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Autore Discussione: ggiannig - L'Italia è da considerarsi il Torsolo d'Europa?  (Letto 2531 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Giugno 25, 2017, 05:20:28 pm »

Da ben più di cento anni, di storia politica ed economica europea (in quella mondiale siamo stati completamente assenti) l'Italia, a causa delle carenze dei diversi dirigenti che l'hanno governata, è da considerarsi il Torsolo d'Europa. 

Vinciamo (male) la guerra (15/18) e Francia e Inghilterra si spartiscono (con un patto segreto) il petrolio del medio oriente.

Oggi ci sobbarchiamo (male) l'accoglienza dei migranti scaricandone l'onere sui Cittadini, e ci facciamo scoprire "schiavisti" e "fessi" nello stesso tempo.   

Da FB del 24/06/2017 (torsolo d’europa)

ggiannig
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« Risposta #1 inserito:: Settembre 25, 2017, 11:57:13 am »

Veneto, acque inquinate. Scontro con Lorenzin, Zaia: «Roma non tutela la salute»

Zaia: «Faremo una legge da soli».
Lorenzin: «Questo rimpallo di responsabilità non è una buona cosa, mi sorprende che il governatore dica che il governo non agisce perché abbiamo individuato noi il problema qualche anno fa»

Di Marco Bonet

Il Veneto «non può invocare autonomia sui piani vaccinali nazionali e dimenticare la propria responsabilità nell’attuazione di misure che lo vedono in primissima linea per quanto è accaduto e per quanto è stato finora compiuto». A un mese dal referendum indetto dal Veneto insieme alla Lombardia, Raniero Guerra, direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, bacchetta il governatore Luca Zaia sull’orgoglio autonomista.

L’emergenza
«Quanto è accaduto», nelle parole di Guerra, è l’emergenza ambientale e sanitaria scoperta tra le province di Vicenza, Padova e Verona nell’estate del 2013, quando a seguito di alcune ricerche condotte dal Cnr fu segnalata nelle acque sotterranee, superficiali e potabili utilizzate da una ventina di Comuni e 350 mila persone la presenza di una concentrazione abnorme di sostanze perfluoroalchiliche (le Pfas), un componente chimico utilizzato per rendere le superfici impermeabili all’acqua, dai rivestimenti antiaderenti delle pentole ai tessuti per l’abbigliamento tecnico. Epicentro della contaminazione della falda, secondo l’Arpav, l’agenzia regionale per l’ambiente, sarebbe la Miteni di Trissino, fabbrica chimica dal 2009 di proprietà di International Chemical Investors Group, che però respinge ogni accusa, sostenendo di aver interrotto da sei anni la produzione dei pericolosi «Pfas a catena lunga» e di aver ereditato il grave inquinamento dalle gestioni precedenti, ossia Marzotto e Mitsubishi (con la multinazionale giapponese è in corso una causa, la procura di Vicenza sta indagando da gennaio su nove persone, tra attuali ed ex dirigenti).

Le misure
La scoperta del disastro ambientale ha spinto la Regione ad attivare immediate misure di sicurezza, con l’installazione di speciali filtri a carboni attivi sugli impianti, l’avvio di un piano di monitoraggio che ha coinvolto 84.795 persone tra i 14 e i 65 anni, l’allestimento di un piano di sorveglianza sanitaria pluriennale, la regolamentazione dei pozzi. Ma resta irrisolto il nodo dei limiti da apporre alla concentrazione delle Pfas nell’acqua potabile ed è su questo che ieri si è scatenato il nuovo braccio di ferro tra Zaia e il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, dopo quello seguito alla decisione (poi ritirata) di Zaia di non applicare per due anni in Veneto la legge sull’obbligo vaccinale.

Il governatore aveva chiesto che fosse il ministero a fissare parametri validi su tutto il territorio nazionale e questo anche per mettere la Regione al riparo dai ricorsi presentati da quanti contestano l’arbitraria applicazione in Veneto, dal 2014, in via precauzionale, di limiti inesistenti nel resto d’Italia. Ma il ministero ha detto no, spiegando che lontano dal triangolo Vicenza-Verona-Padova non si riscontrano criticità tali da giustificare un simile provvedimento.

