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Autore Discussione: GENTILONI  (Letto 24023 volte)
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« Risposta #15 inserito:: Dicembre 28, 2016, 11:44:08 pm »

Focus
Stefano Minnucci  -  @StefanoMinnucci
24 dicembre 2016

Dopo Mps e Sud, Gentiloni rilancia il tema della ricostruzione

Il premier nelle zone del terremoto: “Incredibile gioco di squadra”. Nei primi giorni di attività il governo sta confermando tutte le priorità indicate al Parlamento

“Mentre prendiamo l’impegno a tenere in cima alla nostra agenda il tema ricostruzione dobbiamo anche essere molto ottimisti dopo aver fatto questa visita questa mattina, perché ho visto un gioco di squadra incredibile tra tutte le istituzioni coinvolte”. Così il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni in visita nelle zone colpite dal sisma: Amatrice, Norcia e San Ginesio. “Si lavora insieme, le forze armate, la Protezione civile, i volontari, i Vigili del fuoco, il personale sanitario, le Regioni. C’è un gioco di squadra all’italiana di cui dobbiamo essere orgogliosi”.

Nei primi giorni della sua attività, il governo sta confermando una alla volta tutte le priorità indicate al Parlamento, sulle quali ha ottenuto la fiducia delle Camere. Il premier, nel suo pragmatico discorso del 13 dicembre, aveva parlato di precise urgenze a cui far fronte: banche, Sud, sisma e lavoro. Va dato atto al nuovo esecutivo che in dieci giorni ha affrontato prima la vicenda di Monte dei Paschi di Siena, dando il via libera a un decreto che porterà un po’ di calma all’intero sistema creditizio italiano, poi (ieri) ha varato un decreto dedicato al rilancio e alla tutela sociale e sanitaria del Sud, con particolare attenzione all’area di Taranto.

E oggi, vigilia di Natale, ha visitato le zone del sisma per stare vicino alle popolazioni colpite, assicurando che le risorse per la ricostruzione ci sono e ringraziando tutte le istituzioni. “Non dobbiamo limitarci a riparare i danni – ha spiegato il premier –, a dare assistenza alle persone in difficoltà, a ripristinare i servizi essenziali con le scuole prima di tutto, ma dobbiamo pensare al futuro, immaginare che questa ricostruzione sia capace di valorizzare le vocazioni dei nostri territori”.

È ancora troppo presto per provare a fare un bilancio sull’azione di governo, questo è chiaro. È come se ci trovassimo ancora sulla scia del suo insediamento. Ma allo stesso tempo non si può nascondere la sua spinta propulsiva, a dispetto di quanto affermavano inizialmente alcuni osservatori. Si potrà infatti discutere sulla durata dell’incarico, ma non si potrà certo negare la sua concretezza nel prendere di petto le varie impellenze in questa complicata fase iniziale.

Da - http://www.unita.tv/focus/dopo-mps-e-sud-gentiloni-rilancia-il-tema-della-ricostruzione/
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« Risposta #16 inserito:: Gennaio 03, 2017, 09:04:36 pm »

Gentiloni difende i voucher in attesa della Consulta

Di GIANLUCA LUZI
    
L'Istat chiude il 2016 con una nota di ottimismo: la ripresa si sta consolidando. Incrociando i dati sulla fiducia dei consumatori con gli ordinativi dell'industria e l'aumento delle persone che cercano lavoro con la speranza di trovarlo, l'istituto statistico sottolinea che la ripresa è ancora fragile ma che sta cominciando a diventare una realtà concreta. È una base su cui il governo Gentiloni può lavorare per completare le riforme cominciate con il governo Renzi, di cui l'attuale è la prosecuzione senza strappi. Ma sul terreno del lavoro c'è il problema del Jobs act. In particolare dei voucher e dell'uso sempre crescente che alcuni datori di lavoro ne fanno. Il premier ha detto nella conferenza stampa di fine anno che certamente alcuni aspetti dell'uso dei voucher saranno rivisti, ma che non si può dare la colpa della mancanza di lavoro ai voucher che anzi sono uno strumento efficace per l'emersione del lavoro nero. Sul governo grava il pericolo del referendum promosso dalla Cgil contro il Jobs act. E all'interno della Consulta si profila un duello sulla ammissibilità del quesito referendario. Quella del lavoro, insieme alla Giustizia, al Sud, alle tasse e ai dipendenti pubblici è una delle riforme che terranno occupato il nuovo governo nei prossimi mesi. Ma tutti sanno che - pur non impegnando direttamente l'esecutivo - la riforma attorno a cui ruota tutto lo scenario politico è quella elettorale. In attesa che la Corte costituzionale si pronunci sull'Italicum il 24 gennaio la situazione vede Berlusconi attestato sulla richiesta di una legge proporzionale. Al contrario il Pd è la Lega vogliono il Mattarellum in tempi brevi per andare a votare in giugno. Posizioni inconciliabili anche sulla durata del governo Gentiloni che il leader di Forza Italia vorrebbe fino alla fine della legislatura, disposto ad appoggiarlo nei voti difficili al Senato, ora che può venire meno l'appoggio di Verdini, escluso dai ministeri e anche dalla partita dei sottosegretari.

Da - http://www.repubblica.it/politica/?ref=HRHM1-3
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« Risposta #17 inserito:: Gennaio 23, 2017, 11:17:21 am »

Gentiloni: “Poteri straordinari a Protezione civile e Vasco Errani per il Centro Italia”
Il presidente del Consiglio difende i soccorsi: «Attenzione alla voglia di trovare capri espiatori.
Temo un Paese incattivito». «Il mio governo punta al reddito di inclusione»


Pubblicato il 22/01/2017 - Ultima modifica il 22/01/2017 alle ore 21:42

Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni per la sua prima uscita televisiva come capo del governo ha scelto il salotto di Che tempo che fa. Fabio Fazio, dopo avere chiesto rassicurazioni sul suo stato di salute («Sto bene, ma devo dire, senza farmi sentire dai medici, che ho saltato la convalescenza»), ha iniziato l’intervista parlando dell’emergenza in Centro Italia. Gentiloni ha annunciato che per gestire al meglio la situazione si devono dare poteri straordinari a chi gestisce emergenza e ricostruzione, ovvero alla Protezione Civile e al commissario per la ricostruzione Vasco Errani.
 
«Nei prossimi 3-4 giorni ci concentriamo, e lo faremo con l’Anac e con il Parlamento, su quali possono essere questi poteri straordinari, non possiamo avere strozzature burocratiche, dobbiamo dare un segnale di accelerazione forte e chiaro» ai cittadini, tra i quali «si è diffusa la disperazione».

«La paura di quelle popolazioni è che questa diventi un’emergenza cronica», ha spiegato, per poi ammonire: «Abbiamo un doppio nemico: la lentezza e la corruzione». Ma «attenzione a scatenare questa voglia di trovare capri espiatori. Temo di lasciarci andare, temo un Paese incattivito che cerca subito il giustiziere e il capro espiatorio. La verità serve a far funzionare le cose meglio, non a cercare vendette». La difesa dei soccorsi è netta: «La reazione all’emergenza straordinaria, a mio avviso, è stata straordinaria. Noi abbiamo un sistema di Protezione civile tra i migliori del mondo».
 
“Non metteremo le mani in tasca ai pensionati al minimo” 
La conversazione si è poi spostata sui temi economici, su Trump, immigrazione ed elezioni, con Gentiloni che ha detto che «la rigidità sugli zerovirgola non ha senso, troveremo una soluzione con Bruxelles nei prossimi mesi, forse attorno alla stesura del Def; se un aggiustamento è necessario, faremo in modo che non deprima la crescita ma aiuti a crescere» Ma «non recupereremo tra i pensionati al minimo o con pensioni basse quegli euro in più che erano stati dati in base alle previsioni di un inflazione maggiore. Mettere le mani in tasca ai pensionati che guadagnano cinque o seicento euro al mese sarebbe stato scandaloso».
 
“Lavoreremo con Trump ma abbiamo valori diversi” 
Rispondendo alla domanda sui rapporti con il nuovo presidente degli Usa, ha detto «Abbiamo lavorato con Kennedy e con Nixon, con Bush e con Obama, lavoreremo anche con Trump ma abbiamo dei valori nei quali noi, come governo italiano ed Europa, ci riconosciamo e ai quali non rinunceremo». Perché «per noi il protezionismo non è una soluzione, per noi l’immigrato e il diverso devono certamente accettare regole ma devono essere accolti non semplicemente respinti», ha aggiunto il premier, «per noi la società aperta è un valore, è paradossale che a Davos ne parlasse il presidente cinese dato che la Cina non è un modello da questo punto di vista. Noi europei, Trump o non Trump, abbiamo questi valori e li dobbiamo difendere».
 
