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Autore Discussione: Martino Loiacono. Crisi della I Repubblica. Dissidi nella Sinistra italiana  (Letto 2065 volte)
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« inserito:: Settembre 17, 2017, 09:01:07 pm »

Crisi della I Repubblica. Dissidi nella Sinistra italiana

Pubblicato il 31-08-2017

Prosegue la serie di interviste sulla caduta della Prima repubblica. In questa intervista Carlo Tognoli, sindaco di Milano dal 1976 al 1986 e ministro durante la X legislatura, illustra la situazione del Psi tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, raccontando le difficoltà di Craxi dopo la fine del suo mandato da Presidente del Consiglio. Tognoli racconta anche il complesso rapporto con i comunisti, la spinosa questione del finanziamento ai partiti e il ruolo della crisi delle ideologie. Infine ci parla della sua Milano.

Berlinguer-Craxi1Che clima politico c’era alla fine degli anni Ottanta? Si percepiva una crisi di fiducia tra partiti e società?
Un certo scollamento c’era da tempo, questa crisi non nasce certo negli anni Ottanta.
Si profilava già alla fine degli anni Sessanta e negli anni Settanta, ma dopo le lotte sindacali, le stragi, il terrorismo, il rapimento di Moro, la crisi economica, l’inflazione e l’instabilità politica, si accentuò un certo distacco tra opinione pubblica e partiti.
Ci fu una ripresa di fiducia grazie ai miglioramenti dell’economia, favoriti dal governo Craxi, e all’ingresso dell’Italia nel “club” dei primi sei Paesi industriali del mondo. C’era una prospettiva di stabilità.
Alla fine degli anni Ottanta, però, il distacco popolo-partiti tradizionali si acuì.

La percezione è che Craxi dopo la fine del suo secondo esecutivo (aprile 1987) fatichi a definire una strategia, conferma?
Di certo Craxi aveva un partito poco organizzato, che comunque aveva retto, senza sfondare, anche per la sua presenza alla guida del governo. La strategia l’aveva: recupero di voti e alleanze a sinistra, con l’obbiettivo della grande riforma.
Voleva vedere anche cosa facevano gli altri partiti (Dc e Pci). Per questo tenne in piedi dei governi di pentapartito, guidati dalla Dc (sdebitandosi così per l’appoggio avuto dai democristiani tra l’83 e l’87) per poi riprendere l’iniziativa.
La chiave di volta della questione riguarda la caduta del Muro di Berlino, dalla quale Craxi si aspettava svolte che, allora, non si sono verificate. Sperava che, acclarata la sconfitta del comunismo, i postcomunisti riconoscessero la validità del socialismo democratico e liberale.
Il Pds si spinse invece nei meandri dell’ecologismo, di un neo-terzomondismo e di un neo-pacifismo antiamericano (vedi il comportamento degli ex-Pci nella prima guerra contro l’Iraq per liberare il Kuwait).
Questo ha bloccato i progetti di Craxi che aveva nella sua prospettiva il recupero di un rapporto a sinistra. Voleva rafforzare il Psi e poi aprire verso il Pds (come dimostrò facendolo entrare nell’internazionale socialista). In realtà la maggioranza dei postcomunisti non voleva il dialogo con i socialisti e in particolare con Craxi.

Quindi era possibile un’apertura a sinistra?
Io credo di sì. Craxi sperava che con il passare del tempo ci sarebbe stata un’evoluzione del Pds in senso socialista. Sia i miglioristi sia una parte dei vecchi togliattiani non erano pregiudizialmente contrari ad un’apertura ai socialisti. Fattasi più lontana tale ipotesi, Craxi fu costretto a rimanere nel pentapartito e a puntare al ritorno alla guida del governo nel 1992.
È bene ricordare che il leader del Psi era anticomunista ideologicamente (non era leninista, né stalinista ed era profondamente democratico) ma non lo era politicamente: fu sempre disponibile al dialogo e alle alleanze col Pci, come dimostrano le sue scelte a Milano (1975 e 1988) e in molte altre città e la sua esperienza politica dagli anni ’50 in poi.

