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Autore Discussione: Marco BASILE - I nuovi spazi politici europei: tempo di scelte forti  (Letto 2495 volte)
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« inserito:: Luglio 11, 2017, 11:32:17 am »

Opinioni

Marco Basile @MarcoBa14896780  · 5 luglio 2017

I nuovi spazi politici europei: tempo di scelte forti

Le elezioni degli ultimi anni in Spagna, Francia, Olanda e Regno Unito insegnano che un buon risultato passa da una strategia politica chiara, basata sui nuovi spazi politici creati dai cambiamenti della società del secolo XXI
 
Mai nella storia l’umanità ha attraversato un periodo di cambiamenti più profondi e repentini come negli ultimi venti anni. È indubbio che il mondo in cui viviamo nel 2017 è profondamente differente da quello del 1997.

La rivoluzione digitale, l’avvento di Internet e dei Social Media, la liberalizzazione dell’economia e la libera circolazione di persone e capitali, la crescente influenza della finanza sull’economia reale, il cambio degli equilibri geopolitici dovuto allo sviluppo dei mercati emergenti, le conseguenti crescenti disparità sociali tra una élite sempre più ricca e una classe media che sprofonda in parte verso uno stato di “working poverty”, la pressione sul welfare esercitata dal debito pubblico di molti paesi europei, l’intensificazione dei flussi migratori e le conseguenti difficoltà di integrazione, il terrorismo globale, il manifestarsi dei primi effetti del cambio climatico dovuto al surriscaldamento del pianeta sono solo alcuni dei fenomeni cui abbiamo assistito in questi anni e che hanno cambiato profondamente il nostro stile di vita e stravolto l’agenda politica mondiale.

I profondi cambiamenti che il mondo ha attraversato negli ultimi venti anni hanno influito profondamente sulla società e sulla politica, creando nuovi spazi politici, differenti da quelli che hanno caratterizzato il 900, che gran parte della attuale classe politica probabilmente non ha ancora assimilato, continuando in buona misura a ragionare secondo gli schemi del secolo passato.

Nella seconda metà del 900, semplificando enormemente, il principale dualismo della politica si risolveva principalmente nel confronto destra/sinistra, articolato su differenti aspetti: capitalismo/socialismo, capitale/lavoro, bassa pressione fiscale/welfare, statalismo/privatizzazione.

Era questo l’asse principale lungo il quale si posizionavano, da sinistra a destra, le forze politiche che hanno attraversato il 900, dai comunisti, ai socialdemocratici, ai democratici cristiani, fino alle destre, spesso di ispirazione post-fascista.

Negli anni 2000, l’asse destra/sinistra o capitalismo/socialismo si è evoluto, a causa dei cambiamenti occorsi nel mondo del lavoro, della globalizzazione e del crescente divario tra classi ricche e povere, assumendo i contorni di un asse Pro-Establishment / Anti-Establishment.

Da una parte chi continua a credere che il modello economico liberista basato sulla concorrenza e sulla libera iniziativa privata sia al momento il migliore ipotizzabile. Dall’altro chi inizia a pensare, pur avendo superato i modelli del passato del socialismo reale che il modello capitalista tradizionale debba essere ripensato sostanzialmente cercando ricette completamente nuove (es. il reddito di cittadinanza) in un mondo che avrà sempre meno bisogno di forza lavoro. Allo stesso tempo, i fenomeni migratori, il terrorismo e la globalizzazione dei mercati hanno incrementato enormemente l’importanza di un altro asse fondamentale su cui si basano attualmente le scelte politiche dei cittadini dell’Unione Europea.

Un asse su cui possiamo posizionare da un lato una posizione di Apertura, Progressismo e Diritti Civili, e dall’altro una posizione che si fonda sulla Chiusura (delle frontiere), sul Conservatorismo (difesa dei valori tradizionali e dell’identità nazionale) e sul Protezionismo Nazionalista. La combinazione di questi due assi configura quattro Spazi Politici ben delimitati, di cui le elezioni degli ultimi mesi e anni in diversi paesi europei (Francia, UK, Olanda, Spagna) hanno certificato l’esistenza.

Da una parte, si viene a creare uno spazio politico per le forze politiche che sostengono l’attuale sistema politico-economico, basato su una economia liberale, fortemente basata sulla iniziativa privata e sulla libera concorrenza. A seconda delle posizioni che queste forze sviluppano sul secondo asse, e principalmente sui temi dei diritti civili, del welfare e della gestione dell’immigrazione possiamo distinguere forze Liberali Democratiche (La Republique en Marche in Francia, Ciudadanos in Spagna, i LibDem in UK) e forze più conservatrici e tradizionali rappresentate dalle Destre Liberali (Les Republicains, Partido Popular, Conservatives).