“Confido in un accordo sulla legge elettorale” 
Per quanto riguarda, invece, il ritorno alle urne, «c’è molto da fare. In quanto tempo non lo decide Paolo Gentiloni, lo deciderà il Parlamento Le elezioni non sono una cosa che decido io, noi lavoriamo fino a che c’è la fiducia del Parlamento. L’importante è non mettersi nella disposizioni di chi si sente già alla fine». «Mi auguro - è il suo auspicio - che, a prescindere dalla durata del governo, tra le forze parlamentari ci sia in modo tempestivo un dialogo per leggi elettorali per Camera e Senato possibilmente non troppo disarmoniche, questo è un requisito di efficienza del sistema democratico. Confido nel fatto che dopo la decisione della Corte tra le forze politiche si arrivi ad un’intesa». 
 
“Lavoriamo su chi è danneggiato dalla globalizzazione” 
Prima del voto, però, quali sono gli obiettivi del governo Gentiloni? «Non so se sia mai esistito il renzismo. Se è la spinta di Renzi per le riforme la rivendico, C’è molta continuità con il governo precedente. La discontinuità è ovvia, io non sono Renzi anche perché non ho l’età. Voglio dare attuazione delle riforme del governo precedente. Già abbiamo dato attuazione a scuola e unioni civili. Ora lavoriamo su tre cose: primo su chi è danneggiato dalla globalizzazione, pensiamo al reddito di inclusione. Poi dobbiamo accompagnare la ripresa e ci sono mille misure da prendere, dalla giustizia alla concorrenza. Infine il lavoro, concentrandosi soprattutto su giovani e Sud». «Chi pensa allo Stato sociale come relitto del Novecento si sbaglia di grosso - è la precisazione del presidente del Consiglio -. Lo Stato sociale è una caratteristica del futuro non un relitto del passato. Noi abbiamo bisogno di efficienza e capacità delle strutture pubbliche, ma questo stato sociale ha a che fare con un modo di lavorare e di vivere diverso da quando ero ragazzo. Abbiamo a che fare con una realtà più mobile». Infine: «Abbiamo tante lentezze burocratiche ma non abbiamo un cattivo sistema sociale. L’Italia non parte troppo indietro. Non abbiamo, in generale, una cattiva scuola». 
 
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Da - http://www.lastampa.it/2017/01/22/italia/politica/gentiloni-poteri-straordinari-a-chi-gestisce-lemergenza-in-centro-italia-gVjRa23JMsWvaYZ3lv8hpN/pagina.html
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« Risposta #18 inserito:: Febbraio 26, 2017, 12:30:53 am »

Gentiloni: "Avanti con le riforme, ma con il Def dobbiamo accelerare
Il premier al termine della riunione dell'esecutivo: "Forse Bruxelles non ha colto del tutto il lavoro che sta facendo il governo italiano"
23 febbraio 2017

"Il governo prosegue nel suo cammino sulle riforme e lo ha fatto con decisioni molto rilevanti, dalla tutela del risparmio alla sicurezza urbana alle diverse misure sul terremoto". Lo ha detto il premier Paolo Gentiloni al termine del Consiglio dei ministri. "Lavoriamo - ha aggiunto - per completare le riforme del governo Renzi. Lo abbiamo fatto sulla scuola, lo stiamo facendo sul bando delle periferie. Il governo, lo dico oltre che agli italiani anche a Bruxelles, è al lavoro. Con determinazione forse non colta del tutto da qualcuno ma che per quanto ci riguarda è molto chiara", ha aggiunto, replicando indirettamente alle polemiche sollevate nell'acceso dibattito politico degli ultimi giorni.

"Oggi abbiamo preso decisioni molto rilevanti - ha sottolineato il presidente del Consiglio - il completamento, con le ultime deleghe, della legge di riforma della P.A, una operazione complessa di grandissimo valore strategico e molto attesa anche in Europa e che al suo interno comprende anche misure di riassetto del comparto sicurezza e delle Forze Armate". Inoltre il Cdm ha approvato il "decreto correttivo al codice degli appalti per una maggiore semplicità e trasparenza e per cercare di dare un contributo alla ripresa degli appalti e dei lavori pubblici".
 
L'Italia "mostra perduranti difficoltà economiche" ma anche "segnali positive molto incoraggianti": ci sono "dati straordinari su commercio, risultati molto importanti sull'evasione fiscale e dati contradditori su lavoro, fondamentalmente positivi quelli resi noti oggi", ha detto Gentiloni sottolineando che il tasso di crescita "ha lasciato il segno meno e anche lo zero virgola". Insomma, secondo il premier, "segnali di crescita" che il governo è impegnato a "sorreggere, incoraggiare e sostenere, non certo a deprimere e dissipare. Il governo si dedica con tutte le sue energie e con lungimiranza a questo: ad un percorso per dare più crescita e sicurezza. Il messaggio" che voglio dare è proprio quello "di un governo impegnato al lavoro con grande determinazione, forza e sicurezza". "Sarebbe un errore politico micidiale - ha aggiunto - se il governo deprimesse o dissipasse questi segnali".

"Le operazioni che dobbiamo fare nelle prossime settimane, con il Def, chiedono un'ulteriore accelerazione del ritmo delle riforme ed è quello che faremo", ha sottolineato il premier. "Il governo italiano, lo dico oltre che ai concittadini anche ai nostri amici a Bruxelles, è a lavoro, con determinazione forse non colta del tutto da qualcuno ma per quanto ci riguarda molto chiara".

© Riproduzione riservata 23 febbraio 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/02/23/news/governo_gentiloni_riforme-159037016/?ref=HREC1-2
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« Risposta #19 inserito:: Marzo 13, 2017, 12:33:29 pm »

Gentiloni a Berlino: “Guido il governo, non mi occupo di alleanze future”.
Il premier a margine di un incontro con Martin Schulz: “Partiti fratelli e visione europeista comune”
Pubblicato il 12/03/2017 - Ultima modifica il 12/03/2017 alle ore 20:34

«A me tocca il compito di guidare il Governo, e non mi occupo delle alleanze delle prossime legislature». Lo ha detto il premier Paolo Gentiloni a Berlino, a margine di un incontro con Martin Schulz alla Willy Brandt Haus. Rispondendo alla domanda se vi saranno coalizioni di sinistra in Italia, Gentiloni ha affermato: «Vedremo... Molti dicono che in Italia ci potrebbe essere un’alleanza alla tedesca, altri ne auspicano di sinistra». 

A proposito dell’evento berlinese socialista, Gentiloni ha spiegato: «C’è un incontro dell’Alleanza dei progressisti, che racchiude i Socialisti europei, altre forze progressiste europee, ma anche altre forze progressiste americane e di altri continenti». «Il tentativo è quello di andare oltre le forze socialiste e le forze dell’Internazionale socialista», ha aggiunto. 

L’appoggio a Schulz 
«Abbiamo ottime relazioni con l’attuale Governo tedesco, ma abbiamo sempre apprezzato il ruolo di Martin Schulz» ha detto il premier Gentiloni incontrando il candidato alla Cancelleria del Spd. A una domanda sull'appoggio ha spiegato: «naturalmente noi non ci intromettiamo nelle vicende interne degli altri Paesi, ma siamo partiti “fratelli”, e facciamo parte dello stesso partito in Ue». Il presidente del Consiglio conferma «l’impegno europeista comune, perché se c’è una cosa chiara di un uomo come Schulz è - rimarca - la sua convinzione europeista. Oggi per me è stata un’occasione per avere un aggiornamento sulle sue posizioni e sulla campagna elettorale in Germania. Certo apparteniamo a partiti “fratelli” e quindi è molto importante scambiare opinioni sull'andamento della situazione». 