Zaia: «Atteggiamento scandaloso»
«Prendiamo atto dell’atteggiamento scandaloso del ministero – si è infuriato Zaia – che fa finta di non vedere la realtà e ci invita ad arrangiarci. La settimana prossima, in giunta, approveremo una drastica riduzione dei limiti». E l’assessore all’Ambiente Gianpaolo Bottacin rilancia: «Per il ministero l’emergenza è solo qui ma è stato lo stesso Cnr ad evidenziare situazioni simili nelle aree industriali del Bormida e nel Bacino del Lambro, nell’area della concia di Santa Croce sull’Arno e in quella degli impianti chimici piemontesi di Spinetta Marengo». Guerra ricorda che «è in capo alle amministrazioni locali l’attuazione dei piani di sicurezza delle acque» mentre Lorenzin replica: «Questo rimpallo di responsabilità non è una buona cosa, mi sorprende che Zaia dica che il governo non agisce perché abbiamo individuato noi, insieme all’Istituto Superiore di Sanità, il problema qualche anno fa, invitando la Regione ad arginare gli alti rischi per la popolazione». E il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti annuncia che pochi giorni fa è stato approvato il decreto che sblocca gli attesi 80 milioni necessari per gli interventi strutturali di messa in sicurezza. Molto, ma non abbastanza se si pensa che la Regione ha stimato in 560 milioni i costi per il definitivo superamento dell’emergenza.

22 settembre 2017 (modifica il 22 settembre 2017 | 23:42)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/cronache/17_settembre_23/veleni-nell-acqua-veneto-lorenzin-zaia-268e1b40-9fd0-11e7-b69e-b086f39fca24.shtml
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« Risposta #2 inserito:: Settembre 25, 2017, 12:41:09 pm »

I veleni del Pfas, Zaia pronto a varare una legge: "Il governo non agisce"
Caso Miteni, il presidente del Veneto annuncia: "Ridurremo drasticamente i limiti dell'inquinante". Lo screening dei quattordicenni residenti nella zona rossa conferma la presenza della sostanza chimica nel sangue. Il Cnr: problemi anche in Piemonte, Lombardia e Toscana. E Greenpeace presenta un rapporto: "L'azienda sapeva e non ha informato gli enti locali"

Di CORRADO ZUNINO
21 settembre 2017

ROMA - Non è solo il Veneto a essere inquinato dai Pfas, gli impermeabilizzanti più diffusi al mondo: servono per cerare giacconi e proteggere smartphone, per fabbricare le pellicole antiaderenti delle padelle, la carta da pizza, la sciolina dei fondisti. Il Veneto però, che conosce il problema più grande - l'azienda Miteni di Trissino, provincia di Vicenza -, ha deciso di accelerare nell'affrontarlo.

Il presidente Luca Zaia lunedì scorso ha detto: "I ministeri italiani non vogliono emanare una legge nazionale sui limiti dell'inquinante e allora in questa regione ci arrangeremo. In piena autonomia, procederemo a una drastica riduzione dei limiti dei Pfas che possono essere presenti nelle acque delle rete idrica". Gli uomini di Zaia parlano di "futuri limiti molto bassi, assimilabili a quelli oggi in vigore in Svezia". E' la prima volta che nei confronti dei perfluoroalchilici si definisce un perimetro di pericolosità e se ne fa discendere una legge.

La decisione del presidente del Veneto arriva dopo che lunedì scorso il ministero della Salute - contraddicendo le richieste del 18 maggio e del 23 agosto arrivate dal ministero dell'Ambiente - ha respinto la proposta di realizzare una direttiva nazionale e un conseguente monitoraggio in tutto il Paese: "Il problema Pfas è concentrato solo nelle quattro province di Vicenza, Rovigo, Venezia e Padova", ha scritto la Direzione generale della prevenzione sanitaria.

In realtà, uno studio del Consiglio nazionale delle ricerche fatto nel 2013 ha già esteso la questione a "vari territori italiani": Santa Croce sull'Arno in provincia di Pisa, per esempio, poi il sottobacino Adda-Serio in Lombardia e ancora l'area del Bormida che riceve gli scarichi dagli impianti chimici di Spinetta Marengo (qui siamo in provincia di Alessandria) allargando infine le criticità "all'intera asta del Po da Torino a Ferrara".

