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Autore Discussione: Il Veneto rispolvera il sogno autonomista: “Roma è lontana, vogliamo contare...  (Letto 2442 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Ottobre 05, 2017, 02:37:15 pm »

Il Veneto rispolvera il sogno autonomista: “Roma è lontana, vogliamo contare di più”

Appello di Zaia per l’affluenza. Sui telefonini la vignetta “dopo la Catalogna, il radicchio”



Pubblicato il 05/10/2017
Fabio Poletti
Inviato a Verona


«Cosa? Chi?». Sa niente il signor Wang Qu, dietro il banchetto di frutta e verdura a piazza delle Erbe dove metà dei commercianti sono cinesi e l’altra metà sembra disinformata. Il referendum per l’autonomia del Veneto è tra 2 settimane. Non c’è un cartello in giro per Verona. Solo qualche volantinaggio della Lega come ieri mattina al mercato di Borgo Venezia. Si lamenta Niccolò Zavarica, segretario del partito di Matteo Salvini della sezione Stadio Borgo Nuovo: «Abbiamo i conti bloccati dalla magistratura se no faremmo molto di più. La nostra gente non vede l’ora di contare di più. Ma basta fare i confronti con la Catalogna o con la secessione padana. Quei tempi non ci sono più».


Sarà pure così ma nella regione dove 7 su 10 parlano soprattutto dialetto come dice il Governatore Luca Zaia, più di uno pensa che quello del 22 ottobre sia solo il primo passo. Gli eredi dei Serenissimi che giusto 20 anni fa diedero l’assalto al campanile di piazza San Marco sono in prima fila. Il ministro degli Esteri del Veneto Serenissimo Governo Demetrio Shlomo Yisrael Serraglia guarda ai suoi omologhi di mezzo mondo: «Faccio appello ai governi esteri per il riconoscimento del referendum veneto». Alberto Montagner presidente di Raixe Venete è allineato: «Siamo abituati alla politica dei piccoli passi. Il referendum deve essere una scelta di vita come hanno fatto i catalani. Non può essere solo una questione di portafogli o di tasse da tenere qui».


Secondo la Cgia di Mestre che ha fatto due conti il residuo fiscale del Veneto nel 2015 era di 18,2 miliardi di euro. Considerando che il voto costa appena 14 milioni visto che non è elettronico ma alla vecchia maniera più di uno ci fa un pensierino. Paolo Fornaser, 52 anni, viticoltore della Valpolicella, campeggia con cappello di paglia sul dépliant che illustre le ragioni del sì: «Roma è troppo lontana dal Veneto. Noi che siamo del territorio abbiamo bisogno di confrontarci con le istituzioni di qui. Io non sono mai stato in Catalogna ma questa non è una rivoluzione. Vogliamo solo contare di più». Il voto è consultivo e si sa. Ma non è che dal 23 ottobre non cambi niente per lo meno qui in Veneto. Simonetta Rubinato, parlamentare del Pd ed ex sindaco di Roncade vicino a Treviso ci ha pure scritto un libro sulle ragioni del “sì”: «La Catalogna non c’entra niente ma questo è un referendum vincolante. Nel senso che il giorno dopo il voto il presidente della Giunta regionale è vincolato ad andare a Roma ad aprire una trattativa con il governo centrale sui poteri da attribuire al Veneto. Tutto nel rispetto della Costituzione». Qui come in Lombardia il Pd ufficialmente è per il “ni”. Lascia andare avanti i rappresentanti locali. La parlamentare del Pd lo sa e ci fa i conti: «Nel mio partito ci sono molti mal di pancia. Ma votare sì è anche un modo di riavvicinare i cittadini in questo momento di presa di distanza dalla politica».


Il Governatore Luca Zaia che pure avrebbe tutto l’interesse a mettere il cappello sul referendum fa il defilato: «Sarà il referendum dei veneti, non dei partiti e nemmeno di Zaia. Ma più pesante sarà l’affluenza più pressione riusciremo a fare a Roma». Tutta apparenza si capisce. Tanto sui telefonini gira una vignetta con Luca Zaia che annuncia: «Dopo la catalogna il radicchio».