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Da - http://www.lastampa.it/2017/03/12/italia/politica/gentiloni-a-berlino-guido-il-governo-non-mi-occupo-di-alleanze-future-skWzRhFzeVjiIOihMGfqmL/pagina.html
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« Risposta #20 inserito:: Marzo 16, 2017, 05:18:46 pm »

Gentiloni: “Non mi rassegno a tirare a campare”
Il premier, a tre mesi dalla nascita del suo governo, incontra per la prima volta i deputati del Pd riuniti in assemblea a Montecitorio

Pubblicato il 14/03/2017 - Ultima modifica il 14/03/2017 alle ore 22:19

«Non mi rassegno a un governo e una maggioranza che tirano a campare. Non è così e non lo sarà». Paolo Gentiloni, a tre mesi dalla nascita del suo governo, incontra per la prima volta i deputati del Pd riuniti in assemblea a Montecitorio. «Mai avrei pensato di essere qui da premier...», si schernisce tra i sorrisi dei colleghi. E tiene un discorso programmatico che prima ancora dei contenuti, con la tanta carne al fuoco del governo, mira a segnare un punto politico: da qui a fine legislatura si sente investito, spiega, di una «personale missione compiuta» che è «preparare una nuova stagione» positiva per il Pd portandolo alle elezioni «nelle migliori condizioni possibili». Gli applausi dei deputati lo interrompono diverse volte e alla fine nessuno interviene in replica, anche gli esponenti delle mozioni congressuali non renziane che avevano preventivato di farlo.

 Gentiloni arriva alla Camera poco dopo le 20, al termine di una giornata aperta da un Cdm che ha fissato la data del referendum sul Jobs act per il 28 maggio. Si lavorerà per evitare quel passaggio «correggendo» le norme sui voucher, conferma ai deputati. Ma non dice di più, perché il lavoro dovrà essere condiviso: «Ne discuteremo nel gruppo», afferma. E il suo ruolo di `servizio´, lo sottolinea in diversi passaggi del suo intervento. Fino al 2018 o comunque finché ci saranno «le condizioni» per portare avanti la legislatura, il governo non si «limiterà a tenere a galla la barca» e provare a «concludere dignitosamente una stagione» ma si darà «obiettivi ambiziosi che vanno oltre l’attuazione del programma di riforme». E in questo ha bisogno dell’apporto del Pd, «architrave della maggioranza».
 
In mattinata, alla presentazione di iniziative del Fai, il premier cita Gaber: «Libertà è partecipazione». In serata al gruppo Dem cita con un sorriso Cocciante: «Io non posso stare fermo...». Ettore Rosato, che apre la riunione, ricorda che in Parlamento le cose si sono fatte più complicate dopo la scissione del Pd, anche alla Camera dove i numeri sono ampi. E Gentiloni lo dice in modo ancor più chiaro: «Il quadro politico - sarebbe miope non riconoscerlo - è più frammentato di quanto non fosse a novembre. Gli italiani vogliono essere rassicurati», sottolinea. «Ho le mie idee e molti di voi sanno come la penso da molti anni ma lo sforzo di questi mesi sarà tenere il governo per quanto possibile al riparo dalle tensioni politiche».
 
Quanto all’agenda delle cose da fare, cita il terremoto (al Salone di Milano saranno presentati i primi progetti di Casa Italia), l’immigrazione, i diritti civili come il biotestamento e il Sud (a Matera ad aprile ci sarà un «grande evento» sul tema), la povertà («Sono quasi pronti i decreti attuativi». E poi la battaglia in Europa, dove nel 2018 potrebbe esserci «un’implosione» dell’Ue, ma anche l’avvio di un periodo di «grande cambiamento» se Macron vincerà in Francia e Schulz in Germania.
 
Non ignora, il premier, che il tema più atteso è quello economico, con il Def e la `manovrina´ da varare ad aprile. Ma rinvia a un altro momento: «I conti, di cui certamente parleremo, non sono tutto. Abbiamo grandi priorità che vanno al di là delle leggi di bilancio dei prossimi 7-8 mesi», sottolinea. E aggiunge che tanto è stato fatto, anche se non è emerso a causa della «dieta mediatica che mi sono imposto e penso fosse utile dopo mesi di campagna» referendaria.
 
Gli applausi più forti sono per il passaggio dedicato, senza mai citarli, ai Cinque stelle: «La denigrazione delle istituzioni è una delle malattie del nostro Paese e una delle cause della crisi italiana. Ho il privilegio di non partecipare al talk show ma la campagna continua di denigrazione della politica e del Parlamento non la dobbiamo subire, la dobbiamo contrastare con la forza della politica come fanno Renzi e gli altri leader candidati alla guida del Pd».

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Da - http://www.lastampa.it/2017/03/14/italia/politica/gentiloni-non-mi-rassegno-a-tirare-a-campare-eKtQHxbp7IeLD4Tepq7gJJ/pagina.html
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« Risposta #21 inserito:: Marzo 23, 2017, 11:12:53 pm »

“Modello Ue sotto attacco, ripartire dalla fiducia”
L’intervento del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni

Pubblicato il 23/03/2017

PAOLO GENTILONI

«Non ci sono disfatte se non quelle che si accettano» così Jean Monnet, uno dei fondatori dell’Europa unita, commentava, anni dopo, quella che all’epoca era sembrata una battuta d’arresto decisiva dell’integrazione europea: il fallimento del progetto di difesa comune, nel 1954. Per molti, una débâcle dalla quale era quasi impossibile ripartire. Ma non per Monnet, non per Gaetano Martino, che poco dopo diventò ministro degli Esteri dell’Italia, o per il suo omologo belga Paul-Henri Spaak, o per il cancelliere tedesco Konrad Adenauer. Loro, e altri, non vollero accettare quella sconfitta. E grazie alla loro tenacia e alla loro intelligenza politica, il 25 marzo del 1957, Italia, Belgio, Germania, Francia, Lussemburgo e Paesi Bassi si riunirono a Roma per firmare i Trattati con i quali è iniziato davvero il nostro progetto di integrazione. 
 
Quel giorno, con la nascita della Comunità economica europea, è partito il viaggio che ci ha portati, col tempo, al Mercato Comune e poi all’Unione Europea e che ha consentito al nostro modello di esprimere tutte le sue potenzialità. 

Una «European way of life» costruita sulla pace, la libertà, la democrazia. Sulla scelta vincente del più grande mercato unico al mondo e radicata nei nostri sistemi di welfare, che hanno creato società più giuste ed eque. 
 
Non possiamo nascondere, però, che ora questo modello vincente è sotto attacco: il mancato completamento del governo politico dell’euro e la lentezza nel dare risposte coordinate ai flussi migratori ci hanno messi di fronte ai punti deboli della nostra azione. Il calo della fiducia nelle istituzioni europee attraversa le nostre società e le nostre opinioni pubbliche. Non bastano gli aggiustamenti momentanei o le risposte a singoli eventi come Brexit. Dobbiamo ripartire. 
 
Vogliamo farlo da Roma, il 25 marzo, quando con i Capi di Stato e di Governo dell’Unione Europea celebreremo il sessantesimo anniversario di quei Trattati: non solo con una «foto di famiglia», ma con l’obiettivo di tracciare la strada da percorrere nei prossimi dieci anni e oltre. Partendo da alcuni punti fondamentali: abbiamo l’urgenza di rispondere alla domanda di crescita economica, di investimenti e di lavoro. Crediamo nelle riforme strutturali sul piano interno, ma è il momento di un forte impegno comune per uscire dalla crisi, per ridurre i livelli di disoccupazione, soprattutto giovanile. I Millennial della Ue sono la generazione meglio istruita e formata della nostra storia. Servono risposte per assicurare loro un futuro che sia degno delle loro speranze e aspettative.
 
E dobbiamo affrontare le sfide della crescita recuperando il meglio della tradizione sociale dell’Europa, del suo modello di welfare. Mettendo al centro la protezione sociale, la riduzione delle disuguaglianze e della povertà, per non lasciare indietro nessuno. Solo così potremo anche rafforzare la fiducia nei confronti delle istituzioni comunitarie. Sappiamo che il contesto mondiale è mutato: gli scenari di crisi nel Mediterraneo, il rischio terrorismo e l’accresciuta instabilità dell’ordine internazionale ci impongono di assumere responsabilità maggiori, con azioni europee più coese e integrate sulla difesa e sulla sicurezza. E servono efficaci politiche comuni sull’immigrazione: non per accontentare una richiesta dell’Italia, ma per rispettare le decisioni già prese insieme a livello europeo. Dobbiamo collaborare nel rispetto dei diritti umani e della democrazia, per conservare una conquista fondamentale come la libera circolazione delle persone. 
 
