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Autore Discussione: VENETO avvelenato, da PFAS e da FASCISMO e ALTRO. - Ma c'è anche del buono...  (Letto 2621 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Novembre 30, 2017, 10:06:24 am »

26.11.2017

Pfas, rapporto della Regione

È allarme salute

Provette di sangue: finora sono stati sottoposti a screening i giovani

Il sangue delle persone che vivono nei Comuni veronesi esposti alla contaminazione da Pfas ha al proprio interno così tante sostanze chimiche che è diventato prioritario aprire un servizio clinico esclusivamente dedicato alla presa in carico sanitaria dei cittadini. I residenti nella Bassa e nell’Est della provincia, infatti, presentano valori medi di Pfoa, uno dei composti che fanno parte della famiglia dei Pfas, che sono fino a nove volte più alti del valore peggiore registrato nelle zone non inquinate. E le previsioni dicono che tale dato continuerà a peggiorare.

A fornire questo ben poco tranquillizzante quadro è un rapporto della Direzione prevenzione, sicurezza alimentare e veterinaria della Regione, che fotografa la situazione verificata sinora, precisamente al 14 novembre, con lo screening avviato dalla Regione per valutare il rapporto fra Pfas e salute umana.

Il controllo a tappeto della popolazione residente nei 21 Comuni dell’area rossa, 13 dei quali veronesi, prevede la chiamata all’esame di 84.852 persone nate fra il 1951 ed il 2002. Un’operazione iniziata nel Vicentino nel dicembre del 2016 e avviata nel Veronese nel maggio scorso, con l’apertura di un ambulatorio specifico a Legnago, al quale recentemente se ne è aggiunto un secondo a San Bonifacio. Attualmente sono in fase di predisposizione misure che dovrebbero prevedere l’abbassamento dell’età minima degli esaminati e l’allargamento dell’area di screening, ma al momento la situazione è tale per cui a metà novembre risultavano controllati 6.233 residenti, nati fra gli anni 2002 e 1988. Poco più del 60 per cento di quelli invitati.

«LE CHIAMATE sono state effettuate con ritmi diversi, per cui è difficile confrontare i dati relativi alla Provincia di Vicenza, dove obiettivamente lo screening è più avanti, con quelli del Veronese, però un andamento sembra potersi già leggere», spiega Francesca Russo, la responsabile della Direzione prevenzione. Quello che appare già evidente, quindi, è che c’è una differenza quanto a Pfas presenti nel sangue fra i residenti nelle due aree che fanno parte della zona rossa, che è quella in cui si beve acqua pubblica pescata dalla falda contaminata.

La zona rossa A, che è formata da sette Comuni vicentini, dalla padovana Montagnana e dai veronesi Zimella, Cologna, Pressana e Roveredo, è più esposta all’inquinamento della zona rossa B, che comprende Arcole, Albaredo, Veronella, Bevilacqua, Bonavigo, Legnago, Terrazzo, Boschi Sant’Anna e Minerbe. Nella A, infatti, c’è un ulteriore fattore di pericolo dato dal fatto che l’acqua per «dissetare» campi e animali qui viene pescata direttamente da riserve sotterranee inquinate o presa da corsi d’acqua pieni di Pfas.

NEI COMUNI della zona rossa A - esclusi i quattro veronesi, che stranamente sono quelli in cui gli esami vanno più a rilento - la presenza mediana di Pfoa nel sangue è di 61,7 nanogrammi per millilitro di siero sanguigno. Nei paesi della zona rossa B la mediana è di 37,1. In ogni caso di tratta di valori elevati, l’intervallo di riferimento nelle aree non contaminate va da 1,5 ad 8, anche se ci sino situazioni molto diversificate fra loro. A Terrazzo la media è 13,4, mentre già Legnago è a quasi 34, a Boschi a 42, a Bonavigo a 46,5, a Minerbe a 57,7 ed a Bevilacqua addirittura a più di 70.

«Questi numeri dovranno essere rivalutati quando le cifre delle persone controllate diventeranno più consistenti», avverte Russo. Spiegando che per gli altri sette Comuni veronesi non ci sono dati commentabili. «Sono troppo pochi gli esami fatti perché sia il casi di citarli», spiega. Meno di 30 per paese. Se dappertutto è stato riscontrato che hanno una maggiore presenza di Pfas nel sangue i maschi, mediamente oltre il 25 per cento in più delle femmine, e che oltre al Pfoa esso contiene anche altre sostanze perfluoro-alchiliche (Pfos, con una mediana di 4,2 nanogrammi, Pfhxs, 4,1, e Pfna, 0,5), quello che va sottolineato che le analisi confermano che i valori più anomali riscontrati nei parametri sanguigni sono quelli del colesterolo.

