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Autore Discussione: Francesca Pontani - Non abbiamo perso per le coalizioni, ma perché non abbiamo..  (Letto 1999 volte)
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« inserito:: Luglio 02, 2017, 05:11:44 pm »

Opinioni
Francesca Pontani - @francescapontan
· 28 giugno 2017

Non abbiamo perso per le coalizioni, ma perché non abbiamo saputo ascoltare la gente

Più di metà della popolazione non ha votato ai ballottaggi, dobbiamo ascoltare il loro grido e convincerli che il nostro programma di governo sia il migliore

Sono stata in silenzio per molte ore prima di scrivere sulle motivazioni di questa sconfitta perché quando si perde occorre prima metabolizzare bene la perdita, magari arrabbiarsi, deprimersi, attaccare l’avversario con l’ironia e poi, una volta sbollita la rabbia anche giusta, tornare sui propri passi a riflettere sul perché, su dove si sia sbagliato, su cosa non abbia funzionato realmente.

Al netto dei risultato nazionale ed anche locale (per me Monza) il primo dato che mi fa male e su cui tutti noi, il Partito Democratico in primis, dovremmo ragionare è la grande astensione che c’è stata.

E sarebbe troppo facile e riduttivo, come scrive Giachetti, legarlo esclusivamente al caldo, al mare, al sole, alle scuole chiuse. Siamo stati chiamati a scegliere il nostro sindaco, non a fare un sondaggio sulla confezione dei biscotti Barilla, o sulla moda anni Settanta.

Se penso a Monza, il Sindaco vincente Dario Allevi, ma sarebbe stato lo stesso se avesse vinto Scanagatti, rappresenta un quarto della popolazione cittadina con diritto di voto: un quarto, un dato più che sorprendente molto amaro. Questo popolo dei non votanti, degli astensionisti e dunque un popolo grandissimo, non un’entità astratta da archiviare come statistica e basta.

Nel caldo delle scuola dove mi sono recata come rappresentante di lista, tutti noi da Forza Italia ai Cinque Stelle, ci chiedevamo dove fossero finiti, soprattutto l’11 giugno, dove erano rappresentati tutti i partiti e movimenti, tutte queste persone.

Sono persone che hanno deciso di non scegliere perché non sono convinte da nessuno schieramento (nemmeno più dai Cinquestelle) e che sono in attesa, forse da troppo tempo. E’ un esercito di persone che è cresciuto anno dopo anno, percentuale dopo percentuale, persone che sono stufe.

Stufe di sentir parlare di schieramenti, alleanze, strategie poltronistiche, divisioni interne, guai giudiziari a orologeria, proclami post e twitter, percentuali di Pil. Queste persone in attesa tornerebbero volentieri a votare (ne conosco molte, una per esempio è una mia vicina di casa molto intelligente e preparata) per un partito che punti a cambiare il Paese, a riformarlo da cima a fondo, che “indichi con serietà ed umiltà la strada da percorrere”, che abbandoni le lotte interne ed esterne, che ricominci a parlare di persone.

Ho letto in queste ore mille considerazioni su tatticismi, alleanze, centrosinistra sì, centrosinistra no, su Renzi, sulla sua fine politica, sul referendum, su ogni scibile umano possibile. Credete che tutto questo possa realmente interessare la mia vicina? Credete che sapere dove MDP ha stretto alleanza col Pd possa indurla a votare?

Dobbiamo lavorare su queste persone, sui vicini di casa e colleghi di lavoro, dobbiamo far sentire il Partito Democratico una casa accogliente, un luogo aperto ed ospitale, un luogo di ascolto, dobbiamo lavorare senza sosta perchè un altro dato importantissimo che ho toccato con le mie mani sono i militanti del PD.

Il popolo del Pd, i suoi iscritti ed i suoi simpatizzanti ci sono. L’ho visto in queste ultime settimane, quando il nostro avversario politico in città aveva avuto una rimonta strepitosa. Ci siamo, ci sono. E’ stato quasi commovente vedere quante persone di ogni genere ed età sotto un sole terribile e caldissimo, in ogni momento libero che la quotidianità della propria vita lasciava, correvano a volantinare, parlare, presidiare.

Ma anche questo popolo si sta stufando. Occorre un cambio di passo, un salto coraggioso che lasci indietro scissioni, malumori, correnti più o meno definite. Occorre tornare ad ascoltare.

Ecco ora parliamo di Monza. Un dato lacerante è stato quello delle periferie. Abbiamo perso molto anche lì. Nelle nostre roccaforti storiche, nelle case popolari, nelle piazze di periferia. E non accetto la risposta facile che liquida il tutto col fatto che il Pd sia diventato un partito di destra, perché quelle periferie la Destra (quella peggiore) l’hanno votata eccome, quasi compatti.

Dunque? Che dire? Come membro dell’esecutivo cittadino del Pd non posso che assumermi la responsabilità di tutto questo insieme ai miei compagni di Partito. Mentre discutevamo di primarie, di Macron, di solidarietà e di Jobs Act, le periferie si allontanavano da noi, si sentivano escluse da questi ragionamenti, dalle strategie politico culturali, dalle unioni civili (importantissime ma poco sentite in certi ambienti) dalla riforma scolastica.

La stazione, gli orari e le soppressioni degli autobus, le buche nelle strade, i giardinetti diventati soprattutto la sera e di notte presidio di spacciatori e violenti. La luce che manca sulla piazza, lo scivolo rotto. L’accoglienza, a cui sinceramente un sindaco finora poteva fare ben poco, di profughi giustamente fuggitivi dalle loro terre insanguinate, la coabitazione di povertà tra persone che parlano lingue diverse ma che sono uguali nella loro quotidianità ha fatto il resto.

Abbiamo avuto un Assessorato al Welfare meraviglioso, che ha fatto miracoli coi pochissimi fondi a disposizione, un sindaco onesto e capace, altri assessori e consiglieri competenti. Ma non è bastato. In un periodo lunghissimo di crisi e di mancanza di lavoro, ogni cosa veniva letta come abbandono, come tradimento, come perdita.

Se dai a lui togli a me, se ascolti loro ripudi noi. Abbiamo pagato troppo duramente, non siamo stai capiti, abbiamo comunicato male? Sicuramente tutto questo perché sono stati cinque anni di governo intenso, fruttuoso e importante. Ma non è bastato.

L’esercito dei non votanti ci ha giudicati non all’altezza di risolvere i loro problemi, le periferie si sono sentite abbandonate per qualcuno troppo lontano da loro, il centro ha gridato al decoro urbano.

Un sindaco non è super man. Un partito politico non può arrivare ovunque, è vero. Ma forse, da questa sconfitta una cosa l’abbiamo imparata: le scarpe da tennis che ci hanno portato in giro per la città, nei quartieri, nei condomini, non riponiamole nella scarpiere questo autunno. Magari compriamone di nuove perché la strada è ancora lunga.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/amministrative-sconfitta-pd-astensione/
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