Accanto a questi impegni, servirà una riflessione comune sulle forme del nostro stare insieme. L’Italia - assieme a Francia, Germania, Spagna e altri Paesi - ha mandato negli ultimi tempi un segnale forte su questo. Crediamo sia arrivato il momento di una Ue più coesa, ma che possa, allo stesso tempo, consentire diversi livelli di integrazione. È giusto che i Paesi possano avere ambizioni diverse e che a esse ci siano risposte diverse. È una strada già prevista nei nostri Trattati, ed è uno strumento che dobbiamo utilizzare per avere un’Unione Europea più semplice, più efficace, più in grado di rispondere alle sfide del presente, che permetta a chi ne ha intenzione di andare più veloce e più lontano.
 
La spinta delle forze nazionaliste e anti europeiste non è affatto irresistibile, ce lo hanno dimostrato le recenti elezioni olandesi. E con un atto di fiducia nel futuro possiamo ridare slancio al nostro progetto comunitario. Con questa stessa fiducia, i fondatori dell’Europa hanno compiuto le scelte che hanno donato al nostro continente decenni di benessere e di sviluppo. Se a partire da Roma saremo capaci di recuperare questo spirito, il progetto di integrazione europea avrà ancora molto da dare.

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Da - http://www.lastampa.it/2017/03/23/esteri/modello-ue-sotto-attacco-ripartire-dalla-fiducia-GfCYkmv5ficNtqwWEf8iKN/pagina.html
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« Risposta #22 inserito:: Giugno 22, 2017, 09:07:22 pm »


La lezione di Mark Twain

Pubblicato il 22/06/2017

Paolo Gentiloni

«La verità è la cosa più preziosa che abbiamo. Per questo dovremmo cercare di farne economia». E’ uno degli aforismi più graffianti di Mark Twain, che esalta il valore di ciò che sembra negare: l’importanza della verità.

E l’importanza di avere accesso a informazioni accurate e affidabili.

Oggi molti protagonisti illustri del mondo del giornalismo e dell’editoria si sono scambiati opinioni sulle loro esperienze e le diverse situazioni che devono affrontare in questo momento. Le grandi sfide che il mondo del giornalismo sta vivendo offrono una prospettiva utile per interpretare le molte trasformazioni in corso in tutto il mondo.

La nuova era di Internet, con l’avvento degli smartphone e dei social network, ha portato molte nuove opportunità al mondo dell’editoria. Ma ha anche coinciso con l’inizio della crisi delle vendite scoppiata all’inizio del nuovo millennio.

Questa crisi si è aggiunta al calo dei ricavi pubblicitari: le stime per il 2016 sono del meno 9%.

Sembra chiaro che ci troviamo ad affrontare un grande paradosso a livello mondiale: grazie a Internet e alla diffusione di nuovi strumenti la capacità dei giornali di raggiungere il pubblico non è mai stata così alta. Ma allo stesso tempo è sempre più difficile trasformare quest’opportunità in un modello commerciale.

In generale, molti editori stanno riorganizzando i propri processi. In Italia, la fusione del Gruppo Espresso con l’Itedi guidata da La Stampa è un’operazione importante che apre strade interessanti e rende il nostro Paese fiero di ospitare uno dei più grandi gruppi editoriali in Europa.

Stiamo quindi assistendo a un grande sforzo creativo. Chi ha a cuore il mondo dei giornali segue con curiosità e attenzione il tentativo di reinventarsi che è in atto.

Purtroppo, c’è anche un lato negativo che non possiamo dimenticare, cioè l’impatto sull’occupazione. Le statistiche del Pew Research Center sugli Stati Uniti, ma indicative della situazione in tutto il mondo, ci dimostrano che il numero delle persone impiegate nelle redazioni è diminuito di oltre il 35% dal 2004. Si tratta di una tendenza che desta preoccupazione tra quanti hanno a cuore la democrazia che è resa più solida e più funzionale dal prezioso lavoro svolto quotidianamente dai giornalisti in tutto il mondo. Sarà quindi importante assicurarsi che l’attuale transizione sia quanto più sostenibile possibile.

Le sfide che sta vivendo il mondo del giornalismo, così importanti per noi, riflettono le situazioni che stanno attraversando molti altri settori produttivi in fase di ristrutturazione.

Viviamo in un momento delicato della storia umana, definito «l’era dell’accelerazione». Un’epoca in cui, per la prima volta nella storia, c’è un divario tra la velocità del cambiamento e la nostra capacità di adattamento.

Non dobbiamo essere presi alla sprovvista da questo divario: noi stessi l’abbiamo generato, è la prova della straordinaria vitalità delle nostre economie, delle nostre imprese, delle incredibili capacità delle nostre Università e dei nostri centri di ricerca.

Naturalmente, questo ritardo nell’adattamento, insieme agli effetti della crisi economica, ancora visibili, hanno avuto un impatto globale. Siamo tentati di mettere in discussione molti dei nostri successi passati, i pilastri dell’economia e della società aperta che hanno sostenuto decenni di pace e prosperità.

Siamo cercando di rispondere a tutti questi interrogativi a livello internazionale: l’abbiamo fatto in occasione dell’ultimo vertice G7 di Taormina. Non sono tempi facili e le difficoltà economiche seguite alla crisi economica hanno colpito la nostra società e la classe media in particolare. Tuttavia, non dobbiamo tornare indietro rispetto ai progressi fatti negli ultimi anni. Il protezionismo non è un’opzione, abbandonare l’idea di una società aperta e tollerante non è una soluzione al disagio: in realtà, creerebbe danni peggiori.

C’è un concetto più ampio che credo possa essere applicato anche al mondo del giornalismo di oggi. Un concetto che ho utilizzato spesso nel contesto internazionale, quando ho avuto l’opportunità di parlare delle sfide economiche che ci troviamo ad affrontare nell’era della globalizzazione. Mi riferisco alla necessità di continuare a scommettere sulla nostra identità e sulle nostre specificità.

Questa è la lezione fondamentale della globalizzazione. Contrariamente alle prime, superficiali interpretazioni, la globalizzazione rende più importanti le caratteristiche nazionali. E queste includono la cultura, l’economia, le attitudini e i valori sociali.

Come governo italiano, abbiamo condotto un programma economico basato su questi principi, e i dati recenti mostrano che avevamo ragione. Non abbiamo seguito un piano di riforma astratto. Siamo intervenuti in materia di politica del lavoro, politica finanziaria e politica industriale, tenendo presente le esigenze specifiche del nostro sistema economico, in gran parte basato su produzioni di valore.

Abbiamo investito nella cultura e nella scuola per massimizzare le opportunità per gli individui e sfruttare al massimo il nostro capitale umano. Abbiamo investito nelle nostre città e nelle nostre zone rurali, perché il nostro Paese continuerà a prosperare se ci prendiamo cura dei nostri beni più preziosi, che comprendono tanto le aree urbane così come la nostra diversificata e ricca agricoltura.

L’innovazione funziona quando si evolve la tradizione. E la tradizione può evolversi solo se un Paese, o una professione, riesce a utilizzare nel modo migliore i nuovi strumenti a disposizione.

Questo è quello che il giornalismo deve fare ora e sta già facendo in molti casi. In particolare, il futuro del giornalismo e la sua capacità di adattarsi al nuovo mondo dipendono dal «fattore umano».

Possiamo realizzare un software in grado di scrivere un articolo sulle previsioni del tempo? Probabilmente sì.

Possiamo far sì che lo stesso software compili un articolo sul punteggio di una partita di baseball o di calcio? Sì, e in effetti è già accaduto.

Possiamo chiedere a un robot di fare lo stesso lavoro di Carl Bernstein o Bob Woodward? Credo di no - anche se non vorrei che suonasse come una sfida ad alcuni intelligenti ingegneri a farlo davvero!

Il punto è che tutti noi siamo invitati a chiederci: che cosa mi riesce meglio, qual è il cuore del mio lavoro, la mia specializzazione insostituibile? I migliori tra i giornalisti aprono per noi nuove finestre e nuove porte. Ci aiutano a collegare i puntini. Ci rendono chiare cose che ci risultano oscure, a volte con acute capacità investigative. Abbiamo sicuramente bisogno di più cose di questo genere in momenti come questi. E ne avremo bisogno ancora di più in futuro, mentre l’eterogeneità aumenta all’interno delle nostre società.