«PER VERIFICARE lo stato di salute delle persone verrà avviato anche nel Veronese, come sta avvenendo in questi giorni a Lonigo, nel Vicentino, un centro di secondo livello, nel quale specialisti prenderanno in carico gratuitamente i cittadini con problematiche teoricamente correlabili ai Pfas», anticipa Russo. Legnago vorrebbe tale struttura al Mater Salutis, il suo ospedale, ma nulla è ancora stato deliberato.
«L’unica cosa che posso dire è che il direttore dell’Ulss 9 Pietro Girardi sta lavorando per mettere in piedi in fretta questa struttura», conclude la dirigente.

Luca Fiorin

Da - http://www.larena.it/permanent-link/1.6125742
« Ultima modifica: Dicembre 09, 2017, 12:43:00 pm da Arlecchino » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Novembre 30, 2017, 10:19:48 am »

"Stetoscopio" del 14/04/2015

Perché è retrocessa la Sanità del Veneto

Nelle intenzioni del Ministro Lorenzin e del premier Renzi, le Regioni - con la revisione dell’art. V della Costituzione che tanti guai ha provocato avendo dato il via libera ai parlamentini che ne hanno approfittato per sprecare miliardi di soldi pubblici – non dovrebbero più avere mano libera nella Sanità.
Secondo l’ultimo rapporto del Censis il 50 per cento degli italiani bocciano i servizi sanitari regionali.


Con buona pace di chi ha già iniziato a protestare per “leso federalismo” (che sembra importare sempre meno agli italiani) visti i risultati, le voragini nei bilanci delle Regioni “poco virtuose”, gli sprechi palesi, le ruberie emerse da numerose indagini della Magistratura, il clientelismo denunciato da decine di inchieste giornalistiche, il disagio della classe medica per la disorganizzazione del Sistema e decisioni piovute dall’alto senza una comprensibile “ratio”, togliere un po’ di potere ai tecnocrati della Sanità regionale male non dovrebbe fare. Peggio di come stanno andando le cose è difficile ipotizzare.

In attesa della riforma preconizzata dal Governo, sul tema-Sanità (che assorbe quasi l’80% delle risorse regionali) è battaglia tra i candidati dei due maggiori (sulla carta) schieramenti alle prossime elezioni regionali: da una parte Zaia non perde occasione per inaugurare qualsiasi cosa e dichiarare a ogni piè sospinto che la Sanità del Veneto è la migliore del mondo; dall’altra la Moretti spara a zero su tutto: dai project alle liste d’attesa, dalle code ai Pronto Soccorso ai ticket troppo costosi. L’impressione è che nessuno dei due conosca a fondo l’argomento di cui parla: il primo ha dato carta bianca al Direttore generale della Sanità che decide come meglio crede, la seconda spara cifre e statistiche ma non entra mai nel vivo dei problemi che con tutta evidenza non conosce. Entrambi si guardano bene dall’ascoltare la voce dei medici, gli unici che della Sanità conoscono pregi e difetti, eccellenze e storture, disagi dei pazienti, sprechi di risorse, assurdità organizzative.

Anche per questo tutte le sigle sindacali e gli Ordini professionali sono scesi sul sentiero di guerra e hanno dato vita agli Stati generali della Salute nell’intento di diventare interlocutori attivi della Sanità veneta ed evitare ulteriori danni derivanti da improvvide decisione della classe politica.

Non si tratta di fare del catastrofismo in una Regione che nel complesso è ancora tra le migliori del nostro Paese ma i dati dicono che in questi cinque anni di legislatura il Veneto è retrocesso al quinto posto in Italia, che l’accesso ai servizi è sempre più difficoltoso, che le liste d’attesa non accennano a ridursi e che un numero sempre più alto di pazienti rinuncia alle cure per mancanza di mezzi mentre i più fortunati ricorrono sempre più spesso alla sanità privata. E questo anche perché i medici sono sempre meno (il Veneto ha un rapporto medici ospedalieri – popolazione sensibilmente inferiore rispetto alle altre regioni) mentre gli anziani affetti da malattie croniche sono in notevole aumento.