Gli ottanta milioni richiesti al governo per gli interventi strutturali sulle reti idriche non sono stati ancora messi a bilancio (Zaia attacca la Ragioneria generale, l'opposizione locale parla di ritardi della giunta veneta), ma nella zona rossa a Sud di Trissino - 180 chilometri quadrati, 79 comuni - la tensione è alta. Gli operai della Miteni, mercoledì scorso, hanno scioperato per otto ore e lo stesso governatore ha incontrato le "mamme dei Pfas". Già. In queste settimane sono diventati pubblici i primi controlli clinici avviati a gennaio 2017: riguardano ragazze e ragazzi di 14 anni e, in diversi casi, sono state rintracciate nel sangue tracce di Pfas (e Pfoa) tutt'altro che trascurabili: da 70 fino a 300 nanogrammi per grammo.

Studi nordamericani parlano di una presenza media di 2-3 nanogrammi in ogni persona, ma nessuno finora ha identificato una "soglia di pericolo". Ai quattordicenni con solfuro di carbonio e acido floridico "sopra la media" è stata offerta - dal 15 settembre - la pulizia del sangue (plasmaferesi). Alcune famiglie hanno accettato. E' un intervento, dice l'epidemiologo Vincenzo Cordiano, "mai provato nel mondo".

Greenpeace chiede a Zaia di "bloccare tutte le fonti di inquinamento da Pfas" e di abbassare drasticamente i livelli di sicurezza della sostanza nell'acqua, "attualmente in Veneto sono tra i più alti al mondo". L'associazione ambientalista oggi presenta una radiografia societaria della Miteni Spa di Trissino. Avvalendosi di un istituto olandese esperto in questo genere di controlli, Greenpeace ha scoperto che "la principale fonte di inquinamento dell'area" (oltre a Miteni nel Nord-Ovest di Vicenza hanno lavorato a lungo molte concerie) è parte di un gruppo chimico internazionale, Icig, controllato da una holding lussemburghese che negli ultimi quattro anni ha pagato un'aliquota fiscale del 13,3 per cento.

La holding, amministrata da due industriali tedeschi, è al 50 per cento nelle mani di un fondo svizzero. Casseforti dentro casseforti. Lo studio presentato da Greenpeace definisce il Gruppo Icig "un investitore opportunista che acquista pezzi di grandi conglomerati farmaceutici o chimici non più interessanti per le aziende di origine". E ancora, "una realtà finanziaria che adotta strategie di acquisizione e vendita aggressive: rileva imprese, le ristruttura tagliando i costi, in particolare quelli del personale, e le rivende con profitto". Miteni comprò l'azienda di Trissino nel 2009 dal gruppo giapponese Mitsubishi: il valore stimato era di 33,86 milioni, la pagò un euro.

Negli ultimi dieci anni Miteni SpA ha sempre chiuso il bilancio in perdita riducendo la forza lavoro da 176 a 126 dipendenti. Il collegio sindacale considera i "rossi" un rischio per la continuità aziendale e, nel 2016, ha invitato i proprietari a ricapitalizzare. La Procura di Vicenza ha indagato dieci dirigenti dell'azienda per inquinamento di acque e ambiente. Un risanamento serio, e l'eventuale risarcimento dei cittadini danneggiati, ha un costo ipotizzato di almeno 200 milioni di euro, ma nel 2016 Miteni spa sotto questa voce aveva messo a bilancio solo 6,54 milioni (la holding che la controlla, tuttavia, ha disponibilità pari a 239 milioni). "Visti i numerosi studi ambientali commissionati da Mitsubishi prima della vendita", sostiene il report, e vista la presenza di Brian Anthony McGlynn come consigliere delegato sotto la prima gestione e poi come presidente durante la stagione Icig, "è probabile che i nuovi acquirenti conoscessero i rischi ambientali dell'impresa acquistata".

L'8 marzo scorso i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Treviso hanno certificato come Mitsubishi e Miteni Spa negli anni 1990, 1996, 2004, 2008 e 2009 abbiano incaricato varie società di consulenza di effettuare indagini sullo stato di inquinamento del sito e, nonostante l'obbligo, "non abbiano mai trasmesso i risultati a Regione, Provincia e comuni". Conclude il report Greenpeace: "La condotta omissiva di Miteni Spa ha comportato che l'inquinamento da Pfas si propagasse nella falda a chilometri di distanza".

© Riproduzione riservata 21 settembre 2017

Da - http://www.repubblica.it/ambiente/2017/09/21/news/i_veleni_del_pfas_zaia_vara_una_legge-176154402/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1
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