L’indipendenza e la forza del giornalismo devono continuare a essere un punto di riferimento per le nostre democrazie, non malgrado, ma a causa delle molte e complesse trasformazioni del mondo di oggi.

Pertanto, il dibattito odierno sul futuro dei giornali non riguarda solo modelli di sviluppo. Chiama in causa il ruolo dell’informazione nell’era delle nuove tecnologie, la possibilità di continuare ad avere fiducia in chi svolge questo ruolo, la capacità di orientare l’opinione pubblica in modo positivo e costruttivo.

Ci sono spesso interpretazioni pessimistiche di queste tematiche, con il conseguente grande dibattito sulla «post-verità» un termine decretato parola dell’anno per il 2016 dall’Oxford Dictionary.

Il risultato della proliferazione di notizie false è certamente un dato grave, come riconosciuto dai grandi giganti di Internet, che stanno sollevando il problema di come contrastare questo fenomeno.

Ma dobbiamo cercare di evitare interpretazioni catastrofiche. La mia generazione si ricorda di un tempo, non molto lontano, caratterizzato da una tale contrapposizione ideologica da distorcere spesso anche l’interpretazione dei fatti.

D’altra parte, credere che abbiamo vissuto in «un’età dell’oro della verità», ora perduta per sempre, può essere una tentazione confortante di fronte a molti eventi del tempo presente, ma probabilmente significherebbe forzare la mano alla storia.

Probabilmente, invece di inseguire il mito dell’assoluta imparzialità, sarebbe importante cercare un modello di giornalismo «radicato nei fatti», piuttosto che completamente privo di opinioni.

Occorre la volontà di superare le divisioni e andare oltre le proprie posizioni, uscire dalle nostre «bolle» di consenso per riuscire a curare le ferite delle nostre società. L’idea degli «Stati generali dell’editoria» lanciata oggi da Carlo De Benedetti, può sicuramente contribuire in modo significativo a questo dibattito.

Sotto questo aspetto il ruolo del giornalismo nel Ventunesimo secolo continuerà a essere fondamentale per orientarci nel mare delle fonti di informazione che rischia di soverchiarci, per affinare le nostre capacità di discernimento ed essere in grado di distinguere il «segnale» dal «rumore». Consapevoli che, nel nostro tempo segnato da contraddizioni e incertezze - per citare George Orwell - «vedere ciò che si trova davanti al nostro naso richiede un impegno costante».

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Da - http://www.lastampa.it/2017/06/22/cultura/opinioni/editoriali/la-lezione-di-mark-twain-nUdlAh5LVBrMw6So5FpQjM/pagina.html
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« Risposta #23 inserito:: Agosto 27, 2017, 08:59:17 pm »

POLITICA

Attesa per Gentiloni al Meeting di Rimini.
Il premier super moderato riporta dentro Cl la speranza di un nuovo centro
Quest'anno il Meeting di Comunione e Liberazione si riprende la vetrina che gli compete

 20/08/2017 13:03 CEST | Aggiornato 8 ore fa

GentiloAnni in sordina. Anni in cui si è pagato il pegno della fine dell'era del berlusconismo e della conseguente diaspora dei propri leader. Anni in cui si è guardato altrove, al mondo, agli ultimi, alle grandi questioni sociali insolute. Anni in cui Cernobbio e persino l'happening organizzato dai francescani ad Assisi le avevano rubato lo scettro di kermesse regina della ripresa della stagione politica. Tutto archiviato. Quest'anno il Meeting di Comunione e Liberazione si riprende la vetrina che gli compete. Complice Paolo Gentiloni.

Ad aprire i lavori nella nuova Fiera di Rimini sarà un presidente del Consiglio che è un leader calmo, inclusivo, abile con il cacciavite più che con la ruspa. Con le scarpe ben piantate nella terra di quel cattolicesimo sociale che ascolta e non rottama, che non richiede secche scelte di campo ma dialoga allo sfinimento, come tanto piace ai vertici del movimento di don Luigi Giussani. Un leader che si presenta in riviera ormai liberatosi dalle scorie dell'essere considerato una mera fotocopia, che si proietta a gestire i complicati mesi della legge di stabilità e del traghettamento verso le urne (e magari di una legge che non prefiguri il caos del giorno dopo) e di una situazione internazionale drammaticamente difficile dopo gli attentati degli ultimi giorni.

L'Italia che verrà, il terremoto, i difficili dossier immigrazione e terrorismo, l'Europa e la sfida del rilancio dell'economia, i giovani e il lavoro saranno i temi principali attorno a cui si discuterà dal 20 al 26 agosto. Come spiega la presidente della Fondazione Meeting per l'amicizia fra i popoli Emilia Guarnieri, l'obiettivo è "lanciare messaggi costruttivi, mettendo in relazione mondi diversi". Le beghe politiche per Guarnieri devono quindi restare lontane dalla riviera romagnola: "Niente alchimie, nessun tifo per le larghe intese", ha detto in un'intervista a Repubblica. Intenzione nobile quanto velleitaria. Le carte in tavola, quelle vere, le piazza però Giorgio Vittadini, anima della Fondazione per la Sussidiarietà: "Vorrei le larghe intese alla tedesca, basate sui contenuti", ha affermato al Corriere della Sera. Presa di posizione importante. Perché dopo l'eclissi della sbornia forzitaliota e la conseguente caduta, anche personale, del naturale asse Berlusconi-Formigoni, è lui la guida di fatto di Cl per tutto quel che non concerne l'aspetto ecclesiale. E dopo anni di bracci di ferro che l'hanno visto rimanere attento nelle retrovie, e dopo l'assoluta assenza di empatia che tutto l'universo ciellino ha coltivato (ricambiato) nei confronti di Matteo Renzi, è tornato a tessere la tela di quell'ecumenismo politico che può trovare solida sponda in Gentiloni.

È la storia del Meeting, quella che pesca in un passato che non c'è più così come quella recentissima. Da Rimini si era guardato con estremo interesse ad Enrico Letta (l'unico a mettere in piedi un tentativo vero sia pur obbligato di grande coalizione), sommerso dagli applausi di un Auditorium da 6mila posti che lo aveva accolto come un proprio capo carismatico. Così come si era subito lo smacco del leader rottamatore, che nel 2014 dopo un lungo e tira e molla aveva dato forfait, scontando la scelta – definita sgarbata e sprezzante dai vertici ciellini – l'anno successivo. Stesso palcoscenico di Letta, applausi freddini per una platea che tramontato il teatro di Berlusconi ha sempre mal digerito gli one-man-show. Nel 2016, per dire, tanto governo, molti renziani, con una Maria Elena Boschi, altrove cercata, carismatica, blandita, passata quasi in sordina.

La scelta di Cl è chiara. Se nel 2016 i ministri ospiti erano tutti renziani, quest'anno la musica cambia. Il meeting farà il pieno di quei titolari di dicastero che dal segretario del Pd sono considerati tra i più distanti. Fra tutti poi il ministro Carlo Calenda, secondo alcuni rumors possibile candidato premier, che porta in dote tutte le skill che lo fanno leader amabile da Cl. Si siederà insieme a imprenditori di aziende italiane e parlerà di sviluppo economico, tema principe di anni di attività di Vittadini. Ospiti anche il ministro dell'Istruzione, Valeria Fedeli, e quello del Lavoro, Giuliano Poletti.

Un carnet in cui figurano il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che ha sfidato l'ex premier alla segreteria del Pd, e poi il ministro degli Affari esteri, Angelino Alfano, in freddo con Renzi da quando ci fu lo scontro sulla legge elettorale e leader di quell'Alternativa popolare in cui è confluito un pezzo di classe politica ciellina, Maurizio Lupi fra tutti.

Personalità dialoganti, portate per indole e calcolo a includere e non a escludere. Un segno dei tempi e delle preferenze di rapporti coltivate dalla dirigenza del movimento. La quale, interrotto il cordone ombelicale che la legava ad Arcore, ha sostanzialmente tagliato dai propri panel esponenti di Forza Italia e della Lega. Saranno della partita Giovanni Toti e Roberto Maroni, più perché guide di due feudi storici di Cl – la Lombardia, soprattutto, e la Liguria – che per convinzione politica. Diluiti in un incontro fra leader di autonomie regionali a cui prenderanno parte anche il presidente dell'Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini e quello della Provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi,

A "Cambiamento d'epoca: la crisi come passaggio", un ciclo di incontri curati da Luciano Violante (insieme a Fausto Bertinotti diventato amico del Meeting in un rapporto consolidatosi da tempo), prenderà parte anche il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco. Venerdì, per riflettere su lavoro e persona, sono attesi il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, e il segretario della Cisl, Annamaria Furlan, assieme al responsabile della divisione Banca dei territori di Intesa Sanpaolo, Stefano Barrese. Ulteriore segno che il mondo del lavoro e quello della sussidiarietà in economia rimangono le bussole sociali, ancor prima che politiche, degli uomini di don Giussani.

