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Autore Discussione: FRANCESCO MERLO - tartufi del giornalismo  (Letto 2312 volte)
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« inserito:: Novembre 25, 2007, 11:48:46 am »

CRONACA

IL COMMENTO

I tartufi del giornalismo

di FRANCESCO MERLO


Mi rendo conto che è difficile rompere le abitudini mentali, ma questo non è un articolo contro Silvio Berlusconi e la sua parte politica. Si sa che non c'è vera libertà di stampa senza sapienza di lettura, senza la libertà di chi legge. Ebbene, io mi prendo la libertà, scorrendo l'elenco dei giornalisti intercettati o coinvolti nelle intercettazioni Rai-Mediaset, di interessarmi a quelli che non ci sono, molto più che a quelli che ci sono. Vorrei insomma sottolineare non tanto la presenza di Mimun e Rossella, di Del Noce, Pionati e Vespa.

Ma l'assenza di Enrico Mentana, per esempio, che, all'epoca delle prime intercettazioni, era ancora il direttore del Tg5. Né troviamo in quell'elenco Mauro Mazza che era ed è il direttore del Tg2 e che anzi nelle intercettazioni esplicitamente viene bollato come inaffidabile.

Sono eroi dell'informazione libera?

Più umilmente è probabile che siano, come la gran parte di noi, dei professionisti che coltivano i propri umori politici, i propri valori e la propria cultura con un rispetto per le notizie e una onestà che non sono oscurate né dalla dipendenza economica (è il caso di Mentana) né dalla militanza nel centro-destra (è il caso di Mazza).

Recentemente l'Ordine nazionale dei giornalisti ha radiato - anzi aveva radiato, visto che la Cassazione l'ha reintegrata - la direttrice di non so quale rivista pornografica, la collega Florence Odette Fabre, che non conosco, ma che, in aperto contrasto con il mio Ordine, non esito a definire collega. E' evidente che per pornografia qui si intende tutto ciò che attiene alla prostituzione, e cioè alla messa in vendita del proprio corpo e più in generale dei propri talenti. In questo senso anche la signora Odette merita, a pieno titolo, un posto nell'Ordine dei giornalisti, perché la pornografia della quale si è macchiata è persino migliore della pornografia praticata da quegli altri giornalisti che hanno venduto intelligenza e competenze, forse non il corpo ma certamente l'anima a un leader politico.

Con questa scettica premessa su una virtù eroica alla quale non credo, invito adesso a valutare sino a dove si sia spinta la pornografia, nel senso sopra indicato, di quei giornalisti della Rai e di Mediaset che concordavano i servizi e i servizietti da offrire a Berlusconi quando era capo del governo, e che si facevano non so se dettare o solo suggerire modi e tempi della propria professione dai migliori funzionari del berlusconismo nel campo delle comunicazioni, - Crippa Querci, la Bergamini - bravissimi nel loro mestiere.

Ho sempre pensato che un giornalista può stare, anche decisamente e faziosamente, con una parte politica, e si può legittimamente schierare, per esempio, con Silvio Berlusconi e il suo partito. Addirittura penso che nell'attuale Italia delle fazioni armate il giornalista più affidabile è quello consapevolmente fazioso, perché la consapevolezza gli detta la deontologia; il sapersi fazioso e il fare sapere che è fazioso lo costringono a non esserlo, e comunque tutta la sua attività professionale è trasparente e leale. Nella sua consapevolezza faziosa c'è infatti la dichiarazione di lealtà rispetto al lettore o al telespettatore.

Tutti conoscono la solare appartenenza di Giuliano Ferrara, ma pure il rispetto, la decenza e la libertà di cui dà prova. Penso che a Ferrara capiti di dare consigli a Berlusconi, ma sono certo che non prende ordini né da lui né tanto meno da Querci, dalla Bergamini o da qualcun altro. E dietro Ferrara, dietro al suo grande talento e alla sua importanza mediatica, ci sono molti giornalisti - e tanti li conosco - dell'impresa Berlusconi, suoi dipendenti o suoi fans politici o suoi elettori, che non gli hanno venduto l'anima.

Al contrario qui, in questo elenco di intercettati, ci sono quelli che da sempre e con forza si dicono al servizio della verità mentre poi trafficano sotto banco con il padrone politico. Fanno come qui preti che in nome della castità sono pedofili e in pubblico si battono pure contro la pedofilia, mostrandosi irreprensibili campioni di etica e di coerenza. In una parola sola: tartufi.