Eppure ci hanno anche provato a migliorare la situazione attraverso un nuovo Piano sociosanitario regionale, in sostituzione di quello del 1995, che ha dato vita alla riorganizzazione del sistema ospedaliero e dell’Assistenza sul territorio. Ovviamente sono state decisioni squisitamente politiche che hanno dovuto accontentare un po’ tutti, come testimoniano le “schede ospedaliere” partorite nel 2013. Per ogni Ulss si sono decisi i posti letto per acuti mentre l’assistenza territoriale dovrebbe essere garantita da strutture di ricovero intermedie, ospedali di comunità, unità riabilitative, ricoveri per malati terminali. Il tutto deciso a tavolino e come sempre si è preferito investire in mattoni e organizzazioni più o meno cervellotiche, lesinando ancora una volta sul materiale umano (medici e personale tecnico) sulla formazione e sulla ricerca. In compenso per coprire lo scandaloso elenco di finanziamenti preelettorali, (feste del vino e birrifici sociali compresi) approvato la scorsa settimana, il Consiglio regionale non ha trovato di meglio che attingere all’anticipo del Fondo sanità.

Sembra quasi che a Venezia considerino gli operatori sanitari solo come centri di costo se non proprio dei veri nemici. E allora perché meravigliarsi della retrocessione della Sanità veneta?

Un Paese di “arzilli” centenari
Compiere cent’anni in Italia…non fa più notizia. Il numero degli ultracentenari è infatti salito a 16.400 contro i poco più dei 6000 di dieci anni fa. E negli ultimi dodici mesi a oltrepassare il secolo di vita sono stati, tra uomini e donne, più di 1600. L’invecchiamento della popolazione ha costretto gli studiosi di statistica a coniare nuovi termini: i 65-74enni che rientravano nella categoria degli “anziani” oggi sono classificati come “giovani anziani” e gli “anziani” sono quelli tra i 75 e gli 84 anni.

Al di là delle questioni semantiche e della soddisfazione per la vita media che si allunga, l’invecchiamento della popolazione crea problemi non solo alle casse di previdenza (attenti al “Boeri pensiero” intenzionato a tosare ancora di più le pensioni che il presidente-fustigatore dell’Inps considera medio-alte) ma anche al sistema sanitario nazionale che vede aumentare i costi per l’assistenza agli anziani sempre più longevi. E’ l’altra faccia della medicina moderna che allunga la vita mettendo però in crisi il già vacillante sistema del welfare italiano.

A voler essere cattivi c’è da pensare che i continui tagli alla Sanità e la strisciante riduzione del personale sanitario negli ospedali sia una sottile forma di “rottamazione degli anziani” tanto cara al nostro giovane Presidente del Consiglio.

Certo, pensare male è peccato ma spesso ci si azzecca. E lo diceva un Andreotti che ai cent’anni ci è andato vicino!

Da - http://www.medicivicenza.org/index.php/stetoscopio/553-perche-e-retrocessa-la-sanita-del-veneto.html
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« Risposta #2 inserito:: Dicembre 09, 2017, 12:40:07 pm »

Veneto, l'assessore regionale Donazzan: "Basta ipocrisia, togliere i figli ai rom per educarli"

La frase durante una discussione in Consiglio Regionale sull'inserimento scolastico. L'assessora ha anche rilanciato su Facebook: "Usare il buonsenso"

08 dicembre 2017

ROMA - Per educare i figli di rom e sinti bisogna toglierli ai genitori. A fare la controversa affermazione, che non è ancora una proposta, è l'assessora all'istruzione del Veneto, Elena Donazzan, che ha risposto così a un emendamento di un consigliere Pd che aveva proposto di sostenere l'inserimento scolastico dei bambini rom e sinti. Lo riporta La Nuova Venezia.

L'assessore ha anche rilanciato sul suo Facebook la sua frase, chiedendo di togliere "il velo dell’ipocrisia" e "usare il buonsenso".

La Donazzan ha fatto il parallelo con una famiglia italiana. "Se un italiano si comportasse così con i propri figli, un assistente sociale glieli toglierebbe subito". Per la Donazzan "se si vuole avere qualche speranza che vengano educati, bisogna togliere i bambini dagli 0 ai 6 anni ai genitori rom e sinti". L'assessore ha spiegato che è d'accordo sul principio di educare, ma che è la situazione a non permetterlo.

Il consigliere Pd ha replicato: "Perché non si possono aiutare questi bambini come fanno altri Comuni, magari con un mediatore culturale? Non si possono togliere i bambini ai genitori, nessun magistrato lo farebbe".

© Riproduzione riservata 08 dicembre 2017

Da - http://www.repubblica.it/cronaca/2017/12/08/news/veneto_l_assessore_regionale_donazzan_togliere_i_figli_ai_rom_solo_cosi_si_possono_educare_-183483212/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P11-S1.6-T1
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