Dopo la pioggia di polemiche da ambo le parti dell'anno scorso nessun esponente del Movimento 5 Stelle solcherà i padiglioni della Fiera. L'esperienza di Mattia Fantinati, autore di un durissimo intervento altrettanto duramente fischiato (e i fischi sono rari come mosche bianche da quelle parti) hanno sancito anche empiricamente l'incomunicabilità tra i due universi. Quello di Cl rifugge da sempre lo spartito dell'antipolitica, del contro a tutti i costi, crogiolandosi, dalla fine del regno di Silvio, nel terzismo purissimo (Bersani che commenta un libro di Giussani, remember?). Non a caso oggi èil giorno di Paolo Gentiloni, attorno al quale si sta radunando una classe politica che vede in lui il perno delle larghe intese anche in vista delle prossime elezioni. Sono aperte le scommesse: a che livello arriverà l'applausometro?

Da - http://www.huffingtonpost.it/2017/08/20/attesa-per-premier-al-meeting-di-rimini-il-premier-super-modera_a_23154840/?utm_hp_ref=it-homepage
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« Risposta #24 inserito:: Ottobre 23, 2017, 10:41:37 pm »

Visco, Gentiloni studia una lettera con la richiesta di una “fase nuova”
Il presidente del Consiglio ipotizza un mandato condizionato.
L’ipotesi alternativa è l’attuale direttore generale Rossi

Pubblicato il 21/10/2017 - Ultima modifica il 21/10/2017 alle ore 09:41

ALESSANDRO BARBERA
ROMA

All’ora di pranzo Ignazio Visco è davanti al computer nella stanza ad angolo fra via Nazionale e via Mazzarino. Da qualche giorno lavora al discorso per la Giornata del risparmio, la gran cerimonia che riunisce a Roma i vertici delle Fondazioni bancarie. Ironia della sorte vuole che l’evento quest’anno cada nell’ultimo giorno del mandato da governatore della Banca d’Italia iniziato nell’ormai lontano novembre 2011, quando sfiorammo il default finanziario e a Palazzo Chigi arrivava Mario Monti. 

Di qui al 31 l’agenda di Visco non prevede nessun altro intervento pubblico: quello successivo sarà quasi certamente di fronte alla Commissione di inchiesta parlamentare sui crac bancari, anche se nel frattempo dovesse lasciare. Chi l’ha incontrato ieri l’ha trovato stanco ma sereno, consapevole di essere diventato il parafulmine della tempesta perfetta scatenata da Matteo Renzi su Palazzo Koch. Le conseguenze del rovescio renziano sono tuttora visibili: il Quirinale irritato con Renzi per le procedure irrituali della Camera lesive delle sue prerogative, Gentiloni irritato con Renzi e la Boschi per il blitz, il malumore di Visco per aver scoperto fuori tempo massimo di essere diventato oggetto di un mercanteggiamento dell’ultim’ora. Fino a qualche settimana fa Visco non sembrava entusiasta dell’ipotesi di un altro mandato, o almeno così faceva raccontare all’esterno dagli emissari. Ma in assenza di accordo su una valida alternativa, e nonostante tre anni complicatissimi iniziati con il crac di Banca Etruria e finiti con il salvataggio di ciò che restava delle banche venete, Quirinale e Palazzo Chigi gli avevano fatto capire che sarebbe toccato di nuovo a lui. A differenza di Renzi, Mattarella e Gentiloni gli riconoscono di aver gestito lealmente una macchina che qua e là ha mostrato di aver risposto in grave ritardo a quel che stava accadendo fra Arezzo, Siena e Vicenza. L’inattesa tempesta ha cambiato lo scenario.
 
Le certezze quirinalizie attorno al suo nome stanno cedendo sotto i colpi della politica. Nonostante i molti attestati di solidarietà da parte di ministri, ex premier ed ex presidenti, la lista dei partiti schierati contro la riconferma è sempre più difficile da gestire. Prima i Cinque Stelle, Sinistra italiana, la Lega, il Pd, Forza Italia. Fatta eccezione per l’Mdp, tutti chiedono l’avvicendamento. Non solo: c’è chi - ieri Matteo Salvini - fa capire di non essere contrario al compromesso possibile, ovvero la successione interna. Per Mattarella e Gentiloni non sarà semplice cavarsi d’impaccio. La procedura che chiama in causa governo, Consiglio superiore della Banca d’Italia e infine il Quirinale, è troppo complessa perché non si sia trovato preventivamente il nome giusto. Il primo passo è del premier con la lettera in cui formalizza la candidatura al Consiglio superiore. Secondo quanto si sussurra nei palazzi, Gentiloni starebbe accarezzando due opzioni. La prima è quella di indicare nella lettera il nome di Visco, sottolineando però la richiesta di rinnovamento avanzata da più parti in Parlamento. Si tratterebbe di assecondare «il partito di maggioranza relativa» (così il premier ha definito ieri il Pd a Bruxelles) chiedendo allo stesso Visco di aprire una fase nuova sulla vigilanza bancaria. 
 
La seconda ipotesi prevede un passo indietro formale dello stesso Visco che eviterebbe a Quirinale e Palazzo Chigi di dare l’impressione di aver ceduto alla richiesta dei partiti. A quel punto nella lista di Mattarella e Gentiloni rimarrebbe un solo nome, quello del numero due Salvatore Rossi. La storia di Rossi è molto simile a quella di Visco: già capo dell’ufficio studi, più che di banche è un grande esperto di economia italiana. Le sue quotazioni crescono di ora in ora: ben visto a sinistra (ha scritto decine di libri per l’editore Laterza), gode di buona reputazione anche a destra. Nello scontro di questi mesi con le autorità europee ha tenuto il punto sulle ragioni italiane senza però mettersi in contrapposizione con Francoforte come invece è toccato a Fabio Panetta in qualità di membro italiano nel Consiglio della vigilanza unica. L’unico difetto che gli viene imputato è l’età: nato nel 1949, va per i 69 anni. Peccato sia solo di qualche mese più anziano del collega Ignazio Visco. 

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Da - http://www.lastampa.it/2017/10/21/economia/visco-gentiloni-studia-una-lettera-con-la-richiesta-di-una-fase-nuova-EwdHwolu8bWHVAIwzOdviO/pagina.html
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« Risposta #25 inserito:: Dicembre 03, 2017, 06:27:49 pm »

Gentiloni è il leader preferito. Di Maio e Berlusconi più vitali
Alla prova del marketing elettorale spunta Grasso, Renzi seduttivo

L’attuale premier Gentiloni è al primo posto nel sondaggio e sarebbe anche l’unico candidato del Pd a far vincere il suo partito

Pubblicato il 01/12/2017 - Ultima modifica il 01/12/2017 alle ore 07:59

NICOLA PIEPOLI

Nell’ambito della competizione elettorale noi italiani siamo abituati a una «gara tra partiti». Ciò significa che mettiamo in secondo piano una gara interna al sistema elettorale che riguardi i singoli candidati. Nel corso degli ultimi anni tutti noi abbiamo constatato che i candidati pesano nelle intenzioni di voto e nella decisione su che partito votare. 
 
Questa settimana abbiamo fatto un esperimento concernente il peso che i singoli candidati portano in termini di voti con la loro presenza in questo o quel partito.
 
Per dare un senso numerico all’importanza dei singoli candidati abbiamo creato quattro «tracciati mentali», non dissimili da quelli che noi utilizziamo normalmente nelle ricerche di marketing. Abbiamo quindi trattato i singoli candidati alla presidenza del Consiglio come se fossero veri e propri «prodotti» sugli scaffali di un normale supermercato.
 
