"Stetoscopio" del 14/04/2015
Perché è retrocessa la Sanità del VenetoNelle intenzioni del Ministro Lorenzin e del premier Renzi, le Regioni - con la revisione dell’art. V della Costituzione che tanti guai ha provocato avendo dato il via libera ai parlamentini che ne hanno approfittato per sprecare miliardi di soldi pubblici – non dovrebbero più avere mano libera nella Sanità.
Secondo l’ultimo rapporto del Censis il 50 per cento degli italiani bocciano i servizi sanitari regionali.Con buona pace di chi ha già iniziato a protestare per “leso federalismo” (che sembra importare sempre meno agli italiani) visti i risultati, le voragini nei bilanci delle Regioni “poco virtuose”, gli sprechi palesi, le ruberie emerse da numerose indagini della Magistratura, il clientelismo denunciato da decine di inchieste giornalistiche, il disagio della classe medica per la disorganizzazione del Sistema e decisioni piovute dall’alto senza una comprensibile “ratio”, togliere un po’ di potere ai tecnocrati della Sanità regionale male non dovrebbe fare. Peggio di come stanno andando le cose è difficile ipotizzare.In attesa della riforma preconizzata dal Governo, sul tema-Sanità (che assorbe quasi l’80% delle risorse regionali) è battaglia tra i candidati dei due maggiori (sulla carta) schieramenti alle prossime elezioni regionali: da una parte Zaia non perde occasione per inaugurare qualsiasi cosa e dichiarare a ogni piè sospinto che la Sanità del Veneto è la migliore del mondo; dall’altra la Moretti spara a zero su tutto: dai project alle liste d’attesa, dalle code ai Pronto Soccorso ai ticket troppo costosi. L’impressione è che nessuno dei due conosca a fondo l’argomento di cui parla: il primo ha dato carta bianca al Direttore generale della Sanità che decide come meglio crede, la seconda spara cifre e statistiche ma non entra mai nel vivo dei problemi che con tutta evidenza non conosce. Entrambi si guardano bene dall’ascoltare la voce dei medici, gli unici che della Sanità conoscono pregi e difetti, eccellenze e storture, disagi dei pazienti, sprechi di risorse, assurdità organizzative.
Anche per questo tutte le sigle sindacali e gli Ordini professionali sono scesi sul sentiero di guerra e hanno dato vita agli Stati generali della Salute nell’intento di diventare interlocutori attivi della Sanità veneta ed evitare ulteriori danni derivanti da improvvide decisione della classe politica.
Non si tratta di fare del catastrofismo in una Regione che nel complesso è ancora tra le migliori del nostro Paese ma i dati dicono che in questi cinque anni di legislatura il Veneto è retrocesso al quinto posto in Italia, che l’accesso ai servizi è sempre più difficoltoso, che le liste d’attesa non accennano a ridursi e che un numero sempre più alto di pazienti rinuncia alle cure per mancanza di mezzi mentre i più fortunati ricorrono sempre più spesso alla sanità privata. E questo anche perché i medici sono sempre meno (il Veneto ha un rapporto medici ospedalieri – popolazione sensibilmente inferiore rispetto alle altre regioni) mentre gli anziani affetti da malattie croniche sono in notevole aumento.
Eppure ci hanno anche provato a migliorare la situazione attraverso un nuovo Piano sociosanitario regionale, in sostituzione di quello del 1995, che ha dato vita alla riorganizzazione del sistema ospedaliero e dell’Assistenza sul territorio. Ovviamente sono state decisioni squisitamente politiche che hanno dovuto accontentare un po’ tutti, come testimoniano le “schede ospedaliere” partorite nel 2013. Per ogni Ulss si sono decisi i posti letto per acuti mentre l’assistenza territoriale dovrebbe essere garantita da strutture di ricovero intermedie, ospedali di comunità, unità riabilitative, ricoveri per malati terminali. Il tutto deciso a tavolino e come sempre si è preferito investire in mattoni e organizzazioni più o meno cervellotiche, lesinando ancora una volta sul materiale umano (medici e personale tecnico) sulla formazione e sulla ricerca. In compenso per coprire lo scandaloso elenco di finanziamenti preelettorali, (feste del vino e birrifici sociali compresi) approvato la scorsa settimana, il Consiglio regionale non ha trovato di meglio che attingere all’anticipo del Fondo sanità.
Sembra quasi che a Venezia considerino gli operatori sanitari solo come centri di costo se non proprio dei veri nemici. E allora perché meravigliarsi della retrocessione della Sanità veneta?
Un Paese di “arzilli” centenari
Compiere cent’anni in Italia…non fa più notizia. Il numero degli ultracentenari è infatti salito a 16.400 contro i poco più dei 6000 di dieci anni fa. E negli ultimi dodici mesi a oltrepassare il secolo di vita sono stati, tra uomini e donne, più di 1600. L’invecchiamento della popolazione ha costretto gli studiosi di statistica a coniare nuovi termini: i 65-74enni che rientravano nella categoria degli “anziani” oggi sono classificati come “giovani anziani” e gli “anziani” sono quelli tra i 75 e gli 84 anni.
Al di là delle questioni semantiche e della soddisfazione per la vita media che si allunga, l’invecchiamento della popolazione crea problemi non solo alle casse di previdenza (attenti al “Boeri pensiero” intenzionato a tosare ancora di più le pensioni che il presidente-fustigatore dell’Inps considera medio-alte) ma anche al sistema sanitario nazionale che vede aumentare i costi per l’assistenza agli anziani sempre più longevi. E’ l’altra faccia della medicina moderna che allunga la vita mettendo però in crisi il già vacillante sistema del welfare italiano.
A voler essere cattivi c’è da pensare che i continui tagli alla Sanità e la strisciante riduzione del personale sanitario negli ospedali sia una sottile forma di “rottamazione degli anziani” tanto cara al nostro giovane Presidente del Consiglio.
Certo, pensare male è peccato ma spesso ci si azzecca. E lo diceva un Andreotti che ai cent’anni ci è andato vicino!
Da -
http://www.medicivicenza.org/index.php/stetoscopio/553-perche-e-retrocessa-la-sanita-del-veneto.html