Dall’altra parte troviamo le forze antisistema, che riescono a catalizzare l’attenzione e, spesso, la rabbia, di quelli che si sentono esclusi da questo sistema economico. La differenza con la sinistra del 900 è che tra gli esclusi non ci sono più solo gli operai e i lavoratori meno qualificati. Molte altre categorie sono presenti nella moderna lotta di classe: piccoli imprenditori locali schiacciati dalla competenza internazionale derivante dalla globalizzazione, commercianti estromessi dal mercato dai giganti della grande distribuzione, tassisti e altre categorie di lavoratori autonomi messi a rischio dalle nuove tecnologie e da nuove forme di economia collaborativa, giovani condannati al precariato a vita che non riescono a vedere un futuro luminoso davanti a se, abitanti delle periferie che vedono l’immigrazione come un pericolo per il proprio posto di lavoro e per la sicurezza delle proprie città.

Anche qui, possiamo distinguere, a seconda della posizione sul secondo asse, due spazi politici differenti occupati da forze diverse. Da una parte le forze politiche (Il Front National di Le Pen, l’UKIP in UK, in Spagna con meno fortuna VOX) che propongono come soluzione il Protezionismo Nazionalista e per cui Trump rappresenta l’esempio a seguire: chiudere le frontiere, sia da un punto di vista economico, applicando dazi e dogane, sia da un punto di vista dell’immigrazione.

Dall’altra parte, forze (Podemos in Spagna, La France Insoumise di Melenchon in Francia) che, a partire dallo stesso malcontento, propongono soluzioni “di sinistra”, ma moderne e innovatrici mantenendo i propri valori di apertura e di diritti civili, puntando maggiormente sul debito pubblico e sulla protezione sociale delle fasce più a rischio.

Le elezioni degli ultimi tre anni in Europa hanno dimostrato che, al netto delle contingenze specifiche di ogni paese, le forze che hanno saputo occupare con decisione e chiarezza strategica uno di questi quattro spazi politici, e che hanno saputo esprimere un leader forte e carismatico, sono state premiate alle urne.

Macron rappresenta sicuramente l’esempio più eclatante, essendo riuscito a vincere le presidenziali e ottenere la maggioranza in Parlamento senza un partito alle spalle, ma anche i risultati di Pablo Iglesias e Albert Rivera in Spagna, o dello stesso Melenchon in Francia o Corbyn in UK hanno dimostrato che, in questo tempo nuovo, un binomio di strategia chiara e definita e un leader forte e comunicativo paga alle urne molto più che un partito pesante con un grande radicamento territoriale.

La definizione di questi quattro spazi politici mostra chiaramente la difficile posizione dei partiti socialdemocratici tradizionali, schiacciati in mezzo tra i Lib Dem e le nuove forze di sinistra. Il caso più eclatante è rappresentato dall’umiliazione del Partito Socialista Francese, smembrato e fatto a pezzi a sinistra e al centro da Melenchon e Macron. Nel Regno Unito, Corbyn è riuscito, con la sua svolta a sinistra, a ottenere un risultato sorprendentemente positivo, occupando decisamente lo spazio politico della Sinistra, senza perdere troppo al centro verso i LibDem, e approfittando anche la posizione di debolezza dei Conservatori della May a seguito delle difficoltà legata alle negoziazioni della Brexit.

Un altro caso interessante è rappresentato dalla Spagna, dove il PSOE di Pedro Sanchez, dopo aver perso pesantemente alle elezioni del 2015, incalzato a sinistra da Podemos e al Centro da Ciudadanos, ha affrontato ultimamente un difficile congresso interno per decidere se posizionarsi più vicino a posizioni Pro-Establishment con Susana Diaz, o più a sinistra e vicine a quelle di Podemos con un redivivo Pedro Sanchez.

Quest’ultimo ha avuto la meglio e sta posizionando non senza difficoltà il PSOE a sinistra (i giornali spagnoli parlano di “Podemizzazione” del PSOE). Vedremo se questa strategia pagherà elettoralmente, considerando che lo spazio politico della sinistra è in Spagna già molto ben occupato dal movimento di Pablo Iglesias, e considerando le ferite post-congresso e le spaccature interne al partito di Sanchez.

Questa analisi suggerisce alcune conclusioni interessanti anche per il futuro del PD, che vive anch’esso un momento difficile dopo la non felice tornata elettorale delle amministrative, e dove, nonostante la schiacciante vittoria popolare di Renzi al congresso, non si placa il dissenso interno della sinistra del partito, con il grande nodo delle alleanze da sciogliere in chiave elettorale.