Il risultato di questa elaborazione è il seguente: 
1) Indicatore di fiducia: non diverso filosoficamente da un indicatore di «Customer Satisfaction» (soddisfazione del cliente). Al primo posto si segnala l’attuale presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, seguito più o meno a ruota dal presidente del Senato, Pietro Grasso, dal ministro Dario Franceschini, dalla presidente della Camera, Laura Boldrini, e in quinta posizione da Matteo Renzi, attualmente Segretario de Pd.
 
2) Indicatore di «attrazione»: si tratta di un indicatore concernente la vitalità del prodotto e in questo caso del candidato, in termini di propria «probabilità espansiva» sul mercato politico di riferimento. Qui al primo posto troviamo Luigi Di Maio, leader del 5 Stelle, seguito dal leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, da Matteo Salvini, leader della Lega, e da due personaggi già citati, cioè Paolo Gentiloni e Pietro Grasso.
 
3) Indicatore di «seduzione»: cioè il singolo elettore quanto si sente «attratto» e «sedotto» dal candidato? Qui l’elenco sia apre con Matteo Renzi, seguito a ruota da Paolo Gentiloni, Matteo Salvini, Luigi Di Maio e Dario Franceschini.
 
4) Ultimo, ma non ultimo, dei quattro indicatori è l’intenzione effettiva di voto per un candidato premier e su questa intenzione l’attuale presidente del Consiglio Paolo Gentiloni batte tutti, anche se hanno una notevole forza attrattiva Dario Franceschini, Matteo Renzi, Pietro Grasso e Luigi Di Maio.
 
Facendo una media di questi quattro indicatori il primo posto tocca all’attuale presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, che stacca di ben cinque punti Pietro Grasso e Luigi Di Maio, mentre al quarto posto si pone Franceschini, al quinto Salvini, seguito, con punteggi inferiori, da Matteo Renzi, Berlusconi, Boldrini, Meloni, Pisapia e Bersani.
In un certo senso è un vero e proprio «sistema solare» che abbiamo creato. Tale sistema passa dal Sole rappresentato da Gentiloni a una meteora laterale ai pianeti che ha il volto del leader di Mdp, Pierluigi Bersani.
 
A questo punto ci siamo anche domandati che tipo di influenza avrebbero questi personaggi con i punteggi sopra riportati in termini di cambiamento delle quote dei Partiti di cui sono in servizio.
 
Abbiamo anche creato un modello matematico da cui risulterebbe che la presenza di Gentiloni come candidato presidente del Consiglio del Pd ne aumenterebbe la quota di 3 punti ponendo il Pd come leader dei Partiti italiani, anche nei confronti del M5S e indebolendo percettibilmente l’area di destra. Tutti gli altri candidati Pd provocherebbero la leadership del M5S e una certa ristrutturazione positiva del centrodestra in Italia. 
 
Ovviamente si tratta di un sistema predittivo ancora tutto da approfondire, per cui chiederei la collaborazione di qualche esperto in statistica tra gli amici lettori che possa darci una mano alla costruzione di un modello elettorale predittivo da sperimentare nelle prossime elezioni.
 
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Da - http://www.lastampa.it/2017/12/01/italia/politica/gentiloni-il-leader-preferito-di-maio-e-berlusconi-pi-vitali-aeiODyebRSCfzH9vebmTCJ/pagina.html
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« Risposta #26 inserito:: Dicembre 13, 2017, 05:10:19 pm »

Gentiloni: “Un anno a Palazzo Chigi come su un otto-volante. Lascio un’Italia più stabile”

Il premier rivendica i suoi risultati e chiede a chi verrà di “non disperdere gli sforzi fatti”

Pubblicato il 12/12/2017 - Ultima modifica il 12/12/2017 alle ore 10:33

FABIO MARTINI
ROMA

Le poche volte che Paolo Gentiloni percorre a piedi le strade di una città italiana, puntualmente si ripete lo sketch dell’altro giorno, nei 400 metri che il premier ha percorso tra il Tempio di Adriano e palazzo Chigi: «Presidente, continui così», «presidente si ricorda i bei tempi della Margherita?», «presidente una foto con mia figlia!». E lui, rivolto alla ragazzina: «Come ti chiami?». Lei: «Sabrina…». Gentiloni: «Va bene, Sabrina: almeno tu una foto con me te la vuoi fare…». Sempre minimalista Paolo Gentiloni, il massimo che concede a chi lo pressa per strada, è un cortese «da dove venite?». Se quelli arrivano da lontano, abbozza un romanesco: «Ammazza…» e se ne va. Nulla a che vedere col ciclone Renzi, che cercava il contatto fisico, la battuta, il selfie. 

Anti-eroe era e anti-eroe resta, Paolo Gentiloni, un anno dopo quel 12 dicembre 2016, quando entrò - in punta di piedi e sospinto dall’amico Matteo Renzi - nello studio del presidente del Consiglio. Sorride Gentiloni: «Quel giorno sono salito sull’ottovolante e sono accadute tante cose che era difficile immaginare». Un anno dopo, curiosamente ma non troppo, l’uomo non è stato neppure sfiorato dalla tentazione di una (pur rituale) conferenza stampa di bilancio del governo. Ai suoi occhi, un evento che rischiava di virare sull’auto-celebrativo. Una “esposizione” che chissà come sarebbe stata interpretata dal sempre vigile amico Matteo.   

Per 365 giorni Paolo Gentiloni ha costruito la sua fortuna (come attestano i sondaggi che lo danno sempre sopra a Renzi) senza travestirsi e anche nei suoi ultimi discorsi ha continuato ad allontanare come un demone la tentazione della retorica. Ogni volta che dalla sua voce avverte affiorare un po’ di enfasi, la stempera nell’humour, «be’, non esageriamo…». Ma dopo un anno di governo è anche consapevole del lavoro fatto e lo sintetizza così a “La Stampa”: «Lasciamo un’Italia più stabile», un Paese più forte che, pur con tanti problemi aperti, «ha superato la sua crisi più grave e che non deve disperdere gli sforzi fatti in comune». Poche parole con le quali, certo, rivendica il lavoro fatto dal suo governo e da quello guidato da Renzi ma aggiunge un ponte sul futuro. Con quell’accenno a non disperdere gli sforzi «fatti in comune». Dunque, dagli italiani tutti. Ma anche dalle forze oggi all’opposizione. «L’Italia – dice Gentiloni - non va verso un periodo di instabilità, perché le sue scelte fondamentali, a partire da quelle europee, resteranno: c’è continuità nelle posizioni dei governi del nostro Paese». Dunque, con tutti i governi, compresi quelli guidati da Silvio Berlusconi.

 
E qui si apre il capitolo del futuro. Paolo Gentiloni non è tipo da brigare per conquistarsi un posto al sole. Da mesi sa che il Pd – e dunque lui, oltre a Renzi - avrà chances di rivendicare palazzo Chigi soltanto se la sua coalizione avrà preso un voto in più degli altri. Sa che gli equilibri post-elettorali sono incertissimi, ma in caso di grande coalizione sa pure di avere una carta pesante da giocare: il suo professionismo politico, per motivi diversi, è apprezzato dal Capo dello Stato, ma anche da due personaggi agli antipodi: Romano Prodi e Silvio Berlusconi. Racconta uno dei pochi parlamentari che conosce gli umori del Cavaliere: «Non immaginatevi nessuno scambio o chissà quali rapporti particolari. Berlusconi apprezza come si è mosso il governo, Calenda e Gentiloni, sulla difesa degli interessi delle aziende italiane. È il minimo sindacale. Ma rispetto al passato, è già molto». 

Con Prodi, che con Renzi continua ad avere un rapporto difficile, Gentiloni non aveva mai interrotto i rapporti e li ha proseguiti a palazzo Chigi. E il Professore ricambia con una definizione pennellata: «Paolo il freddo? No, Paolo il calmo». E quanto al Capo dello Stato il rapporto è molto solido, è stato Mattarella a volere che il governo non si dimettesse e restasse in carica, anche in vista di un lungo dopo-elezioni. 

In vista di marzo, non prevedendo un lancio come star del Pd da parte di Renzi, il presidente del Consiglio parteciperà alla campagna elettorale, senza dar spettacolo, in continuità con un «understatement voluto e spontaneo che in un anno lo ha portato a partecipare ad un solo talk show», dice l’amico di una vita Ermete Realacci. Intanto nelle ore che precedono il primo compleanno del suo governo, Gentiloni si gode il risultato che ha pubblicamente rivendicato: «L’Italia è tornata a crescere, si attesterà su un dato tra l’1,5 e il 2%». Omette di sottolineare che si tratta di un raddoppio della crescita, passata in un anno dallo 0,9 ad un probabile 1,8%. Anche se il presidente del Consiglio, passeggiando per Roma, come al solito, minimizza: «Vedremo quale sarà il dato finale. Ma per stare tra l’1,5 e il 2, basta arrivare all’1,76…».

