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Autore Discussione: FRANCESCA PACI I cavalli di Troia del Cremlino: la rete d’influenza della Russia  (Letto 1614 volte)
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« inserito:: Novembre 20, 2017, 05:57:09 pm »

I cavalli di Troia del Cremlino: la rete d’influenza della Russia con i politici europei
Italia, Grecia, Spagna: un nuovo saggio dell’Atlantic Council mette in fila fatti, incontri, protagonisti. Da noi spiccano tuttora M5S e Lega

Pubblicato il 19/11/2017 - Ultima modifica il 19/11/2017 alle ore 20:44

FRANCESCA PACI
ROMA

D’accordo, lo hanno fatto tutti, a cominciare da quegli Stati Uniti che oggi, accampando un virginale quanto incredibile stupore, denunciano l’interferenza di Mosca nelle dinamiche d’oltreoceano. Ed è vero anche che le nuove tecnologie hanno solo semplificato il vicendevole sabotaggio politico in auge tra fazioni opposte sin dai tempi dell’antica Roma. Eppure, nel grafico delle interferenze russe in Europa illustrato dall’ultimo report dell’Atlantic Council (The Kremlin’s Trojan Horses: Russian Influence in southern Europe), c’è qualcosa di più. C’è soprattutto il concentrico e sistematico attacco al mondo che nel bene e nel male ha portato avanti finora l’eredità dell’illuminismo da parte di forze di matrice diversa - sovranista, populista, nazionalista, anti-globalista, passatista, neo-fascista, neo-comunista e via andare - accomunate dall’avversione ai valori liberali e da un multiforme richiamo all’ordine. C’è insomma la prova di quanto facile sia per chi debba compensare la propria debolezza con le difficoltà altrui (Putin oggi ma domani potenzialmente la Cina, la Turchia o qualsiasi altro attore geopolitico) approfittare della nostra società aperta e dunque permeabile, evoluta e un po’ annoiata, confusa dagli smottamenti del Novecento al limite della cupio dissolvi. 

Molti dati del report sono noti, almeno a chi frequenta i media. Il groviglio greco per esempio, dove, per un milione di validissimi motivi, non c’è neppure bisogno di seminare il malcontento perché l’antagonismo è mainstream e mette insieme destra, sinistra, monaci ortodossi, militari, tutti sulle barricate contro l’estremo avamposto dell’occidente trincerato a Bruxelles (vedi anche gli infiniti mal di pancia del governo Tzipras, costretto a fare i conti con le richieste della troika, la miseria reale del Paese e il tabù dei finanziamenti alla chiesa e all’esercito). Altre, come l’analisi del contesto spagnolo proposta da Francisco de Borja Lasheras e Nicolás de Pedro, suggeriscono quanto le forze centrifughe che agitano l’Unione Europea si nutrano di percezioni dissociate dalla realtà, quanto poco s’interessino alla sia pur debole ripresa economica del vecchio continente o ai dubbi tardivi del Regno Unito post Brexit, quanto agevolmente guadagnino terreno anche laddove (in Spagna) non erano attecchite finora ma possono all’occorrenza aggrapparsi a temi controversi come l’indipendentismo catalano. 
 
Da questo punto di vista il capitolo sull’Italia, curato da Luigi Sergio Germani e Jacopo Iacoboni (che ne scrive da mesi su La Stampa), è esemplare. Dopo aver documentato l’attivismo del Cremlino nello sparigliare le carte di un Paese impoverito, arrabbiato (con “la casta”) e confuso, gli autori disegnano uno schema della russofilia nazionale che vede giocare in favore di Putin fattori diversi, ideologici nel caso della Lega o del Movimento 5 Stelle, economici nel caso degli imprenditori che, a partire dall’entourage berlusconiano, fanno business a Mosca e mal digeriscono le sanzioni. L’impressione è che i trolls di San Pietroburgo, gli account fantasma, le fake news (di cui oggi tutti si dicono vittima, da Trump a Theresa May a Di Maio) abbiano trovato un terreno fertilissimo nell’Italia senza bussola, dove si grida all’invasione davanti a 180 mila migranti (siamo 60 milioni), le donne si dividono come in nessun altro Paese al mondo sul “molestie-gate” e si può commentare la morte di Totò Riina sostenendo che le campagne abortiste della Bonino abbiano ucciso più della Mafia (e dove il 40% non legge neppure un libro...).
 
C’è di che meditare sul materiale fornito dall’Atlantic Council. Con una riflessione finale. Oltre alla disinformazia virtuale diffusa da Mosca e alla sbandata compagine europea che la assorbe, bisogna considerare il fascino reale esercitato da Putin sul presente. Sul tempo presente più che sui suoi protagonisti, perché il presidente russo pare incontrare i gusti dello zeitgeist prima ancora di quelli di un determinato partito o popolo. Uno zeitgeist anti-illuminista e individualista, con le sinistre tiepide verso le Pussy Riot perché ree di lucrare sul dissenso, gli omosessuali terrorizzati dall’islam al punto di tollerare la Le Pen, gli ex rifugiati dell’Europa dell’est in trincea contro quelli africani. Putin è la forza antica e moderna, solida, rassicurante. «Quando i sogni della Perestrojka si sono scontrati con il baratro della bancarotta è arrivato Putin» dice in un’intervista alla Stampa il regista Andrej Konchalovskij spiegandone la popolarità nonostante tutto. 
 
Le interferenze russe in Europa funzionano anche perché coincidono con uno smottamento dei valori liberali sotto attacco da dentro e da fuori. Il soft power illuminista segna il passo. Chi ha seguito le primavere arabe del 2011 sa bene quanto rapidamente, prima ancora di maledire il fallimento storico dell’islam politico, la meglio gioventù emancipatasi sognando Voltaire abbia dirottato su Putin, il padre forte necessario perché popoli immaturi non scambiano il disordine con la democrazia. La rivoluzione siriana cadde allora vittima di questo equivoco prima ancora di scaldare i nostri cuori già stanchi di Tahrir (e molto prima di essere sequestrata dagli jihadisti). Oggi siamo qui. I cavalli di Troia del Cremlino forzano un fortino sgangherato: Putin guadagna punti perché fa Putin, l’Europa farebbe bene a rispondere con i valori europei.

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Da - http://www.lastampa.it/2017/11/19/esteri/i-cavalli-di-troia-del-cremlino-la-rete-dinfluenza-della-russia-con-i-politici-europei-mTLpW72I6N3hwg90JXqVqK/pagina.html
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