapido salto indietro. Un mio amico insegnante - ahimé, con scarso talento per il disegno - suggerisce tra il serio e il faceto una vignetta che preveda che, tra le cose "da rottamare", insieme al 2007, ci sia anche l´obbligo scolastico. Sì, me ne rendo conto, è una battuta per iniziati. Ma la grande novità della scorsa legge di bilancio fu proprio quella: l´innalzamento dell´obbligo a 16 anni, che è stato tramutato - da una permanenza a scuola "senza se e senza ma" per 10 anni - in un analogo provvedimento solo per chi può permetterselo: gli altri, "gli sfigati", coloro che sono in odore di dispersione, andranno ad aumentare il numero di quanti frequentano percorsi triennali e avviamento professionale, tanto per poter continuare a foraggiare una lobby economica che su quelle ibride modalità continua a campare; il tutto con gli insegnanti lasciati drammaticamente soli a confrontarsi con l´elaborazione di un biennio unitario e con i propri limiti; e senza porsi il problema della civiltà di uno dei 7 paesi più industrializzati del mondo, che non riesce a mandare tutti i propri cittadini a scuola almeno per 10 anni. Ricordo quando - il giorno dopo le elezioni del 10-11 aprile del 2006 - un esponente dei Ds venne a rammentarmi che una gran parte del mondo della scuola aveva votato per il centro sinistra; e che quindi alla scuola il centro sinistra avrebbe dato grande spazio. Ricordo anche come il secondo punto del programma di governo dopo la crisi dello scorso anno riguardasse la scuola e la ricerca. Nel frattempo, al di là dei vari programmi e proclami, sbandierati come realizzazioni compiute - in realtà spot abilmente esibititi nei momenti nevralgici (inizio d´anno scolastico, recrudescenze varie di emergenza bullismo, Confindustria risentita con il pubblico impiego) - è passato un anno scolastico, e la cura del "cacciavite" fioroniano stenta a far sentire dentro le scuole i propri effetti; le parole d´ordine ci sono tutte, per soddisfare la voglia di normalità che aleggia in un Paese che sembra aver perso la bussola: serietà, severità, rigore, intransigenza. Un Paese che accetta il finanziamento (anticostituzionale) alle scuole paritarie di secondo grado senza battere ciglio, ma che si indigna se viene servito nelle mense scolastiche cibo estero per favorire l´integrazione dei bimbi extracomunitari .

La nuova Finanziaria - Licenziata dopo il minuetto a cui ormai siamo rassegnati - conferma un´impressione alla quale ci siamo ormai dovuti piegare: la parte più penalizzata del Paese continua ad essere quella che più di ogni altra ha pagato le politiche del centro destra (il lavoro dipendente e il Welfare). Innanzitutto mancano le risorse per il secondo biennio economico dei contratti; manca, cioè, una visione del futuro della conoscenza. Anno dopo anno, Governo dopo Governo, la Finanziaria non sceglie di investire sulla conoscenza: un diritto, a detta di tutti, destinato a rimanere senza risposte. I provvedimenti che riguardano la scuola sono diversi e un´analisi puntuale ne rileverebbe alcuni aspetti positivi: è prevista una detrazione fino a max 500 euro per l´autoaggiornamento dei docenti (fino al 19% delle spese documentate): non è una cifra da capogiro, ma la speranza di un timido inizio del riconoscimento di una voce qualificante per la professionalità degli insegnanti. Viene prevista una voce aggiuntiva pari a 20 milioni di euro da destinare ad interventi di adeguamento strutturale e antisismico degli edifici scolastici: una somma modesta, che si va però ad integrare con l´analoga stanziata nella passata Finanziaria.

Gli elementi di criticità sono gravemente concentrati sulla questione degli insegnanti. Si badi bene: non si parte qui da una seppur doverosa difesa dei posti di lavoro fine a se stessa; ma dalla convinzione che il livello della nostra scuola dipenda fortemente dal rapporto insegnante allievi per classe, già fortemente intaccato nella scorsa Finanziaria e sollecitato dalle esternazioni di chi parla di alunni come di filiali bancarie (Padoa Schioppa, Draghi, Montezemolo), Quaderno Bianco compreso. Gli art. 2 comma 411 e 412 (riduzione del personale della scuola e clausola di salvaguardia) fanno sì che - attraverso l´eliminazione della clausola di salvaguardia prevista dalla Finanziaria 2007 - i tagli vengano diluiti (solo per i docenti oltre i 20.000 euro) entro il 2010. Si interviene in modo perentorio soprattutto sulle scuole secondarie superiori, in cui il provvedimento non garantisce più né la costituzione né la prosecuzione dei diversi indirizzi, corsi di studio e sperimentazioni. L´organico di diritto (quello prevedibile a marzo, dopo la conta delle iscrizioni) non potrà essere modificato dal dirigente scolastico a settembre (organico di fatto) qualora il numero degli iscritti dovesse aumentare, se non previa autorizzazione del Direttore Regionale. Ne conseguirebbero - considerata la proverbiale snellezza dei tempi dell´amministrazione - classi che sforerebbero i numeri consentiti, certamente nelle zone più popolose, là dove c´è più necessità di mediazione culturale e relazionale. L´ennesima riconversione del personale soprannumerario viene illustrata come esodo verso posti di sostegno; la cui ridefinizione dell´organico viene considerata nell´art. 2 (commi 413 e 414). Poiché non tutti i casi in situazione di handicap sono stati definiti con diagnosi opportune in tempo utile per la formazione delle classi, si potrebbe verificare una situazione di esubero che si concretizzerebbe in corso d´anno scolastico utilizzando personale (di cui sopra) non necessariamente provvisto dei titoli necessari.

Reclutamento dei docenti- La questione è delicata, perché rappresenta un argomento che potrà determinare molte conseguenze per il futuro della scuola pubblica italiana. Per tutelare il precariato esistente l´emendamento accolto da tutta la maggioranza ha sospeso il decreto della Moratti sul reclutamento (Dlgs 227/05). Vengono re-istituiti concorsi a scadenza biennale (pubblici e costituzionali); al ministro in carica viene attribuito per regolamento il compito di definire i prerequisiti di accesso. Ed è qui il primo elemento critico: l´università abiliterà o no, come è stato negli ultimi anni? La risposta di Fioroni è stata secca: l´università fornisce un titolo, il concorso abilita; e non si può non essere d´accordo, se non attribuendo agli atenei (che già dalla formazione dei docenti hanno avuto moltissimo da guadagnare) un ruolo improprio. La partita della formazione iniziale è critica, soprattutto a livello politico: poche sono oggi le professioni che possono essere esercitate con solo 3 anni di università (si pensi a un avvocato). I 5 anni di università e la scuola di specializzazione lascerebbero ad atenei e a scuole (come luogo della ricerca applicata che dialoga con l´università) le loro rispettive prerogative, garantendo una formazione di alto profilo non residuale e di conclamata autorevolezza: che veda sia nell´alta dignità culturale che nella relazione e nella cura educativa due elementi inalienabili della formazione professionale.

Pubblicato il: 30.12.07
Modificato il: 30.12.07 alle ore 10.27   
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