Ecco dunque cosa ci insegna quest'ultima tornata di intercettazioni, che - è vero - di nuovo viola la privacy. Di certo è spazzatura telefonica ma - lo abbiano già detto molte altre volte - in Italia non c'è nulla di più valoroso e di più pulito della spazzatura, visto che si arriva alla verità solo rovistando tra le scorie gergali e i rimasugli verbali. L'Italia, per gli studiosi dei rifiuti, è come la caramella: tra coloranti, dolcificanti, aggreganti chimici, acidi e aromi da laboratorio, la cosa più sana, la più ricca e la più trasparente è la carta che si scarta, è il residuo, è la monnezza. Nella spazzatura abbiamo scoperto la verità, gli umori, le fobie, i fastidi, i traffici, 'l'umano troppo umanò dei finanzieri, dei brasseurs d'affaire, dei palazzinari, dei banchieri, dei politici. Ora tocca alla monnezza dei giornalisti.

Non è infatti il conflitto di interessi, non è la miseria della politica che in queste intercettazioni vengono esposte. Ma è la professione, è il giornalismo. E non sto facendo una tiritera su quel giornalismo presunto anglosassone che non esiste, ma che ossessiona i nostri provincialissimi e insopportabili anglofili. Né è questione di indignazioni pelose, dei moralisti stagionali che condannano nell'altrui campo quel che elogiano nel proprio. Sospettiamo che vituperabili e deplorevoli pratiche siano, con dosaggi diversi, bipartisan. Ma oggi il dato incontrovertibile sono queste intercettazioni che illuminano un male operare avvenuto dentro il centrodestra.

E torno dunque a quell'Ordine dal quale ero partito. Molti in Italia avevamo già il sospetto che si trattasse di una bardatura corporativa, una specie di retaggio medievale nel mondo moderno delle professioni, dalle quali ormai giustamente si entra e si esce con grande libertà. Tutti possono praticare la storiografia, e il giornalista può vendere pizze: c'è una mobilità interprofessionale che è opportunità e ricchezza. Wittgenstein aveva una certa idea dello spazio e senza entrare nell'Ordine degli architetti progettò la casa di sua sorella, dirigendone i lavori.

Comunque sia, la discussione che, come si vede, sarebbe interessante, non può neppure cominciare se prima l'Ordine non chiarisce, senza retorica, quali sono i rapporti tra la nostra professione e la politica.
Attenzione. Io non chiedo che Del Noce e Vespa, Rossella e Mimun vengano radiati: per carità!

L'importante è che i lettori e i telespettatori capiscano, abbiano gli strumenti per orientarsi, per distinguere, per riconoscere e, se è il caso, per dileggiare. C'è già in giro una miserabile censura, - e c'è in molti posti, come dimostra il caso dello Iap, per esempio, che è l'organo censorio dei pubblicitari. C'è - dicevamo - una miserabile censura che cerca il capro espiatorio per verginizzarsi, che si erge a campione del buon gusto e dell'etica. L'Ordine dei giornalisti ha radiato, per citarne uno per tutti, Giampiero Mughini perché apertamente aveva fatto pubblicità (ma gli esempi sono tanti, e tutti buoni). Ora Mughini può essere criticato per mille motivi, anche per le giacche se volete, ma non certo perché, come questi intercettati, faceva accordi sottobanco o prendeva ordini per telefono dai luogotenenti di un politico. Di più: sospetto che questi prendano ordini senza che ci sia qualcuno che li comandi. Ancora più zelanti, incarnano una straordinaria maschera italiana: il servo disinteressato.

Capisco infine che tutto venga confuso e che l'inevitabile battaglia delle fazioni possa renda imbarazzante parlare di colleghi che, in questo caso, stanno tutti nel centrodestra. Voglio dire che il silenzio dei giornalisti più autorevoli nasce certamente dall'imbarazzo e magari dall'incredulità e non dalla complicità. Ci manca tuttavia il giudizio di colleghi indipendenti e di grande prestigio liberale come Sergio Romano e Piero Ostellino. Mi spingo più in là e mi chiedo cosa ne pensino Mario Cervi e il più giovane Filippo Facci. Credo davvero che qui l'antiberlusconismo possa non entrarci: o l'Ordine dei giornalisti accerta che non siamo tutti compromessi, oppure si cominci a restituire l'onore a chi, per molto meno, è stato radiato, sanzionato, in un parola sola perseguitato. E subito dopo l'Ordine si autosciolga. Non per avere violato virtù civiche, ma soltanto il senso del ridicolo.

(23 novembre 2007)

da repubblica.it
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