In questo momento, in Italia, gli spazi politici che abbiamo definito non sono occupati in maniera netta, soprattutto a sinistra. A destra, appare chiara la posizione di Forza Italia come partito di destra moderata liberista, e di Salvini / Fratelli D’Italia che occupano lo spazio della Destra Nazionalista e Protezionista, tra l’altro evidenziando problemi di alleanza simili a quelli che ha a sinistra al PD per gli stessi, ma diametralmente opposti, motivi.

Lo spazio di Sinistra è quello che appare più contendibile, con molte forze (SEL, MPD) che non sono in grado di esprimere né una linea né una leadership chiara, e una forza Anti-Establishment sui generis, il Movimento 5 Stelle che, posizionandosi, o meglio, non posizionandosi chiaramente sull’asse apertura/diritti/nazionalismo, riesce a prendere un po’ di voti in entrambi i quadranti, tra i Nazionalisti Protezionisti e tra i potenziali votanti di una Sinistra Anti-Establishment, pur essendo sempre più chiara la matrice sostanzialmente di destra del movimento.

Anche il PD ha in questo momento una posizione ambigua. Renzi da sempre avrebbe voluto posizionare il PD su posizioni Liberal Democratiche, ma parte del suo elettorato attuale e della sua classe dirigente, che vengono da una tradizione e guardano molto più a sinistra che al centro, vedono questa soluzione come il fumo negli occhi, alimentando una tensione interna che il congresso purtroppo non ha smorzato e che il risultato delle amministrative ha ripreso ad alimentare.

Una delle conclusioni interessanti di questa analisi sugli spazi politici è che, per le posizioni sui due assi, per un movimento liberal democratico, la sinistra rappresenta un alleato naturale per fare riforme e leggi sui Diritti Civili, mentre, su temi di Politica Economica, le distanze appaiono quasi incolmabili, mentre uno spazio d’accordo c’è con le forze di Destra Liberale.

A ben pensarci, è esattamente quello che è successo in Italia su temi come le Unioni Civili, con una ampia convergenza a sinistra, mentre sul Job Acts e altri provvedimenti economici la sinistra interna ed esterna al PD ha alzato le barricate.

In questo contesto, Renzi si trova a mio avviso in una situazione difficile con tre possibili scenari, ognuno molto rischioso. La prima opzione è forzare la rottura finale con la sinistra, dettando una linea totalmente allineata con questa idea di progressismo liberista e riformista, incarnata dal movimento LREM di Macron in Francia.

Ovviamente, questa opzione rappresenta una frattura radicale con lo spazio politico della Sinistra, quasi impossibile da ricucire a causa non solo della visione politica ma anche dell’antipatia personale che molti nella minoranza nutrono nei confronti dell’attuale Segretario. Significa accettare di perdere definitivamente i voti di Sinistra, che, disorientati, vagherebbero tra l’astensione, le mille forze della sinistra e il M5S, puntando tutto a conquistare l’elettorato moderato che in Italia è sempre stato maggioranza, ma con il grande rischio di non riuscire a recuperare voti da una Forza Italia in recupero.

La seconda opzione è provare a riportare il PD a occupare lo spazio della sinistra, quello più aperto e contendibile al momento, con una svolta radicale. Questa soluzione, se da un lato riporterebbe a casa tanti voti persi nei confronti del M5S e dei nuovi partiti e movimenti della sinistra, necessiterebbe un cambio di leadership politica, considerando che una leadership di Renzi non sarebbe compatibile con tale opzione, e soprattutto solleverebbe un problema di credibilità nei confronti di tanti elettori che ormai non credono al PD come ad un partito di Sinistra.

La terza via, al momento più probabile, è provare a restare nel mezzo, cercando di sostenere questo difficile equilibrio tra Maggioranza e Sinistra Interna, e puntando esternamente ad una alleanza esterna con una forza capace di coagulare il voto della Sinistra (Pisapia). Questa soluzione, che nel breve periodo sembra accettabile e compatibile con i valori del PD, potrebbe rivelarsi invece una delle più rischiose.

Una posizione intermedia che non accontenta né chi si posiziona a Sinistra né su Posizioni Liberali, e che rischia d’implodere a causa della grandissima divisione ideologica sulle scelte di politica economica.

Personalmente, credo che la situazione attuale richieda scelte forti, in un verso o nell’altro, e che la politica si debba fare guardando al futuro e non alle prossime elezioni. Macron, ma anche Corbyn e Melenchon hanno dimostrato che tutto è possibile se si ha il coraggio di posizionarsi nettamente. Spero che il PD, Renzi e tutta la classe dirigente del partito abbiano il coraggio di decidere dove posizionarsi negli spazi politici del Secolo XXI, e di essere coerenti con questa sua scelta.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/i-nuovi-spazi-politici-europei-tempo-di-scelte-forti/
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