Esserci senza esserci troppo la sua strategia. Sapendo che se i favorevoli all’indipendenza della Catalogna in Italia sono il 43% secondo un sondaggio dell’Istituto Piepoli, quelli del centrodestra sono addirittura il 60%. Cosa con cui deve fare i conti Ciro Maschio, presidente del Consiglio comunale di Verona per Fratelli d’Italia-An e leader storico del partito che a livello nazionale con Giorgia Meloni snobba il referendum: «Abbiamo libertà di voto ma noi siamo per il sì. Noi confiniamo con Trentino e Friuli che hanno privilegi enormi. Come Veneto non possiamo essere da meno. Non è uno strappo. Il Veneto indipendente sarebbe più debole e per questo noi vogliamo più autonomia qui e il presidenzialismo a Roma. Qualcuno lo vive come un voto anticasta contro “Roma che ci ruba i soldi” ma è solo il primo passo di un processo per avere più democrazia». Il rischio è che gli anticasta vedano anche i promotori come parte della casta, come dice questa signora coi capelli rossi al mercato di piazza delle Erbe: «Bastava farlo su Facebook il referendum sul piace o non piace. Se non cambia niente perchè spendere tutti questi soldi?».


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Da - http://www.lastampa.it/2017/10/05/italia/politica/il-veneto-rispolvera-il-sogno-autonomista-roma-lontana-vogliamo-contare-di-pi-6QVrSF9RvlfbtPQ01uIXBK/pagina.html

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« Risposta #1 inserito:: Ottobre 05, 2017, 02:58:51 pm »



Fare chiarezza dicendo bugie?

ciaooo

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Da FB del 3 ottobre 2017 (Dove si reclamizza il Referendum veneto)

REFERENDUM VENETO: UN PO' DI CHIAREZZA

Ho copiato quanto segue perchè mi sembra sintetizzi bene la situazione.
>> Per chi pensa che non serve a niente, che son soldi buttati, che Zaia poteva andare a Roma prima di proporre il referendum:
Zaia aveva già chiesto al governo di instaurare una trattativa per una maggiore autonomia, ma non ottenne una risposta positiva. Quindi questo referendum ha un valore politico MOLTO importante. Mi rifaccio a quello che scrisse il Ministro Costa, ministro nel Governo Renzi in risposta alle richieste di maggiore autonomia inviate dal Presidente Zaia: riporto quanto scritto dal Mattino di Padova (sicuramente un giornale non "Zaiano"...):"Sedici righe, quelle firmate dall’esponente del gabinetto Renzi, che sanciscono una prima certezza nella partita a scacchi in corso tra Roma e Venezia: il Governo non obietta alla celebrazione del referendum zaiano MA PRIMA di scoprire le carte sul versante della DELEGA DEI POTERI, si riserva di valutarne l’ESITO in termini di AFFLUENZA alle urne e di PERCENTUALE dei SI."
Sempre da Il Mattino di Padova: "[...]Il bivio è il seguente: o si fa sapere a Parlamento e Governo che i cittadini del Veneto (non l'ente Regione) si attendono una attuazione della Costituzione coerente con i principi del pluralismo e dell'autonomia oppure si risponde che non interessa: votando no o stando a casa. [...] Può piacere o non piacere, ma sarà così. Poco importa che il referendum del 22 ottobre sia consultivo, come dice la legge regionale n. 15/2014. Il punto essenziale è che i cittadini veneti diranno come la pensano: formuleranno un atto di indirizzo politico, di cui dovranno tenere conto sia la Regione sia lo Stato. Sta scritto nelle sentenze n. 470/1992 e n. 496/2000 della Corte costituzionale."
Per questo motivo l'affluenza alle urne per questo referendum dei Cittadini Veneti deve essere massiccia e massiccia deve essere la vittoria del SI se vogliamo avere la possibilità di divenire come il Trentino.
Giusto per completezza...
I 14 milioni potevano essere risparmiati se il governo italiano avesse accettato la richiesta dell'election day... Richiesta che il governo ha rispedito al mittente per ben due volte (referendum nazionale dell'anno scorso e amministrative di quest’anno) <<
L'autonomia non è secessione (come vorrebbero i catalani)


News attinta da FB il 5 ottobre 2017



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« Risposta #2 inserito:: Ottobre 06, 2017, 04:48:56 pm »

Sembra evidente a non pochi Italiani che si stanno spendendo 50 milioni di euro, per un Referendum utile soltanto alla Lega che lo userà come strumento politico, locale e nazionale.

Dopo di che nulla di diverso, nei risultati concreti, otterrà di quanto si poteva realizzare in una trattativa con il Governo.

L'Emilia Romagna ha scelto la procedura del dialogo, meno "sfolgorante" ma più seria e rispettosa dei veri interessi degli Italiani.

ciaooo
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