Uno degli elementi che scuote il sistema partitico è la Lega: che movimento era all’epoca?
L’avanzata della Lega era il segnale che una parte dell’opinione pubblica era stanca. L’antipolitica aveva ora una rappresentanza parlamentare.
Craxi aveva intuito la debolezza del sistema politico italiano, lento nelle decisioni, litigioso, interessato più al futuro “del partito” (per ciascuno il proprio) che non agli interessi generali.
Il movimento di Bossi si affermò nel Veneto e nelle province in cui, in Lombardia, prevaleva la Dc: Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Varese, Sondrio. La Lega si allargò come movimento antipartitico e antimeridionale, soprattutto ai danni della Dc.
Nel 1992 c’era una Lega all’attacco, ma era ancora un fenomeno provinciale: a Milano non attecchì molto.
Nel 1993 la Lega portò a casa il sindaco, nel capoluogo, in piena “bagarre” giudiziaria, perché prese, al ballottaggio, gran parte dei voti moderati che al momento non avevano rappresentanza politica, anche perché non c’era ancora Forza Italia.

Cosa accade nel 1992?
I prodromi della crisi del 1992 si riscontrano già nel 1991 quando Craxi, e parte della Dc, non comprendono il significato del referendum sulla preferenza unica.
Craxi, tra l’altro, aveva accolto la richiesta del Pds, timoroso di perdere troppi voti, di non votare nel 1991 per andare alla scadenza naturale della legislatura.
L’azione della magistratura, dopo le elezioni politiche del 1992 (nelle quali il pentapartito mantenne numericamente la maggioranza parlamentare) fece capire quale sarebbe stata l’evoluzione del quadro politico, malgrado il varo del governo Amato.
Il problema politico è che parte della Dc sottovalutò l’inchiesta, mentre il Pds cercò di utilizzarla a proprio vantaggio. I media e il Pds sostennero con forza l’azione della magistratura. Nessuno raccolse l’invito di Craxi di dare una lettura politica, oltre che giudiziaria, alle vicende dei finanziamenti illeciti dei partiti, in atto dal dopoguerra. Anche per questo Craxi divenne il capro espiatorio di questa drammatica crisi.
A dire il vero, fino al 1973 non c’era una legge sul finanziamento alla politica, e i partiti si arrangiavano come potevano, con contributi che arrivano in vari modi. Il finanziamento veniva dal mondo privato, dagli iscritti, dall’estero (URSS).
Con la legge sul finanziamento pubblico venne introdotto il reato di finanziamento illecito. Il sistema non cambiò di molto. I partiti facevano fatica a rinunciare a finanziamenti che servivano per gestire i costi crescenti della politica.

Alcuni hanno anche parlato di crisi delle ideologie, cosa ne pensa?
Per me le ideologie erano in crisi già negli anni Settanta. (c’è un bel saggio di Virgilio Dagnino di quel periodo, Obsolescenza delle ideologie).
Sia il ‘68 che il ‘77 furono le ultime fiammate, da parte di minoranze di giovani, di ideologie vecchie e superate. Basti pensare ai cortei in cui si esaltavano Marx, Lenin e Mao. Le ideologie si sgretolavano. Lo stesso Pci strumentalizzava quei movimenti, ma non sventolava più quelle bandiere.

Un’ultima domanda: ci parla brevemente della sua Milano?
A Milano avevamo ottenuto un grande consenso. Craxi era milanese. Nel 1980, alla mia prima prova elettorale come sindaco, il Psi sfiorò il 20%, confermato nel 1985.

Gli anni Ottanta per Milano furono l’uscita dal tunnel della crisi economica, della violenza e del terrorismo. Gli anni Ottanta, anche per l’azione positiva del governo Craxi, furono una liberazione dai mali del periodo precedente.

Si passava da una Milano da morire ad una Milano da vivere.

Martino Loiacono

Da - http://www.avantionline.it/2017/08/crisi-della-i-repubblica-apertura-e-scontri-nella-sinistra-italiana/#.Wap8o8hJaUk
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« Risposta #1 inserito:: Settembre 17, 2017, 09:07:01 pm »

Sono più di cento anni che la Sinistra sopporta i calci in bocca da parte marxista.

Oggi senza realizzare un Progetto Italia che raccolga sotto il POLO DEMOCRATICO chi ci sta, non otterremo altro che favorire i costruttori di Caos (5stelle) e il fascismo truccato.

Da Turati a Prodi le alleanze impossibili che includono i comunisti dichiarati e quelli celati, partoriscono solo divisioni che hanno portato guai all'Italia.   

Commento su l’Avanti del 2 settembre 2017

ciaooo
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