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Da - http://www.lastampa.it/2017/12/12/italia/politica/gentiloni-un-anno-a-palazzo-chigi-come-su-un-ottovolante-lascio-unitalia-pi-stabile-FZnoxCuKBCQMm75GGVpHHL/pagina.html
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« Risposta #27 inserito:: Dicembre 17, 2017, 08:41:18 pm »

PRIMA INIZIATIVA DELLA LISTA “INSIEME”

Gentiloni: «Clima questione centrale, rischi non più opinabili»

16 dicembre 2017

Unire gli sforzi per sostenere il Patto per il clima (Cop21), firmato a Parigi a fine 2015, «innanzitutto nei confronti di chi sottovaluta o nega addirittura la centralità della questione». Questo ha chiesto oggi il premier Paolo Gentiloni intervenendo a Roma al convegno “Patto per il Clima”. La centralità del dossier clima non è «sentitissima quanto dovrebbe nel nostro Paese», ha ammesso Gentiloni, rivendicando gli sforzi dell'Esecutivo nell'ultimo anno, anche se «dobbiamo fare di meglio e di più». La questione del cambiamento climatico, in altre parole, «deve essere considerata come una delle questione centrali della nostra politica economica, strategica, internazionale. I rischi legati non sono più opinabili, sono rischi presenti».

«Ritiro Usa aumenta nostre responsabilità du Cop21»
La strategia per contrastare il cambiamento climatico e, più in generale gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile del Patto per il clima solennemente approvato due anni fa sono oggi a rischio per il passo indietro della presidenza Trump, da sempre fredda su questi temi. Per Gentiloni, «il fatto che gli Usa si siano tirati fuori dalla cornice del Cop21 non diminuisce ma moltiplica la responsabilità degli altri Paesi. L'Italia e l'Europa devono mantenere gli impegni, fare la loro parte in modo efficace. Prendiamo atto della decisione degli Usa ma non della possibilità che a livello internazionale si faccia qualche passo indietro dall'applicazione» di Cop21, ha poi sottolineato il premier.

«In politica abbiamo bisogno della spinta ecologista»
Il convegno, organizzato dai Verdi, è la prima iniziativa della lista “Insieme” aveva l’obiettivo di trattare tutte le tematiche legate ai cambiamenti climatici per trasformare le proposte scaturite in punti programmatici per la coalizione di centrosinistra. «Considero importante il fatto che una delle radici dell'Ulivo e del centrosinistra decida di impegnarsi» in vista delle Politiche 2018», ha proeguito Gentiloni, che a 30 anni dalla sua prima manifestazione considera «l'attualità dell'impegno ecologista è tutt'altro che assorbita: abbiamo bisogno della spinta ecologista in politica».

© Riproduzione riservata

Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-12-16/gentiloni-clima-questione-centrale-rischi-non-piu-opinabili-124857.shtml?uuid=AEHRSYTD
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« Risposta #28 inserito:: Gennaio 12, 2018, 12:12:45 pm »

Gentiloni: 'E' tempo di non disperdere i risultati ottenuti' 'Lavoriamo per sfruttare congiuntura favorevole'.

Grandi manovre in vista del voto. Ad Arcore vertice del centrodestra.
Intanto all'Ergife a Roma si riunisce l'assemblea di Liberi e Uguali

Redazione ANSA
07 gennaio 2018

Intanto dalla Festa del Tricolore a Reggio Emilia il premier Paolo Gentiloni invita a non disperdere i risultati ottenuti. Mentre dalle pagine del Corriere il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan non esclude una sua candidatura.

"Non è la stagione delle cicale quella che abbiamo davanti - dice Gentiloni - non può esserci una chiusura impaurita nel piccolo mondo antico delle paure quotidiane: è il tempo di non disperdere i risultati ottenuti". Questo, per il premier Paolo Gentiloni, deve essere l'obiettivo "di tutta la politica in vista prossime elezioni".

"E' il momento di lavorare con convinzione" - ha detto Gentiloni - perché "la congiuntura economica finalmente favorevole possa tradursi in conseguenze positive dal punto di vista sociale e non solo in constatazione di numeri incoraggianti".

"Oltre al testo della Costituzione rendiamo omaggio ai costituenti: a una generazione politica che, uscendo dalla Resistenza e dalla Guerra, discutendo apertamente e liberamente, arrivò a sintesi unitarie che mantengono una straordinaria utilità e attualità, e lo fecero per servire Paese. E' una lezione per tutti noi".

Punti di sintesi nella Carta di cui ricorre il 70/o anniversario, ha detto il premier, furono trovati da persone "che avevano contrapposizioni enormi fra di loro sul piano ideologico, molto più grandi di quelle che vediamo nella politica di oggi". Questo, cioè la capacità dei costituenti di elaborare il testo, fu "il miracolo democratico", da cui il premier auspica si possa prendere spunto anche nell'Italia di oggi.

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« Risposta #29 inserito:: Gennaio 12, 2018, 12:18:12 pm »

ELEZIONI 2018

Gentiloni, via alla campagna soft: «L’Italia non giochi a Rischiatutto»
Il premier in tv: noi la migliore squadra di governo. Ho rasserenato il clima, mi chiamano «er moviola». E sull’abolizione del canone Rai lanciata da Renzi: «Se riusciamo a far pagare meno, come in Inghilterra, alcune fasce sociali sia una cosa giusta»

Di Marco Galluzzo

«Gli italiani hanno 3 opzioni davanti a loro, noi, il centrodestra e il partito di Grillo, ed è molto rilevante quello che decideranno. Io confido che possa essere il centrosinistra di governo a vincere questa sfida, rischio di essere spocchioso ma nessuno ha una squadra di governo come la nostra». Paolo Gentiloni in prima serata su Rai1 da Fabio Fazio, ospite a Che Tempo fa, lancia alcuni messaggi e si schermisce sul proprio futuro: «L’impegno che ho preso finisce con le elezioni. Il 4 marzo ci sarà una sfida con tre grandi blocchi e mi auguro che il Pd possa essere il primo, insieme ad i suoi alleati».

Lo scenario di Gentiloni ha una diretta conseguenza, anche questa all’insegna della prudenza istituzionale: se il centrosinistra dovesse vincere «penso che ci possa essere una buona fiducia in questo Paese, poi chi farà il presidente del Consiglio lo deciderà il presidente della Repubblica». Alleanze? Se il Pd non fosse autonomo con chi preferirebbe un accordo, con Berlusconi e con gli altri partiti che stanno a sinistra? «Gli elettori devono essere consapevoli che la scelta è nelle loro mani, in 3 possono avere i numeri per governare, mi auguro che l’Italia non giochi a rischiatutto». C’è anche la consapevolezza del risultato che gli riconoscono gli analisti: «Sono orgoglioso di aver contribuito a un certo rasserenamento del clima politico. Credo che un Paese che litiga troppo e che fra le sue forze politiche non condivida nemmeno alcuni valori fondamentali sia un Paese a rischio. A Roma mi chiamano er moviola, non mi dispiace. E spero che la campagna non sia un festival di paura ma una campagna seria. Se accade credo che il centrosinistra abbia ottime chance di vincere».

Anche la Rai è materia dell’intervista. Renzi ha rilanciato l’abolizione del canone, Gentiloni lo reinterpreta così: «Io credo che se riusciamo a far pagare meno, come in Inghilterra, alcune fasce sociali sia una cosa giusta». Un accenno anche alla vicenda Regeni: «Continueremo a cercare la verità, lo faremo nei confronti del governo egiziano e di qualche paese europeo» non del tutto trasparente. Gentiloni aggiunge di essere «innamorato del nostro Paese». Nel pomeriggio, a Reggio Emilia, aveva detto che l’Italia «è ripartita», ma sarebbe «una responsabilità gravissima» promettere una «stagione delle cicale», perché invece è il momento di trasformare il consolidamento dell’economia «in conseguenze positive dal punto di vista sociale».

7 gennaio 2018 (modifica il 7 gennaio 2018 | 22:44)
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